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Nell’articolo pubblicato da NT plus del 23.5.2022, intitolato “Appalti, il dirigente può sostituirsi al Rup nell’istruttoria della procedura ma senza esautorarlo totalmente”, Stefano Usai, che aderisce alla corrente econdo la quale il Rup avrebbe competenze “esclusive”, edulcora i contenuti della sentenza di Palazzo Spada, Sezione V, 10.5.20220, n. 6656. Pronuncia, che, invece, se letta con il dovuto approfondimento smentisce platealmente esattamente la teoria dell’esclusività delle competenze del Rup (sul tema, si segnala lo scritto di Vito Antonio Bonanno ne La Settimana giuridica, al seguente url: https://lasettimanagiuridica.it/2022/05/21/il-dirigente-e-il-rup-quali-atti-possono-adottare-e-quando-possono-legittimamente-sostituirsi-vito-bonanno/).

Tale tesi è evidentemente erronea, per quanto largamente presente anche in giurisprudenza, in quanto si fonda su un clamoroso errore di prospettiva: considerare, cioè, la determinazione delle competenze del Rup, operata dall’articolo 31 del codice dei contratti, alla stregua di una norma “speciale”, come tale prevalente sulla norma generale, la legge 241/1990, e tale da costituire un recinto dai confini sostanzialmente invalicabili, a garanzia di una competenza del Rup di carattere “generale e residuale”.

Niente di meno corretto. A smentire totalmente tale assunto, che essendo a fondamento di questo filone interpretativo e giurisprudenziale, sta la previsione contenuta nell’articolo 31, comma 3, del d.lgs 50/2016: “Il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.

E’, quindi, la stessa norma del codice dei contratti che regola le competenze del Rup a specificare la soggezione dell’esercizio delle funzioni del Rup alla disciplina generale della legge 241/1990.

Il codice dei contratti, quindi, in maniera esplicita qualifica in modo indiscutibile la regolamentazione delle funzioni del Rup come norma non speciale, ma semplice specificazione e dettaglio di funzioni, rientranti comunque tra quelle di qualsiasi altro responsabile del procedimento.

D’altra parte, il medesimo codice dei contratti contiene una “norma di chiusura”, alla luce della quale è ulteriormente confermata l’inesistenza di un suo rapporto di specialità rispetto alla legge 241/1990: si tratta dell’articolo 30, comma 8, ai sensi del quale “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativialle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici nonché di forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore previste dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”. Il Rup, come ogni responsabile del procedimento, è funzionale alla gestione delle procedure, sicchè la disciplina del Rup si conferma integralmente rimessa alla regolamentazione generale della legge 241/1990

L’Usai nel suo commento ritiene che la sentenza del Consiglio di stato sia influenzata dalla circostanza che la vertenza sia nata nella regione Sardegna, ove la legge regionale di disciplina degli appalti “prevede che se il Rup (configurato come responsabile del progetto) non dispone di poteri dirigenziali non può adottare atti valenza esterna e si limita ad espletare solo compiti a funzioni meramente istruttorie/preparatorie per il proprio dirigente responsabile del servizio”.

La decisione del Consiglio di stato, tuttavia, non è per nulla connessa alla norma regionale, che, alla luce delle disposizioni viste prima contenute nel codice, risulta perfettamente inutile ed ultronea. Poichè sono da applicare comunque le regole della legge 241/1990, è assolutamente chiaro ed evidente che il Rup non disponga, se privo di qualifica dirigenziale, di alcun potere “negoziale”: risulta, cioè, privo della possibilità di adottare provvedimenti idonei a costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche soggettive. Ed è per questa ragione che tutto il filone giurisprudenziale secondo il quale spetta al Rup l’adozione dei provvedimenti di esclusione degli operatori economici dalle gare è platealmente, quanto gravemente, erroneo. Il Rup dovrebbe limitarsi, se non è un dirigente, a rimettere al dirigente (quale autorità competente) le risultanze dell’istruttoria dalle quali si giunga alla conclusione dell’adozione dell’esclusione, che va pronunciata dal dirigente.

Pare corretto evidenziare che nel punto 7. della sentenza, il Consiglio di stato non fa nemmeno il minimo cenno alla legge regionale come base per le proprie argomentazioni, segno che ritiene, correttamente, tale norma del tutto inconferente ed inutile ai fini della questione.

Non a caso, il Consiglio di stato non solo ignora totalmente la norma regionale, ma, poichè la questione della sostituzione del dirigente al Rup ha riguardato un comune, correttamente Palazzo Spada richiama la disciplina dell’articolo 107 del Tuel. La sentenza scolpisce con chiarezza estrema il quadro normativo, smentendo clamorosamente – almento per il comparto enti locali – la pregressa, per quanto estesissima – giurisprudenza: “Va osservato, in primo luogo, che – nell’ordinamento degli enti locali – l’art. 31 del codice dei contratti pubblici, che disciplina ruolo e funzioni del r.u.p. nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, deve essere necessariamente coordinato, per un verso, con l’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 (T.u.e.l.), che riserva ai dirigenti la responsabilità delle procedure d’appalto, come emerge dallo stesso testo dell’art. 31, comma 3, il quale assegna al r.u.p. «tutti i compiti relativi alle procedure di […] affidamento […] che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi e soggetti»; per altro verso, con il principio secondo cui gli atti che impegnano l’amministrazione all’esterno debbono essere adottati da organi dotati di qualifica dirigenziale (come, del resto, si ricava anche dall’art. 6, comma 1, lett. e), della legge n. 241 del 1990: il responsabile del procedimento «adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale […]»). Nel caso di specie è incontestato che il r.u.p. fosse privo di qualifica dirigenziale, per cui appare del tutto corretto che il dirigente del settore contratti pubblici abbia adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva”.

Meglio di così era difficile chiarire la fattispecie. L’articolo 31 del d.lgs 50/2016 lungi dal disegnare un’estensione potenzialmente infinita delle competenze del Rup, evidenzia espressamente che tali competenze si fermano laddove emergano compiti “specificamente attribuiti ad altri organi e soggetti”. Negli enti locali è indubbio che ogni provvedimento non meramente “esterno”, ma “negoziale”, suscettibile, cioè, di incidere sulle posizioni giuridiche soggettive, è di competenza dei dirigenti, se esistenti nella dotazione organica.

A ben vedere, comunque, questo vale anche per le altre PA. Basti guardare all’articolo 16 del d.lgs 165/2001, ove si specifica, al comma 1, che i dirigenti di prima fascia “d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;

d-bis) adottano i provvedimenti previsti dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni”.

Inoltre:

  1. l’articolo 16, comma 1, lettera e), del d.lgs 165/2001 dispone che i dirigenti di prima fascia “dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativianche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’articolo 21”;

  2. l’articolo 17, comma 1, lettera d), del d.lgs 165/2001 stabilisce che anche i dirigenti di seconda fascia “dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia”.

Non c’è, dunque, nessun dubbio, sapendo allargare l’analisi delle funzioni e competenze del Rup in relazione alle funzioni dirigenziali all’intero ordinamento, senza soffermarsi in modo asfittico sulle sole disposizioni dell’articolo 31 del codice dei contratti, che i dirigenti intervengono negli appalti:

  1. per adottare ogni provvedimento ricadente nelle proprie funzioni, dunque tutti i provvedimenti che costituiscono, modificano o estinguono situazioni giuridiche soggettive;

  2. per sostituirsi al Rup, in caso di ritardo o inerzia.

Da questo punto di vista, risulta meno convincente il passaggio della sentenza secondo il quale “Mantenendo il discorso nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, è sufficiente il richiamo alla generale responsabilità del dirigente per la gestione delle procedure di appalto di cui al citato art. 107 T.u.e.l., con il corollario della responsabilità dirigenziale per i ritardi o inadempimenti (cfr. art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990), ovvero della possibilità per gli interessati di rivolgersi al dirigente dell’unità organizzativa per sopperire a eventuali ritardi o inadempimenti del responsabile del procedimento (art. 2 cit., commi 9-bis e ss.); ipotesi normative che in linea di principio escludono l’esistenza di una preclusione all’adozione di atti dell’istruttoria, possibilità che deve essere riconosciuta al fine di consentire al dirigente di sottrarsi alle responsabilità che altrimenti graverebbero su di lui”.

A ben vedere, i poteri sostitutivi dei dirigenti nei confronti del Rup sono regolati dal d.lgs 165/2001 e sono esercitabili d’ufficio, su iniziativa dei dirigenti stessi nell’ambito della propria funzione di direzione e controllo. Non presuppongono, quindi, che l’inerzia si trasformi in ritardo conclamato, con la necessità di attivare la sostituzione su istanza dell’interessato, fattispecie regolata dall’articolo 2, comma 9, della legge 241/1990.

Talmente forte è la relazione funzionale del Rup al dirigente, che è del tutto normale l’attribuzione al dirigente di ogni potere sostitutivo, aggiuntivo ai poteri, mai riducibili, connessi alle funzioni dirigenziali.

E’ da ricordare, infatti, anche quanto prevede l’articolo 107 del Tuel al comma 4: “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. L’articolo 31 del codice dei contratti non contiene alcuna deroga espressa alle competenze dirigenziali, che per altro comportano anche (ai sensi del comma 6 del citato articolo 107) una responsabilità esclusiva dei dirigenti. In ogni caso, norma simile la si ritrova nel d.lgs 165/2001 – dunque valevole per l’intera dirigenza pubblica – nell’articolo 4, comma 3: “Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. E il comma 2 dell’articolo 4 prevede: “Ai dirigenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati”. La norma attribuisce indistintamente ai dirigenti non gli “atti esterni”, espressione gergale e atecnica, priva di qualsiasi effetto giuridico, ma gli atti “che impegnano l’amministrazione verso l’esterno”, appunto qualificabili come “negoziali”, perchè fonte di una modificazione della sfera giuridica dei destinatari.

Dunque, si deve necessariamente concludere che al Rup privo di qualifica dirigenziale sono necessariamente preclusi tutti gli atti “che impegnano l’amministrazione verso l’esterno”.

Data l’estensione senza limiti dei poteri sostitutivi d’ufficio di cui dispongono i dirigenti, non risulta nemmeno condivisibile l’affermazione del Consiglio di stato secondo la quale “È pur vero che (per riprendere le parole dell’appellante) non si può giungere ad ammettere il «totale esautoramento del RUP», il che comporterebbe la necessità di disporre la sostituzione del funzionario responsabile; tuttavia deve ritenersi consentito lo svolgimento di singoli atti istruttori, come avvenuto nel caso di specie, in cui il dirigente ha direttamente proceduto alla verifica dei requisiti dell’aggiudicatario”. L’inerzia, specie se grave e conclamata, consente certamente al dirigente di sostituirsi integralmente al Rup. Anche perchè, applicando come doveroso le disposizioni della legge 241/1990, il dirigente è ex lege responsabile dei procedimenti, a meno che non incarichi con specifici propri atti come responsabili dipendenti delle sue strutture. Nulla vieta, quindi, al dirigente l’adozione del contrarius actus, che appunto esautori il Rup sostituito: infatti, non si creerebbe mai un “vuoto”, in quanto il dirigente “esautorante” acquisirebbe ex lege il ruolo di Rup, potendo comunque conferirlo ad altro dipendente

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