tratto da gdc.ancitel.it

L’Italia è veramente così corrotta?

10 gennaio 2019, di alm

Una ricerca dell’Eurispes sfata la percezione esageratamente negativa del fenomeno nota come ‘sindrome del Botswana’

L’Italia si situa, secondo gli indici internazionali, in posizioni molto più basse di quanto non meriterebbe il suo status di Paese democratico e di potenza mondiale, tra i primi dieci grandi paesi al mondo per Pil pro capite. Essa si colloca, infatti, al 46° posto nell’indice di competitività (2007), al 53° nell’indice Doing business (2008), al 41° nel CPI (2007), al 60° nell’Index of Economic Freedom (2006), addirittura all’84° nel Global Gender Gap Index (2007). Inoltre, l’Italia è il Paese  in ambito Ocse con la più alta corruzione percepita (circa 90%) e con una fiducia nel Governo superiore al 30%, più alta di quella di Grecia, Portogallo, Spagna e Slovenia, nonostante questi Paesi abbiano una percezione della corruzione inferiore a quella italiana (tra l’80% e il 90%). Qualcuno definisce questo fenomeno ‘sindrome del Botswana’, inteso come tendenza ad accostare il nostro Paese a Stati difficilmente assimilabili all’Italia per livello di benessere e di ricchezza.

E’ quanto emerge dalla ricerca Eurispes (curata da Giovanni Tartaglia Polcini) ‘La corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese’. Punto di partenza della ricerca – presentata a Palazzo Altieri dal presidente dell’istituto di ricerca, Gian Maria Fara, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, e dal procuratore nazionale Antimafia, Cafiero De Raho – è che “dipingere un Paese come corrotto o anche più corrotto di quanto realmente non sia può avere effetti diretti e indiretti sull’economia. Per questo, la costruzione di indicatori validi ed efficaci a rappresentare i molteplici aspetti relativi al fenomeno ‘corruzione’ integra il primo ed essenziale passo verso il controllo, la prevenzione. Senza misure accurate e affidabili non solo diventa difficile cogliere l’estensione e l’ordine di grandezza del fenomeno, ma anche indirizzare strategie d’intervento istituzionale e politico di contrasto e repressione”.

Tornando alla ricerca, si legge che nell’ultima graduatoria di Transparency International, basata proprio su un indice di percezione, risultiamo al 69° posto con l’85% degli italiani convinti che istituzioni e politici siano corrotti. Ma, alla domanda specifica, posta a un campione di cittadini, se negli ultimi 12 mesi avessero vissuto, direttamente o tramite un membro della propria famiglia, un caso di corruzione, la risposta è stata negativa nella stragrande maggioranza dei casi, in linea con le altre nazioni sviluppate. Le classifiche internazionali sono fondate per lo più su misurazioni soggettive, ovvero sulla percezione del fenomeno. Secondo la ricerca svolta da Tartaglia Polcini, ‘il rating attribuito all’Italia è spesso ingeneroso, se non a tratti errato, con notevoli conseguenze anche sul piano macro-economico’. E’ stato Gian Maria Fara a spiegare la genesi della ricerca, i suoi obiettivi e il risultato raggiunto: “I risultati dello studio mettono in forte discussione i percorsi attraverso i quali si anima il dibattito in corso, aprono uno squarcio per future iniziative e spingono a una seria e importante riflessione. Anche se si trattasse solo di un sasso nell’ingranaggio delle eccessive semplificazioni, questo sarebbe già un risultato accettabile”. E ha sottolineato: “Ovviamente, non intendiamo sostenere che l’Italia sia immune dalla corruzione o che la corruzione stessa non ne abbia caratterizzato la storia antica e recente. Ciò che vogliamo, invece, fortemente affermare è che il nostro Paese è anche meno corrotto degli altri, che reagisce alla corruzione più degli altri, che non la tollera e che combatte il malaffare, e oggi lo previene anche meglio degli altri”.

In ogni caso – ha avvertito Raffaele Cantone, facendogli eco – “Il tasso di corruzione di una nazione investe direttamente la credibilità delle sue Istituzioni e, da un punto di vista politico, dunque, determinare con una certa attendibilità l’esatte dimensioni che il fenomeno assume, è innanzitutto una ‘pagella’ su un Paese e sulla sua classe dirigente. C’è poi un aspetto economico, ancora più rilevante”.

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