07/11/2018 – Le spese del personale nelle Unioni di comuni nell’analisi della Sezione delle autonomie

Le spese del personale nelle Unioni di comuni nell’analisi della Sezione delle autonomie

di Roberta Caiffa – Funzionario della Corte dei conti
La Corte dei conti, Sezione delle autonomie, funzione di coordinamento delle Sezioni regionali di controllo, con la deliberazione n. 20 del 22 ottobre 2018 (adunanza del 9 ottobre), ha dato risposta alla questione posta dalla Sezione regionale di controllo per la Lombardia con la deliberazione n. 217/2018/QMIG, sulla richiesta presentata dai Comuni di Almè e Villa d’Almè, in ordine all’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dei vincoli relativi alla spesa del personale utilizzato dall’Unione dei comuni per svolgere le funzioni trasferitele dai comuni partecipanti. Tale Unione è caratterizzata dal fatto che entrambi i Comuni disciplinano, con una apposita convenzione, l’assegnazione in servizio e l’utilizzazione del personale dipendente dell’Unione e non presentano più nei loro Bilanci spese nel ‘macroaggregato 1.01 del Titolo 1 (redditi da lavoro dipendente)’, tranne quelle per il segretario comunale del Comune di Villa d’Almè, quale ente capo della convenzione di segreteria.
I Comuni hanno formulato il quesito in questi termini: “E’ possibile sostenere che, qualora un comune abbia trasferito tutto il personale all’unione, l’attestazione che il medesimo comune rispetta il proprio tetto di spesa di personale sia effettuata sulla base della consistenza del personale a suo tempo trasferito all’unione, e che, dal momento in cui la sola unione è titolare dei rapporti di lavoro, essa unione debba rispettare il proprio tetto di spesa (corrispondente ammontare dell’anno 2008) e possa avvalersi delle proprie facoltà assunzionali (100% del turn-over) senza dover sincerarsi che tali assunzioni, ove ribaltate singolarmente su ciascun comune, debbano anche rispettare il tetto di spesa del singolo comune, in quanto tali fluttuazioni di consistenza della dotazione organica dell’unione vanno considerate in maniera cumulata fra gli enti coinvolti e quindi reciprocamente compensate o comunque consentite entro il complessivo tetto di spesa dell’unione?”.
La Sezione regionale remittente ha riformulato quanto richiesto dai Comuni, ponendo alla Sezione delle autonomie due quesiti principali ed alcuni subordinati che sono di seguito elencati:
“A) l’unione è direttamente soggetta ai vincoli relativi alla spesa del personale di cui all’art. 1, comma 562L. n. 296 del 2006?
In caso di risposta affermativa,
A1) quali spese per il personale devono essere ricomprese nell’agglomerato soggetto a vincolo, chiarendo, in particolare, se il perimetro di spesa del personale che l’unione deve conteggiare ai fini del rispetto dei vincoli di cui all’art. 1, comma 562, comma 562, L. n. 296 del 2006 comprende tutto il personale dalla medesima utilizzato, indipendentemente da come lo ha acquisito, o, invece, deve essere limitato solo a quello acquisito direttamente (assumendolo dall’esterno o mediante procedure di mobilità da altri enti) e non anche a quello che, pur mantenendo un rapporto di lavoro con il comune di provenienza, è utilizzato dall’unione ?
B) i comuni partecipanti all’unione sono soggetti ai vincoli di cui all’art. 1, comma 557L. n. 296 del 2006 relativamente alla spesa di personale utilizzato dall’unione per svolgere le funzioni trasferite dai medesimi?
In caso di risposta affermativa,
B1) il meccanismo del “ribaltamento” delineato dalla Sezione delle autonomie con deliberazione n. 8 del 2011 trova tuttora applicazione?
B2) trova conferma, o meno, l’orientamento delle Sezioni regionali in punto di non estensibilità dell’art. 14, comma 31-quinquies, del D.L. n. 78 del 2010 alla tipologia di unioni costituite in forza della previsione generale di cui all’art. 32 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267?
B3) quali spese per il personale utilizzato dall’unione devono essere ricomprese nell’agglomerato soggetto a vincolo, chiarendo il perimetro di spesa del personale che il comune deve conteggiare ai fini del rispetto dei vincoli di cui all’art. 1, comma 557L. n. 296 del 2006 e prendendo in considerazione specificamente la fattispecie di trasferimento dai comuni all’unione di tutto il personale tramite l’istituto della mobilità?”.
La Sezione remittente ha quindi provveduto a menzionare le novità normative intervenute a più riprese nella disciplina di settore ed inoltre, “ha evidenziato che la costante giurisprudenza contabile ritiene che i comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti facenti parte dell’unione … siano soggetti al vincolo della spesa del personale per i propri dipendenti (ancorché utilizzati da altri enti o organismi) previsto dall’art. 1, comma 557L. 27 dicembre 2006, n. 296” e che, “al contrario, le Sezioni regionali non avrebbero raggiunto un orientamento uniforme in tema di assoggettabilità dell’unione al vincolo della spesa del personale utilizzato dalla medesima per svolgere le funzioni trasferite”.
Le problematiche trattate dalla questione in oggetto sono già state affrontate “per alcuni rilevanti aspetti” dalla Sezione autonomie con deliberazione n. 8/2011/SEZAUT (successivamente dalla Corte costituzionale con sentenza n. 22 del 2014). In tale decisione «si afferma che il “presupposto che sta alla base della creazione di tale istituzione è quello secondo cui la gestione associata dei servizi propri dei singoli comuni, mediante il conferimento degli stessi ad una unione, è idonea a realizzare obiettivi di contenimento della spesa e di maggiore efficienza ed efficacia. Circostanza che induce a concludere che il contenimento dei costi del personale dei comuni debba essere valutato sotto il profilo sostanziale, sommando alla spesa di personale propria la quota parte di quella sostenuta dall’unione dei comuni”. Nella stessa deliberazione si puntualizza che “la quota parte della spesa di personale dell’unione, riferibile al comune che vi partecipa, deve essere imputata allo stesso comune ai fini del rispetto del limite di cui al comma 557 della L. n. 296 del 2006 e successive modifiche e integrazioni”». Ovverosia, «il quantum che ciascun comune partecipante alla gestione associata deve considerare, ai fini della verifica del rispetto dei vincoli relativi alla spesa del personale, comprende non solo la spesa di personale propria di ciascun ente, ma anche la quota parte di quella sostenuta dall’Unione dei comuni, riferibile al medesimo (criterio del “ribaltamento” della quota di spesa di personale dell’unione sul comune al quale quella spesa è riferibile)».
Secondo “il dato normativo”, “non è consentito all’ente comunale di svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata (art. 14, comma 29, D.L. n. 78 del 2010). Nella composizione della rimanente s pesa per le funzioni non associate dovrà evidentemente figurare anche una quota della spesa per il personale utilizzato solo per le attività non trasferite. Ne segue che, per ottenere la ricostruzione della complessiva spesa per il personale, la predetta quota andrà sommata a quella delle risorse trasferite al bilancio dell’unione”.
La definizione di “capacità finanziaria” delle Unioni di comuni, per la Sezione, «risulta definita dall’art. 19, comma 2, D.L. n. 95 del 2012, in base al quale sono affidate alle unioni di cui al comma 1 (quelle obbligatorie), per conto dei comuni associati, la programmazione economico finanziaria e la gestione contabile di cui alla parte II del D.Lgs. n. 267 del 2000». Compete loro altresì «la titolarità della potestà impositiva sui tributi locali dei comuni associati nonché quella patrimoniale, con riferimento alle funzioni da esse esercitate per mezzo dell’Unione». Anche la Corte costituzionale (nella sentenza n. 44 del 2014“ha chiarito che l’affidamento della titolarità impositiva alle unioni ex art. 19, comma 2, D.L. n. 95 del 2012, non riguarda l’attribuzione dell’intera potestà impositiva, ma soltanto quella riferita alle funzioni esercitate dai comuni stessi per mezzo dell’unione”.
Il sistema di finanziamento delle Unioni si fonda sui trasferimenti da parte degli enti che associano le funzioni; sui contributi statali a valere sul Fondo di solidarietà comunale; su quelli regionali per favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi e su alcune tasse, tariffe e contributi sui servizi ad esse affidati (autonomia impositiva di cui all’art. 3, comma 5 ed art. 32, comma 7, TUEL).
Guardando le Unioni dal punto di vista dell’obbligatorietà o meno della creazione di tale tipo di ente, vi sono da considerare una serie di limiti: il primo è “il rispetto dei vincoli previsti dalle vigenti disposizioni in materia di personale; il secondo concerne l’invarianza della spesa complessivamente considerata”. Inoltre, vi è l’obbligo di “assicurare progressivi risparmi di spesa in materia di personale”, non dimenticando che “le unioni sono titolari di un’autonomia organizzativa che comprende la capacità di modulare le politiche di contenimento della spesa complessiva“.
Secondo la Sezione “il giudizio di conformità ai vincoli normativi della spesa di personale imputata al bilancio dell’unione – che contabilmente comprende sia i volumi trasferiti dagli enti coinvolti che quelli acquisiti per gli effetti delle politiche della spesa di personale successive – richiede la verifica del rispetto tanto del proprio tetto quanto dei vincoli specifici degli enti che associano le funzioni”.
“Tale verifica va condotta con un meccanismo distinto a seconda del tipo di unione”. Se vengono costituite per l’associazione obbligatoria delle funzioni fondamentali (art. 14, comma 28, D.L. n. 78 del 2010“le spese di personale e le facoltà assunzionali sono considerate in maniera cumulata fra gli enti coinvolti, garantendo forme di compensazione fra gli stessi, fermi restando i vincoli previsti dalle vigenti disposizioni e l’invarianza della spesa complessivamente considerata”. Quindi, per le unioni obbligatorie “dopo aver verificato il rispetto del tetto di spesa di cui al comma 562 della L. n. 296 del 2006, si richiede, quanto ai vincoli specifici, che le spese di personale (e, a monte, le facoltà assunzionali) siano considerate in maniera cumulata fra gli enti coinvolti con la possibilità di una compensazione reciproca”.
Mentre, per “le unioni di comuni che associano le funzioni per libera scelta gestionale, ferma restando la verifica del contenimento della propria spesa nei limiti del tetto di cui al comma 562 della L. n. 296 del 2006, la successiva verifica del rispetto dei vincoli specifici degli enti che associano le funzioni deve essere fatta seguendo il criterio del “ribaltamento” (esposto nella già richiamata deliberazione n. 8/2011/SEZAUT) della quota riferibile all’ente di cui si sta valutando il rispetto dei vincoli”.
“Tale modalità trova fondamento nell’assetto normativo che non contempla, come invece per la tipologia di associazione obbligatoria, un meccanismo particolare di verifica del rispetto dei vincoli specifici … Pertanto, laddove la legge non preveda espressamente un meccanismo di verifica del rispetto di tale valore finanziario (come nel caso delle Unioni dei comuni sotto i 5.000 abitanti) giustificato dalla obbligatorietà ordinamentale, non è consentito derogare all’esatto adempimento di un obbligo gestionale che riflette un’esigenza di coordinamento della finanza pubblica.
“Fa eccezione a questo principio il caso di enti che abbiano trasferito tutto il personale alle Unioni cui hanno dato vita. In tale situazione, infatti, la cristallizzazione dell’entità delle risorse trasferite – evidentemente rispondenti, nella loro consistenza finanziaria, ai criteri del rispetto dei vincoli utilizzati fino al momento del trasferimento – e la mancanza di altra spesa, consente di concentrare nell’unico dato della spesa di personale dell’unione (dato che diventa un valore della spesa necessariamente cumulato) la verifica dei vincoli specifici che possono reciprocamente compensarsi”.
Sostanzialmente, per la Sezione delle autonomie “l’unione di comuni è direttamente soggetta ai vincoli relativi alla spesa del personale di cui all’art. 1, comma 562L. n. 296 del 2006;
“Nel rispetto dei principi di universalità del bilancio che vincola le unioni di comuni, il perimetro di spesa del personale che l’unione deve conteggiare ai fini del rispetto dei vincoli” – di cui alla norma citata – “comprende gli oneri per il personale acquisito direttamente (assumendolo dall’esterno o mediante procedure di mobilità da altri enti), nonché gli oneri per il personale comunque utilizzato dall’unione”;
“I comuni partecipanti all’unione, diversa da quelle «obbligatorie», sono soggetti ai vincoli di cui all’art. 1, comma 557L. n. 296 del 2006 relativamente alla spesa di personale comprensiva della quota per il personale utilizzato dall’unione per svolgere le funzioni trasferite”;
“La verifica del rispetto dei vincoli gravanti sugli enti partecipanti alle unioni non obbligatorie va condotta con il meccanismo del «ribaltamento» delineato dalla Sezione delle autonomie con deliberazione n. 8 del 2011, salvo il caso in cui gli enti coinvolti nell’Unione abbiano trasferito tutto il personale all’unione. In tale ultima ipotesi la verifica va fatta considerando la spesa cumulata di personale dell’unione con possibilità di compensazione delle quote di spesa di personale tra gli enti partecipanti”;
“Il criterio di cui all’art. 14, comma 31-quinquies, D.L. n. 78 del 2010 di considerare nei processi associativi le spese di personale e le facoltà assunzionali in maniera cumulata tra gli enti coinvolti è applicabile solo alle ipotesi contemplate al comma 28 dello stesso articolo”;
“Nell’agglomerato soggetto a vincolo devono essere considerate tutte le spese di personale utilizzato dall’unione. A tal fine trova applicazione l’art. 557-bis, in base al quale costituiscono spesa di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’art. 110D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture ed organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ente”.

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