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Province: il disastro della riforma Delrio ora è sotto gli occhi di tutti

 
Il Fatto Quotidiano ha notoriamente sostenuto e rafforzato la campagna a testa bassa e al limite della paranoia contro le province e per la loro abolizione.
Pochissime sono state le voci critiche. Critiche soprattutto sul modo col quale la deleteria legge Delrio ha realizzato la riforma. Critiche per aver disposto una riforma con la clausola “in attesa della riforma della Parte seconda del Titolo V della Costituzione”, che oggi, oltre a rivelarsi ancor più incostituzionale di quanto non lo fosse da sempre, appare beffarda e figlia di circa mille giorni di governo passati a pensare che la riforma della Costituzione, respinta a furor di popolo il 4 dicembre 2016, fosse già vigente.

Sul Fatto Quotidiano di domenica 22 gennaio 2017, c’è, però, un articolo-intervista, titolato “Intervista a Simone Petrangeli – “Senza Province la periferia è abbandonata sull` Appennino c` è un` Italia di serie B””.
Simone Petrangeli è il sindaco di Rieti, capoluogo appunto di una delle province più duramente colpite dal terremoto. Il giornale non mostra di aver fatto ancora compiuta autocritica sulla sua posizione di sostegno alla riforma delle province. Utilizza, dunque, la voce del sindaco di Rieti. Che è molto chiara e contiene due affermazioni che affondano un colpo mortale ad una delle leggi più drammaticamente sbagliate di tutti i tempi. L’occasione della riflessione del sindaco di Rieti è, purtroppo, lo stato di emergenza dettato dal micidiale cocktail terremoto-inerzia-insufficienza di fondi – neve. E qui, la prima stoccata: “Questa vicenda ha dimostrato che lo smantellamento dell’apparato delle Province è stato un errore colossale, le strade che avevano in carico sono diventate terra di nessuno, ogni Comune segue solo il territorio di sua competenza; provate a pensare cosa può causare in una zona di montagna, poco popolata e alle prese con un inverno particolarmente duro l’abbandono della rete stradale e vi renderete tragicamente conto di quello che è successo, ci sono ancora piccoli comuni completamente isolati“. Segue la seconda: “L’Italia è fatta di piccole comunità e di persone che vogliono vivere queste terre e che hanno gli stessi diritti costituzionali di quelli che abitano al centro di Roma, Milano o Bologna, è il cuore del paese che non può essere abbandonato”.
Petrangeli è da sempre critico con la riforma Delrio e, in generale, con la riforma della pubblica amministrazione. Voleva difendere in suo territorio. Ma, altri reatini come lui non hanno sicuramente avuto la stessa coscienza critica del sindaco di Rieti. Pensiamo al sottosegretario Angelo Rughetti (comunque eletto in Parlamento nella circoscrizione Campania…), sostenitore a testa bassa della riforma Delrio. O a Fabio Melilli, ex presidente proprio della provincia di Rieti e attualmente parlamentare molto di maggioranza, che così irredeva le critiche del primo cittadino di Rieti alla riforma della pubblica amministrazione due anni fa circa: “Come fa spesso, il Sindaco usa toni apocalittici arrivando fino a dare per certa la cancellazione dei nostri territori ‘con un tratto di penna’. Vorrei ricordare che abbiamo posto in essere una riforma della P.A. che semplifica il sistema pubblico, lo razionalizza e fa risparmiare lo Stato a favore di una diminuzione della pressione fiscale. Lo abbiamo fatto dopo aver sentito per anni, da parte dei cittadini e delle imprese, lamentele sulla sua ridondanza e sulla sua inefficienza. E quando finalmente la semplificazione diviene realtà in molti si riscoprono conservatori dello status quo. Ed invece io credo sia necessario misurarsi con i tempi nuovi, senza timori né conservatorismi” (da Il Giornale di Rieti, edizione on line del 5 agosto 2015: http://www.ilgiornaledirieti.it/leggi_articolo_f2.asp?id_news=40316).
Ecco: no catastrofismo, ma, purtroppo, catastrofe v’è stata. Catastrofe della natura e degli elementi, certo. Che si è aggiunta, però, alla catastrofe della riforma, che senza determinare nessuna semplificazione, nessun risparmio, nessuna maggiore efficienza, ha reso ancor più grave la situazione delle popolazioni colpite dal terremoto.
Le parole del sindaco Petrangeli appaiono il tragico epitaffio su una legge, come quella Delrio, totalmente fallimentare. E’ doveroso ricordare, anche se spiace dover constatare che chi scrive aveva previsto tutto già molti anni fa (vedi qui) come le tragiche constatazioni del Petrangeli, oggi, siano simmetriche alle previsioni di chi scrive, di quasi 4 anni fa: “Il sindaco metropolitano, colui che si dovrà curare delle corriere di paese, dei collegamenti di montagna, della scuola superiore bisognevole di rilancio e manutenzione ai confini della provincia, sarà un signore che per essere eletto e prendere i voti avrà il suo collegio elettorale solo nel comune capoluogo. Chiederà i voti solo ai residenti del comune capoluogo e si impegnerà solo a sviluppare azioni amministrative concernenti il comune capoluogo. E su questo verrà misurato.
Il ddl Delrio, facendo propria una visione drammaticamente di parte, asfittica e sbagliata dell’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), concepisce le città metropolitane, come anche le province, solo come una dilatazione del potere dei comuni.
Nel caso della città metropolitana, si imporrà al territorio della provincia, nel quale vivono, lavorano ed abitano sempre molte più persone di quelle residenti nel capoluogo, la politica del capoluogo.
Difficile credere veramente che un sindaco di un comune capoluogo di una città metropolitana avrà davvero capacità, voglia e soprattutto tempo di considerare in modo paritario i problemi del comune di campagna con quelli posti dalla creazione della ztl in centro.
I voti di una minoranza della popolazione di una provincia, determineranno l’orientamento politico di essa, anche a discapito di ciò che pensano tutti coloro che non risiedono nel capoluogo”.
Non ci voleva davvero molto per capire che la riforma Delrio era un disastro, come puntualmente si è rivelato. Nessuno, però, degli ispiratori, dei consulenti, dei redattori della riforma pagherà quel dazio, che attualmente pagano i cittadini colpiti dal terremoto, anche per essere stati privati dei servizi che, magari in modo perfettibile, erano resi comunque dalle province.
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