tratto da Italia Oggi - 06 Settembre 2019
Somma urgenza. Ma anche no – Spesso mancano i presupposti nelle procedure attivate
di ANDREA MASCOLINI – Italia Oggi – 06 Settembre 2019
Spesso mancano i presupposti di urgenza nelle procedure attivate dalle stazioni appaltanti per interventi ex art. 163 del codice appalti; frequenti i frazionamenti artificiosi degli interventi al fine di sottrarli alle procedure ordinarie. Sono queste le risultanze dell’ attività di vigilanza condotta dall’ Autorità nazionale anti corruzione (Anac) e concretizzatasi in verifiche a campione e su segnalazione relative all’ utilizzo della cosiddetta «somma urgenza» prevista dall’ art. 163 del Codice dei contratti pubblici. Dalle verifiche condotte l’ Autorità ha rilevato che in molti casi le stazioni appaltanti fanno ricorso a questo istituto in maniera impropria, non rispettosa dei principi posti dalla norma per l’ individuazione dei lavori definiti «di somma urgenza».
In base al codice appalti le due circostanze che rappresentano i presupposti necessari per ricorrere all’ art. 163, sono, in primo luogo la somma urgenza «non consente alcun indugio» e quindi deve essere relativa a circostanze impreviste, imprevedibili e comunque non preventivamente note all’ amministrazione e comportino uno stato di imminente e concreto pericolo di pregiudizio alla pubblica incolumità.
In secondo luogo deve trattarsi di fattispecie di calamità naturali o connesse con l’ attività dell’ uomo, o comunque una ragionevole previsione dell’ imminente verificarsi di tali eventi, che richiedono l’ adozione di «misure indilazionabili». In presenza di queste circostanze la legge consente alla stazione appaltante di intervenire in deroga a qualsiasi altra procedura disciplinata dal Codice, senza previa negoziazione con operatori economici ed evitando la verifica della copertura della spesa e la preventiva progettazione dei lavori da eseguire (basta la mera predisposizione di una perizia giustificativa da parte del Rup o di un tecnico dell’ amministrazione, da redigersi entro dieci giorni dall’ ordine di esecuzione dei lavori).
È però necessaria una verifica dei presupposti normativi e la redazione di un verbale di somma urgenza in cui vengano riportati e dichiarati gli esiti di tale verifica e la presenza delle circostanze eccezionali. All’ esito delle verifiche effettuate l’ Autorità ha rilevato che le stazioni appaltanti spesso richiamano sia la disciplina sugli affidamenti diretti fino a 40 mila euro (artt. 36 e 37 oggi portata a 150 mila per i lavori e alla soglia Ue per servizi e forniture) sia quella relativa alle procedure di somma urgenza.
Questo nonostante vi siano sostanziali differenze esistenti tra l’ utilizzo della procedura di affidamento diretto prevista dagli artt. 36 e 37 del Codice e la medesima procedura consentita dall’ art. 163. Da un lato vi sono infatti diversi massimali di importi previsti (40 mila euro per la prima e 200 mila euro per la seconda) e dall’ altro lato ricorre la necessità, per la «somma urgenza», della sussistenza delle specifiche circostanze previste dalla norma, della predisposizione di apposito «verbale di somma urgenza» in cui tali circostanze devono essere esplicitate e della possibilità di procedere all’ affidamento dei lavori senza effettuare la preventiva progettazione degli stessi.
Dall’ esame degli esposti pervenuti nonché dalla verifica a campione effettuata, l’ Anac ha rilevato che, in alcuni casi, il tempo trascorso tra la redazione del verbale di somma urgenza e l’ inizio dei lavori ne determina l’ assenza dei presupposti di urgenza di cui all’ art. 163 del Codice. In altri casi tale istituto viene utilizzato in modo distorto attraverso un artificioso frazionamento dell’ appalto, erroneamente giustificato da motivi di urgenza e salvaguardia della pubblica incolumità non riscontrabili, di fatto, dagli atti esaminati.
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