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Premessa
La misurazione e la valutazione della performance individuale del personale dirigente è oggetto di particolare attenzione del legislatore, che vede nel sistema e nel processo di valutazione una leva importante per favorire la piena applicazione di alcune prescrizioni normative. Le disposizioni di legge dalle quali il legislatore fa discendere la rilevanza ai fini della valutazione della performance individuale dei dirigenti continuano ad avere una portata che recenti ulteriori interventi hanno confermato o addirittura potenziato.
Una prima importante considerazione riguarda l’appropriatezza della leva valutativa per spronare all’attuazione di norme, evitando di utilizzare altri strumenti che propriamente sarebbero più adatti per perseguire la finalità che il legislatore si propone e con l’effetto di sovraccaricare in modo improprio il processo valutativo. Da un altro punto di vista si potrebbe considerare tale approccio come funzionale alla semplificazione del processo valutativo concentrandolo su aspetti ritenuti rilevanti sulla base di una graduazione effettuata a livello legislativo; occorrerebbe, però, prenderne atto con una rivisitazione dei contenuti e del processo del quale al momento non vi è traccia.
Il rischio evidente è che, ogni volta che per spingere all’attuazione di una norma se ne sanciscono gli effetti sulla valutazione individuale, la valutazione rischia di diventare un contenitore indistinto di effetti sanzionatori dove tutto è rilevante e non svolge, quindi, propriamente il compito di orientare l’azione dei dirigenti e delle strutture verso l’attuazione delle priorità strategiche definite dall’organo di indirizzo politico-amministrativo e polverizzano in mille rivoli gli elementi che il valutatore deve esaminare.
Una tendenza di questo tipo si esprime anche in alcune normative regionali e addirittura in atti amministrativi di indirizzo dove proliferano le previsioni del tipo: “la mancata attuazione della presente delibera è rilevante ai fini della valutazione dei dirigenti interessati”.
Accanto a questa criticabile sovraesposizione dei sistemi valutativi, emerge anche una incapacità delle amministrazioni di approntare gli opportuni strumenti organizzativi, informativi e informatici, per misurare quanto la norma richiede di valutare con il paradosso finale che per un verso la norma impone la rilevanza e dall’altro il valutatore non ha strumenti per verificare il livello di attuazione e la riconducibilità alla posizione del singolo dirigente, con il rischio evidente che le corrispondenti norme risultino fortemente depotenziate.
Il processo di misurazione e valutazione della performance individuale inizia con l’assegnazione degli obiettivi organizzativi e individuali, nel rispetto dello schema valutativo previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 150/2009 che deve trovare concreta declinazione nelle singole amministrazioni nell’ambito del sistema di misurazione e valutazione che ciascuna amministrazione deve adottare, previo parere preventivo e vincolante dell’organismo di valutazione secondo la previsione dell’art. 7 del medesimo decreto, con il vincolo che gli indicatori organizzativi devono avere un peso prevalente.
Gli interventi legislativi di cui sopra integrano la valutazione del personale dirigente e in alcuni casi si spingono fino ad impedire l’erogazione della retribuzione di risultato come conseguenza della mancata attuazione di una prescrizione normativa.
Questo modo di procedere del legislatore se da un lato arricchisce il processo di valutazione dall’altro pone alcuni problemi che devono essere affrontati:
- quale sia l’organo competente ad operare le ulteriori misurazioni e valutazioni richieste dalla normativa;
- in quale momento del processo di valutazione si debbano considerare le ulteriori indicazioni normative;
- come opera nel complessivo sistema di assegnazione degli obiettivi, se cioè si tratta di una inserzione automatica di obiettivi o se, stabilita la valutazione in base agli obiettivi assegnati, si debba operare un ulteriore passaggio per verificare se siano state rispettate le prescrizioni normative.
Nei casi esaminati di seguito quando il legislatore stabilisce che la mancata attuazione di prescrizioni normative produce effetti sulla valutazione individuale opera in tre modi alternativi:
- prevede che l’adozione di misure organizzative per conseguire determinate finalità siano parte degli obiettivi del dirigente il cui raggiungimento “costituiscono oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale”;
- stabilisce che il mancato rispetto della norma “è rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance individuale”;
- prevede che dal mancato rispetto della norma discenda una conseguenza radicale, o in relazione al concorso dei singoli dirigenti o, in generale, per tutti i dirigenti, e cioè la impossibilità di erogazione della retribuzione di risultato.
In tutti i casi è necessario che il titolare del potere valutativo “interpreti” la prescrizione da valutare (che il legislatore chiede di “sanzionare”) al fine di stabilire il grado della rilevanza legato anche alla misura del concorso del dirigente al mancato rispetto della norma. In quest’ultimo caso si pone un ulteriore problema: il concorso del dirigente al mancato rispetto della norma deve essere in relazione ai compiti assegnati al dirigente nell’ambito del ruolo che riveste o può essere anche indiretto? Ed ancora: qualora non sia possibile identificare in maniera precisa i dirigenti che hanno concorso al mancato rispetto della norma è possibile estendere gli effetti sanzionatori (la non erogazione dell’indennità di risultato) a tutti i dirigenti dell’Ente, indipendentemente dalle responsabilità connesse alla specifica attuazione della norma?
Inoltre, un problema cruciale pervade l’intero processo valutativo: come ci si deve comportare nella ipotesi in cui, rispetto alla prescrizione normativa, l’amministrazione non abbia approntato i necessari presidi di misurazione in grado di rendere conoscibile il rispetto della prescrizione e la riconducibilità al singolo dirigente? Proprio su quest’ultimo aspetto, e in termini generali, il Consiglio di Stato ha avuto modo di intervenire nell’ambito del parere sulla bozza di decreto legislativo recante modifiche al d.lgs. 150/2009, adottato in attuazione dell’art. 17, comma 1, lettera r) della legge 124/2015 e divenuto definitivo con il d.lgs. 74/2017. In particolare, il Consiglio di Stato ha rilevato come sia necessario superare i sistemi di valutazione “sostanzialmente fondati su autodichiarazioni delle strutture interessate” e la necessità che siano supportati da un sistema informatico, anche in adempimento della previsione dell’art. 40, comma 1, del d.lgs. 82/2015 (Codice amministrazione digitale), che sia alimentato direttamente ed in automatico dal sistema del controllo di gestione e di gestione del bilancio. Inoltre, secondo questo parere, “i moduli analogici di misurazione, comunque facilmente manipolabili, appaiono inidonei a fornire dati utili per la valutazione”. Se tutto ciò è vero in generale lo è ancor di più rispetto alle prescrizioni normative rilevanti ai fini della valutazione individuale.
Gli effetti sulla valutazione negativa
Il comma 5-bis dell’art 3 del d.lgs. 150/2009 stabilisce che la valutazione negativa dei dirigenti rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale ex art. 21 del d.lgs. 165/2001 (che può portare all’impossibilità di rinnovo fino alla revoca dell’incarico dirigenziale) e ai fini dell’irrogazione del licenziamento disciplinare come disciplinato dall’art. 55-quater, comma 2, lettera f-quinquies del d.lgs 165/2001 (“licenziamento per insufficiente rendimento”).
Il primo aspetto che deve essere chiarito è cosa si intenda per valutazione negativa; la norma richiamata rinvia alla disciplina definita nell’ambito del sistema di misurazione e valutazione della performance, adottato ai sensi dell’art. 7 ed è in questo ambito che deve essere correttamente definito a quale valutazione (in termini quantitativi) corrisponda una condizione di negatività. Infatti, nella logica di graduazione delle valutazioni finali il parziale raggiungimento degli obiettivi, che rappresenta uno dei fattori sui quali si sviluppa la valutazione individuale, non può essere considerata di per sé sintomo di una condizione di negatività. In linea generale il sistema deve prevedere il punteggio al di sotto del quale la prestazione debba essere considerata inadeguata, e quindi negativa, prevedendo che a quel punteggio non consegua il diritto, neanche parziale, alla retribuzione di risultato. Espresso in questi termini il perimetro di operatività della valutazione negativa, i punteggi superiori non potranno essere considerati manifestazione di valutazione negativa e daranno accesso a diversi livelli di retribuzione di risultato fino al massimo previsto in sede di contrattazione nazionale e decentrata. Per quanto invece riguarda il profilo del procedimento disciplinare per insufficiente rendimento lo stesso art. 55-quater prevede che il licenziamento disciplinare possa conseguire ad una valutazione negativa “reiterata nell’arco dell’ultimo triennio”.
Con riguardo all’oggetto del presente intervento non sono indifferenti le modalità attraverso cui si esprime la rilevanza del rispetto di alcune prescrizioni normative ai fini della valutazione individuale. È infatti opportuno che il Sistema di misurazione e valutazione stabilisca quando tale rilevanza debba essere valutata e cioè se debba incidere sul punteggio finale della valutazione in modo da concorrere alla determinazione della eventuale valutazione negativa oppure se debba intervenire sul punteggio finale correggendolo ex post, con effetti sulla determinazione della retribuzione di risultato, senza che ne modifichi l’esito ai fini della valutazione negativa. La prima delle due soluzioni appare quella più sostenibile.
Alcune previsioni normative recenti
D.lgs. 36/2023 – codice dei contratti pubblici
L’art. 3 dell’allegato II.14 dopo avere previsto che il direttore dei lavori, previa disposizione del RUP, provvede alla consegna dei lavori entro 45 giorni dalla stipula del contratto (nelle amministrazioni non statali), stabilisce la rilevanza di tale ritardo ai fini della performance, “ove si tratti di personale interno” alla stazione appaltante. Si tratta di una formula generica che non chiarisce se trattasi di un obiettivo oppure di una valutazione da far rientrare negli elementi di qualificazione dei comportamenti professionali e organizzativi, e, in ogni caso, presenta le problematiche applicative sopra esposte in tua la loro portata; certamente il valutatore non può non considerare tale ritardo e dovrà stabilire in che misura debba incidere sulla valutazione individuale e a seguito di quali verifiche.
Il rispetto dei tempi di pagamento
L’art. 4-bis, comma 2, del D.L. n. 13/2023, convertito con Legge n. 41/2023, dispone che “Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei sistemi di valutazione della performance previsti dai rispettivi ordinamenti, provvedono ad assegnare, integrando i rispettivi contratti individuali, ai dirigenti responsabili dei pagamenti delle fatture commerciali nonché ai dirigenti apicali delle rispettive strutture specifici obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento previsti dalle vigenti disposizioni e valutati, ai fini del riconoscimento della retribuzione di risultato, in misura non inferiore al 30 per cento. Ai fini dell’individuazione degli obiettivi annuali, si fa riferimento all’indicatore di ritardo annuale di cui all’articolo 1, commi 859, lettera b), e 861, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. La verifica del raggiungimento degli obiettivi relativi al rispetto dei tempi di pagamento è effettuata dal competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile sulla base degli indicatori elaborati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64”.
Le amministrazioni assegnano un obiettivo che riguarda il rispetto dei tempi di pagamento delle fatture di competenza che si aggiunge agli obiettivi che l’amministrazione assegna ai fini della valutazione della performance individuale. Lo schema valutativo, previsto dall’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 150/2009, per i dirigenti, distingue gli indicatori organizzativi (che devono avere un peso prevalente nella valutazione individuale) dagli obiettivi individuali. Quanto ciascuno di questi due fattori valutativi pesa nella valutazione individuale spetta al sistema di valutazione che ciascuna amministrazione deve adottare, previo parere preventivo e vincolante dell’organismo di valutazione, con il solo rispetto del vincolo secondo il quale gli indicatori organizzativi devono avere un peso prevalente.
Dalla formulazione della disposizione sembra che l’obiettivo relativo al rispetto dei tempi di pagamento debba rientrare tra gli obiettivi individuali dei dirigenti e che debba essere assegnato unitamente agli obiettivi individuali (“provvedono ad assegnare”). Il riferimento al sistema di misurazione e valutazione della performance in questo caso va inteso nel senso che, trattandosi di una misura strutturale, la relativa previsione debba essere contemplata nel sistema ponendo così un vincolo certo all’amministrazione al momento dell’assegnazione formale degli obiettivi. Il riferimento al contratto individuale invece va letto con riferimento alla previsione di cui all’art. 9, comma 1bis, del D.Lgs. 150/2009 secondo il quale, per i dirigenti apicali dei ministeri, è prevista l’assegnazione di obiettivi specifici “definiti nel contratto individuale” che si aggiungono agli obiettivi individuali assegnati con il Piano della performance (oggi sottosezione del PIAO).
Quindi, la lettura più coerente con il quadro normativo implica che l’assegnazione dell’obiettivo individuale relativo al rispetto dei tempi medi di pagamento, per le autonomie locali, debba esserci (perché potrebbero esserci dirigenti ai quali non siano imputabili codici di fatturazione) e che ciò debba avvenire attraverso il Piano della performance, ovvero la specifica sottosezione del PIAO.
L’obiettivo annuale relativo al rispetto dei tempi di pagamento deve concorrere alla valutazione della performance individuale che è il presupposto per l’erogazione della retribuzione di risultato. La norma precisa che deve essere valutato in misura non inferiore al 30%. L’infelice formulazione della norma richiede agli operatori una lettura ragionevole: poiché si dice che l’obiettivo deve essere valutato in misura non inferiore al 30%, ciò deve essere ancorato al fattore valutativo dentro il quale l’obiettivo si colloca, appunto gli obiettivi individuali. Quindi l’obiettivo deve avere un peso di almeno il 30% rispetto agli altri obiettivi individuali assegnati, nell’ambito del peso complessivo del fattore rispetto alla performance individuale.
Supponiamo che lo schema valutativo dei dirigenti sia articolato, sulla base del citato art. 9, comma 1, come segue:
- indicatori organizzativi, che devono avere un peso prevalente: 50%
- obiettivi individuali: 25%
- contributo alla performance generale, competenze professionali e manageriali nonché comportamento organizzativi: 20%
- capacità di differenziazione delle valutazioni: 5%
In questo schema di esempio l’obiettivo relativo al rispetto dei tempi di pagamento deve pesare almeno il 30% degli obiettivi individuali, quindi almeno il 7,5%.
La norma dice espressamente che l’obiettivo è parte della valutazione. Ciò significa che occorre distinguere in modo chiaro la fase della misurazione dell’obiettivo (sono stati o meno rispettati i tempi di pagamento?) dalla fase valutativa; se le due fasi fossero pienamente sovrapponibili non ci sarebbe stato bisogno di parlare di valutazione e questa corrisponderebbe esattamente alla misurazione. In quest’ultimo caso se i tempi di pagamento non fossero rispettati al valutatore non sarebbe consentito alterare tale esito.
Tuttavia, se il legislatore ha correttamente utilizzato la dizione secondo la quale l’obiettivo deve essere valutato è perché ha inteso affidare alla fase valutativa l’interpretazione delle ragioni che hanno impedito o rallentato il pieno raggiungimento dell’obiettivo che, evidentemente, può dipendere, ma qui occorre una valutazione rigorosa, da eventi non direttamente controllabili da parte del dirigente. E questi eventi non possono certamente essere legati ad una difficoltà di tipo organizzativo, o ad altre ragioni che non siano tali da impedire oggettivamente, e prescindendo da qualsiasi azione organizzativa e direzionale attivata, il pagamento nei termini delle fatture di competenza.
La verifica del raggiungimento o meno dell’obiettivo è affidata agli organi interni di controllo di regolarità amministrativa e contabile, i quali mettono a disposizione del valutatore gli esiti di tale verifica che assurge, quindi, a misurazione del grado di raggiungimento dell’obiettivo, fermo restando che la valutazione rimane di competenza dei titolari del potere valutativo, con il concorso degli organismi di valutazione per i dirigenti di vertice.
Una difficile ricognizione
L’eccessivo utilizzo da parte del legislatore della leva valutativa per sollecitare gli enti all’attuazione di determinate prescrizioni, rende incerta la ricognizione completa delle norme che includono tali previsioni. Ciò rischia di rendere incompleto lo sforzo del valutatore di identificare le norme, oltre a rendere inutilmente diffusa un’opera che sarebbe bene far rientrare nell’ambito dei compiti di indirizzo di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 150/2009 affida al Dipartimento della funzione pubblica.
Senza pretese di esaustività nella tabella seguente vengono riepilogate alcune disposizioni normative, oltre quelle trattate in precedenza, che indirizzano la valutazione della performance individuale del personale dirigente, distinguendo quelle per le quali è prevista una generica rilevanza da quelle che invece incidono direttamente sull’entità della retribuzione di risultato:
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