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Illegittimo l’aumento al dirigente se supera i limiti contrattuali

di Vincenzo Giannotti

 
 

La Corte di cassazione, con la ordinanza n. 27111/2017 non ha accettato le conclusioni cui è pervenuto il giudice penale sulla legittimità dell’erogazione a un dirigente di un ente locale di una retribuzione di posizione superiore ai limiti contrattuali, né che allo stesso potevano competere ulteriori somme a titolo di compensi per le funzioni di rogito effettuate in sostituzione del segretario comunale, ritenendo le richieste di restituzioni avanzate dall’amministrazione legittime.

La vicenda 

La Giunta comunale aveva attribuito a un dirigente una retribuzione di posizione nel limite massimo ammesso dal contratto, aggiungendo successivamente una particolare indennità per la posizione complessa ricoperta dallo stesso individuata in una specifica area dell’amministrazione comunale. A tali maggiori compensi si aggiungevano le seguenti ulteriori indennità:

a) indennità di reperibilità;

b) diritti di rogito;

c) lavoro straordinario elettorale.

Successivamente la Giunta comunale procedeva con il recupero delle somme attribuite illegittimamente e, avverso la decisione dell’organo esecutivo, ricorreva il dirigente innanzi il giudice civile. Il Tribunale di prime cure e successivamente la Corte di Appello, hanno giudicato legittime le ripetizioni richieste dall’amministrazione, stante il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale.

Il dirigente ricorre, allora, in Cassazione precisando come il tribunale penale lo avesse scagionato, unitamente al sindaco e alla Giunta comunale, per il reato di abuso di ufficio, considerando che l’indennità di area fosse legittima in quanto prevista espressamente dalla normativa contrattuale per le posizioni dirigenziali “complesse”, tali da poter superare i limiti massimi previsti dal contratto nazionale (Contratto collettivo nazionale lavoro normativo 1999-2001). In modo non dissimile il dirigente richiedeva la retribuzione dei diritti di rogito in quanto conseguenti a contratti stipulati in sostituzione del segretario comunale, al quale i citati diritti sarebbero dovuti per contratto.

Le motivazioni 

La Suprema Corte giudica il ricorso del dirigente infondato per le seguenti motivazioni:

• in materia di efficacia del giudicato penale di assoluzione e alla sua allegazione e prova nel giudizio civile, evidenziano i giudici come lo stesso può esplicare efficacia sulla proposizione della domanda fondata sull’illecito penale, ma non su domande basate su un titolo autonomo e distinto. Inoltre, l’assoluzione dell’incolpato nel giudizio penale con la formula «il fatto non sussiste» non esonera il giudice civile, davanti al quale sia stata proposta l’azione di risarcimento del danno, dal riesame dei fatti accertati nel procedimento penale, quando il titolo della responsabilità civile sia diverso dal titolo della responsabilità penale. Nel caso di specie i motivi di ricorso in esame sono del tutto inidonei a individuare, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta risoluzione delle questioni oggetto di giudizio, non essendo la Corte di cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo;

• corretta è, pertanto, la sentenza dei giudici di Appello che hanno ritenuto indebitamente corrisposta al dirigente una «indennità di area», in quanto emolumento non previsto dalla legge, né dalla contrattazione collettiva nazionale, applicandosi in tal caso il principio di onnicomprensività della retribuzione del dirigente ai sensi dagli articoli 24, comma 3 e 27, comma 1 del Dlgs n. 165 del 2001. Dal citato principio di onnicomprensività deriva l’irrilevanza, nella specie, dell’articolo 27, comma 5, del Contratto collettivo nazionale lavoro (norma contrattuale che consente il superamento dei valori massimi previsti per la indennità di posizione) invocata dal ricorrente quale presupposto di legittimità della delibera (poi annullata) che ha istituito la «indennità di area», essendo quest’ultima un’indennità atipica, non riconducibile alla retribuzione di posizione;

• in modo non dissimile, per violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione del dirigente, sono anche i diritti di rogito reclamati dal dirigente per i contratti dallo stesso stipulati in sostituzione del segretario comunale. In altri termini, lo stesso regolamento comunale disciplina la sostituzione del segretario nei casi di vacanza, assenza o impedimento, ma nulla dispone in merito a indennità spettanti a tale figura professionale, né è possibile, in caso di sostituzione nel rogito dei contratti, invocare un contratto che sia riferito a quello dei soli segretari e come tale non estensibile a quello della dirigenza.

Le conclusioni 

Secondo la Suprema Corte, il principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti non può essere derogato se non per legge e come tale non possono trovare ingresso principi analogici o suppletivi rispetto ai doveri di ufficio, essendo il dirigente obbligato a offrire la propria prestazione nei limiti della retribuzione stabilita.

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