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Ufficio disciplinare con un solo componente

di Arturo Bianco

 

Nel pubblico impiego l’ufficio per i procedimenti disciplinari può essere composto in modo monocratico e può farne parte il dirigente del settore in cui svolge la sua attività il dipendente oggetto del procedimento. Gli enti devono però necessariamente garantire che esso sia autonomo e distinto dalle altre strutture. Inoltre il termine imperativo di conclusione del procedimento disciplinare deve essere calcolato rispetto alla data di irrogazione della sanzione e non alla sua comunicazione e l’ente può assumere le risultanze di fatto del procedimento penale che ha interessato il dipendente per lo stesso fatto.

Possono essere così sintetizzate le principali indicazioni contenute nella sentenza 5317/2017 della Corte di cassazione. Tali principi sono importanti sia perché sottolineano gli spazi assai ampi di autonomia delle singole amministrazioni, sia alla luce delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo di riforma del pubblico impiego, approvato in via preliminare dal governo settimana scorsa, che amplia il ruolo dell’ufficio procedimenti disciplinari assegnandogli la competenza alla adozione di tutti i provvedimenti disciplinari e non più solamente di quelli di maggiore gravità.

Un ufficio ad hoc 

In primo luogo, la sentenza stabilisce che le amministrazioni pubbliche devono istituire l’ufficio per i procedimenti disciplinari ma che non sono richieste né specifiche formalità né che tale ufficio debba necessariamente essere costituito in modo collegiale: si può benissimo avere un ufficio costituito da un solo componente. Occorre inoltre considerare che le attività istruttorie possono essere svolte dal personale assegnato a tale ufficio per lo svolgimento delle necessarie attività di supporto.

Il vincolo della terzietà 

Un ulteriore elemento centrale della sentenza è lo stabilire che il dirigente del settore in cui il dipendente destinatario del procedimento svolge la sua attività può far parte dell’ufficio per i procedimenti disciplinari. In tal caso non viene violato il vincolo della terzietà di tale ufficio, vincolo che costituisce un presupposto indispensabile per la legittimità della sua composizione.

La terzietà impone solamente che vi sia una distinzione tra questo ufficio e la struttura in cui il dipendente è utilizzato: nel rispetto di tale obbligo l’ente è dotato di una ampia autonomia operativa. Non si deve infatti dimenticare che siamo nell’ambito di una attribuzione comunque spettante al datore di lavoro, il che rende peculiari i principi posti a base dei procedimenti disciplinari e ne sottolinea l’autonomia organizzativa

Viene inoltre chiarito che la mancata comunicazione da parte del dirigente al dipendente della trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari non determina un vizio di legittimità del procedimento: la comunicazione ha una funzione meramente informativa e, comunque, l’ufficio per i procedimenti disciplinari si può attivare anche senza la trasmissione degli atti da parte del dirigente del settore.

Il termine imperativo di conclusione del procedimento disciplinare, che ricordiamo essere di 120 giorni nei casi più gravi, non si calcola dalla data di comunicazione dello stesso al dipendente, ma dalla data in cui il provvedimento viene adottato.

La sentenza ribadisce, infine, che l’ente può assumere le circostanze di fatto che sono state acclarate nel procedimento penale che si è svolto sullo stesso fatto, ivi comprese le intercettazioni telefoniche e le perizie.

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