Un contributo del collega Tommaso D'Acunzo, segretario generale del Comune di Sommacampagna

Con il recente parere del 26 luglio, il Dipartimento Affari interni e territoriali è ritornato sulla questione relativa alla revocabilità del Presidente del Consiglio Comunale in particolare all’ipotesi in cui tale istituto non sia stato previsto e disciplinato né dallo Statuto né dal regolamento sul funzionamento del Consiglio Comunale.

Giova premettere che la figura del presidente del consiglio comunale o provinciale è obbligatoria nei comuni (e province) con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, mentre sempre ai sensi dell’art. 39, comma 1, ultimo capoverso del T.U.E.L. n.267/2000, “nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio”; pertanto, la norma in esame prevede che, se per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti è obbligatoriamente previsto il presidente del consiglio, i comuni con popolazione sino a 15.000 hanno soltanto la facoltà di istituire la figura del presidente del consiglio mediante un’apposita scelta statutaria, le cui funzioni altrimenti sono svolte dal Sindaco che presiede l’assemblea consiliare.

Il parere affronta la questione sottoposta, richiamando i principali pronunciamenti del Giudice amministrativo già intervenuti sul punto e resisi necessari in quanto l’istituto della revocabilità del presidente del consiglio comunale non risulta disciplinato neanche dal D. Lgs 267/2000.

Il Dipartimento evidenzia la sentenza del TAR CAMPANIA n 2174 del 2017, che pur ricordando l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa siciliana che ammette la revocabilità del presidente del consiglio comunale solo in presenza di espressa norma statutaria, non condivide in pieno tale indirizzo, richiamando invece il TAR VENETO N.334 DEL 2010 che afferma invece “l’assenza di apposita previsione statutaria non può tradursi in una sorta di inamovibilità assoluta o quasi assoluta del Presidente del Consiglio comunale, pur in presenza di condotte palesemente arbitrarie, contrarie ai relativi doveri istituzionali, rispetto alle quali l’organo assembleare si troverebbe sprovvisto del più efficace e incisivo rimedio, costituito dalla rimozione dalla carica in parola e volto, in ultima analisi, a scongiurare la propria paralisi funzionale”.

Quindi l’assenza di norma statutaria non preclude in assoluto la revocabilità dell’incarico di presidente del consiglio comunale, ma da un punto di vista operativo devono essere rispettati i seguenti presupposti:

  • Per il principio del contrarius actusla competenza ad adottare il provvedimento di revoca dell’incarico è dello stesso Consiglio comunale o provinciale che ai sensi dell’art 39 comma 1 del TUEL provvede a nominare il presidente;
  • Il provvedimento di revoca deve essere motivato, e l’assenza dell’istituto della mozione di sfiducia nei confronti del presidente del consiglio comunale (il TUEL ricordiamo prevede la mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco o del Presidente della Provincia ai sensi dell’art 52), comporta che tale motivazione non può essere basata sul venir meno del rapporto fiducia-rio, ma su eventuali condotte del presidente in violazione delle prerogative a lui attribuite dal-lo statuto e dal regolamento del consiglio comunale nell’esercizio dei suoi poteri d’imparzialità e di garanzia tipici del ruolo istituzionale che riveste.

Tali principi possono trovare applicazione, evidentemente, anche negli enti con popolazione inferiore a 15.000 abitanti che in forza di previsione statutaria abbiano nominato il presidente del consiglio comunale diverso dal sindaco.

Nessun tag inserito.

Torna in alto