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ACCESSO DIFENSIVO: NON PREVALE SEMPRE E COMUNQUE SUI CONTRAPPOSTI INTERESSI

Consiglio di Stato, sez. III, 03.11.2022 n. 9588

L’appellante ha presentato al Ministero della salute una istanza di accesso c.d. difensivo, ai sensi dell’art. 24, comma 7, legge n. 241/90, come emerge dalla documentazione in atti e in tale prospettiva è stato proposto il ricorso di primo grado.

Pertanto, le doglianze formulate vanno esaminate coerentemente con la causa petendi fatta valere, nella prospettiva dell’accesso documentale di cui agli articoli 22 e ss l. n. 241 del 1990, applicabile anche alle procedure ad evidenza pubblica, pur con i profili di specialità del relativo regime e, in particolare, l’interesse fatto valere dall’appellante è riferito alla “necessità” del documento – o alla “stretta indispensabilità” in caso di documento idoneo a rivelare dati sensibili o giudiziari – “per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

2. Con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, 20 e 21 l’Adunanza plenaria ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri:

a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un “nesso di strumentalità” tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”, da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza plenaria ha ulteriormente aggiunto che:

a1) è richiesto che la situazione soggettiva “finale”, direttamente riferibile al richiedente, sia “concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti”, per essere in corso una “crisi di cooperazione”, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale;

a2) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, “in termini di pratica sussunzione”, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale;

a3) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della “immediatezza”, “concretezza” e “attualità” (ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990);

che, inoltre, l’istante dimostri:

b) la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata;

c) il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento, “e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite”.

3. Come chiarito dall’Adunanza plenaria con le sentenze nn. 19, 20 e 21 del 2020, sono due le logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza (propria dell’accesso procedimentale in senso stretto, limitato alle parti – effettive e potenziali – del procedimento amministrativo) e quella difensiva, la quale ultima è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela, anche da parte di soggetti estranei al procedimento, e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che incombe alla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento, al quale intende accedere, è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi.

In altri termini, l’accesso difensivo trascende la dimensione partecipativa procedimentale e la stessa logica della trasparenza della funzione amministrativa, essendo per contro funzionale alla necessità dell’istante di «curare» (anche in sede pre- o stragiudiziale) o di «difendere» (in sede giudiziale) un bene-interesse giuridicamente rilevante oggetto della situazione giuridica soggettiva ‘finale’ asseritamente lesa, ossia di soddisfare l’esigenza di acquisire, tramite il documento esibendo, già in sede stragiudiziale e nella fase preprocessuale, la conoscenza dei fatti rilevanti ai fini della composizione di una res controversa, e, nel caso di mancata composizione del conflitto, ai fini della produzione in giudizio ad opera della parte.

L’accesso difensivo non attiene soltanto al rapporto procedimentale tra il privato e la pubblica amministrazione, ovvero tra privati in cui si fa questione dell’esercizio del potere da parte di un’autorità amministrativa, ma ricomprende gli elementi utili a dimostrare i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi delle situazioni giuridiche in generale, indipendentemente dall’esercizio del potere nel singolo caso concreto e dal contesto entro il quale l’interesse può essere ‘curato’ o ‘difeso’, e quindi anche fuori dal processo ed anche in una lite tra privati.

4. Avuto riguardo alla controdedotta esigenza di tutela della riservatezza, il Collegio osserva che nella scala gerarchica dei valori da considerare, in occasione della disamina delle ragioni che giustificano una domanda di accesso, quelle legate alle esigenze di difesa del richiedente non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, giacché invocato da chi, di contro, deduce che, consentendosi l’accesso, si permetterebbe il disvelamento di propri dati, ritenuti sensibili, contenuti nella documentazione amministrativa da altri chiesta.

E’ anche vero che, entro determinati limiti, un’effettiva esigenza di difesa, non altrimenti suscettibile di appagamento (ossia che non è possibile soddisfare se non acquisendo conoscenza proprio di quella particolare documentazione che reca altresì, in seno, il dato sensibile che riguarda un soggetto terzo e, perciò, controinteressato), può prevalere sui contrapposti interessi alla riservatezza.

Lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi detta è costituito – ad avviso del Collegio – dal parametro della “stretta indispensabilità” di cui all’art. 24, comma 7, secondo periodo, della l. n. 241/1990, giacché esso è quello che, proprio a livello legislativo, viene considerato idoneo a giustificare la prevalenza dell’interesse di una parte – mossa dall’esigenza di “curare o difendere propri interessi giuridici” – rispetto all’interesse di un’altra parte, altrettanto mossa dall’esigenza di “curare o difendere propri interessi giuridici” legati ai dati sensibili che la riguardano e che possono essere contenuti nella documentazione chiesta in sede di accesso.

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