Print Friendly, PDF & Email

L’ICI sugli enti non commerciali va recuperata

di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale

La Corte di Giustizia UE con la sentenza 6 novembre 2018 (nelle cause riunite da C-622/16 P a C-624/16P) ha annullato la decisione della Commissione europea 2013/284/UE del 19 dicembre 2012 nella parte in cui non ha ordinato il recupero dell’aiuto di Stato (illegale) concesso dall’Italia con l’esenzione ICI agli enti non commerciali.

La decisione della Commissione. La Commissione nella decisione:

– ha dichiarato che l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili («ICI») concessa dall’Italia agli enti non commerciali (come gli istituti scolastici o religiosi) che svolgevano, negli immobili in loro possesso, determinate attività (quali le attività scolastiche o alberghiere) costituiva un aiuto di Stato illegale;

– non ha ordinato il recupero degli aiuti illegali, ritenendo assolutamente impossibile ottenere le informazioni necessarie avvalendosi delle banche dati catastali e fiscali italiane e astenendosi dall’esaminare l’eventuale esistenza di modalità alternative che consentissero il recupero, anche solo parziale, di tali aiuti;

– ha affermato, inoltre, che l’esenzione fiscale prevista dal nuovo regime italiano dell’imposta municipale unica («IMU»), applicabile in Italia dal 1° gennaio 2012, non costituiva un aiuto di Stato.

Avverso questa decisione è stato presentato ricorso innanzi la Corte di giustizia UE.

Le motivazioni della Corte di giustizia. La Corte fa presente che l’adozione dell’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità. E’ pur vero che la Commissione non può imporre il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione, come quello secondo cui «ad impossibilia nemo tenetur» («nessuno è tenuto all’impossibile»). Tuttavia, la Corte sottolinea che un recupero di aiuti illegali può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare unicamente quando la Commissione accerti, dopo un esame minuzioso, che sono soddisfatte due condizioni, vale a dire, da un lato, l’esistenza delle difficoltà addotte dallo Stato membro interessato e, dall’altro, l’assenza di modalità alternative di recupero.

Nel caso di specie, quindi, la Commissione non poteva riscontrare l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali limitandosi a rilevare che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti attraverso le banche dati catastali e fiscali italiane. Secondo la costante giurisprudenza della Corte simili difficoltà interne non sono sufficienti a configurare un’impossibilità assoluta di recupero. La Commissione avrebbe dovuto anche esaminare se esistessero modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, di tali aiuti. In mancanza di un’analisi siffatta, la Commissione non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di recupero dell’ICI.

Il responso della Corte di giustizia. Tenuto conto di ciò, la Corte annulla la sentenza del Tribunale nella parte in cui esso ha convalidato la decisione della Commissione di non ordinare il recupero dell’aiuto illegale concesso con l’esenzione dall’ICI e annulla, di conseguenza, la decisione della Commissione nella parte in cui la Commissione non ha ordinato il recupero degli aiuti illegali concessi sulla base dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili.

Per quanto riguarda l’IMU, la Corte ritiene che il Tribunale non abbia commesso errori di diritto dichiarando che l’esenzione dall’IMU, che non si estendeva ai servizi didattici forniti dietro remunerazione, non si applicava ad attività economiche e non poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato. A tale riguardo, la Corte richiama la propria giurisprudenza secondo cui le esenzioni fiscali in materia immobiliare possono costituire aiuti di Stato vietati se e nei limiti in cui le attività svolte nei locali in questione siano attività economiche.

Corte giustizia Unione Europea Grande Sez., Sent., 6 novembre 2018, n. 622/16

Torna in alto