La riforma della dirigenza pubblica e la Torre di Babele.
Nell’imminenza dell’emanazione dei decreti legislativi di attuazione dell’articolo 11 della Legge n. 124/2015, si susseguono le prese di posizione di questo o quello in ordine al ruolo, allo status, alle modalità di accesso alla “carriera” dei dirigenti pubblici. Con buona pace delle conferenze stampa del Presidente del Consiglio ( ricordiamo i “44 punti” del 2014 – vedi qui) e delle affollate, distratte e superficiali consultazioni effettuate dal Governo e dalle Commissioni parlamentari sull’impianto della legge delega, un vero dibattito informato e aperto alle varie opinioni in campo non c’è mai stato. Per meglio dire, c’è stato un soggetto privato che si é conquistato un peso mediatico importante nelle proposte di riforma: l’Università Bocconi di Milano (vedi qui). Tuttavia, pare perlomeno azzardato qualificare con il termine di “dibattito” le loro pur legittime prese di posizione condite con interventi di Ministri in carica e non. Un dibattito vero comportava la necessità dell’ascolto di qualificate rappresentanze delle imprese, dei consumatori, dei lavoratori del pubblico impiego e della dirigenza pubblica oggetto della riforma; tutto questo non è mai avvenuto. Nella assoluta latitanza dell’applicazione dei canoni della cosiddetta “better regulation” – che rimane un riferimento esotico esattamente come la sua dizione inglese – continuano le prese di posizione “sparse” di professori esperti, rappresentanti della dirigenza, Corte dei Conti, politici, ciascuno dei quali tocca nei suoi interventi un pezzo di riforma, nella latitanza di un quadro di contesto ben definito e, soprattutto, minimamente condiviso. Di questa triste Torre di Babele in corso diamo conto pubblicando tre utili e interessanti prese di posizione, da collocare tuttavia agli antipodi fra di loro, come sintomo di una situazione di gravissima scollatura fra Organi pubblici e fra stakeholder.
Giovanni Valotti – Gli effetti disastrosi dei concorsi per l’accesso alla dirigenza pubblica.
Alfredo Ferrante – Non serve reinventare il sistema di reclutamento dei dirigenti pubblici.
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