In base all’art 53. D.lgs. n. 50/2016, l’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali» è tendenzialmente escluso, salvo nei confronti del «concorrente al fine della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».
Nella disciplina vigente, dunque, è riconosciuto l’interesse qualificato del concorrente ad accedere agli atti di gara, risolvendosi a favore del diritto di difesa – e quindi dell’accesso – il conflitto trasversalmente latente e sin troppo strumentalmente immanente che in materia di appalti si instaura rispetto ai profili di riservatezza che possano riguardate segreti tecnici o commerciali avvalendosi dei quali si sia giunti a confezionare l’offerta di gara.
Del resto, sempre restando su un piano generale, la stessa scelta a monte di partecipare ad una procedura pubblica di selezione – con le esigenze di trasparenza che la connotano – implica necessariamente il rischio di una possibile “pubblicizzazione” del segreto tecnico o commerciale, essendo evidente che, proprio in correlazione all’insorgere di un possibile contenzioso in relazione alla stessa, la parte, in prima battuta, o se del caso il Giudice, nell’esercizio dei propri poteri istruttori, potrebbero realisticamente utilizzare in tutto o in parte per le esigenze del giudizio il materiale astrattamente coperto da segreto, in tal modo inevitabilmente pubblicizzandolo.
Nello stesso partecipare ad una procedura di evidenza pubblica vi è dunque una potenziale “accettazione del rischio” di pubblicizzazione dei contenuti dell’offerta, con particolare riguardo all’insorgere di esigenze processuali.
Le contrarie posizioni espresse dal Consiglio di Stato in alcune isolate pronunce (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 64/2020) non possono essere condivise e sono state palesemente superate dall’evoluzione normativa contemporanea.
Come è noto, il nuovo Codice Appalti 2023 (cfr. D.Lgs. n. 36/2023) ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara che, pur non applicandosi direttamente alla procedura in esame ratione temporis, è oltre modo significativo rispetto alle tendenze ideologico culturali, oltre che ovviamente giuridiche, verso le quali il sistema sta evolvendo.
Una novità rilevante è sicuramente prevista all’art. 36: con la comunicazione digitale dell’aggiudicazione, verranno rese note anche le decisioni assunte dalla Stazione appaltante sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte, formulate dagli offerenti a tutela dei loro segreti tecnici o commerciali.
In tal modo si vuole palesemente accelerare la procedura; gli operatori non dovranno più formulare alcuna istanza di accesso.
Inoltre, ai primi cinque classificati in graduatoria, sarà consentito visionare reciprocamente le rispettive offerte, sempre attraverso le piattaforme informatiche.
Ma si noti che tutto verrà deciso in autonomia dalla Stazione appaltante al momento di valutazione delle offerte: non è previsto un preliminare avviso all’offerente, quale controinteressato, circa l’intenzione di rendere visibili le parti di offerte indicate come segrete, né viene disciplinato un contraddittorio sul punto prima dell’aggiudicazione.
Le decisioni sulle richieste di oscuramento, comunicate appunto contestualmente all’aggiudicazione, potranno essere impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine – ai limiti del giugulatorio – di dieci giorni.
Il quadro che emerge è, per l’appunto, quello della pubblicizzazione integrale della gara pubblica e l’eradicazione, si spera definitiva di tutto il contenzioso sviluppatosi negli ultimi anni sulla, spesso strumentale, difesa del c.d. know how industriale e commerciale.
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