18/01/2023 – CCNL, Costo della Manodopera, Clausola sociale nel “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”

CCNL, Costo della Manodopera, Clausola sociale nel “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”.

Prime riflessioni sullo schema di “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”

Una delle novità maggiormente significative contenute nello schema di “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici” recentemente approvato in via preliminare dal Governo, a mio modesto parere, riguarda il complesso delle tematiche relative al costo della manodopera ed alle tutele del personale impiegato negli appalti (e concessioni).

In questo senso, pur condividendo appieno le esigenze di tutela dei lavoratori che si sono tradotte nel testo del “Nuovo Codice”, credo che comunque debbano essere segnalati alcuni elementi la cui applicazione non sarà così lineare come ci si aspetterebbe.

Per cui provo a svolgere una serie di riflessioni a voce alta (che evidentemente lasciano il tempo che trovano) sulle ricadute operative delle nuove previsioni, evidenziando come occorra procedere perlomeno con una certa cautela.

Ma andiamo per ordine.

Il complesso delle disposizioni relative alla manodopera ed alle sue tutele si articola, secondo me, su tre “pilastri”:

  1. L’indicazione “obbligatoria” del CCNL da parte della stazione appaltante;
  2. Lo scorporo del costo della manodopera dall’importo a base d’asta;
  3. L’ampliamento del perimetro della “Clausola sociale”.

Vediamo dunque cosa prevede il “Nuovo Codice”, cercando di sviluppare una serie di riflessioni sulle possibili ricadute operative delle norme recentemente approvate.

1. L’indicazione del CCNL da parte della stazione appaltante

L’articolo 11 del “Nuovo Codice”[1] prevede al comma 2 che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti indichino il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione.

Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta un differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante (comma 3).

Il comma 4 prevede che, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti acquisiscano la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110 (le modalità di verifica dell’anomalia dell’offerta).

Dunque, rispetto all’assetto attualmente in essere con il d. lgs 50/2016, le stazioni appaltanti saranno chiamate ad indicare il CCNL da applicare al personale dipendente, contratto che il futuro appaltatore è tenuto (volente o nolente) ad applicare.

Si tratta di una novità assoluta, in quanto anche secondo la giurisprudenza “Rientra nella discrezionalità della amministrazione appaltante fissare i contenuti dei servizi da affidare mediante gara, quale aspetto caratteristico del merito amministrativo e sebbene all’interno di queste scelte si collochi anche quella dei requisiti da richiedere per l’espletamento dei servizi oggetto di una gara, tuttavia non rientra nella discrezionalità dell’amministrazione appaltante anche quella di imporre o di esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare” (C.S. V 23 luglio 2018 n.4443, Consiglio di Stato, sez. V, 28.02.2022 n. 1412, Consiglio di Stato, sez. V, 15.03.2021 n. 2198, Tar Liguria, Sez. I, 01/10/2020, n. 676).

La Relazione di accompagnamento al “Nuovo Codice” su questo punto è netta, per cui l’appaltatore sarà libero di accettare o meno la clausola dell’appalto pubblico oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura):

La disciplina vigente del d. lgs. n. 50/2016 considera il tema nella fase iniziale della progettazione e della emanazione del bando (art. 23, comma 16), nella successiva fase di valutazione delle offerte [art. 95, comma 10, e 97, comma 5, lettera d)] in cui è assunta la decisione di esclusione o di aggiudicazione, e infine nella fase esecutiva dell’appalto (art. 30, comma 4, secondo cui «Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente»). La norma dell’art. 30, comma 4, ha cambiato il punto di riferimento per la scelta del CCNL applicabile: non più l’attività prevalente esercitata dall’impresa (come si è sempre sostenuto sulla base dell’art. 2070 del cod. civ.), ma le prestazioni oggetto dell’appalto da eseguire. Inoltre, ha espressamente previsto il criterio di selezione del CCNL da scegliere tra quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (i c.d. contratti leader). Rimane tuttavia aperta la questione, altrettanto centrale, della possibile sovrapposizione tra settori di attività e quindi della possibile applicabilità di più contratti collettivi conformi, con ambiti di applicazione compatibili con l’attività oggetto dell’appalto. La norma proposta – di cui ai commi 1 e 2 – intende compiere un ulteriore passo in questa direzione, restringendo anche le ipotesi in cui, per la frammentazione dei contratti collettivi nell’ambito del medesimo settore, l’operatore economico finisca con l’optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori tutele sotto il profilo normativo ed economico. La previsione non pare in contrasto con l’art. 39 Cost. in quanto non è diretta a estendere ex lege ed erga omnes l’efficacia del contratto collettivo, ma si limita a indicare le condizioni contrattuali che l’aggiudicatario deve applicare al personale impiegato, qualora, sulla base di una propria e autonoma scelta imprenditoriale, intenda conseguire l’appalto pubblico, restando libero di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento dell’attività imprenditoriale diversa; e restando libero di accettare o non la clausola dell’appalto pubblico oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura).

Non è certo questa la sede per discutere sulla costituzionalità di questa norma, ma alcune riflessioni sorgono spontanee (in parte sollecitate dalla Relazione del Consiglio di Stato).

La stazione appaltante dovrà infatti espressamente indicare il CCNL che l’appaltatore è tenuto ad applicare.

L’articolo 41 comma 13[2] del “Nuovo Codice” rimanda alle Tabelle Ministeriali ed ai Prezzari Regionali nella fase di progettazione dei lavori/servizi.

La stazioni appaltanti, sin dalla fase di progettazione, dovranno individuare il CCNL su cui “costruire” la gara e la futura esecuzione di lavori, anche con riferimento al subappalto[3]. Nel classico caso di lavori edili ed impiantistici quale contratto indicare?  Il CCNL Edilizia Industria? Il CCNL settore metalmeccanico? Entrambi?

E perché non il CCNL Edilizia Artigianato o il CCNL – Metalmeccanico Artigianato?

Su quale base una stazione appaltante indica un determinato Contratto Nazionale di lavoro?

Seguendo alla lettera la ratio della norma sembrerebbe doversi individuare il miglior contratto nazionale di lavoro (per garantire le migliori tutele economiche e normative ai lavoratori impiegati in appalto).

In maniera che poi, in fase di gara, l’operatore economico che applica un diverso contratto, possa attestare l’equivalenza a quello indicato dalla stazione appaltante o impegnarsi ad applicare quanto previsto dalle norme di gara, come previsto dall’articolo 102.[4]

Già questo passaggio risulta essere non banale, dovendo porre in relazione lavori/servizi con uno o più Contratti Nazionali di lavoro ed individuando (entrando nel merito) quello o quelli da indicare nel bando.

Per cui a me sembra ragionevole affermare come le stazioni appaltanti debbano misurarsi in futuro su un terreno, quello dei Contratti nazionali di lavoro, lavorando non solo in termini di mero accertamento del costo del personale, ma di complessive “tutele” del personale, e dunque andando ad incrociare in concreto non solo dati numerici, ma anche aspetti normativi del contratto.

Tanto per rimanere all’esempio che si diceva: in caso di CCNL Edilizia Industria indicato dalla stazione appaltante, una eventuale dichiarazione di “equivalenza” del CCNL Edilizia -Artigianato in che termini potrà essere verificata? Soltanto sulla base dei minimi salariali?  Oppure tenendo conto anche di tutta la parte giuridica del contratto?

Lo scenario più probabile mi sembra quello di un operatore economico che si impegna, per quell’appalto, ad applicare il CCNL indicato dalla stazione appaltante.

Ragion per cui le stazioni appaltanti dovranno attrezzarsi prevedendo nel Capitolato d’Appalto le modalità di controllo e le eventuali sanzioni da applicare ai soggetti inadempienti.

Le imprese potranno invece essere chiamate ad una revisione complessiva dei propri assetti interni, sulla base del CCNL da applicare per l’appalto aggiudicato. Operazione che, soprattutto per le piccole e medie imprese, potrebbe risultare difficoltosa (ed onerosa).

Insomma, va rimarcato come, rispetto alla situazione attuale in cui le stazioni appaltanti accertano la necessaria coerenza tra il contratto che l’appaltatore intende applicare e le lavorazioni/servizi previsti in appalto, verificando il rispetto dei minimi salariali (anche tenendo conto delle Tabelle Ministeriali) si passi ad un maggior livello di complessità che dovrà essere gestito.

Sin dalla fase di “progettazione”, dove l’individuazione del costo della manodopera diventa centrale, perché scorporato dall’importo sottoposto a ribasso.

 

2. Lo scorporo del costo della manodopera dall’importo a base d’asta

L’articolo 41 comma 14 del “Nuovo Codice” prevede:

14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto nel comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.

Da notare come, nella Relazione di accompagnamento nulla si dica sulle motivazioni che hanno portato allo scorporo della manodopera dall’importo soggetto a ribasso.

Si tratta di una novità di non poco conto[5] ma che, proprio per i precedenti[6], suscita dubbi e perplessità, così esplicitati da TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, n. 1370 del 23 maggio 2017 in un raffronto tra d. lgs 163/2006 e d. lgs 50/2016:

Nel previgente d.lgs. n. 163/06 l’art. 82, comma 3 bis, stabiliva, invece, che “il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Evidente il mutamento di rotta, stante anche la ferma contrarietà dell’Autorità per vigilanza sui contratti pubblici (v. segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014) nei confronti di una disposizione di legge diretta a imporre alla stazione appaltante di quantificare e di scorporare ex ante il costo del lavoro dal prezzo complessivo posto a base di gara, col rischio di premiare le imprese meno efficienti dal punto di vista organizzativo o quelle che compensano con la voce di prezzo percepito a titolo di costo della manodopera i forti ribassi offerti sulle restanti voci di prezzo: il costo del lavoro da costo puro ed incomprimibile, da non assoggettare al mercato, è divenuto componente dell’offerta soggetta a verifica di congruità.

Ricapitolando: la stazione appaltante “progetterà”, prefigurando lo scenario esecutivo dell’appalto anche in termini di stima del personale (che a questo punto dovrà essere evidentemente particolarmente accurata), individuando il CCNL di riferimento e quantificando il costo della manodopera.

Il costo della manodopera sarà scorporato dall’importo soggetto a ribasso.

Con una gara che, alla luce delle previsioni sin qui esposte, vedrà un ribasso (tanto per fare un esempio sui lavori) sul costo dei materiali, dei noli a caldo e a freddo, delle attrezzature, delle spese generali, nonché dell’utile d’impresa.

Si segnala doverosamente come la stima dei costi della manodopera effettuata dalla stazione appaltante, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, non costituisce un parametro assoluto di valutazione della congruità dell’offerta, per cui un eventuale scostamento da essi, specie se limitato, non determina automaticamente un giudizio di anomalia, cui consegue l’esclusione immediata dell’offerta (deliberazione ANAC n. 1092 del 26 ottobre 2016). Le tabelle ministeriali esprimono in sostanza un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici (Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501; TRGA Bolzano, 11 ottobre 2018, n. 292)[7].

Forse è per questo motivo che, anche se la manodopera è scorporata dall’importo dell’appalto, le norme che accompagnano la presentazione dell’offerta confermano sostanzialmente le previsioni contenute nel d. lgs 50/2016.

L’articolo 91 comma 5 prevede infatti che:

5. Le offerte tecniche ed economiche, redatte secondo le modalità di cui al comma 1, sono corredate dai documenti prescritti dal bando o dall’invito o dal capitolato di oneri. Nelle offerte l’operatore economico dichiara alla stazione appaltante il prezzo, i costi del personale e quelli aziendali per la sicurezza e le caratteristiche della prestazione, ovvero assume l’impegno ad eseguire la stessa alle condizioni indicate dalla stazione appaltante e dalla disciplina applicabile, nonché fornisce ogni altra informazione richiesta dalla stazione appaltante nei documenti di gara.

E l’articolo 108 comma 9 prevede che:

9. Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.

Sembra che il legislatore si sia attestato sulla posizione espressa da AVCP del Documento “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro” del 29 settembre 2011, a seguito dell’inserimento del comma 3-bis all’articolo 81 del d. lgs 163/2006.

AVCP, infatti, interpretava la norma sullo scorporo delle spese per il personale come obbligo di effettuare la verifica della congruità del costo del lavoro su due piani: una prima fase consistente nella verifica della produttività presentata dal concorrente; una seconda fase consistente nella verifica del livello e del numero del personale necessario per garantire la produttività presentata e nella verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella giustificazione. Tale verifica andrebbe fatta sempre sull’aggiudicatario anche nel caso la gara si sia svolta con la procedura dell’esclusione automatica.[8]

Sembra dunque che sia stata cercata una coerenza complessiva dell’impianto normativo, per cui, pur avendo scorporato l’importo della manodopera dalla base d’asta (e dunque sarà quello l’importo che verrà corrisposto all’appaltatore in fase di esecuzione), la richiesta dei costi della manodopera sembra che continui ad essere “mirata” (come nel d. lgs 50/2016) alla verifica dei costi derivanti dall’applicazione del contratto nazionale di lavoro al proprio personale dipendente, con accertamento del rispetto dei minimi salariali.

Questa interpretazione sembrerebbe quella più coerente con l’intero sistema definito dal “Nuovo Codice”, anche se potenzialmente foriera di problemi.

Infatti, in fase di gara, proprio sullo scorporo della manodopera potrebbero determinarsi situazioni tali da mettere in difficoltà la stazione appaltante.

Perché se è stato stimato un costo della manodopera pari a 100, e l’aggiudicatario indicasse (e giustificasse con tutte le ragioni del mondo) un costo della manodopera pari a 90 (magari anche con lo stesso CCNL del Bando) di fatto si sarebbe verificato un ribasso su una voce di costo che invece non è ribassabile. Con la stazione appaltante che andrebbe a remunerare in fase esecutiva l’importo di 100 per la manodopera quando invece l’appaltatore dichiara che il suo costo è 90.

Così come, sempre per restare all’esempio, se l’appaltatore dichiarasse che il suo costo è 110 (dunque con una sottostima del costo a base di gara) l’offerta sarà accettabile?

E’ tutto lineare? A me francamente sembra di no.

Forse la dicitura dell’articolo 41 comma 14 “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” legittima anche questi possibili scenari?

Personalmente, anche alla luce dell’articolo 110[9], credo che l’inserimento dei costi della manodopera tra quelli non soggetti a ribasso, collocato all’interno di un complesso di norme che, sostanzialmente, conferma gli articoli 23 comma 16 e 95 comma 10 del d. lgs 50/2016, necessiti di una riflessione molto accurata perché, appunto, le criticità a suo tempo segnalate da AVCP continuano ad avere un loro fondamento[10].

Che dire, a volte il meglio è nemico del bene…

 

3. L’ampliamento del perimetro della “Clausola sociale”.

L’articolo 57 comma 1 del “Nuovo Codice” prevede:

Articolo 57. Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale.

1. Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, in particolare ove riguardi il settore dei beni culturali e del paesaggio, e nel rispetto dei principi dell’Unione europea, devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto o della concessione e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché a garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare.

Come si vede, il “Nuovo Codice” prevede che i bandi contengano “specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore….”.

Le misure orientate a garantire la stabilità occupazionale del personale diventano requisiti necessari dell’offerta.

Mi sembra un passo in avanti significativo rispetto all’articolo 50 del d. lgs 50/2016[11].

L’articolo 57 deve essere letto in parallelo all’articolo 102:

Articolo 102. Impegni dell’operatore economico.

1. Nei bandi, negli avvisi e negli inviti le stazioni appaltanti, tenuto conto della prestazione oggetto del contratto, richiedono agli operatori economici di assumere i seguenti impegni: a) garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato; b) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare; c) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.

2. Per i fini di cui al comma 1 l’operatore economico indica nell’offerta le modalità con le quali intende adempiere quegli impegni. La stazione appaltante verifica l’attendibilità degli impegni assunti con qualsiasi adeguato mezzo, anche con le modalità di cui all’articolo 110, solo nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario.

E con l’articolo 108 che al comma 4 prevede che:

4. I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto.

Secondo me il complesso delle nuove norme è da accogliersi positivamente perché si superano le “timidezze” delle Linee Guida ANAC n. 13 recanti “La disciplina delle clausole sociali” approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 114 del 13.2.2019.

Le Linee Guida n.13 infatti, da una parte prevedono che in fase di gara sia richiesto un “Piano di assorbimento del personale” ma poi lo stesso non possa essere oggetto di valutazione (senza alcuna attribuzione di punteggio)[12].

Una impostazione “minimalista” su cui anche il Consiglio di Stato aveva espresso riserve[13] e che ora, appunto viene superata, richiedendo che l’impresa, in fase di gara, espliciti gli impegni per garantire la stabilità occupazionale del personale.

Ma se vengono richiesti impegni all’interno dell’offerta, evidentemente essi possono essere “pesati” dalla stazione appaltante all’interno dei criteri di aggiudicazione, premiando quegli operatori che garantiscono le migliori tutele del lavoro.

Certo, la “Clausola Sociale” richiede un bilanciamento fra più valori [14], ma il fatto che essa si debba tradurre in “impegni” concreti dell’impresa non può che connotarsi positivamente. Si parla di lavoro, dunque della dignità e della vita delle persone. Questo deve essere tra i punti di partenza degli appalti pubblici.

4. Conclusioni

Come detto in premessa queste sono riflessioni a voce alta, che lasciano il tempo che trovano e che non hanno minimamente la pretesa di esaurire il complesso delle problematiche sopra descritte.

Certo è che sarebbe opportuno, a mio parere, che nei passaggi che porteranno all’approvazione definitiva del “Nuovo Codice” i temi connessi alle tutele della manodopera fossero messi bene a fuoco nelle loro concrete ricadute operative, sia in fase di programmazione/progettazione che in fase di appalto/esecuzione.

Anche perché in un paese nel quale non esiste una disciplina normativa dei minimi salariali, il rischio è che possano crearsi più problemi rispetto a quelli che si vorrebbe risolvere.

Per cui il mio auspicio è che il testo del “Nuovo Codice”, punto di partenza condivisibile, possa essere migliorato nei prossimi mesi, provando a rendere più semplice il lavoro di tutti gli operatori del settore.

Speriamo.

Siena, 8 gennaio 2023

Roberto Donati

 

[1] Articolo 11. Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti.

1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

2. Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, in conformità al comma 1.

3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.

4. Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110.

5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto.

6. In caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva relativo a personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile. In ogni caso sull’importo netto progressivo delle prestazioni è operata una ritenuta dello 0,50 per cento; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale di cui al primo periodo, il responsabile unico del progetto invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi 15 giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto.

[2] Art. 41 c.13. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato facendo riferimento ai prezzi correnti alla data dell’approvazione del progetto riportati nei prezzari predisposti annualmente dalle regioni e dalle province autonome o adottati, laddove necessario in base alla natura e all’oggetto dell’appalto, dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti. In mancanza di prezzari aggiornati, il costo è determinato facendo riferimento ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.

[3] Art. 119 comma 12. Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale. Il subappaltatore è tenuto ad applicare i medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente principale qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale. L’affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso; la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione oppure il direttore dell’esecuzione, provvede alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione. L’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di quest’ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente.

[4] Articolo 102. Impegni dell’operatore economico.

1.Nei bandi, negli avvisi e negli inviti le stazioni appaltanti, tenuto conto della prestazione oggetto del contratto, richiedono agli operatori economici di assumere i seguenti impegni: a) garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato; b) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare; c) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.

2. Per i fini di cui al comma 1 l’operatore economico indica nell’offerta le modalità con le quali intende adempiere quegli impegni. La stazione appaltante verifica l’attendibilità degli impegni assunti con qualsiasi adeguato mezzo, anche con le modalità di cui all’articolo 110, solo nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario.

[5] L’articolo 105 comma 14 del d. lgs 50/2016 sul subappalto comunque prevede già che:

14. Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale. L’affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso; la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell’esecuzione, provvede alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione. L’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente

[6] Lo scorporo del costo del personale fu previsto dall’ Articolo 81 comma 3-bis del D.Lgs 163/2006: L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il comma 3 bis fu aggiunto all’articolo 81 dall’art. 4, comma 2, lett. i-bis), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106. Fu poi abrogato dall’art. 44, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

Poi fu previsto dall’articolo 82 comma 3 bis, comma inserito dall’art. 32, comma 7-bis, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98:

3-bis.    Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

[7] DELIBERA ANAC N. 1182 DEL 19 dicembre 2018

[8] AVCP “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro” del 29 settembre 2011, pag. 53.

[9] Articolo 110. Offerte anormalmente basse.

1. Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione.

2. In presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa le stazioni appaltanti richiedono per iscritto all’operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti, assegnando a tal fine un termine non superiore a 15 giorni.

3. Le spiegazioni di cui al comma 2 possono riguardare i seguenti elementi: a) l’economia del processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o del metodo di costruzione; b) le soluzioni tecniche prescelte o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per fornire i prodotti, per prestare i servizi o per eseguire i lavori; c) l’originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dall’offerente.

4. Non sono ammesse giustificazioni: a) in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge; b) in relazione agli oneri di sicurezza di cui alla normativa vigente.

5. La stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: a) non rispetta gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro indicate nell’allegato X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014; b) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 119; c) sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza di cui all’articolo 108, comma 9, rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture; d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 12.

6. Qualora accerti che un’offerta è anormalmente bassa in quanto l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, la stazione appaltante può escluderla unicamente per questo motivo, soltanto dopo aver consultato l’offerente e se quest’ultimo non è in grado di dimostrare, entro un termine sufficiente stabilito dalla stazione appaltante, che l’aiuto era compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107 TFUE. In caso di esclusione la stazione appaltante informa la Commissione europea.

[10] Vedasi AVCP, Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014

[11] Art. 50 1. Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto.

[12] Con la Delibera ANAC N. 444 del 15 maggio 2018 – depositata in data 19/05/2018 l’Autorità ha stabilito che quando in un appalto è applicabile la clausola sociale, i criteri di aggiudicazione connessi al personale che sarà impiegato nell’appalto rappresentano un elemento di elevata criticità, proprio in virtù dell’obbligo di riassorbimento del gestore uscente. Nel caso analizzato ha stabilito l’illegittimità del ricorso a taluni parametri di valutazione connessi al personale.

[13] Il parere Consiglio di Stato 2703 del 26 ottobre 2018 ha stabilito: Ciò  chiarito  quanto  alle  informazioni  necessarie,  la  Commissione  suggerisce altresì  di  prevedere  che  l’offerta  debba  contenere  un  vero  e  proprio  “piano  di compatibilità”  o  “progetto  di  assorbimento”,  nel  senso  che  essa  debba  illustrare  in qual  modo  concretamente  l’offerente,  ove  aggiudicatario,  intenda  rispettare  la clausola  sociale,  ovvero,  detto  altrimenti,  spiegare  come  e  in  che  limiti  la  clausola stessa sia compatibile con l’organizzazione aziendale da lui prescelta. Tale piano di compatibilità    dovrebbe    anche    rendere    esplicito    quale    concreta    condotta l’aggiudicatario intenda adottare per rispettare l’obbligo nei confronti dei lavoratori interessati,  condotta  che  dovrebbe  coincidere  con  la  formulazione  di  una  vera  e propria  proposta  contrattuale.  Infatti,  se  la  clausola  comporta  un  obbligo,  sia  pure limitato,  di  riassunzione,  l’impresa  secondo  logica  è  tenuta  formulare  una  proposta che  contenga  gli  elementi  essenziali  del  nuovo  rapporto  in  termini  di  trattamento economico   e   inquadramento,   unitamente   all’indicazione   di   un   termine   per l’accettazione.  Quest’obbligo  di  inserimento  nell’offerta  è  in  grado,  da  un  lato,  di consentire  alla  stazione  appaltante  di  valutare  l’effettiva  volontà  di  rispettare  la clausola,  dall’altro  offre  maggiori  garanzie  al  lavoratore,  attraverso  la  previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro. Di contro, il bando di gara dovrebbe inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello    relativo    alla    valutazione    del    piano    di    compatibilità,    assegnando tendenzialmente    un    punteggio    maggiore,    per    tale    profilo,    all’offerta    che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende. Si  tratta,  tuttavia,  di  una  scelta  che  –  sebbene  volta  a  rafforzare  l’effettività  della clausola – è tuttavia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante

[14] La clausola sociale va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”, anche perché solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255)” (Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6148; cfr. anche Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665; 24 luglio 2019, n. 5243; V, 12 febbraio 2020, n. 1066).

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