“Affidamento in house e applicabilità del rito degli appalti”.
L’elaborazione dell’istituto dell’ in house è avvenuta in ambito comunitario grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, in materia di appalti pubblici, ha individuato i presupposti in ragione dei quali un soggetto tenuto al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica, invece di affidare all’esterno lo svolgimento di determinate prestazioni indicendo una gara pubblica, può provvedere direttamente all’esecuzione delle stesse affidando l’esecuzione dell’appalto o la titolarità del servizio , senza svolgere alcuna gara.
Perché ciò avvenga devono sussistere vincoli così stretti tra pubblica amministrazione affidante e soggetto affidatario dell’appalto e/o del servizio in ragione dei quali possa affermarsi che non si tratti di due soggetti distinti.
Proprio per questo viene meno l’obbligo per la Pubblica Amministrazione appaltante di indire la gara, atteso che è come se quest’ultima affidasse il servizio a sé stessa ovvero a una propria articolazione, procedendo a un affidamento diretto dell’appalto o del servizio.
Nell’affidamento in house non vi è quindi l’attribuzione di compiti o servizi a operatori economici privati, con la conseguenza che le regole sulla concorrenza applicabili agli appalti pubblici e agli affidamenti dei pubblici servizi a terzi vengono meno, atteso che la Pubblica Amministrazione provvede da sé al perseguimento degli scopi pubblici,
Con ciò si introduce una deroga al meccanismo dell’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica imposta alla P.A, al fine di rispettare i principi di trasparenza e imparzialità derivanti direttamente dall’’ art. 97 cost., alla stregua del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.
Ciò premesso, occorre constatare come la posizione di supremazia del diritto comunitario imponga agli stati membri di adottare una disciplina che incentivi la concorrenza tra i privati prevedendo appunto le regole dell’evidenza pubblica per l’affidamento di appalti e/o servizi, in conformità ai principi di trasparenza e imparzialità.
Lo stesso diritto dell’Unione Europea, tuttavia, ha previsto alcune deroghe al principio di concorrenza, di cui talune- specifiche- riguardanti fattispecie del tutto peculiari, come la sussistenza di oggettive ragioni di urgenza, non imputabili a ritardi della P.a. nell’indizione della gara, o ancora la circostanza che una prima gara ad evidenza pubblica sia andata deserta, oppure che si tratti di attività secretate.
Al di là di queste ipotesi residuali è prevista in particolare ipotesi di affidamento diretto costituita appunto dall’ in house providinge utilizzabile in via ordinaria dalla P.a. e-come si è anticipato- consistente nell’affidare un servizio a un soggetto che solo formalmente (ma non dal punto di vista sostanziale) si distingua dall’amministrazione che affida il servizio
Prima dell’entrata in vigore del D lgs. 50/2016 l’istituto dell’in house providing non aveva una disciplina compiuta a livello di diritto positivo.
Il legislatore nazionale si era solo limitato a prevedere, trasfondendo all’interno della disciplina dei servizi pubblici locali il portato della giurisprudenza- a seguito delle modifiche portate all’art. 113 T.u.l. nell’anno 2003, e fino all’abrogazione di tale disposizione- all’art. 5 lett c) che il servizio pubblico locale potesse essere direttamente affidato “ a società aventi capitale interamente pubblico a condizione che l’ente pubblico o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”
Tuttavia, si riteneva, alla stregua dei principi dettati dalla giurisprudenza comunitaria, più volte affermati a partire dalla sentenza Teckal del 1999 che un rapporto in house potesse essere sussistente quando ricorressero tre requisiti: 1) il soggetto affidatario dell’appalto o del servizio deve essere ad esclusivo capitale pubblico; 2) la stazione appaltante esercita un controllo sull’affidatario analogo a quello che dispiegherebbe su un proprio ufficio interno,quindi deve svolgere una influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative dell’affidatario; 3)il soggetto affidatario non deve svolgere attività ulteriori a quelle affidate in via diretta, se non in via del tutto marginale.
Tale frutto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale deve essere valutato tenendo presente, da un canto che con riferimento ad alcuni servizi pubblici locali la legge esclude la possibilità di affidamenti in house, e dall’altro che vi sono precise diposizioni di legge che vietano o limitano, obbligando alla dismissione, partecipazione societarie da parte della P.a.
Successivamente con il d lgs. 50/2016 in attuazione delle direttive dell’Unione Europea 23,24,25/2015, la materia ha trovato una nuova regolamentazione legislativa, prevedendo all’art. 5 tipologie e requisiti dell’in house providing, e stabilendo all’art. 192 l’istituzione di uno specifico registro a cura di ANAC dove devono essere indicate le stazioni appaltanti che si avvalgono di tale istituto.
Alla luce della nuova disciplina, per potere legittimamente affidare un appalto o un servizio con modalità in house le stazioni appaltanti dovranno effettuare una preventiva valutazione di congruità economica dell’offerta formulata dal soggetto in house avendo riguardo all’oggetto e al valore della prestazione,
Inoltre, nelle motivazioni del provvedimento di affidamento dovranno essere indicate 1) le ragioni del mancato ricorso al mercato 2) I benefici per la collettività per la forma di gestione prescelta, soprattutto alla luce degli obiettivi di socialità, efficienza economicità e qualità del servizio e di ottimale impiego delle risorse pubbliche; è condizioni di legittimità, quindi, il confronto con i prezzi operati in regime di concorrenza ,- se si tratta di prestazioni normalmente soggette a questo regime;
Per quanto riguarda i requisiti che devono sussistere perché possa darsi luogo all’in house providing sussistono due elementi di novità in quanto è prevista la possibilità di partecipazione in misura molto limitata di capitali privati nella società affidataria che non comporti controllo o potere di veto sulle decisioni e sempre che non eserciti influenza determinante della persona giuridica controllata,; in secondo luogo è determinata nel 20% la soglia massima di attività che l’affidatario può svolgere a favore di terzi; è prevista inoltre la possibilità di un controllo condiviso svolto da più Amministrazioni sul medesimo soggetto affidatario, e anche l’affidamento dell’appalto o del servizio ad un soggetto indirettamente controllato dall’amministrazione aggiudicatrice.
La disciplina legislativa prevede altresì la possibilità dell’affidamento da parte del soggetto controllato a favore di un altro soggetto controllato dalla stessa commissione aggiudicatrice, nonché da parte del soggetto controllato a favore della stessa amministrazione che lo controlla; in questi due ultimi casi la condizione perché si possa procedere all’affidamento diretto è costituita dall’assenza di soci privati nella persona giuridica beneficiaria dell’appalto pubblico, ovvero qualora vi sia la partecipazione di privati, che questi non esercitino il controllo, poteri di veto o influenza determinante sul soggetto affidatario;
Per quanto concerne il controllo condiviso, esso si può configurare quando vengono soddisfatte contemporaneamente queste condizioni: 1)gli organi decisionali della persona giuridica controllata devono essere composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti al suo capitale anche se i singoli rappresentanti possono rappresentare tutte o varie amministrazioni aggiudicatrici; 2)le amministrazioni aggiudicatrici esercitano congiuntamente un influenza determinante sugli obiettivi strategici e le decisioni significative della persona giuridica controllata 3) la persona giuridica non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici;
Infine, ultima novità da sottolineare ai sensi dell’art, 5 comma 6 del nuovo codice dei contratti pubblici è la previsione di accordi conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici che non rientrano nell’ambito di applicazione del medesimo codice degli appalti se :1) l’accordo stabilisce una cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori finalizzata a garantire che i servizi affidati siano svolti nell’ottica di conseguire obiettivi comuni; 2) la cooperazione avviene esclusivamente in ragione dell’interesse pubblico, 3)le amministrazioni coinvolte nell’accordo svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività oggetto della cooperazione.
Tutto ciò premesso, in tale cornice sistematica e legislativa, se, come si è esposto, l’in house providing è fenomeno antitetico all’evidenza pubblica , che si traduce, quindi, nell’affidamento di un servizio nell’ambito di una relazione qualificabile come interorganica, per il quale non vi è quindi il ricorso alle procedure di affidamento ad evidenza pubblica, ciò dovrebbe comportare sul piano processuale, l’inapplicabilità ad esso del rito speciale degli appalti e dei suoi termini, (termini applicabili secondo recente pronuncia dell’adunanza plenaria all’affidamento di concessioni)., ed in primis l’inapplicabilità del termine dimidiato di trenta giorni ex. art. 120 c.p.a. per l’impugnazione della delibera di affidamento in house;
Secondo tale impostazione, l’affidamento in house non rientra nei casi previsti dall’art. 119 c.p.a. applicabile ai: a) provvedimenti concernenti procedure di affidamento di pubblici lavori servizi e forniture, salvo quanto previsto dall’art. 120 c.p.a e seguenti e b) all’art. 120 c.p.a. comma 1 ovvero gli atti delle procedure di affidamento –relativi a pubblici lavori, servizi o forniture;
Ciò premesso, a livello sistematico è tuttavia possibile un’altra interpretazione, recentemente accolta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che parte della constatazione di come anche gli affidamenti in house sono comunque espressione della potestà autoritativa della Pubblica Amministrazione , e comunque, anche in dipendenza di affidamenti in house vi sia comunanza con le esigenze di spiccata celerità e pienezza della tutela previste dal rito speciale di cui all’art. 120- 124 c.p.a.
La V sezione del Consiglio di Stato, – con sentenza n 2533 del 29 maggio 2017 ha affermato che anche le impugnazioni di affidamenti in house di contratti pubblici di lavori servizi e forniture siano soggetti al rito appalti di cui agli artt. 119 comma 1 lett a) e 120 del Codice del processo amministrativo, con il corollario del dimezzamento del termine per proporre il ricorso di primo grado ai sensi del comma 5 della stessa disposizione;
La pronuncia del Consiglio di Stato riguarda una pronuncia del T.A.R. Toscana con cui i giudici di primo grado hanno dichiarato irricevibile il ricorso presentato dal ricorrente avverso il provvedimento con cui un Ente territoriale aveva affidato un servizio di smaltimento rifiuti ad una propria società in house., siccome tardivo perché proposto oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 120 c.p.a., affermando quindi l’inapplicabilità della recente sentenza dell’Adunanza Plenaria n 22/2016 che ha ritenuto applicabile alla procedure di affidamento di concessioni il rito speciale degli appalti e dei suoi termini.
La ricorrente ha quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato, lamentando l’inapplicabilità, nel caso di specie, del rito degli appalti e quindi del termine decadenziale di 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, proprio sostenendo che l’affidamento di un servizio in house non rientri nelle ipotesi contemplate dall’art. 119 c.p.a.
A sostegno del proprio ricorso richiamava anche la precedente sentenza n. 5065/2014, che, in materia di concessione di servizi aveva affermato, come l’ affidamento del servizio di distributori automatici fosse riconducibile alla concessione di servizi disciplinata dall’art. 30 del Codice dei contratti pubblici, non trovando quindi applicazione il rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a. e che dunque la proposizione del ricorso introduttivo fosse soggetta al termine ordinario di 60 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva.
Il Consiglio, negando la remissione della questione all’Adunanza Plenaria –(non esistendo sul punto contrasti giurisprudenziali, e ritenendo il proprio precedente relativo alle concessione di servizi del 27 luglio 2016 non applicabile alla vertenza in esame, invece riguardante l’applicabilità dell’art. 120 c.p.a agli affidamenti in house)- ha chiarito nell’iter motivazionale che il tenore delle norme di cui agli artt. 119-120 C.p.a. le quali si riferiscono genericamente alle “procedure “ nella sua latitudine è idonea a racchiudere tutta l’attività della Pubblica Amministrazione espressiva del suo potere di supremazia, che si manifesta attraverso atti autoritativi e nelle forme tipiche del procedimento amministrativo .
Con specifico riferimento all’affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture richiamando anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( 22233 3 novembre 2016) ha chiarito che il concetto di procedure è idoneo ad individuare nel suo complesso la fase che precede la stipula del contratto, dopodiché , invece l’amministrazione dismette i propri poteri autoritativi per assumere la qualità di parte di un negozio giuridico bilaterale di diritto privato, fonte di un rapporto di natura paritetica con l’appaltatore o il concessionario e ciò vale anche per gli affidamenti in house che pur estrinsecatisi uno actu sono comunque espressione della potestà autoritativa della p.a., ancorché manifestata in modo estremamente semplificato.
A ben vedere, concludono i Giudici, la tesi opposta introdurrebbe una distinzione incentrata non già sul profilo di ordine qualitativo legato al settore di attività della Pubblica Amministrazione ma sulle concrete modalità con cui quest’ultima è addivenuta a tale affidamento, con il rischio di rendere non agevole il discrimine tra rito ordinario e rito speciale.
Il Consiglio di Stato adduce anche una motivazione di ordine sistematico osservando che depone in questo senso la comunanza ai contratti così stipulati delle esigenze sottese a questo speciale procedimento giurisdizionale, cioè la spiccata celerità e la pienezza della tutela assicurata dai provvedimenti adottabili ai sensi degli artt. 120-124 c.p.a.
Tra questi, in particolare, vi è la possibilità per il Giudice di dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato sulla base del provvedimento autoritativo di affidamento e dunque di incidere sul rapporto negoziale già instaurato a valle di quest’ultimo.
Da tale ampiezza di poteri e dalle possibili ricadute su assetti contrattuali già instaurati si coglie la necessità sul piano logico e di complessiva coerenza normativa di assoggettare anche gli affidamenti in house al rito concernente in generale i contratti di lavori servizi e forniture.
In senso contrario rimarrebbero immuni dal rischio di declaratoria giurisdizionale di inefficacia proprio gli affidamenti maxime connotati dalla violazione del principio generale di matrice europea dell’evidenza pubblica.
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