tratto da italiappalti.it

“Affidamento in house e applicabilità del rito degli appalti”.

 

07 Mag 2018 di Matteo Dagradi
    

 

L’elaborazione  dell’istituto  dell’ in house   è avvenuta   in ambito  comunitario grazie  alla giurisprudenza  della  Corte di Giustizia, che, in materia  di appalti pubblici,   ha individuato i presupposti in ragione  dei quali  un  soggetto   tenuto  al rispetto  delle  regole dell’evidenza pubblica, invece  di affidare all’esterno lo svolgimento di determinate  prestazioni indicendo una gara pubblica, può provvedere    direttamente   all’esecuzione delle  stesse  affidando l’esecuzione dell’appalto  o la titolarità del servizio , senza   svolgere  alcuna gara. 

Perché ciò avvenga devono sussistere vincoli così stretti tra pubblica amministrazione affidante e    soggetto affidatario   dell’appalto e/o del servizio in ragione dei quali possa affermarsi che non si tratti di due soggetti distinti.

Proprio per questo viene meno l’obbligo per la Pubblica Amministrazione   appaltante    di indire la gara, atteso che è come   se quest’ultima affidasse il servizio a   sé stessa ovvero a una propria articolazione, procedendo a un affidamento diretto dell’appalto o del servizio.

Nell’affidamento in house non vi è quindi l’attribuzione di compiti o servizi a operatori economici privati, con la conseguenza   che le regole sulla concorrenza applicabili agli appalti pubblici   e agli affidamenti dei pubblici servizi a terzi vengono meno, atteso che   la Pubblica Amministrazione provvede da sé al perseguimento degli scopi pubblici,

Con ciò si introduce una deroga al meccanismo dell’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica imposta alla   P.A, al fine di rispettare i principi di trasparenza   e imparzialità derivanti direttamente dall’’ art. 97 cost., alla stregua del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Ciò premesso, occorre   constatare come la posizione di supremazia del diritto comunitario imponga agli stati membri di adottare una disciplina   che   incentivi la concorrenza tra i privati   prevedendo appunto le regole dell’evidenza pubblica per l’affidamento di appalti e/o servizi, in conformità ai principi di trasparenza e imparzialità.

Lo stesso diritto   dell’Unione   Europea, tuttavia, ha previsto alcune deroghe al principio di concorrenza, di cui talune- specifiche- riguardanti fattispecie del tutto peculiari, come la sussistenza di oggettive ragioni di urgenza, non imputabili a ritardi della P.a. nell’indizione della gara, o ancora la circostanza che una prima gara ad evidenza pubblica sia andata deserta, oppure che si tratti di attività secretate.

Al di là di queste ipotesi residuali è prevista in particolare ipotesi di affidamento diretto costituita appunto dall’ in house providinge utilizzabile in via ordinaria dalla P.a. e-come si è anticipato- consistente nell’affidare un servizio a un soggetto che solo formalmente (ma non dal punto di vista sostanziale) si distingua dall’amministrazione che affida il servizio

Prima dell’entrata in vigore del   D lgs. 50/2016 l’istituto dell’in house providing non aveva una disciplina   compiuta a livello di diritto positivo.

Il   legislatore nazionale si era solo limitato a prevedere, trasfondendo all’interno della disciplina dei servizi pubblici locali il portato della giurisprudenza- a seguito delle modifiche portate all’art. 113 T.u.l.  nell’anno 2003,  e fino all’abrogazione di tale disposizione-  all’art. 5  lett c) che il servizio  pubblico  locale  potesse essere direttamente affidato  “ a società aventi capitale interamente pubblico  a  condizione che  l’ente pubblico o gli enti  pubblici titolari del capitale sociale esercitino  sulla società un controllo  analogo a  quello esercitato sui propri servizi  e che la società realizzi  la parte più importante della  propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”

Tuttavia,  si riteneva, alla stregua  dei principi   dettati dalla giurisprudenza comunitaria,  più volte  affermati a partire  dalla   sentenza Teckal del  1999 che   un rapporto  in house  potesse  essere sussistente quando ricorressero tre requisiti: 1) il soggetto  affidatario  dell’appalto o del servizio   deve  essere ad esclusivo  capitale  pubblico; 2) la stazione  appaltante  esercita  un controllo  sull’affidatario analogo  a quello  che dispiegherebbe  su un proprio ufficio  interno,quindi  deve svolgere  una influenza  determinante sia sugli obiettivi strategici  che sulle   decisioni significative dell’affidatario; 3)il soggetto affidatario non deve svolgere attività ulteriori  a quelle affidate in via diretta, se non  in via del tutto  marginale.

Tale frutto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale deve essere valutato tenendo presente, da un canto che con riferimento ad alcuni servizi pubblici locali la legge esclude la possibilità di affidamenti in house, e dall’altro che vi sono precise diposizioni di legge che vietano o limitano, obbligando alla dismissione, partecipazione societarie da parte della P.a.

Successivamente con il d lgs. 50/2016 in attuazione   delle direttive dell’Unione Europea 23,24,25/2015, la materia   ha trovato una nuova regolamentazione legislativa, prevedendo all’art. 5 tipologie e requisiti dell’in house providing, e stabilendo all’art. 192 l’istituzione di uno specifico registro a cura di ANAC   dove devono essere indicate le stazioni appaltanti che si avvalgono   di tale istituto.

Alla luce della nuova disciplina, per potere legittimamente affidare un appalto o un servizio con modalità in house le stazioni appaltanti dovranno effettuare una preventiva valutazione di congruità economica dell’offerta formulata dal soggetto in house avendo riguardo all’oggetto e al valore della prestazione,

Inoltre,  nelle motivazioni del provvedimento di affidamento dovranno essere  indicate 1) le ragioni del mancato ricorso  al  mercato 2) I  benefici per la collettività per la forma di gestione prescelta, soprattutto  alla  luce   degli obiettivi  di socialità, efficienza  economicità  e qualità del servizio  e di ottimale impiego delle risorse  pubbliche; è condizioni di legittimità,  quindi, il confronto   con i prezzi operati in regime di concorrenza ,- se   si tratta  di prestazioni normalmente soggette   a questo regime;

Per  quanto riguarda   i requisiti  che devono sussistere perché possa   darsi luogo  all’in house  providing   sussistono due  elementi  di novità in quanto  è  prevista  la possibilità di partecipazione in misura molto limitata   di capitali privati  nella  società affidataria  che non comporti controllo o potere di veto  sulle decisioni e  sempre che non eserciti  influenza determinante della persona giuridica controllata,; in secondo luogo   è determinata nel 20% la soglia  massima di attività  che l’affidatario può svolgere  a favore  di terzi; è prevista  inoltre la  possibilità   di un controllo  condiviso svolto  da più Amministrazioni sul  medesimo soggetto affidatario, e   anche l’affidamento  dell’appalto o del servizio  ad  un soggetto indirettamente controllato dall’amministrazione aggiudicatrice.

La  disciplina  legislativa  prevede altresì la possibilità   dell’affidamento da  parte   del soggetto controllato a  favore di un altro soggetto controllato dalla  stessa commissione aggiudicatrice,  nonché da parte del soggetto controllato a favore della stessa amministrazione  che lo controlla; in questi due ultimi casi  la condizione  perché si possa  procedere  all’affidamento diretto è costituita dall’assenza   di soci privati  nella persona giuridica beneficiaria dell’appalto pubblico, ovvero qualora vi sia la partecipazione di privati, che questi  non esercitino il controllo, poteri di veto o influenza determinante sul soggetto affidatario;

Per  quanto concerne  il controllo  condiviso, esso si può   configurare   quando vengono soddisfatte  contemporaneamente queste condizioni: 1)gli organi decisionali della  persona  giuridica  controllata  devono essere  composti  da rappresentanti di tutte le amministrazioni   aggiudicatrici  partecipanti al suo capitale anche  se  i singoli  rappresentanti possono rappresentare tutte  o varie  amministrazioni aggiudicatrici; 2)le amministrazioni  aggiudicatrici esercitano congiuntamente un influenza  determinante   sugli obiettivi strategici  e le decisioni significative  della    persona giuridica controllata 3) la persona giuridica non persegue interessi  contrari  a quelli delle  amministrazioni aggiudicatrici;

Infine,  ultima  novità da sottolineare  ai sensi dell’art, 5 comma 6  del nuovo  codice dei contratti pubblici  è la  previsione di accordi conclusi  tra amministrazioni aggiudicatrici   che  non rientrano nell’ambito  di applicazione del medesimo codice   degli  appalti se :1) l’accordo  stabilisce  una cooperazione  tra amministrazioni aggiudicatrici  o enti aggiudicatori finalizzata a garantire  che  i servizi affidati siano svolti   nell’ottica di conseguire  obiettivi comuni; 2) la cooperazione  avviene esclusivamente  in ragione dell’interesse  pubblico, 3)le amministrazioni coinvolte  nell’accordo  svolgono sul mercato aperto meno del 20%  delle attività oggetto della  cooperazione.

Tutto   ciò premesso, in tale  cornice    sistematica e  legislativa, se, come  si è   esposto, l’in house  providing  è fenomeno antitetico  all’evidenza   pubblica ,   che  si traduce,  quindi, nell’affidamento di  un servizio   nell’ambito   di una relazione  qualificabile  come interorganica,  per  il quale non vi è quindi il ricorso  alle procedure di  affidamento ad evidenza pubblica,  ciò   dovrebbe  comportare  sul piano processuale,  l’inapplicabilità  ad esso   del  rito speciale  degli appalti e  dei suoi termini,  (termini applicabili  secondo recente pronuncia  dell’adunanza  plenaria  all’affidamento di concessioni)., ed  in primis  l’inapplicabilità  del  termine dimidiato di trenta giorni  ex. art. 120 c.p.a. per l’impugnazione della delibera di affidamento in house;

Secondo tale impostazione, l’affidamento in house non rientra nei casi previsti dall’art. 119 c.p.a.  applicabile ai: a) provvedimenti concernenti procedure di affidamento di pubblici lavori servizi e forniture, salvo quanto previsto dall’art. 120 c.p.a e seguenti e b) all’art. 120 c.p.a.  comma 1 ovvero gli atti   delle procedure di affidamento –relativi a pubblici lavori, servizi o forniture;

Ciò premesso,  a livello sistematico   è tuttavia  possibile  un’altra interpretazione, recentemente  accolta dalla giurisprudenza  del Consiglio   di Stato,   che parte  della  constatazione di come  anche gli affidamenti in  house    sono comunque  espressione  della  potestà autoritativa  della  Pubblica  Amministrazione ,  e  comunque,  anche  in dipendenza   di affidamenti  in house   vi  sia comunanza  con le esigenze  di spiccata   celerità e pienezza   della tutela  previste  dal rito  speciale  di cui all’art. 120- 124 c.p.a.

La V sezione del Consiglio di Stato, – con sentenza n 2533   del 29 maggio 2017      ha affermato che anche le impugnazioni di affidamenti in house di contratti pubblici di lavori servizi e forniture siano soggetti al rito appalti di cui agli artt. 119 comma 1 lett a) e 120 del   Codice del processo amministrativo, con il corollario del dimezzamento del termine per proporre il ricorso di primo grado   ai sensi del comma 5 della stessa disposizione;

La pronuncia del Consiglio di Stato riguarda una pronuncia del T.A.R.  Toscana   con cui i giudici   di primo grado  hanno dichiarato irricevibile il ricorso   presentato dal ricorrente   avverso il provvedimento con cui un Ente  territoriale  aveva  affidato  un servizio  di  smaltimento rifiuti  ad una propria società in house., siccome  tardivo perché proposto oltre  il termine  di 30 giorni previsto dall’art. 120 c.p.a., affermando quindi l’inapplicabilità della  recente  sentenza dell’Adunanza Plenaria n 22/2016   che  ha ritenuto  applicabile  alla procedure di affidamento di concessioni il rito  speciale  degli appalti  e dei suoi termini.

La ricorrente ha quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato, lamentando l’inapplicabilità, nel caso di specie, del rito degli appalti e quindi del termine decadenziale   di 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, proprio sostenendo che l’affidamento di un servizio in house non rientri nelle ipotesi contemplate dall’art. 119 c.p.a.

A sostegno  del  proprio ricorso  richiamava  anche la precedente sentenza n. 5065/2014, che,  in materia   di concessione  di  servizi aveva  affermato,  come l’ affidamento del  servizio di distributori automatici  fosse  riconducibile  alla  concessione  di servizi   disciplinata  dall’art. 30 del  Codice  dei contratti pubblici, non trovando quindi applicazione  il  rito  speciale  di cui all’art. 120 c.p.a. e che dunque la proposizione   del ricorso  introduttivo   fosse  soggetta  al termine ordinario di 60 giorni dalla comunicazione  dell’aggiudicazione definitiva.

Il Consiglio, negando la remissione  della questione  all’Adunanza  Plenaria –(non esistendo  sul punto contrasti giurisprudenziali, e ritenendo  il  proprio precedente  relativo  alle  concessione di servizi del 27 luglio 2016  non applicabile  alla vertenza in esame, invece  riguardante l’applicabilità dell’art. 120 c.p.a agli affidamenti in house)- ha chiarito   nell’iter motivazionale   che  il tenore  delle  norme  di cui agli artt. 119-120 C.p.a. le quali si riferiscono genericamente alle “procedure “  nella  sua latitudine  è idonea   a racchiudere  tutta  l’attività della  Pubblica Amministrazione  espressiva del  suo potere  di supremazia,  che  si manifesta attraverso atti autoritativi  e nelle forme tipiche del procedimento amministrativo .

Con specifico  riferimento all’affidamento  di contratti di  lavori, servizi e forniture richiamando anche  la giurisprudenza  delle Sezioni Unite  della Corte di Cassazione ( 22233 3 novembre 2016)  ha  chiarito  che il concetto  di procedure è idoneo ad individuare  nel suo complesso  la  fase che  precede  la stipula  del contratto,  dopodiché  , invece l’amministrazione dismette  i propri poteri  autoritativi  per assumere la qualità di parte  di un negozio  giuridico  bilaterale  di diritto privato, fonte di un rapporto  di natura paritetica con l’appaltatore  o il concessionario e ciò vale anche per gli affidamenti in house  che pur  estrinsecatisi  uno actu  sono comunque  espressione  della potestà autoritativa  della p.a., ancorché  manifestata  in modo estremamente semplificato.

A   ben vedere, concludono i Giudici, la tesi opposta introdurrebbe   una distinzione incentrata non già sul profilo di ordine qualitativo legato al settore di attività della Pubblica Amministrazione ma sulle concrete modalità con cui quest’ultima è addivenuta a tale affidamento, con il rischio di rendere non agevole il discrimine tra rito ordinario e rito speciale.

Il Consiglio di Stato adduce anche   una motivazione di ordine sistematico osservando che depone in questo senso la comunanza ai contratti così stipulati delle esigenze sottese   a questo speciale procedimento giurisdizionale, cioè la spiccata celerità e la pienezza della tutela assicurata dai provvedimenti adottabili ai sensi degli artt. 120-124 c.p.a. 

Tra questi, in particolare, vi è la possibilità per il Giudice di dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato sulla base del provvedimento autoritativo di affidamento e dunque di incidere sul rapporto negoziale già instaurato a valle di quest’ultimo.

Da tale ampiezza di poteri e dalle possibili ricadute   su assetti contrattuali già instaurati si coglie la necessità sul piano logico e di complessiva coerenza normativa di assoggettare anche gli affidamenti in house   al rito concernente in generale i contratti di lavori servizi e forniture.

In senso contrario rimarrebbero immuni dal rischio di declaratoria giurisdizionale   di inefficacia proprio gli affidamenti maxime connotati dalla violazione del principio generale di matrice europea dell’evidenza pubblica.

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