tratto da quotidianoentilocali.ilsole24ore.com

Al «dirigente apicale» dei Comuni serve una sezione ad hoc nel ruolo unico

di Pasquale Monea e Marco Mordenti

L’iter della delega sulla riforma della Pa è al traguardo. Avevamo posto l’accento in una precedente occasione come l’abolizione tout court del Segretario comunale fosse avversata da una cospicua parte del mondo politico oltre che accademico, e invero dalla stessa Anci (Quotidiano degli enti locali e della Pa del 4 marzoe del 10 giugno); alla fine ne è scaturito una sorta di compromesso, che supera le principali obiezioni formulate nel corso dell’iter legislativo ma che lascia al tempo stesso sul tappeto non pochi dubbi e incertezze. Vediamo perché.

La nuova direzione apicale dell’ente locale 

Anzitutto, è stato cristallizzato il principio per cui ogni ente locale deve essere guidato sul piano tecnico da una nuova figura di «dirigente apicale» a cui spetta l’attuazione dell’indirizzo politico, il coordinamento dell’attività amministrativa e il controllo della legalità oltre che la funzione rogante. È del tutto evidente che questo ruolo deve essere affidato a un soggetto in possesso di tutte le competenze multidisciplinari necessarie, che spaziano dai profili più marcatamente gestionali a quelli di natura giuridica. Ciò premesso, è stata recepita in linea generale l’impostazione ragionevolmente innovativa di chi preferisce assegnare la direzione dell’ente locale a una figura scelta nell’ambito di soggetti vincitori di concorso pubblico (corso-concorso) a livello nazionale e non sovraesposta alle logiche politiche locali. Questo per tutelare la dovuta imparzialità dell’azione amministrativa, ma anche per favorire una crescita effettiva dei livelli di funzionalità dei servizi: infatti, il concorso pubblico costituisce l’unica garanzia reale di professionalità e di piena conoscenza della macchina amministrativa, sotto il duplice profilo giuridico e gestionale, condizione imprescindibile per una direzione efficace e moderna dell’ente. La lunga vicenda dei segretari comunali (oramai ex) si arricchisce così di una nuova pagina, probabilmente non l’ultima. In questo modo viene abbandonata l’antica figura, legata a un’impostazione essenzialmente amministrativa, a favore di una direzione complessiva dell’ente locale.

La scelta del dirigente apicale 

Tuttavia, il testo di legge approvato dalla Camera non fuga tutti i dubbi segnalati in questi mesi. A regime, i Comuni potranno individuare il loro dirigente apicale all’interno del ruolo della dirigenza degli enti locali: si pone dunque l’esigenza di delimitare questi nuovi margini di flessibilità in modo equilibrato e non indiscriminato, per assicurare la migliore scelta possibile per gli enti locali. Non è stata purtroppo accolta la proposta formalizzata dall’Anci nel corso delle audizioni, che prevedeva la definizione di un’area professionale ad hoc all’interno del ruolo unico della dirigenza locale comprendente i soggetti in possesso del profilo professionale necessario per dirigere l’ente locale. Non si comprende la reticenza del Parlamento con riferimento a questo aspetto fondamentale, rispetto al quale è stato approvato peraltro un ordine del giorno, accolto dal Governo, che impegna quest’ultimo nell’esercizio della delega legislativa a definire i requisiti specifici per l’accesso alla dirigenza apicale, che richiede adeguate competenze di natura sia gestionale sia amministrativa, coerentemente con la previsione generale legata alla istituzione della figura apicale unica, in grado di contemperare legalità ed efficienza. È ancora possibile, dunque, colmare questa grave lacuna in sede di stesura dei decreti legislativi delegati

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