08/10/2018 – “disobbedienza civile” e “obbedienza incivile”

“disobbedienza civile” e “obbedienza incivile”*

Sono sempre più frequenti i casi in cui si avverte il bisogno di fare ricorso al “buon senso” e alla “coscienza”. E pensare che questi due termini sembrano antichi retaggi di un mondo lontano e sorpassato. Il mondo che “frequentiamo” adesso non ne avverte il bisogno. Siamo organizzati da leggi, regole, procedure, interpretazioni, linee guida, orientamenti, circolari, manuali d’uso, ecc. Tutto sapientemente creato affinché ogni cosa rispetti le prescrizioni, gli indicatori, gli standard, insomma ciò che sia stato già predefinito, al riparo dal “rischio” dell’intervento umano.

Mi viene in mente quella volta in cui una hostess, in fase di atterraggio, come previsto, aveva comunicato la solita frase: “i signori passeggeri sono pregati di rimanere seduti e di allacciare le cinture…” Ma, tra di noi, c’era un bambino che, vivendo nel suo mondo, non prestava attenzione agli annunci. La hostess lo guardava e imbracciato il microfono ripeteva la stessa frase, ma con un tono più deciso: “invitiamo i signori passeggeri a rimanere seduti con le cinture allacciate…”. Dopo la quarta ripetizione, visto che il bambino continuava a giocare, mentre la madre dormiva, un passeggero gli rivolge l’invito di sedersi e di allacciare le cinture, ma in modo più umano e comprensibile anche a lui.

L’hostess ha applicato la procedura prevista dalle prescrizioni internazionali sulla sicurezza dei voli. Quel passeggero ha applicato il buon senso e se non fosse intervenuto avremmo assistito a infinite ripetizioni di quel messaggio, nel rispetto della procedura, perchè usare il buon senso avrebbe significato disobbedire alle prescrizioni.

Sia chiaro che le procedure sono utili e spesso necessarie, come nel caso di operazioni di tipo meccanico e ripetitivo. E le regole sono indispensabili in qualsiasi contesto civile, altrimenti prevale la prepotenza. Ma proprio perchè si tratta di contesti “sociali” e non “meccanici”, le regole debbono essere sempre verificate riguardo alla loro funzionalità.

Il tema non è nuovo e nemmeno di poco conto. Lo ha affrontato anche Gesù che, in diverse occasioni (era proprio una sua fissazione!) metteva in crisi tutti dimostrando che le regole non bastano ad assicurare una società giusta. Lo ha fatto quando si è opposto alla lapidazione dell’adultera, quando ha chiesto di riflettere sul “sabato per l’uomo e non l’uomo per il sabato”, quando ha avvicinato la samaritana, ecc. Se c’è un’attenzione costante nel Vangelo, è proprio verso il bisogno di liberarsi di sovrastrutture che compromettano la libertà, intesa in senso nobile, come umanità. Si era persino permesso, avendone la giusta “posizione”, di mettere in discussione le dieci regole sacre consegnate agli uomini sul Sinai, dicendo che erano superate da un “comandamento nuovo” (Gv. 13,34) e più semplice: amare il prossimo.

E’ incredibile come queste parole così antiche appaiano oggi rivoluzionarie e attuali. Soprattutto in un mondo in cui le regole hanno due caratteristiche “particolari”: sono sempre più prescrittive di micro-comportamenti e non sono ispirate da “valori”, ma dall’appartenenza politica.

Non si tratta più, quindi, di essere regolati da principi come “non uccidere” o “non rubare”, ma da prescrizioni che, in. molte circostanze sfidano la logica o persino il buon senso. E che talvolta sono così dubbie o inattuali o irrazionali da lasciare spazio alla interpretazione dei controllori. E qui sorge un altra grave pericolo attuale: il trasferimento del valore etico dalle regole ai controllori che, essendo umani, possono cadere nella tentazione della “addomesticazione” delle decisioni a favore proprio o di altri, non della giustizia.

Le regole si rispettano! Ma perchè ciò avvenga e perchè esse abbiano la necessaria aura della sacralità, è indispensabile che siano ispirate da “valori”, non da “convenienze” o da “mediazioni tra interessi”. Quando le regole cessano di essere ispirate da finalità elevate o persino si mettono in contrasto con i “valori”, nelle persone di buon senso sorge spontaneo un conflitto legittimo. Perchè, in quel caso, l’obbedienza non appare più come gesto “civile”, ma come atteggiamento irrazionale o persino sottomissione a disvalori o segno di “inciviltà”.

Durante il servizio militare mi capitò di essere assegnato come piantone alla guardia di un varco che si era creato nel muro di cinta a causa di un crollo. La crepa, però, era stata otturata completamente, senza che di ciò fosse stata data notizia alla compagnia. Ero disponibile a fare il piantone perché rappresentava un mio dovere, ma mi rifiutai di farlo a una crepa inesistente. Si creò scompiglio e partirono le minacce di punizione. Li invitai a mandarmi ovunque, purché fosse un compito razionale. Non volevo sottrarmi al mio dovere, ma non potevo accettare di eseguire un compito così irrazionale e palesemente inutile. La questione si risolse con il buon senso perchè, oltre a qualche timoroso autoritario che vedeva nel mio ragionamento il timore del dilagare della piaga della disobbedienza  (che non c’era) e un grave pericolo per la Nazione tutta, trovai persone ragionevoli. E la faccenda si risolse, anche a vantaggio di chi avrebbe dovuto, nel mezzo della notte, darmi il cambio.

il buon legislatore si interroga sempre sulla “giustezza” delle regole, sulla loro efficacia, sulla loro sostenibilità  e sulle finalità che perseguono, Se non lo fa, genera confusione e sfiducia nelle stesse regole, affidando a chiunque la scelta se applicarle, anche se illogiche, o “disobbedire” per perseguire valori più alti.

In una società perfetta, governata da “regole civili” e “giuste”, non ci dovrebbe essere il bisogno di disobbedire. E la disobbedienza dovrebbe essere indicatore di “inciviltà”. Ma nel sistema in cui viviamo, non è raro il caso che, proprio nell’interesse di valori, si avverta il bisogno di “eroi” che abbiano il coraggio di disattendere le regole, nell’interesse della stessa collettività.

Invece siamo invasi da regole che seminano ingiustizia, ma di cui si pretende l’applicazione. Basti pensare al sistema dei contratti pubblici che sanziona chi aggiudica a mille euro senza procedure e blocca forniture, anche urgenti, ma assolve e tutela chi proroga concessioni da 800 milioni di euro.

Ci sarebbe un modo per superare questo problema: il buon senso e l’uso della logica. Ma la logica è la cosa che temiamo di più. I valori mettono paura. Preferiamo regole e procedure.

Infatti, tornando a Gesù, il suo invito a sostituire i dieci comandamenti con un comandamento nuovo (l’amore) è caduto nel vuoto: meglio semplici regole… si lascia più spazio alla interpretazione.

*) pubblicato su www.promezianews.it

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