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Oneri della burocrazia, restiamo sudditi

Pubblicato il 30 giugno 2017  in Contributi 

di Vitalba Azzollini

Egregio Titolare,

nello storytelling dei governanti nostrani di ogni ordine e grado la burocrazia è dipinta come un mostro munito di tentacoli tali da ostacolare le magnifiche sorti e progressive che altrimenti essi assicurerebbero al Paese. La raffigurazione sarebbe perfetta, se non mancasse un dettaglio importante. Gli artefici di quell’odiosa burocrazia sono i governanti stessi: e non solo attraverso i burocrati che essi collocano fiduciariamente in ruoli chiavedelle amministrazioni dello Stato, ma altresì mediante le spese “burocratiche” che a vario titolo impongono a cittadini e imprese già oltremodo vessati.

 

Attenzione, caro Titolare, non si tratta delle spese sostenute per ottemperare a obblighi fiscali o comunque per conformarsi a prescrizioni sostanziali, ma quelle necessarie ad assolvere ad adempimenti che consentono di assolvere ad altri adempimenti (ogni ripetizione è fatta a bella posta: altrimenti, che burocrazia sarebbe!?). Mi spiego meglio: basta dare un valore monetario al tempo che serve per rispettare ogni obbligo verso la P.A. – compilare la dichiarazione dei redditi, produrre informazioni verso un ente pubblico, conservare documenti da esibire in caso di accertamenti (o anche solo orientarsi in tortuosi labirinti per individuare e capire dettati normativi) – e il gioco è fatto. Questi sono gli oneri burocratici: costi che amplificano costi, oneri negli oneri, in un sistema di scatole cinesi che sottrae risorse a chi già deve sopportare pesi, fiscali e non, enormi. Alcune indagini periodicamente ne misurano l’impatto (v. ad esempio la Banca Mondiale nel Rapporto Doing Business, mediante confronto tra vari Paesi).

Cosa ci si sarebbe aspettati da un governo autore di riforme epocali (per definizione), che ha fatto della lotta alla burocrazia il proprio mantra? Almeno che pretendesse dalle amministrazioni il rispetto delle norme che stabiliscono limiti agli oneri burocratici posti a carico di cittadini e imprese. Eh sì, egregio Titolare, le norme per contenere certi “pesi” già ci sono. Dal 2011 è prescritto (l. n. 180) che le amministrazioni dello Stato alleghino ai propri provvedimenti l’elenco degli oneri amministrativi da essi derivanti, pubblicandoli sui propri siti istituzionali, oltre che sulla Gazzetta Ufficiale. Dal 2012 (d.l. n. 5) gli oneri devono pure essere quantificati e non possono esserne introdotti di nuovi senza ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, nel medesimo arco temporale (one in one out rule, per il c.d. regulatory budget). Dal 2013, il Ministro per la pubblica amministrazione effettua un controllo sul rispetto dei suddetti obblighi da parte delle P.A., predisponendo una Relazione annuale che valuta l’impatto del loro operato in termini di semplificazione degli adempimenti per cittadini e imprese.

Qual era l’obiettivo – dichiarato – del sistema sopra esposto? Era quello di obbligare le amministrazioni a “rendere conto” in maniera trasparente degli oneri scaturenti da propri provvedimenti, al fine di responsabilizzarle e dissuaderle dall’imporne in maniera eccessiva o sproporzionata. Ma il sistema poteva funzionare solo se le amministrazioni fossero state realmente obbligate a “rendere conto”, mediante controlli effettivi, sanzioni idonee e normative chiare. Peccato nessuno ci abbia pensato ex ante. E neanche ex post, come spiegherò oltre. Iniziamo dal controllo: viene effettuato, come detto, dal Ministero della Funzione Pubblica attraverso il monitoraggio delle Gazzette Ufficiali, su cui sono pubblicati i provvedimenti (ad esempio, decreti ministeriali) contenenti oneri burocratici.

Ma tali provvedimenti spesso rinviano ad altri – che impongono oneri a propria volta (circolari, decreti direttoriali ecc.) – per i quali non sempre vige l’obbligo di pubblicazione in G.U. In questi casi, il Ministero deve verificare i siti web delle amministrazioni ove pure gli elenchi degli oneri devono essere obbligatoriamente pubblicati, in forza della citata legge del 2011. Tuttavia, l’obbligo è sprovvisto di “sanzione”, salvo una non meglio precisata responsabilità dirigenziale che di certo non funge da deterrente all’inadempimento. Non manca, poi, la confusione regolatoria. Infatti, la pubblicazione degli oneri burocratici sui siti istituzionali è stata successivamente prevista anche dal d.lgs. c.d. Trasparenza del 2013 (n. 33): emanato per riordinare gli obblighi di trasparenza – appunto – ha creato questa sovrapposizione e altri pasticci. Andiamo oltre.

Nel 2016 (d.lgs. n. 97, c.d. FOIA) il Governo è intervenuto sul doppione, cancellando la norma del 2013 e lasciando intatta quella del 2011. Ma non ha ben valutato gli effetti dell’eliminazione di un obbligo di trasparenza da un testo che sostanzialmente rappresenta il testo unico sulla Trasparenza: molte P.A. l’hanno reputata un’abrogazione tout court di ogni obbligo di pubblicazione degli oneri burocratici contenuti nei propri provvedimenti. L’effetto che ne è scaturito è stato una sorta di “liberi tutti”. La Relazione per l’anno 2016 del Ministero della Funzione Pubblica rileva, infatti, che dopo il FOIA “le amministrazioni hanno ridotto (…) le attività di pubblicazione degli elenchi degli oneri” sui propri siti istituzionali: solo “un provvedimento su quattro (…) è stato pubblicato corredato dagli elenchi” dei carichi burocratici. E aggiunge che il sistema “di monitoraggio e trasparenza” – sopra descritto – “a cinque anni dalla sua introduzione (…) non ha prodotto impatti sostanziali in termini di semplificazione degli adempimenti e di riduzione degli oneri” per cittadini e imprese.

Insomma, il Ministro Madia attesta che l’ambaradan esposto è stato un fallimento. Cosa ci aspetteremmo, caro Titolare, visto che sono occorsi ben cinque anni per capire che il sistema non solo non funzionava (v. Relazioni annuali precedenti), ma funzionava sempre peggio? Un radicale cambio di marcia. Siamo “en marche”, emuli dei cugini d’oltralpe, o sbaglio? Sbaglio, poiché Madia si è limitata a dire che avvierà “una riflessione” sul tema. Dunque, presumibilmente non si farà niente.

Caro Titolare, quei governanti che snobbano la signora “Trasparenza”, ma se la prendono con la signora “Burocrazia”, mentre la signora “Tina” regna incontrastata, continuano a trattarci da sudditi a ogni effetto. Oltre agli oneri amministrativi, serve altro per dimostrarlo?

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