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Sulla natura delle Linee Guida ANAC

Le Linee Guida ANAC non possiedono la forza normativa dei regolamenti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 17 c.3 l. n. 400/88, con tutto ciò che ne deriva in termini di forza e valore dell’atto (tra l’altro: resistenza all’abrogazione da parte di fonti sottordinate e disapplicabilità entro i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa in sede giurisdizionale). Pertanto, nel caso di specie, non essendo le Linee Guida in esame assimilabili alle fonti del diritto, non si vede come esse possano soddisfare il requisito del clare loqui predicato a livello eurounitario. In sostanza, pretendere di ricavare la sanzione espulsiva non già dalla violazione di una precisa norma giuridica, ma da una prassi dettata da una autorità amministrativa (tale dovendosi intendere l’Anac), cui, non è attribuito alcun potere di normazione primaria o secondaria non soddisfa il requisito della certezza dei rapporti giuridici, ben potendo mutare nel corso del tempo.

 

Pubblicato il 28/03/2019

N. 00519/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00179/2019 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 179 del 2019, proposto da 

Bianco Igiene Ambientale S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avvocati Pietro Quinto, Luigi Quinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pietro Quinto in Lecce, via Giuseppe Garibaldi 43; 

contro

Comune di Ostuni, Provincia di Brindisi, non costituiti in giudizio; 

nei confronti

Teknoservice S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avvocati Raffaello Giuseppe Orofino, Angelo Giuseppe Orofino, Anna Floriana Resta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l’annullamento

del provvedimento di cui ai Verbali di gara n. 1 e n. 2 con il quale il seggio di gara della SUA Provincia di Brindisi ha dichiarato ammessa la ditta Teknoservice srl alla procedura di gara per l’affidamento biennale del servizio di igiene urbana nel Comune di Ostuni;

della determina n. 2 in data 8 gennaio 2019, pubblicata sul sito dell’Ente il successivo 9/1, con la quale il dirigente della SUA Provincia di Brindisi ha disposto l’ammissione in gara della ditta Teknoservice srl;

di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Teknoservice S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2019 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori avv. L. Quinto per la ricorrente e avv. M. Alterio, in sostituzione dell’avv. A. G. Orofino, per la controinteressata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ex art. 120 co. 2-bis c.p.a. Bianco Igiene Ambientale s.r.l. – seconda nella graduatoria provvisoria della gara bandita dalla SUA Provincia di Brindisi per l’affidamento biennale del servizio di igiene urbana nel Comune di Ostuni – ha impugnato le note di ammissione alla gara della Teknoservice s.r.l, prima nella graduatoria provvisoria.

A sostegno del ricorso, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione degli artt. 80 e 83 d. lgs. n. 50/16; eccesso di potere per violazione della lex specialis; 2) violazione dell’art. 80 co. 5 lett. c) d. lgs. n. 50/16; violazione dei punti 6 e 15.2 del disciplinare di gara; 3) violazione dell’art. 80 co. 4 d. lgs. n. 50/16; violazione dei punti 6 e 15.2 del disciplinare di gara.

Ha chiesto pertanto l’annullamento degli impugnati provvedimenti di ammissione della controinteressata alla gara, con vittoria delle spese di lite.

Costituitasi in giudizio, Teknoservice s.r.l. ha chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese di lite.

Nella camera di consiglio del 27.3.2019 il ricorso, all’esito della discussione, è stato trattenuto in decisione, ai sensi dell’art. 120 co. 6-bis c.p.a.

2. Con il primo motivo di gravame, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 7.3 del disciplinare di gara (di seguito: Disciplinare), per non avere la controinteressata svolto servizio analogo nell’ultimo triennio, in favore di amministrazione comunale avente popolazione residente non inferiore a 40.000 abitanti.

Il motivo è infondato.

2.2. Ai sensi dell’art. 7 del Disciplinare, “i concorrenti, a pena di esclusione, devono essere in possesso dei requisiti previsti nei commi seguenti. […]”.

Il successivo punto 7.3. lett. e) del Disciplinare indica tra i requisiti di capacità tecnica e professionale (l’)esecuzione nell’ultimo triennio (2015-2016-2017) di almeno un servizio analogo di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani, comprendente anche il servizio di spazzamento, per un ente pubblico, eseguito per almeno 12 mesi in modo continuativo a favore di un’amministrazione comunale avente una popolazione residente non inferiore a 40.000 abitanti”.

Con nota della Provincia n. 624 del 21.9.2018 il limite dimensionale di cui al cennato punto 7.3 del Disciplinare è stato ridotto a 31.197 abitanti.

2.3. Tanto premesso, rileva il Collegio che la controinteressata ha dichiarato lo svolgimento, nell’ultimo triennio, di servizio analogo svolto, tra l’altro, nei confronti del Consorzio Canavesano Ambiente, che è un Consorzio obbligatorio di bacino ex L.R. Piemonte 24 Ottobre 2002 n. 24, e che comprende 108 Comuni della Provincia di Ivrea.

Orbene, al fine di avere un chiarimento interpretativo in ordine al cennato punto 7.3. lett. e) del Disciplinare, un concorrente ha chiesto “… di chiarire se per servizio analogo …<> è compreso anche il servizio svolto presso un Aro”.

Nel rispondere a tale quesito, l’istruttore SUA ha testualmente affermato: “la risposta al quesito è di competenza della SUA, si ritiene comunque, a parere dello scrivente, che vi sia coincidenza sul piano tecnico tra servizi resi nei confronti di un Comune con quelli resi nei confronti di un ARO”.

Tale essendo il contenuto del parere, reputa il Collegio che esso abbia natura meramente interpretativa, essendo la risposta al quesito desumibile dalla stessa ratio del disciplinare, che è quella di consentire la partecipazione alla gara ai soli concorrenti che, avendo svolto analogo servizio in passato, siano in grado di fornire concrete e tangibili garanzie di affidabilità nell’espletamento del servizio oggetto di appalto.

Ma, se così è, non si vede la ragione per la quale discriminare gli operatori che abbiano reso in passato analogo servizio nei confronti di un ARO, che essendo una unione di comuni, risponde ancor meglio alle garanzie di serietà e affidabilità dell’operatore economico, testé evidenziate.

2.4. Dunque, posto che:

a) vi è coincidenza, sul piano tecnico (e prima di esso, su quello logico), tra servizi resi nei confronti di un Comune e quelli resi nei confronti di un ARO;

b) l’ARO (Ambito di Raccolta Ottimale) è una unione di Comuni, al pari del Consorzio Canavesano Ambiente;

per la proprietà transitiva, il servizio svolto nei confronti del Consorzio Canavesano Ambiente va considerato come coincidente, sul piano tecnico, con quello svolto nei confronti di un Comune. E poiché il Consorzio Canavesano Ambiente comprende 108 comuni, la somma dei cui abitanti è di gran lunga maggiore di quella di 31.197 abitanti, richiesti dal Disciplinare, la controinteressata soddisfa senz’altro il requisito di cui al cennato punto 7.3 lett. e) del Disciplinare, come modificato dalla nota SUA n. 624/18.

2.5. Per tali ragioni, il primo motivo di gravame è infondato, e deve pertanto essere rigettato.

3. Con il secondo motivo di gravame, la ricorrente si duole dell’omessa dichiarazione, da parte della controinteressata, di aver subito penali in relazione al contratto con il Comune di Giugliano in Campania per oltre € 816.108 nel triennio 2015-2018, corrispondente all’1,26% del valore lordo dell’appalto per il corrispondente periodo.

Per tale ragione, essa deduce che la controinteressata andava esclusa dalla gara, ai sensi dell’art. 80 co. 5 lett. c), d. lgs. n. 50/16, e segnatamente per aver fornito false informazioni suscettibili di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante.

Il motivo è infondato.

3.2. Premette il Collegio che la Corte di Giustizia (sentenza 2 giugno 2016, causa C-27/15, Pippo Pizzo), in tema di oneri di sicurezza, ha enunciato il seguente principio di diritto: “Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

In motivazione la sentenza della Corte di Giustizia ha evidenziato che il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte e implica, quindi, che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. D’altro lato, prosegue la Corte di giustizia, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione.

3.3. Il punto è altresì ripreso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19/16, che ha aderito al citato orientamento del giudice sovranazionale, rimarcando che per quest’ultimo i principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti (v., in tal senso, Corte di Giustizia, 9 febbraio 2006, La Cascina e a., cause C-226/04 e C-228/04).

Ciò anche sulla base dell’ulteriore considerazione che subordinare la partecipazione ad una procedura di aggiudicazione ad una condizione derivante dall’interpretazione del diritto nazionale (o dalla prassi di un’autorità) sarebbe particolarmente sfavorevole per gli offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione può non essere comparabile a quello degli offerenti nazionali.

3.4. Infine, sulla questione si è nuovamente pronunciata la Corte di Giustizia UE, sentenza 10.11.2016 (causa C-162), ribadendo il citato principio espresso nel suo precedente 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo (v. supra).

3.5. Tanto premesso, e venendo ora al caso in esame, rileva il Collegio che la sanzione espulsiva invocata dalla ricorrente (la più grave tra quelle previste in tema di procedure di gara) non è contemplata da alcuna disposizione né della lex generalis (il d. lgs. n. 50/16), né della lex specialis (bando e disciplinare di gara). Piuttosto, trattasi di sanzione che la ricorrente fa discendere dalle Linee Guida Anac pubblicate nella G.U. n. 2 del 3.1.2017, che affermano la rilevanza delle penali che abbiano superato l’1% del valore lordo di appalto. Secondo l’assunto di parte ricorrente, trattandosi di soglia rilevante, la controinteressata avrebbe dovuto dichiararla al momento della presentazione dell’offerta, sicché il non averlo fatto integra l’ipotesi espulsiva di cui all’art. 80 co. 5 lett. c) d. lgs. n. 50/16 (“… il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”).

L’assunto non può essere condiviso.

3.6. Sotto un primo profilo, rileva il Collegio che le suddette Linee Guida in esame non sono state approvate con decreto ministeriale o interministeriale. Pertanto, come condivisibilmente affermato dal Consiglio di Stato nel parere 1.4.2016, n. 855 – ribadito con successivo parere 3.3.2017 sullo schema del decreto correttivo (d. lgs. n. 56/17) – esse non possiedono la forza normativa dei regolamenti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 17 comma 3 l. n. 400/88, con tutto ciò che ne deriva in termini di forza e valore dell’atto (tra l’altro: resistenza all’abrogazione da parte di fonti sottordinate e disapplicabilità entro i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa in sede giurisdizionale).

Pertanto, non essendo le Linee Guida in esame assimilabili, nel caso di specie, alle fonti del diritto, non si vede come esse possano soddisfare il requisito del clare loqui predicato a livello eurounitario.

3.7. In sostanza, si pretende di ricavare la sanzione espulsiva non già dalla violazione di una precisa norma giuridica, ma da una prassi dettata da una autorità amministrativa (tale dovendosi intendere l’Anac), cui, nel caso di specie, non è attribuito alcun potere di normazione primaria o secondaria. Ed è appena il caso di precisare che, proprio perché trattasi di prassi, essa non soddisfa il requisito della certezza dei rapporti giuridici, ben potendo mutare nel corso del tempo. La qual cosa è tanto più vera se si considera che vi è, allo stato, una proposta di modifica delle Linee Guida Anac, della quale dà conto la Sezione Speciale Consultiva del Consiglio di Stato nel parere 13.11.2018, n. 2616/18. Vi si afferma, in particolare, che: “l’ANAC propone di <>, con eliminazione, inoltre, <>, sicché <>. Ad avviso di questa Commissione speciale la scelta di merito compiuta appare equilibrata e ragionevole e non si hanno rilievi in punto di legittimità da svolgere in merito ad essa” (C.d.S, parere n. 2616/18 cit.).

3.8. Si conferma dunque che la sanzione espulsiva deriva non già da una norma giuridica, ma da una prassi di un’autorità amministrativa, e da una prassi cangiante e mutevole.

3.9. In tal modo, la sanzione in esame “… non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti” (Corte di Giustizia, causa C-27/15, Pippo Pizzo, cit.).

Per tali ragioni, l’invocata sanzione espulsiva si pone in stridente contrasto con il citato principio del “parlar chiaro”, predicato dalla giurisprudenza eurounitaria e nazionale, nei termini prima chiariti (cfr. supra, punti nn. 3.2 ss.).

3.10. È evidente, pertanto, sotto tale profilo, l’erroneità dell’assunto di parte ricorrente, che per tali ragioni non può che essere disatteso.

4. Con salvezza delle considerazioni che precedono – già di per sé decisive nel senso del rigetto del relativo motivo di gravame – reputa il Collegio che l’infondatezza della censura di parte ricorrente emerge anche sotto altro profilo.

Invero, la controinteressata ha prodotto attestazione del Comune di Giugliano in Campania, di buona esecuzione del servizio (cfr. doc. n. 8).

È dunque evidente che la controinteressata non si è resa autrice di informazioni false o fuorvianti (art. 80 co. 5 lett. c) d. lgs. n. 50/16), sicché del tutto doverosamente essa è stata ammessa alla gara.

4.2. Tali risultanze non risultano smentite dalla documentazione depositata dalla ricorrente in data 1.3.2019 (documentazione DEC a firma del coordinatore ing. Paolo Bidello), ove pure si legge che: “a tutto dicembre 2018 risultano applicate sanzioni per un ammontare di € 1.482.725,74 comminate e riscosse in seguito a violazione degli obblighi contrattuali”. Ciò in quanto è il medesimo Ufficio a precisare che: “Dette violazioni non costituiscono gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett c), del d. lgs. 50/2016 e s.m.i.”.

Inoltre, le predette risultanze risultano confermate dalla nota del Comune di Giugliano in Campania del 26.2.2019 (cfr. deposito del 16.3.2019), di attestazione nei confronti della Teknoservice di: “Dichiarazione di servizi con esito favorevole”.

Si conferma pertanto che la controinteressata ha reso informazioni del tutto in linea con il servizio da essa reso nei confronti del Comune di Giugliano in Campania. Pertanto, non può in alcun modo affermarsi che essa abbia fornito, “… anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, sì da meritare la sanzione espulsiva di cui al citato art. 80 co. 5 lett. c) d. lgs. n. 50/16.

4.3. Alla luce di tali considerazioni, il secondo motivo di gravame è infondato, e deve pertanto essere disatteso.

5. Con l’ultimo motivo di gravame, la ricorrente censura che la controinteressata abbia dichiarato di aver “… soddisfatto tutti gli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali”, nonostante che in bilancio vi sia una posizione debitoria nei confronti dell’Erario e degli enti previdenziali, che ha formato oggetto di rateizzazione da parte della Teknoservice s.r.l.

Il motivo è infondato.

Vi è in atti nota del 6.2.2019 (cfr. Doc. 12), con cui l’Agenzia delle Entrate certifica “… che non sussistono gravi violazioni definitivamente accertate ex art. 4 comma 2 lett. b), d.l. 13.5.2011, n. 70 in capo alla ditta in epigrafe emarginata (Teknoservice s.r.l, n.d.a.)”.

Pertanto, l’assunto di parte ricorrente è smentito per tabulas dalla certificazione testé evidenziata.

Ne consegue che la controinteressata non può reputarsi autrice della falsità denunciata dalla ricorrente, sicché il relativo motivo di gravame è infondato, e va dunque disatteso.

6. Conclusivamente, il ricorso è infondato.

Ne consegue il suo rigetto.

7. Sussistono giusti motivi, rappresentati dalla novità delle questioni trattate, per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente

Roberto Michele Palmieri, Primo Referendario, Estensore

Katiuscia Papi, Referendario

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Roberto Michele Palmieri   Eleonora Di Santo

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