tratto da luigioliveri.blogspot.it
L’arma spuntata dei controlli sulle malattie di massa
Il Corriere della sera del 9 dicembre 2017, con l’articolo a firma di Dario Di Vico “Il medico dei vigili assolto e la paralisi per i reati «lievi»” ci informa dell’assoluzione (dopo tre anni) di un medico che telefonicamente aveva accertato lo stato di malattia di uno tra gli agenti di polizia municipale di Roma, colti dall’epidemia del San Silvestro 2014.
L’articolo precisa che l’assoluzione per due capi d’accusa ha come motivazione il non avere commesso il fatto, mentre il falso ideologico connesso è stato considerato reato di lieve entità.
Naturalmente, il tono dell’articolo è, comprensibilmente, tra il sorpreso ed il rammaricato, anche allo scopo di interpretare le reazioni dei cittadini, certamente e prevedibilmente tra l’indignato e l’irato.
Molto probabilmente, gli addetti ai lavori, invece, non mostreranno nessuna sorpresa. I fatti, sicuramente gravi di quella notte sono figli di una normativa del tutto inidonea a prevenirli e, soprattutto a sanzionarli.
Non solo: ma l’allarme e l’indignazione sociale, comprensibili, anzi da condividere, sono stati esponenzialmente aumentati dalle troppe campagne contro i “fannulloni”, cui sono seguite riforme e regole asseritamente finalizzate a colpire i responsabili, con fiumi di articoli di giornali ed ospitate in televisione, che hanno lasciato credere ai cittadini non esperti l’esistenza di rimedi efficaci.
L’assoluzione raccontata dal Corriere della sera conferma che non è così. E conferma ulteriormente che la riforma Madia, intervenuta appositamente anche per colpire simili episodi, è l’ennesima arma spuntata, buona sola per l’indignazione, ma inefficace sul piano giuridico.
Si tratta in particolare dell’articolo 55-quinquies, comma 3-bis, del d.lgs 165/2001, recentemente introdotto dal d.lgs 75/2017, ai sensi del quale “i contratti collettivi nazionali individuano le condotte e fissano le corrispondenti sanzioni disciplinari con riferimento alle ipotesi di ripetute e ingiustificate assenze dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale, nonché con riferimento ai casi di ingiustificate assenze collettive in determinati periodi nei quali è necessario assicurare continuità nell’erogazione dei servizi all’utenza”. In effetti le bozze dei contratti attualmente stanno tentando di regolare la fattispecie, demandando a ciascun ente il compito di fissare i periodi dell’anno nei quali non sono ammissibili assenze collettive, perché tali da influire negativamente sui servizi da prestare.
Tuttavia, anche se la contrattazione nazionale darà attuazione alle previsioni della riforma Madia, la disposizione vista prima conserva tutti i suoi punti critici, tali da renderla sostanzialmente solo una norma “bandiera” poco efficace, incapace del tutto di sanzionare sia l’agente di polizia municipale che si dia nuovamente malato come tre anni fa, sia, soprattutto, il medico che ne attesti lo stato di malattia.
Infatti, la sanzione disciplinare prevista dalla riforma, che potrà giungere fino alla sospensione dal servizio per sei mesi, potrà scattare solo nel caso di assenze “ingiustificate”, oltre che ripetute. Ma c’è un problema: le assenze per malattia, se sostenute da una certificazione medica, sono sicuramente giustificate. Dunque, la sanzione disciplinare non potrà mai essere irrogata, in quanto il fatto sanzionabile non è l’assenza di per sé, bensì l’assenza priva di giustificazione.
Si comprende, dunque, che il certificato medico esclude sempre e radicalmente l’applicazione della sanzione disciplinare attuativa dell’articolo 55-quinquies, comma 3-bis, del d.lgs 165/2001.
Per provare a colpire il dipendente, quindi, la riforma Madia non è utilizzabile, e si deve tornare invece alla Brunetta e alla sanzione da essa introdotta del licenziamento disciplinare dovuta a “giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia”, prevista dall’articolo 55-quater, comma 1, lettera a), sempre del d.lgs 165/2001, norma che esiste dal 2009.
Ma, perché scatti il licenziamento disciplinare, si devono fornire due prove alternative: o che il dipendente abbia falsificato un certificato medico; oppure che un medico abbia prodotto un certificato che attesti una malattia inesistente.
In astratto, la prima ipotesi è verificabile, anche se occorre instaurare un complesso giudizio penale di verifica del falso. Invece, manca sostanzialmente del tutto il modo per comprovare che un medico attesti uno stato di malattia falso, perché non è dato ai medici di controllo il modo di poter entrare nel merito della diagnosi del medico curante. E, come si nota, il falso ideologico viene considerato reato bagatellare, sicchè il medico non sarà mai condannato e, di conseguenza, risulterà estremamente difficile se non impossibile provare la colpa disciplinare del lavoratore.
La sanzione disciplinare per le assenze “strategiche” introdotta dalla riforma Madia, quindi, si rivela sostanzialmente inapplicabile.
Né, allo scopo, assume rilevanza alcuna il passaggio della funzione di controllo dalle Usl all’Inps. Finchè, infatti, non venga previsto per legge che la diagnosi del medico di famiglia sia revisionabile fino ad essere anche smentita dal medico di controllo, la funzione di questo sarò poco più che quella di un semplice “messo” che controlli il rispetto delle fasce orarie di presenza obbligatoria in casa. Senza poter minimamente incidere sull’effettivo stato di malattia.
Risulta, al contrario, più efficace un’altra previsione analoga, quella contenuta nell’articolo 40, comma 4-bis, del d.lgs 165/2001 (sempre introdotta dalla riforma Madia), ai sensi del quale i Ccnl devono prevedere il divieto di “incrementi della consistenza complessiva delle risorse destinate ai trattamenti economici accessori, nei casi in cui i dati sulle assenze, a livello di amministrazione o di sede di contrattazione integrativa, rilevati a consuntivo, evidenzino, anche con riferimento alla concentrazione in determinati periodi in cui è necessario assicurare continuità nell’erogazione dei servizi all’utenza o, comunque, in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale, significativi scostamenti rispetto a dati medi annuali nazionali o di settore”.
In questo caso, non c’è una sanzione disciplinare, ma per le amministrazioni scatta il divieto di incrementare le risorse contrattuali variabili se oggettivamente il tasso delle assenze “strategiche” risulti superiore alle medie nazionali.
Come si nota, in questo caso non si prevede che le assenze siano ingiustificate, per quanto appaia incongruo che si computino ferie o permessi o malattie legittime ai fini dell’applicazione della previsione. La quale, per come scritta, oltre tutto finisce per colpire non solo i dipendenti che si organizzino per dare corso all’eccesso di assenze strategiche, ma anche indiscriminatamente gli altri. Infatti, il divieto di incremento delle risorse (per altro, inutile finchè resti in piedi il tetto delle risorse della contrattazione decentrata al 2016, imposto sempre dalla riforma Madia) si riverberebbe su tutto l’ente e non solo su quel settore nel quale si evidenzino le storture che la norma vuole colpire.
Tuttavia, anche l’attuazione di quest’ultima norma è molto complessa. Infatti, occorre che si determini il tasso medio delle assenze, mediante indicatori nazionali attualmente inesistenti e non facili da reperire.
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