tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Incarichi a professionisti: spese consentita solo se l’ente locale ha disposto un dettagliato impegno contabile

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6919, dell’11 marzo 2019, nell’accogliere il ricorso di un ente locale ha revocato il decreto ingiuntivo con il quale un professionista richiedeva il pagamento del suo compenso; per i giudici di legittimità gli enti locali possono effettuare spese solo se è stato preventivamente previsto un minuzioso impegno contabile.

Il contenzioso

La Corte di appello, in accoglimento del gravame interposto da un professionista, nel caso in esame si trattava di un architetto, riformava la sentenza del Tribunale che, accogliendo l’opposizione di un ente locale, aveva revocato il decreto ingiuntivo notificato dallo stesso professionista per la somma di poco più di 37mila euro a titolo di differenza sul dovuto per compensi professionali (concernenti direzione lavori, misure, contabilità, collaudo amministrativo e coordinamento sicurezza primo e secondo stralcio) relativi all’incarico di progettazione e direzione lavori per la realizzazione di una struttura espositiva; la Corte di appello condannava anche il Comune alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.

I giudici del merito di secondo grado avevano affermato che:

a) le delibere comunali in atti, di conferimento dell’incarico e di approvazione del primo e secondo stralcio dei lavori, avevano previsto l’impegno di spesa delle vecchie lire 2.200.0.000, comprensive dei costi di realizzazione dell’opera e dei compensi spettanti al professionista, sicché erano state rispettate le disposizioni regolanti l’impegno di spesa per gli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.);

b) la previsione del ricorso al parere dell’ordine professionale in caso di contestazione sull’interpretazione delle convenzioni non era sufficiente a far ritenere il carattere indeterminato o indeterminabile del compenso, comunque contrattualmente determinato;

c) non era «condivisibile l’assunto dell’amministrazione appellata che sostiene che mancherebbe la copertura finanziaria, giacché l’importo di lire 2.200.000.000 era stato esaurito, non residuando ulteriori somme riconducibili al predetto finanziamento per liquidare l’importo preteso dal (omissis). E’ evidente, infatti, che i maggiori oneri conseguenti alle scelte dell’amministrazione, che deliberò di modificare il progetto originario, non possono incidere sul diritto dell’appellante ad ottenere il compenso pattuito».

Avverso la sentenza sfavorevole il Comune ha proposto ricorso per Cassazione.

Occorre ricordare, che l’art. 191 del TUEL afferma che “Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’art. 153, comma 5.

Nel caso di spese riguardanti trasferimenti e contributi ad altre amministrazioni pubbliche, somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, il responsabile del procedimento di spesa comunica al destinatario le informazioni relative all’impegno. La comunicazione dell’avvenuto impegno e della relativa copertura finanziaria, riguardanti le somministrazioni, le forniture e le prestazioni professionali, è effettuata contestualmente all’ordinazione della prestazione con l’avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati.

2. Per le spese previste dai regolamenti economali l’ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, alla missione e al programma di bilancio e al relativo capitolo di spesa del piano esecutivo di gestione ed all’impegno.

3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti giorni dall’ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall’art. 194, comma 1, lett. e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente all’adozione della deliberazione consiliare (…)”.

L’analisi della Cassazione

I giudici della Cassazione nell’analizzare l’articolato ricorso del Comune osservano che l’art. 191, comma 1, TUEL dispone che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria, comunicati dal responsabile del servizio al terzo interessato che, ferma l’obbligazione a carico dell’amministratore, funzionario o dipendente dell’ente che abbia consentito la fornitura del bene o servizio in violazione della norma (comma 4), ha facoltà, in mancanza della comunicazione suddetta, di non eseguire la prestazione.

I giudici di legittimità osservano, dopo un analisi delle varie normative di riferimento, che l’art. 191 del TUEL, nell’imporre l’indicazione dell’ammontare delle spese e dei mezzi per farvi fronte, a pena di nullità delle relative deliberazioni adottate in violazione di legge (cfr. sentenza Sez. U, 10 giugno 2005, n. 12195Sez. U. 28 giugno 2005, n. 13831 e successive conformi), tutelano, con tutta evidenza, il preminente interesse pubblico all’equilibrio economico-finanziario delle amministrazioni locali in un quadro di certezza della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell’azione amministrativa.

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, come anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità, tra le quali si ricordano :

sentenza 28 dicembre 2010, n. 26202, sulla radicale nullità della delibera non munita di copertura finanziaria e del conseguente contratto di conferimento dell’incarico professionale;

sentenza 2 dicembre 2016, n. 24655, sulla necessaria cogenza del principio di equilibrio di bilancio anche a fronte della tutela del diritto, di rango costituzionale, all’assistenza socio-sanitaria;

sentenza 18 dicembre 2014, n. 26657 e Sez. I, 20 marzo 2018, n. 6970, sulla generale inderogabilità della previa provvista finanziaria;

Per i giudici di legittimità sbaglia la Corte di appello nel ritenere il diritto del professionista ad ottenere il compenso richiesto indebitamente inciso in conseguenza della modifica del progetto originario.

La Corte di appello, infatti, recependo meccanicamente gli assunti dell’appellante e senza confrontarsi con il detto quadro normativo come interpretato dalla Cassazione, ha infondatamente ritenuto che le delibere comunali anteriori a quella del 2007 avessero rispettato l’art. 191 del TUEL con la semplice indicazione dell’impegno di spesa di lire 2.200.0.000, «comprensive dei costi per la realizzazione dell’opera pubblica e dei compensi spettanti al professionista», assumendo apoditticamente la sussistenza della prova del conferimento dell’incarico (e dell’impegno di spesa) senza tuttavia spiegarne le ragioni e soffermandosi solo sull’aspetto della determinabilità del compenso alla stregua delle tariffe professionali.

I giudici di legittimità osservano che il professionista aveva ritenuto che l’importo complessivo degli onorari per il primo e secondo stralcio dei lavori assicurava ampiamente la previsione di spesa occorrente per il compenso dovuto all’architetto in seguito complessivamente quantificato dall’ordine degli architetti e «dalla lettura di tutte le delibere di conferimento incarico (…), è riscontrabile l’indicazione dell’ammontare dei compensi dovuti al professionista, contemplati nelle voci “spese generali” e “somme a disposizione” e l’indicazione dei mezzi per farvi fronte come risulta dai quadri economici dell’opera in precedenza riprodotti».

Per la Corte di Cassazione una siffatta modalità di indicazione della spesa, con la quale si aggregavano indistintamente le spese tecniche senza la precisa preventiva indicazione di quelle per gli onorari professionali, non soddisfa affatto la prescrizione dell’art. 191, comma 1, TUEL, dovendosi ribadire l’insegnamento, da ultimo compiutamente espresso da Sez. I, 24 settembre 2018, n. 22481 sulla scorta dei principi via via affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «La delibera comunale di conferimento di incarico ad un professionista deve indicare l’ammontare della spesa, mediante l’identificazione e la distinzione delle diverse voci che la compongono (spese generali, tecniche, per compensi professionali, ecc.), ed i mezzi per farvi fronte, ugualmente identificati e distinti analiticamente, così da creare un doppio e congiunto (non alternativo) indice di riferimento che vincola l’operato dell’ente locale in relazione alle spese stabilite anticipatamente, in ragione dell’interesse pubblico all’equilibrio economico e finanziario, e quindi al buon andamento della P.A.», che, prosegue la citata decisione in motivazione, «in caso contrario la previsione normativa risulterebbe aggirata; invero non è sufficiente che sussistano i mezzi economici, comunque previsti, anche se a seguito di un risparmio di spesa, perché sia giustificato il loro utilizzo per spese che non siano state previste e stabilite anticipatamente».

Le conclusioni

La Cassazione osserva che, nel caso in esame, esiste una insussistenza di valide convenzioni tra il Comune ed il professionista, non potendo le deliberazioni comunali di approvazione dei progetti, adottate anteriormente alla delibera n. 39/2007 ed invocate dal professionista, tenere luogo di altrettanti validi contratti ed essendo almeno la prima delle due convenzioni (quella riguardante l’originario intervento per lire 2.200.000.000) in ogni caso non riferibile all’ente in carenza dell’esatta indicazione del soggetto munito dei poteri di stipula.

In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito rigettando l’originaria domanda e revoca del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale.

Cass. civ. Sez. I, Ord., 9 maggio 2018-11 marzo 2019, n. 6919

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