tratto da La Gazzetta degli Enti Locali 7/3/2016

Servizi legali: il nuovo codice dei contratti chiarisce che sono appalti, no intuitu personae

S. Usai (La Gazzetta degli Enti Locali 7/3/2016)

Il nuovo codice dei contratti (> il testo approvato nel C.d.M. di giovedì 3 marzo) contribuisce a chiarire una volta e per sempre (si spera) la fattispecie degli incarichi agli avvocati, definendoli come veri e propri appalti di servizi, quali sono, ponendo finalmente (si spera) nel nulla qualsiasi teoria che ammetta l’assegnazione dell’assistenza legale in giudizio come incarico intuitu personae.

Vediamo nel dettaglio come interviene sul tema il nuovo codice. L’articolo 17 dell’attuale testo esclude dall’applicazione delle disposizioni del codice, tra gli altri quelli “concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

1) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni

1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell’Unione europea, un paese terzo o dinanzi a un’istanza arbitrale o conciliativa internazionale; 

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell’Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali

2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1.1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni;

3) servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai; 

4) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali; 

5)  altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri”.

Concentriamoci in particolare sulla “rappresentanza legale” di un cliente che, come si nota, riguarda sia i procedimenti di arbitrato e conciliazione, sia i procedimenti di fronte alle autorità giurisdizionali ed amministrative: si tratta della tutela legale vera e propria.

Ora, l’articolo 17 del nuovo codice dei contratti prevede che le disposizioni ivi contenute non si applichino a questa tipologia di servizi.

Tutto risolto nel senso che, allora, per l’affidamento delle prestazioni di tutela legale le amministrazioni restano libere di fare come credono, oppure nel senso che l’affidamento dell’incarico al legale “degradi” a collaborazione regolata dall’articolo 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs. 165/2001?

Niente affatto. In primo luogo, si deve osservare che, correttamente, l’articolo 17 definisce le prestazioni di tutela legale come “servizi”. Questo è un passo in avanti molto importante, perché la moltissima giurisprudenza amministrativa che ancora si ostina a considerare gli incarichi a legali non come appalti di servizi, perché valorizza l’elemento della prestazione d’opera professionale, viene messa fuori gioco ancor più di quanto le vigenti disposizioni del d.lgs. 163/2006 non privino già di sostanza tali posizioni.

Adesso, non sarà più sostenibile (a meno di forzature interpretative che certo non sono fin qui mancate) una differenziazione della disciplina per l’affidamento della tutela in giudizio basata sulla presupposta distinzione (solo italiana) tra appalti di servizi e prestazioni d’opera intellettuale. La “rappresentanza legale”, ai sensi del nuovo codice, è un appalto di servizio. Incontrovertibilmente.

È un appalto di servizio, tra le altre motivazioni, perché il nuovo codice conferma la definizione di operatore economico già esistente (estendendola anche alle amministrazioni pubbliche: “una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offre sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.

Si può obiettare che se, però, ai servizi legali visti prima non si applicano le disposizioni del codice dei contratti, ciò avvalora la teoria dell’affidamento intuitu personae.

Questa osservazione non tiene conto della necessità di coordinare le disposizioni dell’articolo 17 dell’attuale testo del codice, con quanto prevede l’articolo 4 del medesimo, rubricato “Principi relativi all’affidamento di contratti pubblici esclusi”. Dal che si comprende subito che i contratti esclusi non debbono essere affidati attraverso le specifiche disposizioni di dettaglio in tema di gara ed esecuzione disposti dal nuovo codice (e dalla mina vagante della soft regulation dell’ANAC), ma debbono rispettare principi generali che traggono la loro fonte nel codice dei contratti medesimo e non altrove.

Questo consente di fornire risposte ai quesiti posti sopra: si deve escludere che l’affidamento dei servizi legali possa avvenire iure privatorum tra le parti in mera applicazione delle disposizioni del codice civile sul contratto di prestazione d’opera professionale, le quali restano operanti solo per i committenti privati; così come si deve escludere che sorregga la disciplina degli incarichi ai legali l’articolo 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs. 165/2001, in quanto non si tratta di collaborazioni, ma di veri e propri servizi.

Non resta, allora, che considerare quanto dispone l’articolo 4 del nuovo codice, ai sensi del quale l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di:

  1. economicità: l’elemento economico-finanziario, dunque, non può essere escluso; per quanto non abbia, nel caso dei servizi legali rilievo fondamentale, deve comunque essere tenuto presente e, quindi, parametri per la valutazione dell’economicità dell’incarico vanno dimostrati;
  2. efficacia: è il principio meno rilevante, perché non si tratta di una prestazione di risultato, ma di mezzi;
  3. imparzialità: questo principio, insieme a quelli che seguono nell’elenco, di per sé esclude radicalmente l’intuitu personae: un affidamento non può di per sé essere imparziale, se trova la sua fonte esclusivamente in una decisione totalmente discrezionale del committente;
  4. parità di trattamento: se si impone parità di trattamento, comunque occorre innestare una procedura che consenta a più soggetti, in posizione paritaria tra essi, di concorrere;
  5. trasparenza: la trasparenza implica l’evidenziazione non solo della procedura, ma delle ragioni che portano alla scelta; ciò, ancora una volta, esclude radicalmente l’intuitu personae;
  6. proporzionalità: questo principio consente di proporzionare il confronto tra i potenziali offerenti in relazione alla tipologia del contratto e consente di gestire detto confronto in modo molto più agile di quanto non si imponga per i contratti soggetti all’applicazione pedissequa di tutte le disposizioni codicistiche.

Di fatto, gli affidamenti dei servizi legali sono sotto l’egida dei principi sopra enunciati, nonché della “Comunicazione interpretativa della commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» (2006/C 179/02)” che suggerisce, sulla base di indicazioni rinvenienti dalla giurisprudenza della Cgce pochi strumenti operativi, atti a rispettare esattamente i medesimi principi:

  • il solo modo di rispettare i requisiti definiti dalla CGCE consiste nella pubblicazione di un avviso pubblicitario sufficientemente accessibile prima dell’aggiudicazione dell’appalto. Tale avviso pubblicitario deve essere pubblicato dall’amministrazione aggiudicatrice nell’intento di aprire alla concorrenza l’aggiudicazione dell’appalto;
  • la CGCE ha dichiarato esplicitamente che l’obbligo di trasparenza non comporta necessariamente l’obbligo di presentare un invito formale a presentare offerte. L’avviso pubblicitario può quindi limitarsi ad una succinta descrizione degli elementi essenziali dell’appalto da aggiudicare e della procedura di aggiudicazione, accompagnata da un invito a prendere contatto con l’amministrazione aggiudicatrice. Ulteriori informazioni possono eventualmente essere pubblicate su Internet o comunicate su richiesta dall’autorità aggiudicatrice;
  • l’amministrazione aggiudicatrice può adottare misure per limitare il numero di candidati invitati a presentare un’offerta. In questo caso, l’amministrazione aggiudicatrice deve fornire informazioni adeguate sui meccanismi di selezione dei candidati che saranno inseriti nell’elenco ristretto; facoltà di limitare il numero di candidati a un livello adeguato, a condizione di farlo in modo trasparente e non discriminatorio. Possono ad esempio applicare criteri oggettivi, come l’esperienza dei candidati nel settore in questione, le dimensioni e l’infrastruttura delle loro attività, la loro capacità tecnica e professionale o altri fattori. Possono anche optare per una estrazione a sorte, sia come unico meccanismo di selezione, sia in combinazione con altri criteri. In ogni caso, il numero dei candidati iscritti sull’elenco ristretto deve rispondere alla necessità di garantire una sufficiente concorrenza.
  • la decisione definitiva di aggiudicazione dell’appalto sia conforme alle regole procedurali fissate all’inizio e che i principi di non discriminazione e di uguaglianza di trattamento siano pienamente rispettati. Questo aspetto è particolarmente importante nel caso delle procedure che prevedono una negoziazione con gli offerenti inseriti in un elenco ristretto. Le negoziazioni devono essere organizzate in modo tale che tutti gli offerenti abbiano accesso allo stesso volume di informazioni e in modo da escludere vantaggi ingiustificati per uno specifico offerente.

Più semplicemente, le amministrazioni hanno modo di giostrare tra questi principi, conciliando le diverse esigenze.

Per esempio, il sistema di affidamento può considerarsi tanto più semplificato quanto più sia lontano, in ribasso, dalle soglie comunitarie o dalle soglie di appalti a loro volta esclusi dal campo di applicazione del codice ai sensi del suo articolo 36 (40.000 euro per servizi e forniture).

L’ente potrebbe ricorrere ad un avviso di manifestazione di interesse generale a inizio anno, per acquisire un ristretto giro di legali interessati ad assumere le difese, così da restringere tra essi il confronto concorrenziale, definendo procedure molto snelle e veloci, utilizzando molto la pec.

Ancora, una regolamentazione interna dell’ente potrebbe giustificare un’estrazione a sorte o una scelta diretta, ma motivata, nell’ipotesi di costituzioni in giudizio impellenti e non conciliabili con i tempi sia pur stretti e semplificati richiesti dall’attuazione dei principi in argomento.

In ogni caso, la scelta solo intuitu personae è ormai da considerare totalmente inammissibile. Non resta che aspettare che la magistratura amministrativa e contabile ne prenda finalmente atto.

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