Dal sito di Gianluca Bertagna

Pare circoli un’interpretazione assai restrittiva del d.m. 17 marzo 2020, che ritiene che la possibilità di aggiungere agli spazi assunzionali determinati applicando la Tabella 2 del decreto i resti dei 5 anni precedenti sia da assumere invece come mera alternativa: i comuni, secondo questa lettura penalizzante dovrebbero scegliere se applicare i valori individuati dalla Tabella 2 oppure sfruttare i resti del turn-over.

L’impostazione ci sembra però illogica, per diverse ragioni. Partiamo dalla lettera del d.m., che così dice: “Per il periodo 2020-2024, i comuni possono utilizzare le facoltà assunzionali residue dei cinque anni antecedenti al 2020 in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla Tabella 2 del comma 1, fermo restando il limite di cui alla Tabella 1 dell’art.  4, comma 1”.

La circolare esplicativa del 13 maggio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, qualora si volesse dibattere sul significato del termine “deroga” è ancor più chiara: “Tale limitazione alla dinamica di crescita può tuttavia essere derogata, e quindi superata, nel caso di comuni che abbiano a disposizione facoltà assunzionali residue degli ultimi cinque anni (c.d. resti assunzionali). Ciò vuol dire che il comune può utilizzare i propri resti assunzionali anche in deroga ai valori limite annuali di cui alla Tabella 2 del decreto attuativo, in ogni caso entro i limiti massimi consentiti dal valore soglia di riferimento”.

L’utilizzo dei resti assunzionali è utile a superare il valore derivante dall’applicazione di Tabella 2, a “oltrepassare” la dinamica di crescita predeterminata dalla fonte legale, e non si riduce al ruolo di alternativa, opzione che la fonte legale, se tale fosse stato l’intendimento, avrebbe potuto semplicemente prevedere. Anche la logica dell’imporre che, comunque, non si debba superare il valore soglia (definito da Tabella 1) conferma per noi l’ipotesi che si stia ragionando di un totale.

Il d.m. assunzioni ha d’improvviso cancellato, come un colpo di spugna, il previgente regime del turn-over: la norma del comma 2 non fa che restituire a quei comuni che per varie ragioni abbiano accumulato un turn-over pregresso (spesso per difficoltà contingenti nello “spenderlo”) la possibilità di utilizzare ciò che è loro; concedendo, tanto forte è questa tutela, 5 anni di tempo per consumarlo.

È evidente, peraltro, che utilizzare resti assunzionali che al più derivano da un turn-over al 100% non può comportare alcun incremento incontrollato della spesa storica, che è il fine palesemente presidiato dal comma 2. Forse sarebbe bene che ci si rammentasse che il d.l. 34/2019 è stato definito, dal Legislatore, “Decreto Crescita”.

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