tratto da rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com

#province Le smaccate bugie di Delrio nell’intervista a QN

rilievoaiaceblogliveri / 21 ore ago

La riforma delle province è un caos assoluto, perché il Governo nasconde a se stesso la realtà, agendo in modo del tutto inadatto alla riuscita dell’operazione.

Lo dimostra l’intervista rilasciata il 9 marzo 2015 al Quotidiano Nazionale dall’autore principale della riforma, l’attuale sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Graziano Delrio: un insieme incredibile di notizie semplicemente false.

Alla domanda “che cosa si è risparmiato con la riforma delle province”, la prima notizia falsa. Delrio risponde: “In Finanziaria p calcolato un miliardo di euro di risparmi. E questa è la risposta migliore a chi diceva che non si sarebbe ottenuto alcun risparmio”.

Totalmente falso. Non c’è alcun risparmio. Quel miliardo è una spesa, che le province invece di erogare per i servizi di propria competenza, debbono versare per darlo al bilancio dello Stato, che lo spenderà come meglio crede. Chiamiamolo “taglieggiamento”. Ma non risparmio, per favore. Per i cittadini non c’è un centesimo in meno di tasse, infatti.

Poi, Delrio afferma che c’è stato un risparmio di 150 milioni per l’abolizione dei consigli provinciali. Falso. I consigli provinciali non sono aboliti per nulla. Ed il risparmio, secondo quanto ha certificato la Corte dei conti, Sezione autonomie, nell’audizione in Parlamento del novembre 2013, è di 34 milioni.

Poi, Delrio afferma: “Lo Stato ha trasformato le province in organismi a servizio dei comuni. Un esempio: un piccolo comune che deve fare le buste paga o ha bisogno dell’avvocato si può rivolgere all’ente provinciale riducendo le spese. Questo è possibile perché abbiamo tolto tante competenze”. Assolutamente velleitario. La riduzione drastica del personale delle province, il 50% circa della dotazione organica, renderà alle province difficoltosissimo svolgere le proprie, di competenze. Inimmaginabile è la funzione di servizio di cui parla Delrio. Non vi saranno i mezzi per svolgerla, nel modo più assoluto.

Poi, Delrio si lancia in un’altra falsità: “Lo Stato ha lasciato due competenze alle province: le strade provinciali e le scuole”. E no, proprio no. L’articolo 1, comma 85, della legge Delrio (che forse il sottosegretario Delrio non conosce) indica le seguenti funzioni fondamentali rimaste alle province:

1.        a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;

2.        b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

3.        c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

4.        d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

5.        e) gestione dell’edilizia scolastica;

6.        f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

E il successivo comma 88 aggiunge: “La provincia può altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive”.

E il successivo comma 90 vede le province come soggetti competenti a subentrare alle autorità di bacino che sovraintendono ai servizi pubblici di natura economica.

Non si capisce davvero cosa possa spingere Delrio e il Governo a propagandare smaccate falsità. Ma non è finita.

Delrio, nell’intervista, rileva, correttamente, che le regioni ci stanno mettendo del loro per rendere il tutto ancora più caotico, rifiutando di fare la loro parte. Afferma che “le regioni avrebbero dovuto definire con atti ufficiali le loro competenze entro fine dicembre. Ora, esclusa Emilia-Romagna, Calabria e Marche, le altre regioni a statuto normale le hanno definite”. Assolutamente falso: se le funzioni fossero state definite, i 20.000 dipendenti provinciali in sovrannumero sarebbero già stati ricollocati. Nella realtà solo la regione Toscana ha deciso con legge, ancora da attuare. Le altre sono tutte in alto mare.

Il giornalista poi chiede con quali fondi le province gestiranno strade e scuole. Delrio risponde: “Le entrate delle province, grazie alle tasse proprie3, sono circa 4 miliardi e sono sufficienti a coprire questi costi”. Peccato che, come visto sopra, le competenze fondamentali siano molte di più: basti pensare al patrimonio e alle spese di investimento connesse appunto a scuole e strade, per circa 2 miliardi di spesa; aggiungendo 1,2 miliardi di spesa di personale, si vede che non vi sono spazi per le spese correnti: utenze, riscaldamento, appalti, trasporti. Infatti, tutte le province sono mandate inevitabilmente al dissesto. Ma, il sottosegretario Delrio, che non conosce la riforma fatta dal Ministro degli affari regionali Delrio, evidentemente non ne è al corrente.

All’osservazione del giornalista che è il caos per la ricollocazione dei 20.000 dipendenti e che nonostante il blocco delle assunzioni i ministeri emanano bandi di concorso, Delrio non risponde. Fa un giro di parole senza senso: “Lo Stato si è impegnato e le regole della circolare Madia sono chiare. E’ complicato. Non è facile ma possibile e doveroso. Sia per lo Stato, sia per le regioni. E’ una riforma faticosa, ma se non lo fosse non sarebbe una riforma profonda”.

Sarebbe bastato che il Governo attuasse l’articolo 1, commi 92 e 96, lettera a) della legge Delrio, ignota a Delrio, e il problema non si sarebbe nemmeno posto.

Altra domanda del giornalista è che i sindacati temono esodati. La risposta è sconcertante: “L’assorbimento nella pubblica amministrazione è un processo graduale e difficile, ma entro il 2018 sarà completato”. Peccato che la legge 190/2014 imponga che sia completato entro il 31.12.2016. Se ciò non avvenisse, entro il 2018 molti dei 20.000 interessati sarebbero licenziati. Altro che impegno dello Stato a ricollocare tutti…

Alla domanda su come aiutare i bilanci delle province, poi, Delrio risponde con argomentazioni senza fondamento. Afferma che possono alleviare il miliardo da versare allo stato con la rinegoziazione dei mutui, che vale circa 500 milioni. Ma, non tutte le province hanno da rinegoziarli, perché quelle virtuose non hanno nulla da rinegoziare o hanno fatto ricorso ad altre fonti di finanziamento. Insomma, i 500 milioni non si spalmano uniformemente tra le 107 amministrazioni provinciali. Poi, Delrio parla della possibilità di valorizzare gli immobili provinciali, conferendoli alla società Sgr Invimit. Ma, a parte che si tratta di un valore di poche centinaia di milioni, anch’essi non uniformemente spalmabili, in ogni caso l’introito che ne deriverebbe finanzierebbe le spese in conto capitale, mentre gli aggravi di spesa imposti dalla legge di stabilità alle province (insomma il taglieggiamento del miliardo spacciato per “tagli”) agiscono sulla spesa corrente. Dunque, in ogni caso il conferimento degli immobili non consentirebbe di evitare il dissesto.

La conclusione è che il quadro della riforma è sempre più sconfortante. Il Governo vive una vita virtuale tutta propria, nella quale numeri e leggi non contano. I dati venvgono visti in modo diverso, le dinamiche ignorate, i problemi lasciati irrisolti. Conta solo la “bandiera”, prevale l’immagine a discapito del disastro organizzativo dell’assetto istituzionale, dell’annichilimento dell’efficienza nella gestione dei servizi, di 20.000 dipendenti che possono essere tranquillamente sacrificati, sapendo che l’opinione pubblica ne sarebbe solo contenta.

Nella sostanza, l’intervista rivela che il Governo vuole accollare alle regioni la spesa di circa 4-5 miliardi, connessa all’esercizio delle funzioni non fondamentali delle province ed al personale ad esse adibito. Per questo, le regioni non hanno la minima intenzione di attuare il disegno del Governo. Per questo, allora, invece che approvare la sgangherata riforma della legge 56/2014, ed invece di legiferare tramite articoli ed interviste ai giornali, sarebbe bastata una legge di pochissime righe: “le province sono abolite. Ad esse subentrano in ogni rapporto attivo e passivo le regioni, che ne esercitano le funzioni e competenze, riorganizzandole su base territoriale ed istituzionale nel rispetto della propria autonomia”. Sarebbe tutto già risolto.

 

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