09/05/2016 – col trucco ma a fin di bene

COL TRUCCO MA  A  FIN  DI BENE

DI LUIGI OLIVERI · 5 MAGGIO 2016

 

La gara d’appalto per le piscine a Lodi, dunque, è stata realmente manipolata dal sindaco del comune, che, a quanto si apprende dai giornali, ha confessato di essere intervenuto per “truccare” il bando, giustificando la propria azione con l’intento di fare “il bene della città”.

La vicenda di Lodi rivela numerosi risvolti. In primo luogo, occorre chiedersi quanti casi di questa natura possano esservi. I comuni in Italia sono oltre 8100; altre decine di migliaia sono amministrazioni rette da esponenti della politica. Guardando in faccia la realtà, è altamente, molto altamente, probabile che siano numerosissimi i casi di ingerenze dirette nella gestione tecnica di appalti (ma anche di pratiche di commercio, edilizia, concessioni e simili) da parte dei politici, volte, quanto meno, ad ottenere risultati spendibili sul piano del consenso e non necessariamente per guadagnare illecitamente denaro figlio di concussione o corruzione. Semplicemente il calcolo delle probabilità fa intuire che per un caso come quello di Lodi venuto alla luce, molti altri simili siano ancora latenti e sfuggenti.

Da qui una seconda considerazione: la “rete” anti corruzione impostata dalla normativa nel caso di Lecco ha parzialmente dato i suoi frutti, perché una funzionaria, proprio grazie alla formazione ricevuta in tema di lotta alla corruzione, ha rivelato la manipolazione della gara. Ma, anche in questo caso occorre chiedersi quanti funzionari sono disponibili a “correre il rischio della legalità” e fare fino in fondo il proprio dovere, a fronte di quanti altri cerchino, invece, il “quieto vivere”. Il che porta ad un’altra riflessione: forse, sarebbe il caso di ripristinare quel sistema di controlli preventivi svolti da soggetti esterni sugli atti della pubblica amministrazione, smantellato poco prudentemente quasi 20 anni da dalle riforme Bassanini.

In terzo luogo, la vicenda di Lodi deve indurci tutti ad una fortissima prudenza. Il sindaco di Lodi, come evidenziato sopra, pare aver confessato: ma, poiché ancora non è stata pronunciata alcuna condanna nei suoi confronti, resta ancora la presunzione di non colpevolezza.

Tuttavia, il vero garantismo giudiziario consiste nel non fare processi sulla pubblica piazza, sia allo scopo di esprimere sentenze di “condanna mediatica”, sia, nello stesso modo, allo scopo di esprimere simmetriche sentenze di “assoluzione preventiva”. Molti esponenti del PD, nelle ore successive al, comunque drammatico, arresto del sindaco di Lodi si sono sperticati nel sottolineare la sua rettitudine assoluta, il suo essere un galantuomo, incapace di atti come quelli dei quali è stato accusato. La confessione del sindaco, mentre lascia in piedi ancora a suo beneficio la presunzione di non colpevolezza, che potrà essere scalfita solo da una sentenza di condanna definitiva, smentisce, però, le difese preventive (e connessi attacchi alla magistratura) imprudentemente espresse nel caso di specie.

In ultimo, occorre osservare che anche laddove il sindaco di Lodi dovesse essere riconosciuto non colpevole, comunque il fatto avvenuto, per quanto possa anche non essere considerato violazione della legge penale, comunque è indice concreto di un modo di amministrare certamente non trasparente e contrario ai principi di apertura alla concorrenza e alla parità di trattamento degli imprenditori. Come tale, quindi, questo comportamento è di per sé corruttivo, almeno nell’accezione che della “corruzione” dà la legge anticorruzione, che non è solo la commissione del reato, bensì il compimento di qualunque azione idonea a piegare l’interesse pubblico ad un interesse particolare ed egoistico, finendo per favorire qualcuno, violando appunto i principi di trasparenza, parità di trattamento, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.

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