Il Segretario comunale che non denunciò gli ebrei
storia di Raffaele Di Donato
La giornalista Enza Nunziato – impegnata nella diffusione del messaggio dei Giusti, rappresentante di Gariwo nella città di Benevento e collaboratrice per le iniziative culturali al Liceo Rummo – ci racconta la storia di Raffaele Di Donato, un uomo che, pur sapendo di rischiare, non esitò a occultare ai tedeschi le liste dei prigionieri nei campi di internamento in Abruzzo.
Per la sua condotta, ritenuta scorretta dagli alleati germanici, gli arrestarono un figlio, che morì in un tentativo di fuga.
La storia è uno scrigno prezioso dove è possibile ri-trovare la Memoria di eventi che aprono squarci di bontà insensata, che raccontano la vita di Uomini che, pur tra grandi difficoltà e pericoli, hanno saputo sfidare il buio del loro tempo, illuminandolo con la loro coscienza, con le loro scelte anche, apparentemente contraddittorie.
È questo il caso di Raffaele Di Donato, classe 1899, un signore d’altri tempi, con le sue convinzioni, con la sua garbata professionalità, con il suo essere fedele cittadino incantato dalla rigida impostazione del fascismo, con la sua innata propensione per la famiglia, per il rispetto degli altri, per le regole e il lavoro.
Raffaele Di Donato, padre e marito amorevole, Segretario del Municipio di Villa Santa Maria (Ch), finanche rappresentante provinciale del Fascio nella sua zona, ha avuto in sorte di vivere uno dei momenti più difficili della vita della nostra Italia, dove al già terribile regime mussoliniano, si aggiunse l’orribile alleanza con la Germania che produsse tragedie incommensurabili.
E se Di Donato ha amato, a modo suo le idee del regime, perché in quel piccolo paesino dell’Abruzzo gli sembravano discretamente accettabili, proprio non ha mai sopportato le imposizioni del nazismo, e men che mai le famigerate Leggi sulla Razza, che non riusciva a capire, e che, applicate anche dall’Italia, di fatto esclusero dalla vita civile, gli Ebrei.
Come è noto, nella zona abruzzese di Villa Santa Maria e di Roio, furono creati dei campi di internamento per gli Ebrei, dove per quanto non paragonabile agli orrendi campi di sterminio tedeschi, erano pur sempre dei luoghi di detenzione forzata, e dove un “dispaccio” poteva cambiare in peggio il destino dei presenti.
Di Donato avrà certamente esclamato dinanzi a tante afflizioni, “Mala tempora currunt… sed peiora parantur”, perché di lì a poco, nella sua vita le nubi si addensarono in maniera terribile.
I tedeschi arrabbiati per le pieghe che stava prendendo la Storia, scorrazzavano in lungo e largo per lo stivale per ottenere tutti i nomi degli Ebrei internati nei campi italiani. E fu così che arrivarono anche in Abruzzo dove, però trovarono l’ostilità di due persone speciali, per quanto fasciste erano però, Uomini rispettosi dell’altrui vita.
Dapprima si imbatterono nell’irreprensibile diniego del sindaco di Villa Santa Maria, ma più decisa, seppur ancora misconosciuta ai più, fu l’opera del Segretario Comunale, il nostro Raffaele Di Donato, il quale non soltanto occultò gli elenchi, ma la sua difesa degli Ebrei internati fu talmente forte che per fargliela pagare, i tedeschi arrestarono uno dei suoi figli.
Il dramma vissuto da un padre che, per salvare tante vite umane, si è visto strappare quella di uno dei suoi figlioli (che purtroppo morì in un tentativo di fuga dal campo dove era tenuto prigioniero).
Possiamo solo immaginare quale sia stato il suo immane dolore, quali i tormenti che albergarono nel suo cuore di padre e di marito. Lo smarrimento e l’incredulità rispetto a ciò che gli era successo… Forse avrebbe dovuto solo applicare quelle orribili Leggi…, avrebbe dovuto fare solo il proprio dovere… ma la sua coscienza proprio non glielo consentì.
Anzi a scavare meglio dentro la vita di Raffaele Di Donato si è scoperto che l’integerrimo funzionario del Comune di Villa Santa Maria, seppur fascista, non solo si preoccupava di tenere unite le famiglie, evitando di dividere le coppie, ma “addirittura” permetteva ai suoi bambini di giocare con i piccoli amici …Ebrei…
Una vicenda particolare, che meriterebbe di essere meglio conosciuta e apprezzata, anche perché a supporto di quanto affermato vi sono delle lettere scritte da una famiglia ebrea, quella dei Danzing, “protetta” dal Di Donato, che in maniera lapalissiana lo ringrazia con queste parole “Senza di Lei e il Suo aiuto non solo avrei dovuto passare un periodo più lungo nel campo di concentramento, ma sarei stato diviso dalla mia famiglia per chi sa quanto tempo con non immaginabili preoccupazioni dopo gli eventi del Settembre 1943. Che a tale periodo sono stato insieme con i miei, ringrazio Lei e quanto questo significa, non si può esprimere in parole. Sono e rimango sempre il Suo debitore. Quello che ha fatto lei è altissima umanità… (Roma 1 febbraio 1950)”.
E ancora esiste un’altra lettera (11 maggio 1944), ancora più esplicita, che è precedente a quella appena menzionata, nella quale Manfred Danzig, nel tentativo di rendere un po’ della bontà ricevuta dal suo “salvatore” Raffaele Di Donato, internato dalle autorità anglo-americane perché funzionario fascista scriveva: “Raffaele Di Donato ha dato alla mia famiglia tutta l’assistenza durante i circa 9 mesi della mia assenza e ha fatto tutto il possibile per me e per la mia liberazione dal campo di concentramento (Ferramonti Tarsia), e consentirmi di tornare alla mia famiglia. Durante il periodo in cui ho lavorato per i rifugiati alleati lui mi ha consentito tutte le agevolazioni possibili”.
Manfred Danzing scrive ancora: “Dopo l’occupazione tedesca lui ha fatto quanto gli era possibile fare per proteggere noi e le altre famiglie alleate e rendere possibile la nostra liberazione. So che lui è sempre stato un nemico dei tedeschi. Durante l’occupazione tedesca ha perso uno dei suoi figli…”. E aggiunge: “Prima di ciò, lui ha fatto quanto possibile anche per il prof. David Cytron e il dottor Rudolf Lowenthal e le loro famiglie per ottenere la loro liberazione dall’internamento così che fu possibile per loro tornare a casa a Torino”…
Raffaele Di Donato sembra avere tutte le caratteristiche di un Uomo Giusto, una persona che oltre le differenze ha saputo guardare negli occhi gli altri riconoscendoli come fratelli e, pur sapendo di rischiare la propria vita, non ha mai esitato nel tendere una mano al sofferente, all’indifeso. Un Uomo a tratti contraddittorio, fuori dalle regole che pur apprezzava del fascismo, ma alle quali però non è riuscito a essere “fedele” fino in fondo, perché a prevalere è stato il rispetto profondo e sacrale della vita umana.
Una fede, questa sì senza tentennamenti, che gli ha consentito di essere Uomo tra gli Uomini.
Enza Nunziato, giornalista e rappresentate di Gariwo a Benevento
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