Scioglimento Enti locali: quando gli amministratori responsabili non si possono più candidare
8 dicembre 2016
di Dott. Vito Montaruli
Una delle innovazioni di maggior rilievo apportate dalla l. n. 94 del 2009 (c.d. “pacchetto sicurezza”) all’istituto dello scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose è costituita dall’incandidabilità degli amministratori ritenuti responsabili della dissoluzione dell’ente.
Le disposizioni in merito
L’art. 143, c. 11, dell’art. 143 T.U.E.L. così dispone in merito: <
L’operatività di tale previsione è garantita dal precedente comma 4, in forza del quale la proposta “indica” gli amministratori responsabili, facendo chiaramente intendere che tale indicazione costituisce un elemento obbligatorio dell’atto di cui trattasi.
Lo scopo della misura
La misura risponde all’esigenza di porre rimedio alle deficienze della vecchia normativa, che non impediva agli amministratori coinvolti nelle ingerenze criminali all’interno dell’ente di ripresentarsi alle elezioni successive allo scioglimento.
Ciò vanificava la finalità ultima della normativa in questione, cioè la rigenerazione della classe politica locale e, in definitiva, del tessuto sociale interessato dall’emergenza criminale. Non a caso, numerosi erano i casi di recidiva degli enti colpiti dal provvedimento di scioglimento.
L’incandidabilità risponde, altresì, alle <<esigenze di una maggiore individualizzazione degli effetti del provvedimento, da indirizzare prioritariamente ai responsabili del degrado dell’ente>> [1].
La responsabilità dirigenziale
Secondo la giurisprudenza amministrativa, la responsabilità de qua è una particolare ipotesi di responsabilità <
La decisione giurisprudenziale ha considerato prevalente il diritto fondamentale all’elettorato passivo, oggetto di garanzia costituzionale [3].
La decisione delle Sezioni Unite
Una recente ed importante decisione delle Sezioni Unite [4] si mostra invece più sensibile ai valori costituzionali a fondamento dello scioglimento per infiltrazioni criminali e, in particolare, dell’istituto interdittivo in esame, dichiarando la manifesta infondatezza della eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 143, c. 11, T.U.E.L. con riferimento agli artt. 27 e 51 della Carta fondamentale.
La massima istanza della Suprema Corte ha stabilito, nell’occasione, che l’incandidabilità <
Le successive decisioni giurisprudenziali
Successive decisioni giurisprudenziali sono anch’esse ispirate all’esigenza di una difesa avanzata dalle aggressioni della criminalità organizzata delle amministrazioni pubbliche locali e della stessa entità statuale, valore parimenti oggetto di primaria garanzia costituzionale [5].
Ci si riferisce, in particolare, alla recentissima pronuncia [6] con cui la Cassazione ha annullato la sentenza di appello, confermativa di quella di primo grado, che aveva ritenuto l’incandidabilità limitata al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del consiglio comunale, sebbene non avesse riguardato tutti i tipi di competizione elettorale inibiti dalla norma in esame.
La sentenza impugnata aveva quindi reputato che l’efficacia dell’incandidabilità era limitata al primo turno elettorale amministrativo, successivo allo scioglimento del consiglio, svoltosi nella Regione interessata, qualunque in concreto fosse stato il tipo di ente locale interessato dalla competizione elettorale, con esaurimento del relativo potere sanzionatorio.
L’arresto in esame, inserito in un consistente filone giurisprudenziale ivi richiamato, ha al contrario statuito che l’art. 143, c. 11, T.U.E.L., nel punto in cui inibisce la partecipazione del soggetto incandidabile alle elezioni amministrative di vario genere va interpretato nel senso che <<la candidatura è preclusa per il primo turno elettorale di ciascuna delle predette elezioni successive allo scioglimento e che, inoltre, l’incandidabilità opera quando, come previsto dalla norma, “sia dichiarata con provvedimento definitivo”, valendo allora per tutti i turni elettorali successivi che si svolgeranno nella Regione nel cui territorio si trova l’ente l’interessato dallo scioglimento>>.
Il principio di diritto affermato
Il principio di diritto affermato, conseguentemente, è che <<la candidatura è preclusa nel primo turno di ciascuna delle predette elezioni (regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali) che si svolgano, successivamente allo scioglimento dichiarato con provvedimento definitivo, nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato>>.
Due sono, quindi, le statuizioni impartite dalla Suprema Corte:
da un lato, nel solco garantistico delle pronunce dei giudici amministrativi qui precedentemente richiamate, ribadisce l’insufficienza del provvedimento non definitivo di incandidabilità ad inibire in concreto la partecipazione alle elezioni;
dall’altro che l’effetto inibitorio si esaurisce solo con lo svolgimento del primo turno di ognuno dei tipi di competizioni elettorali contemplate dall’art. 143, c. 11, successivo alla definitività del provvedimento interdittivo.
Purtuttavia, dalle lettura della pronuncia, permane il dubbio che un’elezione riguardante un qualsiasi comune della Regione interessata possa far venir meno, sia pure limitatamente a tale categoria di consultazioni, la misura interdittiva, consentendo all’amministratore responsabile di candidarsi alla successiva competizione elettorale riguardante il comune disciolto. Questa interpretazione pare poco rispondente alla ratio della norma e tale da favorire una sua agevole elusione.
[1] V. Montaruli, Lo scioglimento degli organi elettivi degli enti locali per infiltrazioni della criminalità organizzata, Napoli, 2014, p. 110.
[2] T.A.R. Sicilia – Palermo, Sez. II, 15 ottobre 2012, n. 2005, confermata dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 21 febbraio – 2 aprile 2013, n. 395, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] D. Ponte, Il diritto fondamentale dell’elettorato passivo è limitato esclusivamente da norme specifiche, in Guida dir., 2013, 20, p. 98.
[4] Cass., Sez. Un., 30 gennaio 2015, n. 1747.
[5] V. Montaruli, Lo scioglimento, cit., p. 15 ss.
[6] Cass. civ., 11 novembre 2016, n. 23069.
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