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Conferenza di servizi, Comuni senza potere di opposizione 
di Giuseppe Latour – Il Sole 24 Ore – 03 Ottobre 2019
Meno spazi per il dissenso dei Comuni alla fine della conferenza di servizi. È questo, in sintesi, il senso del parere appena pronunciato dalla prima sezione del Consiglio di Stato (datato 30 settembre 2019), che ha così risposto a un quesito di Palazzo Chigi. Al centro dell’ analisi c’ è l’ articolo 14 quinquies della legge 241/1990, introdotto dalla riforma del 2016: questo consente alle amministrazioni «preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità», che abbiano già espresso il loro dissenso durante la conferenza, di proporre opposizione direttamente alla presidenza del Consiglio, «avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione». In sostanza, si tratta di un potere che tutela alcuni interessi particolarmente sensibili.
Il problema è che a Palazzo Chigi, nel corso degli ultimi mesi, sono arrivate «numerose opposizioni» da parte di amministrazioni comunali che, facendo leva su questa prerogativa, cercano di contrastare opere che rientrano nel campo di autorizzazione delle Regioni: impianti di smaltimento rifiuti, di produzione di energia da fonti rinnovabili, lavori di mitigazione del rischio idrogeologico. Da qui, la richiesta di parere inviata al Consiglio di Stato. Che ha appena risposto, restringendo il campo d’ azione dei Comuni. I giudici, infatti, escludono la legittimazione dei sindaci «a sollevare opposizione» in base all’ articolo 14 quinquies. «Un siffatto potere – si legge nel parere – non può rinvenire un suo adeguato fondamento attributivo nella generale competenza del Comune, quale ente esponenziale della collettività rappresentata, a tutelare gli interessi ad essa facenti capo». Sarebbe, invece, necessaria una norma speciale che attribuisca all’ ente funzioni «tecniche-scientifiche» di tutela di questi interessi sensibili. In altre parole, il Comune ha il compito generale di curare e difendere gli interessi dei cittadini.
Questo, però, non significa che gli possa essere riconosciuta «una corrispondente competenza di amministrazione» in quelle materie e su quegli interessi. Stando alla definizione della legge 241/1990 non può, quindi, essere considerato amministrazione preposta alla tutela di quegli ambiti sensibili. Una conclusione diversa finirebbe per complicare il quadro, rallentando i procedimenti, «in evidente contraddizione» con le ragioni della riforma. Detto questo, la regola potrebbe avere delle eccezioni. Il Consiglio di Stato, infatti, spiega che bisogna considerare il «non infrequente ricorso», nella legislazione regionale in materia ambientale, a forme di delega di funzioni di tutela agli enti locali. Se, quindi, in linea generale i Comuni sono esclusi, il potere di opposizione potrebbe considerarsi applicabile a casi particolari, da valutare volta per volta.

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