Ecco la rivoluzione silenziosa nella dirigenza pubblica
Zitti zitti, piano piano senza fare alcun rumore, nelle pieghe del disegno di legge di stabilità in esame al Senato si sta preparando una piccola rivoluzione nella dirigenza pubblica: la “chiamata diretta” di un numero crescente di dirigenti, passo importante per avere dirigenti “fidelizzati” all’organo politico di turno.
Una prima, chiarissima traccia si è avuta nel decreto legge del ministro Madia sulla pubblica amministrazione (Dl 90/2014, convertito in legge 114/2014). Il decreto, lungi dall’essere quella riforma “rivoluzionaria” annunciata, contiene due disposizioni utilissime per tracciare una via nuova alle aspirazioni politiche:
a) la possibilità, per gli enti locali, di assumere dirigenti cooptati a tempo determinato, senza concorsi, fino alla soglia del 30 per cento delle dotazioni organiche, circa il triplo di quanto previsto nello Stato e di quanto fosse ammesso, fino a poco tempo fa negli stessi enti locali;
b) la possibilità di assumere negli staff dei sindaci collaboratori a tempo determinato, retribuendoli come dirigenti, anche se privi della laurea, cioè del requisito per accedere alla qualifica dirigenziale. Le assunzione per chiamata diretta sono state in cima ai desideri dei sindaci. E in un Governo in buona misura formato da ex-sindaci, l’idea di estendere il metodo alla pubblica amministrazione dello Stato non poteva non essere succulenta. E’ già, infatti, adombrata nella legge delega di riforma della pubblica; lo “scoglio” è una normativa di una decina di anni fa (legittimata da sentenze della Corte Costituzionale) in base alla quale, nelle pubbliche amministrazioni centrali, lo spoil system all’italiana non può riguardare più del 10% dei dirigenti di prima fascia e del 5% di quelli di seconda fascia. Tentare di cambiare queste percentuali provocherebbe quanto meno uno “sciopero bianco” della dirigenza pubblica (se ne già avuto prova al Ministero dell’Economia e delle Finanze) che causerebbe grave imbarazzo all’esecutivo.
Dato che l’appetito non manca, si sta cercando di aggirare il problema. In primo luogo, quella che viene generalmente chiamata la Legge Madia prevede la possibilità di lasciare un dirigente senza incarico costringendolo o ad essere declassato come funzionario o a cercare lavoro altrove. Se non ci fossero vincitori di concorso in attesa di collocazione (come da circa un anno coloro che hanno superato l’ultimo corso concorso della Scuola Nazionale di Amministrazione), si potrebbe fare il caso per sostituirlo con un dirigente “a contratto”.
In secondo luogo, l’art. 33 del disegno di legge di stabilità prevede il commissariamento della Scuola Nazionale di Amministrazione (SNA) per riorganizzarla ancora una volta. Per oltre dieci anni ho coordinato il settore economico della SNA. Non conosco le ragioni specifiche che hanno portato alla decisione. Senza dubbio, la SNA aveva più forza quando reclutava i docenti stabili con un concorso di secondo grado tra professori universitari, alti dirigenti dello Stato e magistrati, richiedeva loro 200 ore di docenza ogni anno (attestata in specifici registri), e li poneva a riposo una volta raggiunta l’età della pensione. Inoltre, ciascun docente definiva con una o due amministrazioni a lui affidate un programma di formazione. Inoltre, il corso concorso per la dirigenza era programmato e vigilato da un organo collegiale.
Secondo molte voci, il commissariamento non è solo parte dello spoils system (il presidente in carica è stato per anni uno stretto collaboratore del Capo Gruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta ed ha chiamato diversi colleghi) ma fa parte di un disegno più vasto: rigorosa integrazione con quelle che erano le Scuole di singole Amministrazione, risparmiare almeno il 10% delle spese ridurre il numero di docenti, mandare a casa quelli già in pensione, destinare altrove coloro che insegnano poche ore e si dedicano principalmente ad attività professionali personali. Nelle more del commissariamento, i futuri corsi concorsi slitteranno, creando esigenze di “dirigenti a contratto”.
L’art. 16 del disegno di legge di stabilità prevede poi l’immissione di un numero limitato di “giovani eccellenze”: 50 nei Ministeri, 50 nella carriere prefettizia, 10 nell’avvocatura dello Stato, 10 procuratori dello Stato “secondo procedure selettive”, non necessariamente concorsuali. In breve, un altro grimaldello.
Occhi aperti, quindi, si sta attuando una rivoluzione silenziosa.
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