tratto da entilocali-online.it
Imu: immobili di pertinenza di Enti religiosi
30Apr, 2020 by Redazione
Nella Sentenza n. 6600 del 27 novembre 2020 della Ctr Lazio, la questione controversa riguarda l’applicazione dell’Imu sugli immobili di proprietà degli Enti religiosi.
I Giudici laziali chiariscono che il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del Dlgs. n. 504/1992, può dirsi condizionato alla verifica di 2 requisiti che debbono necessariamente coesistere:
– un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle attività previste come esenti dalla norma da parte di un Ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
– un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile delle predette attività, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale.
Nel caso di specie deve rilevarsi che costituisce circostanza pacifica quella secondo la quale ricorrono i requisiti soggettivi per la fruizione della suddetta esenzione. Infatti, l’Ente religioso appellante è senza dubbio un Ente non commerciale, ai sensi della disciplina del Tuir.
Invece, diverse conclusioni devono evidenziarsi quanto al presupposto oggettivo della suddetta esenzione. Per godere dell’esenzione disposta ai sensi dell’art. 7, lett. i), del Dlgs. n. 504/1992, infatti, come ribadito e precisato dalla normativa successiva (art. 39, del Dl. n. 223/2006) occorre che l’attività esercitata nell’immobile non abbia natura commerciale.
Dunque, in tema d’Ici, l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del Dlgs. n. 504/1992, è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’art. 16, lett. a), della Legge n. 222/1985, e pertanto non si applica ai fabbricati di proprietà di Enti ecclesiastici nei quali si svolga attività diversa.
Peraltro, i Giudici precisano che la sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto verificando che l’attività cui l’immobile è destinato pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale.
Pertanto, la prova puntuale del suddetto requisito oggettivo spetta al contribuente e deve considerarsi superata da contrastanti emergenze in fatto tutte le volte i cui dal complesso degli elementi dedotti nel giudizio emerga una gestione dell’attività condotta nell’immobile da ricondurre ai connotati di un’attività commerciale, ovvero tutte le volte in cui all’interno della struttura emerga un uso promiscuo tra una destinazione a finalità esclusivamente religiose o di culto, in assenza di utilizzo a fini commerciali o con modalità di utilizzo propri di un’attività commerciale, ed un utilizzo invece improntato ai suddetti caratteri.
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