06/07/2017 – Sì ai concorsi (con altre regole)

Corriere della Sera05 luglio 2017 – pagina 1
la riflessione

Sì ai concorsi (con altre regole)

di Sabino Cassese

 

P er 800 posti di cancelliere, 308.468 domande. Per 30 posti di vice assistente alla Banca d’Italia, 84.745 domande. Appena le procedure di concorso vengono avviate, decisioni di sospensione o di annullamento dei Tribunali amministrativi regionali. 

Costi amministrativi molto alti per lo svolgimento delle prove, una grande quantità di ore destinate dai concorrenti a memorizzare nozioni. Il sistema dei concorsi pubblici non funziona e va abbandonato? Dobbiamo modificare la norma costituzionale secondo la quale «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso»?

Provo a spiegare perché il sistema dei concorsi vada conservato, mentre ne vanno modificate le regole di svolgimento.

Nel 1946, i nostri costituenti erano preoccupati della imparzialità e della competenza degli impiegati pubblici. Avevano sotto gli occhi le nomine per meriti fascisti e una pubblica amministrazione spesso composta di personale poco qualificato, scelto privilegiando compagni di cordata, commilitoni, camerati. Si ispirarono, quindi, a due criteri. Il primo era quello della eguaglianza delle opportunità: se c’è un posto libero, questo non deve essere riservato a qualche privilegiato; si deve dare a tutti la opportunità di accedervi. Il secondo era quello della competenza: nella scelta, da fare in concorrenza, bisognava premiare i «capaci e meritevoli» (come dice un altro articolo della Costituzione). L’esigenza di evitare nepotismo e patronato politico, e quella di escludere gli incompetenti, confluirono nel meccanismo del concorso, che assurse all’onore di principio costituzionale.

Dopo la Costituzione, molte cose sono accadute. Si è cercato in ogni modo di aggirare il principio costituzionale, creando enti privati, assumendo precari poi stabilizzati (un’altra infornata è in corso), inventando l’ircocervo dei concorsi riservati (se sono riservati, non sono aperti a tutti, quindi non sono concorsi). Per evitare mezzucci diretti a favorire qualche concorrente, sono state ingessate le procedure di concorso, in modo che le commissioni debbano seguire binari rigidamente prefissati. Per assenza di intelligenza, le prove di concorso hanno seguito l’andazzo della peggiore scuola, richiedendo sforzi mnemonici, imponendo una preparazione sui manuali, glorificando il nozionismo, senza misurare invece la capacità di affrontare problemi, le doti morali, la tenacia e la perseveranza, le qualità nei rapporti con gli altri. A tutto questo si aggiunge ora la disoccupazione giovanile, specialmente quella dei laureati, e la scarsità di offerte di nuovi posti: di qui valanghe di domand e.

Se l’attuale modo di svolgimento dei concorsi fa acqua, si deve abbandonare il sistema di reclutamento mediante concorsi, dimenticare che tutti i cittadini sono eguali e debbono poter competere in condizioni di eguaglianza, rinunciare al sistema del merito? O non si deve, piuttosto, conservare il sistema, modificandone lo svolgimento?

Faccio qualche esempio dei modi in cui si potrebbe migliorare lo svolgimento dei concorsi. Innanzitutto, fare, come nel Regno Unito, un calcolo annuale delle uscite per figure professionali e per territorio, nonché una verifica dei posti da coprire, in relazione agli obiettivi. In questo modo, non si fanno maxi-concorsi ogni decennio, ma concorsi mirati con cadenze regolari.

Poi, come in Germania e in America, unificare le procedure con una specie di centrale per la provvista di personale.

In terzo luogo, orientare e preparare al concorso: lo fanno, in Francia, Istituti e Centri di preparazione, dislocati in tutte le regioni, con classi preparatorie e anche con formazione a distanza.

Quarto: prendere esempio dal sistema inglese di reclutamento per il «civil service», dove, come prova prelimina-re e selettiva, si forniscono «test» (e relative risposte) che consentono un «self assessment» o una «on line selection»: ci si mette alla prova da soli e, se non si è capaci, non ci si presenta alle prove.

Quinto: non fare prove che copiano malamente esami universitari, ma valutare la formazione, l’esperienza, la capacità di risolvere problemi, le attitudini. Conseguentemente, nominare nelle commissioni di concorso psicologi e esperti di risorse umane.

Da ultimo, moltiplicare i programmi di internship , che consentono di fare «stages», mettono alla prova quotidianamente, facilitano una valutazione più ponderata nei concors i.

Questi sono solo alcuni esempi dei molti modi in cui il sistema della competizione aperta, fondata sul merito (questo vuol dire concorso) può essere svolta. Miglioriamo, dunque, i concorsi, non abbandoniamoli.

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