La conferma dalla Corte di Cassazione: in caso di danni ai sensi dell’art. 1669 del c.c., il direttore dei lavori e l’appaltatore sono entrambi responsabili.
Nel caso in cui si riscontrino gravi danni a seguito dell’esecuzione di lavori su un edificio, il direttore dei lavori e l’impresa appaltatrice ne rispondono in solido, come previsto dall’art. 1669 del codice civile.
Lo ribadisce la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 22575/2022, a seguito del ricorso presentato dall’impresa esecutrioce dei lavori, che era stata condannata sia in primo che in secondoi grado, insieme al Direttore dei Lavori, al risarcimento dei danni arrecati a un condominio, oltre che al pagamento in regresso di un indennizzo al DL.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d’appello: qualora il danno subito dal committente rientri nell’ambito dell’art. 1669 c.c. e sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori, entrambi rispondono solidalmente dei danni. Spiegano gli ermellini che, per sussistere la solidarietà, è sufficiente che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse.
Il vincolo di responsabilità solidale rappresenta infatti un fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c. e sulla questione non rileva la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità: questo perché sia l’appaltatore che il direttore dei lavori, con le rispettive azioni od omissioni, sono entrambi autori dell’unico illecito extracontrattuale, e perciò rispondono, a detto titolo, del danno cagionato.
Le attività dell’appaltatore, come quella del direttore dei lavori, pur essendo i contratti ai quali si ricollegano di diversa natura, possono infatti concorrere tutte alla produzione del danno, con la conseguenza che gli indicati soggetti, indipendentemente dalla graduazione delle rispettive colpe nei rapporti interni, sono tenuti a risarcire integralmente i danneggiati.
Nell’ordinanza viene anche precisato che non è stato violato, il principio del ne bis in idem in relazione a un lodo reso nel giudizio arbitrale tra impresa e condominio, perché la richiesta di indennizzo da parte del Direttore dei Lavori non ricadeva nell’ambito dello stesso giudizio.
Il titolare dell’impresa appaltatrice è stato infatti chiamato in causa con la proposizione nei suoi confronti dell’azione di regresso da parte del direttore dei lavori e l’art. 1306 c.c. si applica nei soli rapporti tra creditore e coobbligato solidale e non ai rapporti di regresso tra i vari condebitori. Ne consegue che nell’azione di regresso del condebitore nei confronti dell’altro coobbligato, “il coobbligato convenuto non può opporre altro e contrastante giudicato, col quale sia stata rigettata la pretesa creditoria nei suoi confronti”.
Infine, la Cassazione ha respinto anche il ricorso incidentale del Direttore dei Lavori, il quale lamentava che la Corte d’Appello non aveva considerato alcuni dati a confutazione della mancata vigilanza sui lavori. Sul punto, la Suprema Corte ha evidenziato che “Indipendentemente dalla frequenza, non risulta invece alcun intervento da parte sua volto alla contestazione delle modalità esecutive dell’opera anche per la parte non rispondente a progetto”. Giustamente quindi, in corretta applicazione dell’art. 91 c.p.c., il direttore dei lavori è stato condannato al pagamento delle spese in favore del Condominio.
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