tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Istanze telematiche alla Pubblica amministrazione: le corrette modalità di invio tra firma digitale e Posta elettronica certificata

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale

La vicenda: la prelazione pubblica su un bene culturale

Il caso affrontato dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nella sentenza n. 3402 del 14 marzo 2019 riguarda un ricorso contro atti dell’Amministrazione preposta a tutela del patrimonio culturale e archivistico, che ha esercitato il diritto di prelazione previsto dall’art. 60 del Codice dei beni culturali (D.Lgs. n. 42 del 2004) nei confronti di un manoscritto di origine medievale, appartenente a privati, considerato di grande valore archivistico. Nella fase stragiudiziale, la proprietà si era opposta al decreto che ha esercitato la prelazione trasmettendo un’istanza telematica non sottoscritta digitalmente ed inviata mediante l’indirizzo di posta certificata del proprio legale.

Invio telematico di istanze alla Pubblica amministrazione: la disciplina

Prima di addentrarci nell’analisi della fattispecie, è necessario soffermarsi ad illustrare la disciplina dell’invio telematico di istanze alla Pubblica amministrazione, contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale, una delle normative che insieme al Codice degli appalti detiene un record quanto a modifiche e riscritture. Sono state ben trenta le volte in cui il Legislatore ha pensato di intervenire sul CAD. Per sei di queste si è trattato di un vero e proprio restyling, mentre per le rimanenti ci si è limitati ad interventi di portata chirurgica, sull’onda dei cambiamenti tecnologici del momento e senza alcuna visione organica o strategica su come realizzare la trasformazione digitale. Quello che ne è uscito, è una normativa dal volto sfigurato, ormai ridotto ad un colabrodo, pieno di ritagli, commi abrogati e inevitabili contraddizioni.

Ad ogni modo, la disposizione d’interesse è quella dell’art. 65, dedicato a stabilire le condizioni di validità delle istanze e delle dichiarazioni presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici. Le modalità sono quelle previste dell’art. 38, commi 1 e 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che ha il solo pregio di chiarire che tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica. Inoltre, si dispone che la copia dell’istanza sottoscritta dall’interessato e la copia del documento di identità possono essere inviate per via telematica. In ogni caso, per l’art. 65 del CAD, tali istanze sono valide:

a) se sottoscritte mediante una delle forme di cui all’art. 20 del CAD, e cioè mediante firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata o, comunque, quando il documento è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’art. 71 del CAD con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore.

b) ovvero, quando l’istante o il dichiarante è identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), nonché attraverso uno degli altri strumenti di cui all’art. 64, comma 2-novies, del CAD nei limiti ivi previsti, e cioè con carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi.

c) ovvero sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento d’identità;

c-bis) ovvero se trasmesse dall’istante o dal dichiarante dal proprio domicilio digitale purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con Linee guida, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione costituisce elezione di domicilio speciale ai sensi dell’art. 47 c.c. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l’uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.

La posizione del Tribunale Amministrativo del Lazio

La ricorrente ha sostenuto che non era necessaria la sottoscrizione dell’istanza con firma digitale, dato che la stessa era stata inviata tramite PEC, ai sensi dell’art. 38, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e dell’art. 65, comma 2, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Ma la ricostruzione svolta nella Sentenza del T.A.R. Lazio n. 3402 del 14 marzo 2019 sposa l’avviso dell’Amministrazione, secondo cui la normativa richiamata non trova applicazione nel caso di specie, dato che la denuncia non era stata trasmessa dalla casella di posta elettronica certificata dei proprietari, bensì dalla casella PEC del loro legale, pertanto era necessario “convalidarne” la provenienza apponendovi la firma digitale dei diretti interessati. Secondo il Tribunale, l’uso della posta certificata del richiedente costituisce una condizione di validità delle istanze e delle dichiarazioni presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 65, comma 1, lett. c-bis), del D.Lgs. n. 82 del 2005.

Il richiamo all’art. 65, comma 2, CAD, che prevede l’equivalenza delle istanze telematiche disciplinate al comma 1 alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento, non sembra del tutto pertinente. In realtà, forse sarebbe stato più opportuno tentare di salvare la correttezza formale dell’invio facendo appello ad altra norma contenuta nello stesso articolo del CAD, e cioè quella espressa dalla lettera c), che parla di istanze sottoscritte e presentate con allegato documento di identità. La precisazione vale, ovviamente, fintanto che l’istanza partita dalla PEC del difensore fosse stata materialmente sottoscritta dalla parte privata con firma autografa e fosse presente il documento di identità in allegato, magari trattandosi di una scansione di documenti cartacei.

Ad ogni modo, il distinguo è utile per considerare che l’istanza telematica non è validamente inviata solo se sottoscritta in digitale o se inviata da un indirizzo di Posta elettronica certificata. A ben vedere, infatti, queste ultime modalità sono soltanto alcune tra quelle previste in alternativa dall’art. 65 CAD. Si parla di invio da domicilio digitale, inteso quale indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento (UE) 23 luglio 2014, n. 910 altrimenti noto come Regolamento “eIDAS”; si parla di documenti firmati digitalmente, di accesso avvenuto con SPID, carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi. E poi si ammette anche l’invio telematico di istanze sottoscritte e presentate con allegato documento di identità. Per attribuire il giusto senso a quest’ultima alternativa elencata nella norma, è chiaro che l’invio del documento sottoscritto con firma autografa potrà avvenire anche da posta elettronica normale. L’osservazione che fa il Tribunale sulla necessaria provenienza dell’istanza non firmata digitalmente dall’indirizzo PEC dell’interessato non è dunque l’unica via per ritenere valida la presentazione di un’istanza telematica non firmata digitalmente dall’interessato. Altra ipotesi è quella che riguarda la validità di un’istanza presentata dal legale e da questi firmata, in digitale o in cartaceo con documento scansionato, purché accompagnata da procura dell’interessato.

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 14 marzo 2019, n. 3402

Art. 65, comma 1, lett. c-bis)D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (G.U. 16 maggio 2005, n. 112, S.O.)

Art. 60D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (G.U. 24 febbraio 2004, n. 45, S.O.)

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