tratto da luigioliveri.blogspot.it

Disastro delle riforma delle province: non sparate sulla Roccisano

 
 
La giovane assessore (non ci sogniamo nemmeno di scrivere il sostantivo al femminile) ai servizi sociali della Regione Calabria, Federica Roccisano, è da giorni al centro di un fuoco di fila di critiche, secondo solo a quello che investe il sindaco (come sopra) di Roma Virginia Raggi.
L’occasione per mettere la Roccisano sulla graticola è stato l’impietoso servizio di Report dello scorso 31 ottobre, che ha evidenziato l’azzeramento del servizio di trasporto degli alunni disabili.
Certo, l’assessore non ne esce bene dal servizio, perché in primo luogo, correttamente, ammette di aver sbagliato e perché, poi, non è stata (doverosamente) tagliata la parte nella quale chiede ad un funzionario lumi sulla questione, mostrandosi incerta tecnicamente sui contenuti delle norme in gioco e sulle competenze.

Chiunque, tuttavia, abbia un minimo di “confidenza” con la pubblica amministrazione e ne conosca i meccanismi interni, sa perfettamente che né ministri, né sindaci, né presidenti di regione, né assessori, sono dei super competenti sul piano tecnico giuridico, né è da pretendere tale competenza o c’è da stupirsi se chiedano alla propria struttura.
Dovrebbe essere noto che chi accede a questi importantissimi incarichi pubblici non viene selezionato per concorso, dopo aver dimostrato competenza tecnica, ma è incaricato dalle istituzioni per ragioni totalmente diverse: influenza politica, ruolo nei partiti, quantità del consenso, capacità di relazioni, conoscenze, delineazioni di idee politiche di carattere generale e non solo di dettaglio.
La politica ha il compito di immaginare, innovare, programmare e fornire indirizzi: poco importa se l’assessore di turno conosca a menadito l’articolo, il comma, l’alinea e le “successive modificazioni ed integrazioni”. Questa è roba da “tecnici”, di chi, cioè, è chiamato a tradurre in leggi o atti amministrativi le direttive generali della politica.
Per un verso, sbagliano assessori e politici come la Roccisano ad accettare interviste che scendono sul piano di un dettaglio tecnico non necessariamente parte del loro bagaglio; è incompleta, per altro verso, quell’informazione che lascia credere ai cittadini che l’assessore di turno sia il depositario principale della conoscenza tecnica operativa.
Ma, al di là di questi rilievi pur decisivi, l’attacco alla Roccisano sembra un modo per eludere il vero problema. Che non è solo il ritardo e l’inefficienza con la quale la Regione Calabria assicura agli allievi disabili il sacrosanto diritto allo studio, attraverso il servizio di trasporto nelle scuole.
Il vero problema si chiama “legge Delrio”. Se una regione, o un assessore, si trovi in difficoltà, per qualsiasi ragione, tecnica, politica, di negligenza, nell’assicurare tale diritto, la causa prima e vera è la deleteria legge 56/2014 in combinazione alla legge 190/2014. Dette norme, come si sa, hanno devastato le province, sottratto loro risorse (3 miliardi a regime) e funzioni. I 3 miliardi li prende lo Stato e li tiene per sé, senza riversarli agli enti subentrati alle province nel gestire le funzioni (se non con manovre pasticciate e parziali, con le quali provare ad allentare il cappio al collo che strozza i bilanci provinciali); le funzioni sono state assegnate in modo caotico e polverizzato, in base a leggi regionali diverse e mutevoli da regione a regione.
Si guardi esattamente al caso dei servizi per gli allievi disabili, prima gestiti dalle province senza le inefficienze scaturite dalla riforma Delrio. L’articolo 1, comma 947, della legge 208/2015, quello che l’assessore Roccisano non ricordava perfettamente, dispone quanto segue: “Ai fini del completamento del processo di riordino delle funzioni delle province, di cui all’articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56, le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilita’ fisiche o sensoriali, di cui all’articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e relative alle esigenze di cui all’articolo 139, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono attribuite alle regioni a decorrere dal 1º gennaio 2016, fatte salve le disposizioni legislative regionali che alla predetta data gia’ prevedono l’attribuzione delle predette funzioni alle province, alle citta’ metropolitane o ai comuni, anche in forma associata. Per l’esercizio delle predette funzioni e’ attribuito un contributo di 70 milioni di euro per l’anno 2016. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede al riparto del contributo di cui al periodo precedente tra gli enti territoriali interessati, anche frazionandolo, per l’anno 2016, sulla base dell’anno scolastico di riferimento, in due erogazioni, tenendo conto dell’effettivo esercizio delle funzioni di cui al primo periodo”.
Ci chiediamo quale essere umano possa davvero ricordare e comprendere fino in fondo il contenuto di simile norma, così prolissa, complessa, involuta, criptica. Davvero la Roccisano può essere derisa perché non ricordava l’esatto contenuto della disposizione?
Davvero risulta chiaro che le funzioni sono passate dalle province alle regioni? L’inciso “fatte salve le disposizioni legislative regionali che alla predetta data gia’ prevedono l’attribuzione delle predette funzioni alle province, alle citta’ metropolitane o ai comuni, anche in forma associata” non fa confusione? Non si deve essere certi, in base a questo inciso, che le funzioni in oggetto non siano già state in precedenza ri-assegnate alle province o traslate ad improbabili forme associative comunali?
E perché, poi, tale norma prevede un contributo di 70 milioni alle regioni, all’enunciato scopo del “completamento del processo di riordino delle funzioni delle province, di cui all’articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56”? Per una ragione molto semplice: il prelievo forzoso di risorse dai bilanci delle province e l’esproprio della loro funzione di sostegno agli allievi disabili ha causato un gravissimo ammanco di finanziamenti, tamponato male, tardi e in modo insufficiente da questi 70 milioni che, per altro, non sono solo a copertura del servizio di trasporto degli allievi disabili, ma valgono anche per i servizi di aiuto allo studio dei disabili sensoriali, risultando del tutto insufficienti.
In tutte le province o regioni italiane, dunque, se non si sono verificati interruzioni di pubblico servizio come quelle accadute in Calabria, comunque i servizi in argomento sono stati drasticamente ridotti: meno ore di aiuto allo studio, meno chilometri di trasporto assicurato, meno risorse spese per i più deboli.
Questo bel risultato non è da addebitare alla Roccisano, ma ha una matrice molto precisa: la devastante riforma delle province, che porta il cognome del suo promotore l’attuale ministro alle infrastrutture Delrio.
Non si faccia della Roccisano il capro espiatorio, dunque, di un disastro che trova le sue origini nell’iniziativa fallimentare di un ministro e di un governo che ha mandato all’aria sistemi organizzativi di funzioni gestite da un livello istituzionale, sacrificato in nome del populismo ma senza riuscire nemmeno lontanamente a ridurre la spesa pubblica e migliorare i servizi, come pure era stato propagandato. Come si nota, gli effetti ottenuti sono esattamente all’opposto. Tanto basterebbe per cercare i responsabili non in un assessore giovane e inesperto di una regione, quanto negli autori della riforma e chiederne conto e ragione sul piano politico e delle responsabilità erariali.

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