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Capitolo 1. Siamo nel maggio del 1564 e la Zonta della Scuola Grande di San Rocco, a Venezia, decide di indire un concorso per individuare il pittore al quale commissionare la realizzazione dell’ovale San Rocco in Gloria, da installare nel tetto della sala.

A Venezia, all’epoca, in effetti c’era la fortuna dell’imbarazzo della scelta, tali e tanti erano i grandissimi maestri che vi lavoravano. Al concorso si interessarono, infatti, tra i più grandi pittori della seconda meà del ‘500: Giuseppe Salviati, Federico Zuccari, Paolo Caliari detto Veronese e Jacopo Robusti, detto il Tintoretto.

Ma, mentre i primi si dedicarono, come da bando, alla realizzazione dei disegni preliminari dell’opera, il buon Tintoretto, forte della sua straordinaria velocità nel dipingere, già a giugno completò l’opera e con l’aiuto di qualcuno la fece installare sul tetto della sala. I committenti, sulle prime non accolsero favorevolmente l’iniziativa, ma il Robusti disse loro che lui non faceva lavori preparatori, quello era il suo modo di procedere e che, soprattutto, anche se la Zonta gli avesse respinto il lavoro, egli comunque lo avrebbe donato senza pretendere alcun pagamento.

Epilogo: il quadro non venne mai rimosso e Tintoretto ottenne una rendita annua a compenso della decorazione musiva della Scuola Grande di San Rocco.

Capitolo 2. Gian Lorenzo Bernini, regnante Papa Urbano VIII, Maffeo Barberini, era divenuto l’archistar di Roma e, diremmo d’Europa.

Il successore di Urbano VIII, Innocenzo X, e cioè Giovanni Battista Pamphilj, detestava i Barberini e, di conseguenza, anche il Bernini. E fu ben lieto di revocargli sostanzialmente ogni incarico pubblico a seguito dei problemi di staticità dei campanili di S. Pietro che gli aveva commissionato, dei quali ordinò l’abbattimento a spese del nostro Gian Lorenzo.

Innocenzo X lanciò, dunque, nell’olimpo dell’architettura romana e barocca il grandissimo rivale del Bernini: Francesco Borromini.

Nel 1647 Innocenzo X pensò di sistemare Piazza Navona (ove affacciava la propria residenza), facendovi costruire al centro una splendida fontana.

Proviamo a indovinare: il papa indisse un concorso di idee e, cosa fece Bernini, caduto in disgrazia? Elaborò un modello d’argento di grandi dimensioni della fontana dei 4 fiumi, e la donò a  Olimpia Maidalchini, cognata del pontefice. Ella mostrò il progetto della fontana a Innocenzo X, che ne assegnò la realizzazione al Bernini (e leggenda vuole che pronunciò una frase più ameno evidenziante che l’unico modo per non dare incarichi al Bernini era non vederne preliminarmente i progetti).

Epilogo: Gian Lorenzo realizzò la fontana che oggi tutti ammiriamo, scalzando Borromini e anche intascando una bella somma di denaro.

Morale: difficile credere che prestazioni professionali o artistiche, per quanto donate o comunque date senza chiederne il pagamento, siano comunque senza prezzo.

Il donante sa perfettamente che donando la prestazione ha modo di entrare in contatto con importante committenza, ottenendo come minimo relazioni, contatti, benevolenza e un occhio particolare per future opportunità, se non, addirittura, la possibilità di passare davanti ad altri concorrenti.

Nella pubblica amministrazione, anche a causa di discutibilissime e ripetute pronunce del Consiglio di stato, sempre più si va diffondendo questa pessima prassi, molto opaca, della richiesta di opere gratuite a professionisti.

Non da ultimo, la Funzione Pubblica, nell’ambito del progetto di formazione dei dipendenti pubblici, lancia un più che discutibile “Avviso per manifestazioni di interesse, da parte di operatori pubblici e privati, per la messa a disposizione, a titolo gratuito, di percorsi formativi“.

La storia, la logica, l’etica, la normativa contro i conflitti di interesse, il principio della concorrenzialità, il buon andamento, l’imparzialità e molti altri principi dovrebbero facilmente lasciar concludere per l’improcedibilità e l’irricevibilità di certe pratiche, specie se provenienti dal committente pubblico.

Occorrerebbe che qualcuno metta finalmente un punto fermo. Difficilmente dietro un’opera regalata non vi sono altri interessi dietro. Lo ha spiegato qualche anno fa in modo mirabile il professor Ainis. Fermiamoci. Finchè siamo in tempo.

 

 

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