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Posizioni organizzative, è colpa grave il mancato controllo sugli atti dei propri funzionari
di Carmelo Battaglia e Domenico D’Agostino

Con la sentenza n. 32 del 19.09.2019, la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Toscana, ha precisato che il responsabile di posizione organizzativa che appone la propria firma agli atti predisposti dai funzionari senza operare mai alcun controllo, nemmeno a campione, è suscettibile di condanna per responsabilità sussidiaria a titolo di colpa grave, per omessa vigilanza e/o controllo.

 
SEGUE Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Toscana, sentenza n. 32 del 19.09.2019
 
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CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
composta dai seguenti magistrati:
dott. Amedeo FEDERICI – Presidente
dott. Nicola RUGGIERO – Consigliere-relatore
dott.ssa Pia MANNI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 60980 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale nei confronti dei Sigg.ri:
1) RO. Al.(C.F.: (omissis)), nato il (omissis) a (omissis) e residente a (omissis) , in Via (omissis), nonché domiciliato a Pisa, in Via (omissis), nella sua qualità di Funzionario del Comune di (omissis);
2) CA. Ga. (C.F.: (omissis)), nata (omissis) a (omissis) e residente in (omissis) in Via (omissis), rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’Avv. St. Br. ed elettivamente domiciliata presso la sua cartella PEC: (…) ed in subordine presso il suo studio in Pisa, Via (…), per delega rilasciata su foglio separato rispetto alla memoria di costituzione e difensiva depositata in data 13 febbraio 2019;
VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale in data 21 febbraio 2018;
ESAMINATI gli atti ed i documenti di causa;
UDITI nella pubblica udienza del giorno 6 marzo 2019, celebrata con l’assistenza del Segretario, dott.ssa Chiara Berardengo, il Magistrato relatore Cons. Nicola Ruggiero, il rappresentante del Pubblico Ministero in persona del Procuratore Regionale, Cons. Ac. Mo., nonché l’Avv. St. Br. per la convenuta Ca., non costituito né comparso il convenuto Ro.; Rilevato in
FATTO
1. Con atto di citazione depositato il 21 febbraio 2018, ritualmente notificato, la Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale – previo invito a dedurre ai sensi dell’art. 67 d.lgs n. 174/2016 – conveniva in giudizio i Sigg.ri RO. Al. e CA. Ga., nella qualità, rivestita all’epoca dei fatti, di funzionario del Settore “Macrostruttura 6-Educativo e Socio Culturale” del Comune di (omissis) (RO.), nonché di Responsabile di Posizione Organizzativa Autonoma nell’ambito del predetto Settore (CA.).
Tutto ciò al fine di ottenerne la condanna al pagamento, in favore del citato Ente, dell’importo complessivo di euro 400.422,00 (ovvero della diversa somma che risulterà in corso di causa), oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio, a titolo di responsabilità principale dolosa (RO.) e di responsabilità sussidiaria per colpa grave (CA.).
Nello specifico, nell’atto di citazione la Procura erariale esponeva di aver ricevuto dal Comune di (omissis), con nota prot. n. 0014708 del 17 maggio 2017, la segnalazione dell’esistenza di un possibile danno erariale, conseguente alla condotta, penalmente rilevante, posta in essere da un proprio dipendente (Sig. RO. Al.), destinatario della misura della custodia cautelare in carcere su iniziativa della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, nonché del provvedimento della sospensione cautelare dal servizio, adottato dal Comune di (omissis) in data 17 maggio 2017.
In particolare, secondo quanto comunicato alla Procura contabile dalla Guardia di Finanza (nota prot. n. 0313329 del 22 settembre 2017), all’esito dell’attività investigativa espletata nell’ambito del procedimento penale n. 2294/2017, sarebbe emerso che il Sig. RO., in qualità di funzionario dipendente del Comune di (omissis), assegnato all’unità operativa “Nidi, Progettazione Educativa e Diritto allo Studio”, si sarebbe appropriato di consistenti somme stanziate dal predetto Comune e dalla Regione Toscana per finanziare le attività connesse all’educazione infantile (0-3 anni), con particolare riferimento al potenziamento degli asili nido (mediante strutture private in regime di convenzione con il Comune) e progetti sociali a favore di infanti disabili e/o in stato di disagio.
Ed invero, il Ro., sfruttando la sua posizione di unico addetto al particolare settore del Comune di (omissis), avrebbe fatto effettuare dei bonifici bancari, dapprima sul c/c bancario dell’ASSOCIAZIONE TE. TA. e successivamente su quello di TR. SOC. COOPERATIVA SOCIALE A RESPONSABILITA’ LIMITATA ONLUS.
Tale bonifici sarebbero stati effettuati, ad opera degli asili nido convenzionati con il Comune e dall’Associazione culturale e sociale “CR. IN.” (convenzionata per altri servizi con il Comune), su esplicita richiesta del Ro., il quale, a tal fine, avrebbe sfruttato l’autorità connessa all’ufficio pubblico rivestito, addotto diversificate motivazioni, nonché prodotto ovvero utilizzato – per rafforzare e giustificare la richiesta – anche documentazione ideologicamente e/o materialmente falsa.
La provvista ottenuta mediante i predetti bonifici (al di fuori dell’unico caso in cui sarebbe stato accertato il passaggio diretto di denaro nelle mani del Ro. da parte della ditta individuale AN. Ma. Asilo Nido “Ta.”), sarebbe stata prelevata “in contanti” dai conti delle predette ASSOCIAZIONE TE. TA. e COOPERATIVA TR. da parte di MO. Ro. Ca. (Rappresentante legale dell’Associazione Te. TA.) o, in sua vece, da NO. Sa. (soggetto autorizzato ad operare sul conto bancario dell’Associazione) e successivamente da NO. Ch. (Rappresentante legale della Cooperativa Tr.), per essere poi consegnata nelle mani di RO. Al..
Tra le svariate modalità di consegna al Ro. di denaro e/o altra utilità, sarebbero inoltre stati accertati casi relativi all’esecuzione di bonifici bancari destinati al pagamento del canone di locazione dell’immobile di (omissis) in cui il Ro. sarebbe stato domiciliato assieme ad altro soggetto, formalmente conduttore dello stesso, nonché l’effettuazione di movimentazioni, in favore del Ro., eseguite dalla cooperativa TR. mediante bonifici diretti sul conto bancario del Ro. stesso, con l’interposizione bancaria di PU. Lu., suocera della Sig.ra NO. Ch. (rappresentante legale della Coop. Tr.), nonché socia della medesima cooperativa. In conseguenza delle predette condotte illecite, il Sig. Ro. si sarebbe indebitamente appropriato dell’importo complessivo di euro 400.422,00, di cui euro 87.587,00 nel 2012, euro 41.070,00 nel 2013, euro 83.930,00 nel 2014, euro 92.480,00 nel 2015, euro 73.910,00 nel 2016 ed euro 21.445,00 nel 2017 (quali somme complessive che sarebbero state consegnate nel corso degli anni al Ro. dall’associazione “Te. Ta.” e dalla coop. ” Tr.”; pag. 5 della relazione della Guardia di Finanza del 28.6.2017, prot. n. 0218909 e pag. 4 dell’atto di citazione).
In relazione alle medesime condotte, la competente Procura della Repubblica, come anticipato, avviava il procedimento penale n. 2294 del 2017 a carico del Sig. Ro. per i delitti di truffa e peculato, continuato ed in concorso con altri (artt. 110, 81 cpv, 640 comma 2 n. 2 e 314 c.p.), formulando i capi d’imputazione puntualmente riportati alle pagg. 4 e ss dell’atto di citazione.
Nello specifico, sulla base dei predetti capi d’imputazione, il Sig. Ro., nella qualità di Responsabile dell’unità operativa complessa “diritto allo studio, nidi e progettazione esecutiva” presso il Comune di (omissis), nonché di responsabile del procedimento:
a) in taluni casi, richiedendo falsamente ad associazioni culturali (nello specifico, l’associazione “CR. IN.”) somme a titolo di contributi destinati ad attività sociali (progetti disabili ed altro), si sarebbe fatto consegnare somme di denaro (per il complessivo importo di euro 20.857,00), facendole bonificare sul conto corrente dell’associazione “Te. Ta.”, indicata quale società incaricata dal Comune per raccogliere dette somme, dal quale conto la rappresentante legale di tale ultima associazione (MO. Ro. Ca.), previo accordo con il Ro., le avrebbe prelevate in contanti, per consegnarle al predetto Ro. (CAPO A, relativo al delitto di truffa);
b) in altri casi, liquidando a diversi asili convenzionati con il Comune somme maggiori rispetto a quelle spettanti (a titolo di rimborso delle rette spettanti per i posti assegnati in convenzione) e richiedendo successivamente alle rappresentanti legali degli stessi la restituzione di quanto in eccesso erogato, al fine asserito (e non vero) di operare un riallineamento delle somme consegnate a titolo di rimborso dei buoni pasto, a favore di altri asili nido, si sarebbe appropriato di somme di denaro (per l’importo complessivo di euro 40.054,5), facendole bonificare sul conto corrente dell’associazione “Te. Ta.”, indicata quale società incaricata dal Comune per raccogliere dette somme, ovvero sul conto corrente dell’associazione Tr. (cui, a suo dire, sarebbero spettate), dai quali conti le legali rappresentanti NO. Ch. e MO. Ro. Ca., previo accordo con il Ro., le avrebbero prelevate in contanti, per consegnarle al predetto Ro. (CAPO B, concernente il delitto di peculato);
c) in altri casi, disponendo, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, avrebbe destinato e liquidato alla compiacente associazione “Te. Ta.”, inattiva sin dal 2013, somme non dovute (per il complessivo importo di euro 156.946,04, di cui euro 87.587 nel 2012 ed euro 69.359,04 nel 2013), predisponendo determine (fatte firmare alla competente dirigente CA.) sulla base di false e/o inesistenti istruttorie, relative a finanziamenti e/o contributi per progetti mai realizzati, versando i relativi contributi sul conto corrente intestato all’associazione “Te. TA.”, dal quale conto sarebbero state prelevate in contanti dalla Sig.ra MO. Ro. Ca. e consegnate al Ro. (CAPO C, concernente il delitto di peculato);
d) in altri casi, potendo disporre, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, avrebbe destinato e liquidato alla compiacente coop. “Tr.”, somme non dovute, per il complessivo importo di euro 78.373,00 nei seguenti modi:
– predisponendo determine (fatte firmare alla competente dirigente CA.) sulla base di false e/o inesistenti istruttorie, relative a finanziamenti e/o contributi per complessivi euro 18.000,00 per progetti mai realizzati, ovvero corrispondendo somme maggiori di quanto spettante all’asilo per i servizi svolti, versando i relativi importi sul conto corrente intestato alla cooperativa Tr., dal quale conto sarebbero state prelevate in contanti dalla Sig.ra NO. Ch. e consegnate al Ro.;
– nonché bonificando dal c/c Tr. a quello dell’altra socia PU. Lu. e da quest’ultimo a quello personale del Ro. il complessivo importo di euro 60.373,00 (CAPO D, relativo al delitto di peculato);
e) infine, in alcuni casi, disponendo, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, avrebbe destinato e liquidato alla compiacente associazione “Tr.”, somme (per complessivi euro 97.499,71) per progetti mai presentati e/o svolti, (somme) poi bonificate dalla Sig.ra NO. Ch. sul conto corrente dell’associazione “Te. TA.”, dal quale conto sarebbero state prelevate in contanti dalla Sig.ra MO. Ro. Ca. e consegnate al Ro. (CAPO E, relativo al delitto di peculato).
2. Nella vicenda testé delineata, la Procura contabile ravvisava una ipotesi di danno erariale, asseritamente patito dal Comune di (omissis), pari ad euro 400.222,00.
Con riferimento al medesimo danno, l’Organo requirente individuava una responsabilità principale e dolosa del Sig. RO. Al., la cui condotta illecita, di rilievo anche penale, risulterebbe ampiamente provata dalle risultanze probatorie del parallelo procedimento penale, ivi comprese le dichiarazioni di ammissione di reità rese dal Ro. innanzi al G.I.P. presso il Tribunale di Pisa. Nell’impostazione attorea, alla predetta responsabilità si affiancherebbe quella sussidiaria, a titolo di culpa in vigilando, della Sig.ra CA. Ga., nella sua qualità di Responsabile di Posizione Organizzativa Autonoma nell’ambito del Settore (“Macrostruttura 6-Educativo e Socio Culturale”) in cui operava il Ro..
Nello specifico, la Sig.ra CA., fidandosi del predetto dipendente, non avrebbe esercitato sull’operato dello stesso alcun controllo, neanche a campione o saltuario. Per contro, avrebbe provveduto ad apporre, in maniera acritica ed automatica, la propria firma sui provvedimenti che le venivano sottoposti dal Sig. Ro., con ciò consentendo al dipendente di porre in essere il proprio comportamento delittuoso.
Infine, la Procura erariale si soffermava sulle argomentazioni difensive dispiegate dalla Sig.ra CA. in sede di risposta all’invito a dedurre, contestandone la fondatezza e ribadendo che la convenuta, con la sua condotta gravemente colposa di omesso controllo e vigilanza, serbata per un lungo periodo (5 anni), avrebbe consentito o comunque agevolato la condotta illecita del Sig. Ro..
3. Il Sig. RO. Al. non si è costituito in giudizio, benché ritualmente citato.
Per contro, la Sig.ra CA. Ga. vi ha provveduto con memoria di costituzione e difensiva pervenuta il 13 febbraio 2019, con il patrocinio dell’Avv. St. Br..
Con la predetta memoria, la convenuta ha preliminarmente ricostruito gli elementi di fatto della vicenda per cui è causa, dai quali emergerebbe l’impossibilità per la stessa di avere in qualche modo contezza del disegno criminoso portato avanti, per alcuni anni, dal Sig. Ro..
Tutto ciò anche a ragione del fatto che, sino al momento dell’effettuazione del primo sopralluogo da parte della Guardia di Finanza, nessuno (funzionari o amministratori comunali, responsabili degli asili nido) avrebbe mai sollevato obiezioni di sorta sull’operato dello stesso.
Del resto, all’esito dell’attività istruttoria espletata nel parallelo procedimento penale (sfociato, a seguito di rito abbreviato, nella sentenza n. 438/2018 del G.I.P. presso il Tribunale di Pisa, prevedente la condanna del Sig. Ro. alla pena di anni 6 di reclusione, oltreché l’applicazione di una serie di pene accessorie), sarebbe emersa la totale estraneità della convenuta alle gravi vicende ivi giudicate, non essendo stata formulata a suo carico alcuna ipotesi di reato.
Ha, dunque, affermato l’assenza di qualsiasi responsabilità per culpa in vigilando.
Ed invero, dall’esame degli atti istruttori emergerebbe che la maggior parte degli episodi criminosi contestati al Ro., si sarebbe verificata in una fase successiva all’erogazione effettuata dal Comune di (omissis) a favore dei singoli asili nido, ovvero in una fase in cui non avrebbe potuto esserci alcun controllo da parte della Sig.ra Ca..
Nello specifico, per quanto concerne i bonifici che il Ro. avrebbe fatto effettuare a suo favore, tramite l’interposizione dell’associazione “Te. TA.” e della cooperativa Tr.”, a titolo di rimborso da parte degli asili nido per somme asseritamente non dovute, l’illecita percezione di denaro da parte del Ro. stesso sarebbe avvenuta al di fuori del rapporto di servizio ed in una fase in cui il controllo della Ca. non avrebbe potuto avvenire.
Addirittura, con riferimento agli episodi di cui al capo di imputazione sub A), rispetto ai quali è stata contestata la truffa e non già il peculato, il rapporto sarebbe intercorso esclusivamente tra soggetti estranei all’Ente (l’Associazione “Cr. In.” erogatrice del contributo, quella “Te. Ta.” beneficiaria, Sig.ra Mo. e Sig. Ro. attivatisi per recuperare in contanti le somme).
Peraltro, tutta la documentazione relativa alle richieste di rimborso inviate agli asili, sarebbe stata predisposta solo dal Sig. Ro., non avvalendosi dei protocolli istituzionali, ma producendo o utilizzando
– per rafforzare e giustificare la richiesta- anche documentazione ideologicamente e/o materialmente falsa.
D’altro canto, non vi sarebbe stato alcun elemento concreto tale da far sorgere dubbi sulla correttezza dell’operato del Sig. Ro., non avendo la Ca. ricevuto, nel corso degli anni, alcuna contestazione da parte degli asili nido destinatari delle richieste di rimborso ovvero rilievi da parte degli uffici contabili comunali e regionali (ovvero da parte dei Revisori dei Conti) in ordine ad eventuali irregolarità connesse all’andamento dei contributi e/o finanziamenti per cui è causa.
Per contro, il Sig. Ro. sarebbe stato considerato, per opinione generalizzata di tutti i dipendenti ed amministratori dell’Ente, nonché degli utenti dei servizi educativi e socio-culturali, quale soggetto integerrimo e dotato di preparazione professionale specifica maturata in molti anni di esperienza nel settore.
Allo stesso modo, l’assenza di culpa in vigilando deriverebbe dal fatto che, nel corso degli anni interessati, la Sig.ra Ca.- nella sua qualità di P.O.A. della macrostruttura educativa e socio-culturale- sarebbe stata chiamata a coordinare un elevato numero di servizi ed unità operative (almeno 11), tra cui quello assegnato al Sig. Al. Ro. (Nidi e progettazione educativa), potendo contare solo su personale limitato.
In tale contesto, ed in assenza di segnali, anche minimi, che potessero far pensare a comportamenti illeciti del Ro., il controllo della Ca. sull’operato del Ro. stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello realmente esercitato.
Tutto ciò a maggior ragione in quanto la Sig.ra Ca. non avrebbe avuto l’obbligo di verificare nel “merito” il contenuto dei provvedimenti che il Ro. le sottoponeva per la firma, atteso che sullo stesso, in qualità di responsabile del procedimento, sarebbe gravato l’onere di curare l’intera attività istruttoria. D’altro canto, fino al momento dell’emersione del problema con la pubblicizzazione dell’indagine penale, nessun asilo nido- destinatario delle richieste di pagamento inoltrate dal Ro. – avrebbe mai segnalato l’accaduto.
Per contro, una volta venuta alla luce la grave questione, la convenuta, con l’ausilio del Segretario comunale, si sarebbe premurata di svolgere approfondite indagini amministrative presso i vari asili che avevano versato le somme a titolo di rimborso. I suddetti accertamenti, così come il procedimento penale attivato nei confronti del Ro., avrebbero fatto emergere che l’attività illecita sarebbe stata posta in essere dal Ro. al di fuori del procedimento amministrativo e del ruolo istituzionale dallo stesso rivestito.
Nello specifico, il Ro., avvalendosi della propria professionalità riconosciuta da tutti, sarebbe riuscito a fornire sempre giustificazioni plausibili, dimodoché nessuno avrebbe pensato che la sua azione fosse finalizzata esclusivamente ad un profitto personale. Allo stesso modo, egli, sfruttando la propria forte personalità, avrebbe millantato nei confronti dei responsabili degli asili nido di ricoprire un ruolo istituzionale, in realtà non rivestito, riuscendo in questo modo ad ingannare tutti coloro che hanno provveduto a ripetere le somme a suo favore. In un simile contesto, non sarebbe allora stato possibile il controllo della Sig.ra Ca. sull’operato del Sig. Ro..
La convenuta Ca. ha, inoltre, aggiunto che una serie di asili nido avrebbero chiesto al Comune di (omissis) il risarcimento dei danni, al fine di ottenere la restituzione delle somme originariamente erogate, a loro favore ed in maniera legittima, dall’Ente, (somme) successivamente incassate dal Ro., a titolo di recupero illecito.
Tale circostanza costituirebbe ulteriore riprova del fatto che le contestate irregolarità sarebbero state commesse nei confronti degli asili nido in una fase successiva rispetto all’erogazione, mentre la fase prodromica alla concessione dei contributi sarebbe stata corretta. In ogni caso, la Procura contabile, secondo le tesi difensive, non avrebbe dato prova del fatto che le irregolarità del Ro. sarebbero state commesse durante lo svolgimento del servizio, in relazione a quali e quanti pratiche e soprattutto che la Sig.ra Ca. avrebbe avuto la possibilità di riscontrare le suddette irregolarità. La convenuta ha inoltre ribadito di non essere stata in alcun coinvolta nel parallelo procedimento penale, aggiungendo che dalla sentenza di condanna n. 438/18 a carico del Sig. Ro. emergerebbe la sua totale estraneità alla vicenda criminosa, per avere il Ro. agito autonomamente, avvalendosi della sua posizione di Responsabile del Procedimento e sfruttando la fattiva collaborazione delle rappresentanti legali delle associazioni conniventi. Peraltro, lo stesso Ro., in sede di interrogatorio innanzi al G.I.P. di Pisa, avrebbe escluso qualsiasi responsabilità della Ca..
In ogni caso, nel comportamento della convenuta mancherebbe la contestata colpa grave, alla luce delle seguenti circostanze, asseritamente sussistenti:
a) verificazione delle irregolarità contestate al Ro. prevalentemente al di fuori dell’orario di servizio ed all’esterno della sede di lavoro;
b) assenza di segnali tali da giustificare una vigilanza “straordinaria” sull’operato del responsabile del procedimento, anche a ragione della mancata segnalazione di anomalie da parte dei rappresentanti degli asili nido;
c) rilevante consistenza della mole di lavoro richiesta alla Sig.ra Ca., chiamata a coordinare, da sola, tutta una serie di servizi ed unità operative (almeno 11);
d) criticità della situazione organizzativa in cui la convenuta si sarebbe trovata ad operare. In definitiva, la Procura erariale avrebbe provveduto ad attribuire automaticamente alla convenuta una “culpa in vigilando”, ma senza individuare nello specifico le effettive criticità alla medesima riconducibili.
Infine, la Sig.ra Ca. ha contestato la quantificazione del danno operata dalla Procura erariale sulla base della relazione della Guardia di Finanza, affermando che la somma addebitata (euro 400.422,00) risulterebbe del tutto indimostrata. Allo stesso modo, non risulterebbe possibile comprendere gli effettivi criteri di calcolo utilizzati, tanto più che nella sentenza penale di condanna a carico del Sig. Ro. la cifra sarebbe stata ridotta ad euro 377.863,25. In ogni caso, in sede di quantificazione dell’ipotetico danno erariale, i ruoli del Ro. e della Ca. non potrebbero essere tenuti sullo stesso piano. Se, infatti, il Ro. si è appropriato interamente delle somme costituenti il profitto del disegno criminoso dallo stesso posto in essere nel corso degli anni, la Sig. Ca. sarebbe stata coinvolta, suo malgrado, nella vicenda all’esame, esclusivamente per il ruolo istituzionale ricoperto all’interno dell’Ente. Oltretutto, tutte le procedure di finanziamento erogate dalla Regione Toscana e dal Comune di (omissis) sarebbero risultate corrette ed avrebbero superato il vaglio di tutti i competenti organi comunali (Assessore, Revisori dei Conti, Segretario Comunale e così via), senza ricevere mai obiezioni di sorta. In conclusione, la convenuta ha chiesto la declaratoria dell’inammissibilità e comunque dell’infondatezza delle domande attoree, con conseguente assoluzione da ogni addebito.
In via gradata e salva impugnazione, ha chiesto l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito, nella misura più ampia possibile. 4. Alla pubblica udienza del 6 marzo 2019, il Procuratore Regionale, Cons. Ac. Mo., ha, in primo luogo, chiesto di dichiarare la contumacia del convenuto Ro..
Nel merito, ha chiesto l’accoglimento integrale dell’atto di citazione.
Nello specifico, per quanto riguarda la posizione della convenuta Ca., ha sottolineato che la stessa avrebbe riposto una fiducia cieca nell’operato del Sig. Ro., non operando mai alcun controllo, nemmeno a campione. La Sig.ra Ca. avrebbe, dunque, firmato, in maniera del tutto acritica, le determine di erogazione delle somme per cui è causa.
A tal riguardo, ha richiamato le dichiarazioni rese dal Sig. Ro. in sede penale, alla cui stregua la Sig.ra Ca. sarebbe stata a conoscenza della non correttezza delle procedure seguite (pag. 21 della sentenza n. 438/18 di condanna del Sig. Ro., adottata dal G.I.P. presso il Tribunale di Pisa). Ha, comunque, sottolineato di aver provveduto a differenziare le posizioni dei due convenuti, atteso il diverso titolo di imputazione della responsabilità (principale dolosa per il Ro., sussidiaria colposa per la Ca.).
Infine, con riferimento al profilo della quantificazione del danno contestato in questa sede (pari ad euro 400.422,00), il P.M. contabile ha richiamato il prospetto riportato a pag. 22 della predetta sentenza penale.
L’Avv. St. Br., per la convenuta Ca., ha sostenuto che sarebbe stata illecita la richiesta di rimborso e non già l’erogazione delle somme.
Nello specifico, gli illeciti commessi dal Ro. si sarebbero verificati al di fuori del rapporto di servizio, risultando conseguentemente esclusa la possibilità per la convenuta Ca. di averne contezza.
Tutto ciò a maggior ragione in quanto il Sig. Ro. aveva un’anzianità di servizio di oltre venti anni ed avrebbero riscosso la fiducia di tutti. Gli stessi asili nido avrebbero versato le somme richieste, senza nutrire dubbi sulla legittimità delle procedure. Con riferimento alla quantificazione del contestato danno, l’Avv. Br. ha sostenuto che non dovrebbe essere considerato l’importo di cui alla lettera A) del capo d’imputazione penale, siccome relativo ad una ipotesi di truffa commessa dal Ro. ai danni di un’associazione privata (e non già del Comune). Ha, altresì, rimarcato il minor importo (rispetto a quello contestato in citazione) di euro 377.000,00 circa, addebitato a Ro. nella sentenza penale di condanna. Ha, dunque, concluso nei termini di cui alla memoria di costituzione in giudizio. In sede di replica, il Procuratore Regionale, Cons. Ac. Mo., ha ribadito che la Sig.ra Ca., firmando in maniera acritica i provvedimenti, avrebbe consentito al Ro. di individuare le associazioni/strutture (anche compiacenti), cui erogare le somme, poi richieste indietro. In ogni caso, nei fascicoli relativi alle predette determine, non vi sarebbe traccia alcuna dello svolgimento di un’attività istruttoria.
Infine, il P.M. contabile ha evidenziato che il riferimento alla lettera A) del capo d’imputazione è stato fatto, in quanto sintomatico del fatto che la convenuta Ca. avrebbe tenuto una condotta disattenta e tollerante rispetto a procedure irregolari. L’Avv. St. Br. ha ulteriormente contestato la correttezza delle argomentazioni della Procura contabile. Considerato in
DIRITTO
1. In via pregiudiziale, va dichiarata la contumacia del convenuto RO. Al., ai sensi dell’art. 93 del nuovo codice della giustizia contabile, approvato con d.lgs n. 174/2016. Il predetto convenuto, infatti, non si è costituito in giudizio, benché ritualmente citato con atto notificato, a mani proprie, in data 13.8.2018 (vedasi relata di notifica di cui alla nota di deposito n. 2 del 13.9.2018, contenuta nel fascicolo di causa).
2. Con riferimento al merito della vicenda, il Collegio ritiene che la pretesa erariale meriti accoglimento, sia pure nei termini e limiti sottoindicati, nei confronti di entrambi i convenuti, ricorrendo, rispetto ad essi, tutti i presupposti della contestata responsabilità amministrativa.
2.a) Nello specifico, per quanto concerne la posizione del convenuto RO., risulta pacifica la ricorrenza del cd rapporto di servizio con l’Amministrazione danneggiata (Comune di (omissis)), avendo egli agito quale funzionario del Settore “Macrostruttura 6-Educativo e Socio Culturale” del predetto Ente, nonché di responsabile dei procedimenti. Allo stesso modo, a giudizio del Collegio, possono ritenersi acclarate la sussistenza ed antigiuridicità delle condotte contestate al convenuto RO. (appropriazione indebita di somme di spettanza del Comune, realizzata attraverso l’erogazione, in favore di vari asili nido convenzionati, di somme maggiori rispetto a quelle effettivamente da riconoscere e la successiva richiesta agli stessi, per un’asserita e non veritiera finalità di “riallineamento dei buoni servizi”, di restituire quanto in eccesso erogato, mediante bonifici su conti di un’associazione/cooperativa “compiacente”, la cui rappresentante legale provvedeva successivamente a consegnare le predette somme in contanti al Ro., ovvero mediante la ricezione da associazioni e cooperative “compiacenti” delle somme indebitamente erogate alle stesse, a fronte di progetti mai presentati e/o svolti).
Tutto ciò alla luce di una valutazione complessiva degli atti di causa, ad iniziare da quelli derivanti dal parallelo procedimento penale, avente ad oggetto gli stessi fatti vagliati in questa sede, (atti) dai quali il giudice contabile è sicuramente legittimato a trarre elementi utili al proprio convincimento (così, tra le altre, Corte Conti, Sez. giur. Lombardia 19 novembre 2012, n. 450; id. Sez. giur. Friuli Venezia Giulia, 15 dicembre 2011, n. 270).
Sul punto, va osservato, in termini generali, che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudice contabile può attingere da varie fonti, ai fini della formazione del proprio, libero convincimento ex art. 116 c.p.c., e, dunque, dell’assunzione della decisione di propria competenza (in termini, Corte Conti, Sez. giur. Abruzzo, n. 414/2012). Il medesimo giudice risulta, dunque, sicuramente legittimato a valutare la complessiva documentazione acquisita al fascicolo processuale, con libero e prudente apprezzamento ai sensi dell’art.116 c.p.c. (in termini, Corte Conti, Sez. giur. Lazio, n.477/2010). Con particolare riferimento al materiale derivante da un giudizio diverso da quello per danno erariale, ben può essere esaminato e valutato dal giudice contabile, per essere posto (unitamente a tutta la restante documentazione) a base dell’emananda decisione, senza che ciò implichi la violazione del diritto di difesa di alcuno: tutti gli elementi utili per la conoscenza dei fatti, comunque acquisiti, anche in sede processuale e pre-processuale penale, devono e possono essere oggetto di autonoma valutazione da parte del Giudice contabile, in quanto concorrono, ex art. 116 c.p.c., alla formazione del convincimento sull’esistenza dell’eventuale danno e delle conseguenti responsabilità amministrative (in termini, Corte Conti, Sez. I, 3 gennaio 2014, n. 2, con la giurisprudenza contabile ivi richiamata; id., Sez. I, 27 gennaio 2015, n. 80; id., Sez. III, 21 ottobre 2016, n. 542).
Il giudice contabile può, dunque, utilizzare e valutare, nel giudizio per danno erariale, le risultanze penali, anche istruttorie, ai fini della decisione di propria competenza (tra le tante, Corte Conti, SS.RR. 2 ottobre 1997, n. 68/A; Corte Conti, Sez. Giur. Bolzano, 13 marzo 2008, n. 1; Corte Conti, Sez. giur. Campania, n. 12 dicembre 2011, n. 2057; Corte Conti, Sez. I, 27 gennaio 2015, n.80). Orbene, nella fattispecie all’esame, viene in rilevo una pluralità di atti, i quali, valutati nel loro complesso, depongono unicamente per la responsabilità del Sig. Ro.. Ci si riferisce, in particolare, ai seguenti atti, presenti nel fascicolo di causa:
a) relazioni/annotazioni di servizio della Guardia di Finanza del 28.6.2017 (prot. n. 0218909) e del 22.9.2017 (prot. n. 0313329), con relativi allegati, contenenti la puntuale rappresentazione delle attività investigative all’uopo espletate (acquisizioni documentali presso gli enti pubblici interessati dall’indagine, presso i soggetti gestori degli asili nido convenzionati con il Comune di (omissis) e presso taluni istituti bancari, escussione a sommarie informazioni delle legali rappresentanti degli asili nido e delle associazioni coinvolte, nonché delle altre persone informate sui fatti, esame del PC in uso al Ro., esame dei messaggi SMS intercorsi tra il Ro. e la Sig.ra Mo., rappresentante legale dell’associazione compiacente “Te. Ta.”). Le medesime attività hanno consentito di far emergere incontestabilmente le condotte di illecita appropriazione di somme di spettanza del Comune, poste in essere dal Ro., con le modalità sopra meglio descritte, nel periodo 2012-2017;
b) esplicite ammissioni della propria responsabilità, sia pure con esclusivo riferimento ai fatti di peculato e con l’eccezione di quelli di cui alla lettera A) del capo d’imputazione (truffa per euro 20.857,00 ai danni dell’associazione culturale Cr. IN., destinataria della richiesta di versare il predetto importo, a titolo di contributo per l’effettuazione di acquisti urgenti da destinare agli asili nido), rese dal Sig. Ro. tanto nell’interrogatorio innanzi al G.I.P. del 16.5.2017 quanto nell’interrogatorio innanzi al P.M. penale del 13.7.2017 (riportati in allegato anche alla nota difensiva della Sig.ra Ca. del 20 dicembre 2017, pervenuta alla Procura contabile il giorno successivo).
Nello specifico, nell’interrogatorio innanzi al P.M. penale del 13.7.2017, il Ro., espressamente richiesto in proposito, ha testualmente dichiarato “…ammetto pacificamente i fatti di peculato che mi vengono contestati”. Parimenti, nell’interrogatorio innanzi al G.I.P. del 16.5.2017, il Ro., nel rappresentare di aver preso atto dell’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, si è così espresso “..Quello che è descritto nella misura corrisponde sostanzialmente al vero”, aggiungendo che “….Le somme da me trattenute riguardavano i contributi comunali”;
d) sentenza n. 438/2018, depositata il 24 dicembre 2018 (e riportata in allegato alla memoria di costituzione in giudizio della Sig.ra Ca.), con la quale il G.I.P. presso il Tribunale di Pisa, a seguito del rito abbreviato “condizionato” all’uopo attivato, ha condannato il Sig. Ro. alla pena di anni sei di reclusione per i delitti di truffa e peculato, continuato ed in concorso con altri (artt. 110, 81 cpv, 640 comma 2 n. 2 e 314 c.p.).
Tutto ciò in relazione all’accusa di avere, nella qualità di Responsabile dell’unità operativa complessa “diritto allo studio, nidi e progettazione esecutiva” presso il Comune di (omissis), nonché di responsabile dei procedimenti, serbato plurime condotte illecite, consistite:
1) in taluni casi, richiedendo falsamente ad associazioni culturali (nello specifico, l’associazione “CR. IN.”) somme a titolo di contributi destinati ad attività sociali (progetti disabili ed altro), nel farsi consegnare somme di denaro (per il complessivo importo di euro 20.857,00), facendole bonificare sul conto corrente dell’associazione “Te. Ta.”, indicata quale società incaricata dal Comune per raccogliere dette somme, dal quale conto la rappresentante legale di tale ultima associazione (MO. Ro. Ca.), previo accordo con il Ro., provvedeva poi a prelevarle in contanti, per consegnarle al predetto Ro. (CAPO A, relativo al delitto di truffa);
2) in altri casi, liquidando a diversi asili convenzionati con il Comune somme maggiori rispetto a quelle spettanti (a titolo di rimborso delle rette spettanti per i posti assegnati in convenzione) e richiedendo successivamente alle rappresentanti legali degli stessi la restituzione di quanto in eccesso erogato, al fine asserito (e non vero) di operare un riallineamento delle somme consegnate a titolo di rimborso dei buoni pasto, a favore di altri asili nido, nell’essersi appropriato di somme di denaro (per l’importo complessivo di euro 40.054,5), facendole bonificare sul conto corrente dell’associazione “Te. Ta.”, indicata quale società incaricata dal Comune per raccogliere dette somme, ovvero sul conto corrente dell’associazione Tr. (cui, a suo dire, sarebbero spettate), dai quali conti le legali rappresentanti NO. Ch. e MO. Ro. Ca., previo accordo con il Ro., provvedevano a prelevarle in contanti, per consegnarle al predetto Ro. (CAPO B, concernente il delitto di peculato);
3) in altri casi, disponendo, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, nell’aver destinato e liquidato alla compiacente associazione “Te. Ta.”, inattiva sin dal 2013, somme non dovute (per il complessivo importo di euro 156.946,04, di cui euro 87.587 nel 2012 ed euro 69.359,04 nel 2013), predisponendo determine (fatte firmare alla competente dirigente CA.) sulla base di false e/o inesistenti istruttorie, relative a finanziamenti e/o contributi per progetti mai realizzati, versando i relativi contributi sul conto corrente intestato all’associazione “Te. TA.”, dal quale venivano prelevate in contanti dalla Sig.ra MO. Ro. Ca. e consegnate al Ro. (CAPO C, concernente il delitto di peculato);
4) in altri casi ancora, potendo disporre, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, nell’aver destinato e liquidato alla compiacente coop. “Tr.”, somme non dovute, per il complessivo importo di euro 78.373,00 nei seguenti modi:
– predisponendo determine (fatte firmare alla competente dirigente CA.) sulla base di false e/o inesistenti istruttorie, relative a finanziamenti e/o contributi per complessivi euro 18.000,00 per progetti mai realizzati, ovvero corrispondendo somme maggiori di quanto spettante all’asilo per i servizi svolti, versando i relativi importi sul conto corrente intestato alla cooperativa Tr., dal quale conto venivano prelevate in contanti dalla NO. Ch. e consegnate al Ro.;
– nonché bonificando dal c/c Tr. a quello dell’altra socia PU. Lu. e da quest’ultimo a quello personale del Ro. il complessivo importo di euro 60.373,00 (CAPO D, concernente il delitto di peculato);
5) infine in alcuni casi, disponendo, in qualità di responsabile del procedimento, delle somme stanziate dal Comune di (omissis) e dalla Regione Toscana per finanziare le attività di asili nido e progetti sociali a favore di soggetti disabili e/o in stato di disagio, nell’avere destinato e liquidato alla compiacente associazione “Tr.”, somme (per complessivi euro 97.499,71) per progetti mai presentati e/o svolti, (somme) poi bonificate dalla Sig.ra NO. Ch. sul conto corrente dell’associazione “Te. TA.”, dal quale conto venivano poi prelevate in contanti dalla Sig.ra MO. Ro. Ca. e consegnate al Ro. (CAPO E, relativo al delitto di peculato).
La medesima sentenza ha, altresì, provveduto a:
1) dichiarare il Ro. interdetto in perpetuo dai pubblici uffici nonché in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della penale;
2) ordinare la confisca dei beni nella disponibilità dell’imputato Ro. fino alla concorrenza dell’ammontare di euro 372.863,25, “corrispondente al profitto complessivo dei reati di peculato da lui commessi”;
3) condannare l’imputato Ro. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Comune di (omissis), danni da liquidarsi in separata sede.
Nello specifico, la predetta decisione ha ritenuto dimostrata, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza dei fatti illeciti addebitati, come sopra puntualmente riportati, valorizzando, oltreché le ammissioni di reità effettuate dallo stesso Ro. (con riferimento ai fatti di peculato), le puntuali attività di riscontro effettuate in sede di indagini (intercettazioni telefoniche, perquisizioni presso gli asili nido coinvolti, acquisizione di documentazione bancaria, acquisizione presso il Comune delle determine d’interesse, escussione a sommarie informazioni delle legali rappresentanti degli asili e delle altre persone informate sui fatti, analisi delle movimentazioni dei conti correnti);
e) esiti delle indagini amministrative interne, nel corso delle quali le cooperative/associazioni hanno riferito di aver ricevuto – e dato seguito – a richieste “anomale” di restituzione delle somme già percepite, (richieste) provenienti dal Ro. (vedasi documentazione allegata alla memoria di costituzione della convenuta Ca.).
In conclusione, gli atti sopra indicati, nel loro complesso ed a seguito della (ri)valutazione degli stessi e degli elementi che ne sono alla base, cui è chiamato il Collegio nella presente sede gius-contabile, lasciano chiaramente emergere la sussistenza delle condotte illecite contestate e la loro riferibilità all’odierno convenuto Ro..
3.b) Dalle condotte testé delineate è derivato, in termini di nesso di causalità, il danno erariale, rappresentato dalle somme, di spettanza del Comune di (omissis), di cui il convenuto Ro. si è indebitamene appropriato con le modalità sopra puntualmente rappresentate. Il predetto danno va quantificato nell’importo complessivo di euro 372.863,25 (in luogo di quello di euro 400.422,00 contestato in citazione).
Sul punto, va osservato che l’importo complessivo delle somme illecitamente conseguite/lucrate da parte del Ro. mediante le sue condotte truffaldine ovvero appropriative risulta pari a complessivi euro 393.720,25, quale importo derivante dalla sommatoria degli importi puntualmente indicati nei vari capi d’imputazione penale (euro 20.857 per il capo A + euro 40.054,5 per il capo B + euro 156.946,04 per il capo C + euro 78.363,00 per il capo D + euro 97.499,71 per il capo E). Nondimeno, dal predetto importo va sottratto quello di euro 20.857,00 di cui al capo A) dell’imputazione penale, in quanto, a ben vedere, non costituente danno erariale. Esso, infatti, non risulta ottenuto per effetto di condotte di peculato ai danni del Comune, ma a seguito di truffa perpetrata ai danni di un’associazione privata (Cr. In.), indotta, con artifizi e raggiri, a versare proprie risorse (e non già comunali, illecitamente fatte transitare sui conti di cooperative e/o associazioni compiacenti), a titolo di contributo per spese urgenti per pretese attività sociali.
Conseguentemente, l’importo per cui pronunciare condanna in questa sede nei confronti del Sig. Ro. risulta pari ad euro 372.863,25 (euro 393.720,25 – euro 20.857). Per mera completezza, va osservato che non incide, nemmeno in parte, sull’esistenza ed effettività del predetto danno, la confisca disposta in sede penale ai danni del Sig. Ro., con la richiamata sentenza di condanna n. 438/2018 (per l’importo di euro 372.863,25, “corrispondente al profitto complessivo dei reati di peculato da lui commessi”).
Sul punto, giova osservare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la confisca riveste natura e finalità ontologicamente diverse rispetto alla condanna eventualmente pronunciata nella sede gius-contabile.
Essa, infatti, assolve ad una funzione essenzialmente sanzionatoria, in quanto attiene all’equivalente monetario del profitto conseguito con la commissione del reato, non potendosi allora ritenere che l’ammontare della stessa possa costituire un risarcimento per l’Amministrazione danneggiata, da scomputare dall’importo per cui è condanna in sede di responsabilità amministrativa (in termini, tra le altre, Corte Conti, Sez. I, 27 gennaio 2015, n. 80).
In altri termini, la confisca penale è una pena accessoria, non ha natura risarcitoria e non si traduce in un beneficio per l’Amministrazione danneggiata deducibile dal danno; le somme confiscate nulla hanno a che vedere con la quantificazione del danno patito dall’Amministrazione che va risarcito, indipendentemente dalla pena accessoria della confisca inflitta (così, Corte Conti, Sez. III, 22 dicembre 2016, n. 676; id., Sez. giur. Veneto, 28 febbraio 2017, n. 29; Corte conti, sez. giur. toscana, 2 maggio 2018, n. 117). In ogni caso, le condotte illecite serbate dal convenuto Ro. risultano connotate da dolo, avendo egli palesemente agito con la coscienza e volontà di violare i doveri di servizio, sino ad infrangere il precetto penale.
4. Alla responsabilità principale, di carattere doloso, del Sig. RO. (per l’intero importo sopra visto) si affianca quella sussidiaria, a titolo di colpa grave, della convenuta CA..
A tal riguardo, va in primo luogo rilevata la pacifica sussistenza del cd rapporto di servizio tra l’Amministrazione danneggiata (Comune di (omissis)) e la Sig.ra CA., quale Responsabile di Posizione Organizzativa Autonoma nell’ambito del Settore “Macrostruttura 6-Educativo e Socio Culturale” della predetta Amministrazione. Per quanto concerne il profilo dell’illiceità delle condotte serbate, il Collegio, sulla base degli atti e fatti di causa, ritiene sicuramente di escludere, in armonia con quanto fatto dall’Organo requirente, una corresponsabilità dolosa della convenuta Ca..
Quest’ultima, infatti, è rimasta del tutto estranea alle vicende penali, venendo, del resto, pienamente scagionata in quella sede dallo stesso Ro. (vedasi interrogatorio reso al GIP in data 16.5.2017, ove il Ro. ha espressamente dichiarato “…Le determine venivano firmate dal Dirigente nel caso di specie la Dott.ssa Ca. che non era assolutamente consapevole di quello che facevo”).
Nondimeno, sulla base degli stessi atti e fatti, risulta configurabile una responsabilità della Sig.ra CA., a titolo di colpa grave per omessa vigilanza e/o controllo. Risulta, infatti, che la medesima CA., per un considerevole lasso temporale (dal 2012 al 2017, epoca di svolgimento delle condotte illecite del Ro., secondo quanto emergente dai capi d’imputazione penale), si sia completamente affidata al Ro. stesso, firmando, in maniera del tutto acritica, i provvedimenti di impegno/liquidazione delle risorse dal medesimo istruiti e predisposti, senza avvertire mai la necessità di svolgere controlli, nemmeno a campione, sull’attività preliminare ed istruttoria espletata (rectius, che avrebbe dovuto essere espletata) dal medesimo (vedasi anche la relazione della Guardia di Finanza del 28.6.2017, prot. n. 0218909, con la documentazione contenuta nel dischetto informatico allegato).
Sul punto, è appena il caso di rimarcare che colui il quale firma, nell’esercizio precipuo delle competenze relative all’incarico di responsabilità rivestito, determine comportanti l’attribuzione di risorse finanziarie pubbliche in favore di soggetti terzi, si assume, con la predetta sottoscrizione, la (piena) responsabilità dell’atto e dei relativi effetti.
Di qui la necessità di un controllo, anche saltuario e a campione, nel caso all’esame per contro del tutto omesso, sull’attività preliminare e propedeutica svolta dal responsabile del procedimento (o comunque sull’operato dello stesso).
Tutto ciò a prescindere ed indipendentemente dalla segnalazione di anomalie e/o irregolarità da parte di terzi. Tale conclusione risulta invero confortata (anche) dalla particolare valenza degli interessi coinvolti (nello specifico, quello alla corretta utilizzazione delle risorse finanziarie pubbliche), strumentali all’attuazione di valori di rilievo anche costituzionale (imparzialità buon andamento della P.A. ex art. 97 Cost.).
Né può ritenersi, in superamento delle argomentazioni difensive sul punto, che tale controllo, nella fattispecie all’esame, non avrebbe potuto essere concretamente esercitato dalla Sig.ra CA., per essersi l’attività illecita del Sig. Ro. svolta prevalentemente al di fuori del rapporto di servizio (investendo, in particolare, la richiesta di rimborso, supportata da false motivazioni, delle somme erogate, a seguito di un’attività di erogazione che sarebbe risultata di per sé lecita).
A tal riguardo, il Collegio ribadisce che, per quanto emerso in sede penale, le condotte illecite del Sig. Ro. sono consistite essenzialmente nel:
a) richiedere, con false motivazioni, a vari asili nido la restituzione di somme erogate in eccesso, al fine di creare una provvista di cui poi appropriarsi, una volta ottenuta la restituzione di quanto attribuito in eccesso rispetto al dovuto;
b) riconoscere ad associazioni (TE. TA.) e/o cooperative (TR.) “compiacenti” contributi cui le stesse non avrebbero avuto diritto, per poi ottenere da tali soggetti le somme in questione. In entrambi i casi, l’appropriazione “illecita” è risultata possibile per essere state le relative risorse previamente assegnate/liquidate con determine firmate, in assenza di qualsivoglia controllo, da parte della convenuta Ca..
La medesima assegnazione (e susseguente erogazione) risulta, invero, anch’essa illecita, in quanto avvenuta in favore di cooperative/associazioni “compiacenti”, non aventi titolo per beneficiarne, attesa la mancata presentazione e/o svolgimento dei relativi progetti, ovvero intervenuta in favore di soggetti (asili nido) astrattamente legittimati ad usufruirne, ma in concreto destinatari di contributi superiori al dovuto.
Risulta allora evidente come i controlli omessi dalla Sig.ra CA. abbiano consentito o quanto meno agevolato l’operazione illecita complessiva attuata dal Ro., partita con l’assegnazione di somme a soggetti terzi (illecita per le ragioni viste) e sfociata nella definitiva appropriazione (anch’essa illecita) da parte del Ro. stesso (beneficiario “finale” della medesima operazione). Le condotte omissive serbate dalla Sig.ra CA. risultano, invero, connotate da colpa grave, attesa l’estrema noncuranza e superficialità mostrate per la salvaguardia delle risorse finanziarie del Comune di (omissis).
Tutto ciò anche alla luce del considerevole arco temporale di reiterazione delle condotte in questione e del mancato rinvenimento, nei fascicoli delle determine acquisiti presso il Comune di (omissis), di traccia alcuna di attività istruttoria (vedasi su tale ultimo punto pag. 6 della relazione della Guardia di Finanza del 28.6.2017, prot. n. 0218909).
Nondimeno, il Collegio, in considerazione delle peculiari circostanze del caso concreto e del ruolo effettivamente rivestito nella vicenda de qua, ritiene di limitare la responsabilità sussidiaria della Sig.ra Ca. all’importo di euro 150.000,00. 5. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il Sig. RO. Al. va condannato al pagamento, in favore del Comune di (omissis), dell’importo di euro 372.863,25, a titolo di responsabilità principale di carattere doloso.
Nel contempo, la Sig.ra CA. Ga. va condannata al pagamento, in favore del Comune di (omissis), dell’importo di euro 150.000,00, a titolo di responsabilità sussidiaria per colpa grave.
Sugli importi per cui è condanna, da ritenersi già comprensivi di rivalutazione, vanno computati gli interessi, come da dispositivo.
Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e sono liquidate in parti eguali tra i convenuti condannati. P.Q.M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando:
– DICHIARA
la contumacia del convento RO. Al.;
– CONDANNA il Sig. RO. Al. al pagamento, in favore del Comune di (omissis), dell’importo di 372.863,25, a titolo di responsabilità principale di carattere doloso;
– CONDANNA la Sig.ra CA. Ga. al pagamento, in favore del Comune di (omissis), dell’importo di euro 150.000,00, a titolo di responsabilità sussidiaria per colpa grave. Gli importi per cui è condanna, da ritenersi già comprensivi di rivalutazione, vanno incrementati degli interessi, nella misura legge, dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino al soddisfo.
Le spese di giudizio, che si liquidano in E. 714,39.= (diconsi Euro Settecentoquattordici/39.=) seguono la soccombenza sono liquidate in parti eguali tra i convenuti condannati.
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2019.
IL Consigliere ESTENSORE – F.to Nicola RUGGIERO
IL PRESIDENTE – F.to Amedeo FEDERICI
Depositata in Segreteria il 19/09/2019
Il Direttore di Segreteria
F.to Paola Altini
 

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