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Legalità e controlli

Come si favoriscono sprechi e corruzione

di Salvatore Sfrecola

 

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, è stato perentorio. Intervenuto qualche sera fa ad Otto e Mezzo, la trasmissione de La7 condotta da Lilli Gruber, ha addebitato alla soppressione dei Co.Re.Co., i Comitati regionali di controllo sugli atti degli enti locali, avvenuta nel 2001, il dilagare della illegalità e degli sprechi di pubblico denaro. Infatti, in assenza di controlli è difficile individuare tempestivamente l’atto o la condotta fonte dell’illecito e del danno.

Previsti dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62 (cosiddetta Legge Scelba) in attuazione dell’art. 130 della Costituzione, anche se hanno iniziato ad operare solo nel 1971, a seguito dell’attuazione dell’ordinamento regionale, i Comitati esercitavano un controllo preventivo di legittimità su tutte le deliberazioni dei consigli e delle giunte (art. 59) ai quali, all’epoca, era attribuita la competenza ad adottare la maggior parte degli atti amministrativi degli enti locali, così garantendo la legalità dell’azione amministrativa. Inoltre, quando rilevavano fatti i quali potevano costituire un pregiudizio finanziario o patrimoniale per l’ente, ne riferivano alla Corte dei conti. Alla quale, dalla loro soppressione, le denunce arrivano col contagocce (per non dire che sono pari a zero). Infatti, in presenza dei Co.Re.Co., sindaci e presidenti delle province non volevano correre il rischio di essere imputati di omissione di denuncia e quindi di essere coinvolti nella responsabilità amministrativa. Sapevano che il Comitato, individuata una ipotesi di danno erariale, lo avrebbe immediatamente denunciato. E si mettevano al riparo.

La legge 833/1978 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale) ha esteso i controlli dei Co.Re.Co. alle deliberazioni delle unità sanitarie locali (art. 49) e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (art. 42). Controlli poi soppressi dall’art. 4, comma 8, della legge 412/1991.

Nel frattempo la legge 142/1990 aveva ridotto gli atti sottoposti a controllo di legittimità, rendendolo obbligatorio solo per le deliberazioni riservate alla competenza dei Consigli (art. 45). Passano pochi anni e nel 1997 arriva un’altra sforbiciata: gli atti sottoposti a controllo sono ulteriormente ridotti dall’art. 17, comma 33, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (cosiddetta legge Bassanini-bis), poi recepito dall’art. 126 del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 (T.U delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), che lo limita a statuti, regolamenti di competenza del consiglio, bilanci e rendiconti. Insomma solamente ad atti generali, con esclusione, dunque, degli atti di gestione, laddove si annidano spreco e corruzione.

Non bastava ai fautori delle “mani libere” (nonostante non fosse poi tanto lontana l’esperienza di “mani pulite”). E così i controlli vengono aboliti per effetto dell’emanazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del Titolo V della Costituzione e dell’abrogazione dell’art. 130 Cost. che ne aveva previsto l’istituzione. I Co.Re.Co. potevano essere mantenuti in vita, come era previsto, con funzioni consultive. Anche i pareri, evidentemente sono invisi. Mettono in evidenza errori ed omissioni. Così tutte le regioni hanno scelto di sopprimere i Comitati.

“Quello che nel bene e nel male era stato un sistema che aveva assicurato il buon funzionamento degli enti locali e l’oculato utilizzo delle risorse pubbliche – ha scritto l’Avv. Alfredo Lonoce www.studiolonoce.it – è apparso all’improvviso in contrasto con il sistema costituzionale delle autonomie locali”. Aggiungendo che “con l’attuazione del federalismo si è introdotto il concetto della “pari soggettività” o “pari dignità” costituzionale fra Stato, Regioni, Comuni, Province e Città Metropolitane, enti autonomi tutti costituenti l’organizzazione dei pubblici poteri, per cui l’assetto della repubblica non è più piramidale ma orizzontale. Secondo questa singolare visione di federalismo il controllo di legittimità sugli atti, esercitato da un organo che emana da un’altra amministrazione (statale o regionale), comporterebbe una subordinazione dell’ente destinatario del controllo. Eppure nel resto d’Europa, anche negli stati federali, esistono controlli successivi che riguardano la legittimità degli atti, la loro efficacia, economicità e la regolarità dei bilanci. In Spagna e Germania, caratterizzati da forti autonomie, i controlli sono su base regionale, mentre nella realtà anglosassone sono di competenza  dello stato centrale. Addirittura in Irlanda e Svizzera agli organi regionali di controllo sono conferiti veri e propri poteri giurisdizionali. Obiettivamente non crediamo che le regioni autonome spagnole o quelle tedesche si sentano subordinate o menomate nella loro autonomia per il fatto di essere soggette a controlli esterni. Ecco quindi che non viene minimamente lesa l’autonomia degli Enti locali ex art. 114 della Costituzione”.

È la conferma che la verifica della legittimità degli atti non è nel dna dei nostri politici che, a confronto dei colleghi di altri, importanti stati europei di antica tradizione amministrativa, appaiono disattenti rispetto ad elementari principi del buon andamento e della imparzialità dell’amministrazione, che è regola costituzionale (art. 97) espressione del principio di legalità troppo spesso trascurato.

2 maggio 2016

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