25/05/2022 – Il dirigente e il RUP: quali atti possono adottare e quando possono legittimamente sostituirsi.

Il dirigente può legittimamente sostituirsi al Rup nell’adozione di alcuni atti endoprocedimentali che rientrano nella competenza del responsabile unico del procedimento. Ma il Rup può adottare atti della procedura di gara a rilevanza esterna?

Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza 10 maggio 2022, n. 3638, ha affermato importanti principi che fanno chiarezza sui poteri e le competenze del Rup nell’ordinamento degli enti locali, e sui rapporti tra il Rup ed il dirigente della struttura.

Un professionista ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione del servizio di progettazione esecutiva dei lavori di recupero e riorganizzazione di un edificio comunale a favore di un costituendo raggruppamento di professionisti, lamentando -unitamente alla mancata esclusione dell’aggiudicatario per la carenza del  requisito di moralità in capo ad uno di componenti del raggruppamento- l’illegittimità del provvedimento di aggiudica per incompetenza del dirigente ad adottare atti della procedura di gara che l’art. 31, comma 3 del codice e le Linee guida Anac n. 3/2016 riservano al Rup. In particolare, il ricorrente contesta che il dirigente “ha effettuato le verifiche istruttorie sul possesso dei requisiti dichiarati dal RTP aggiudicatario e ha sottoscritto la relazione finale istruttoria in luogo del RUP nominato dalla stazione appaltante, in violazione dell’art. 31 del codice dei contratti pubblici e delle linee guida Anac che definiscono ruolo e funzioni del responsabile unico del procedimento”.

Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza di primo grado, respinge l’appello del ricorrente soccombente in primo grado

Questo il ragionamento del giudice d’appello.

“7.2. Va osservato, in primo luogo, che – nell’ordinamento degli enti locali – l’art. 31 del codice dei contratti pubblici, che disciplina ruolo e funzioni del r.u.p. nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, deve essere necessariamente coordinato, per un verso, con l’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 (T.u.e.l.), che riserva ai dirigenti la responsabilità delle procedure d’appalto, come emerge dallo stesso testo dell’art. 31, comma 3, il quale assegna al r.u.p. «tutti i compiti relativi alle procedure di […] affidamento […] che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi e soggetti»; per altro verso, con il principio secondo cui gli atti che impegnano l’amministrazione all’esterno debbono essere adottati da organi dotati di qualifica dirigenziale (come, del resto, si ricava anche dall’art. 6, comma 1, lett.e), della legge n. 241 del 1990: il responsabile del procedimento «adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale […]»). Nel caso di specie è incontestato che il r.u.p. fosse privo di qualifica dirigenziale, per cui appare del tutto corretto che il dirigente del settore contratti pubblici abbia adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Ciò posto, lo specifico profilo sollevato con il motivo esame attiene alla configurazione dei rapporti tra responsabile del procedimento e dirigente dell’unità organizzativa, muovendo dal presupposto che una volta nominato il responsabile unico della procedura di affidamento questi goda di una «competenza esclusiva» (in particolare in ordine all’istruttoria procedimentale, per quel che rileva nel caso di specie), in conseguenza della quale il dirigente non potrebbe svolgere direttamente l’istruttoria procedimentale o singoli atti istruttori.

7.3. In questi termini, tuttavia, la tesi non può essere accolta, non potendosi aderire a una rigida distinzione, all’interno del procedimento amministrativo, tra la competenza per la fase istruttoria e quella per l’adozione del provvedimento finale.

Mantenendo il discorso nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, è sufficiente il richiamo alla generale responsabilità del dirigente per la gestione delle procedure di appalto di cui al citato art. 107 T.u.e.l., con il corollario della responsabilità dirigenziale per i ritardi o inadempimenti (cfr. art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990), ovvero della possibilità per gli interessati di rivolgersi al dirigente dell’unità organizzativa per sopperire a eventuali ritardi o inadempimenti del responsabile del procedimento (art. 2 cit., commi 9-bis e ss.); ipotesi normative che in linea di principio escludono l’esistenza di una preclusione all’adozione di atti dell’istruttoria, possibilità che deve essere riconosciuta al fine di consentire al dirigente di sottrarsi alle responsabilità che altrimenti graverebbero su di lui.

7.4. È pur vero che (per riprendere le parole dell’appellante) non si può giungere ad ammettere il «totale esautoramento del RUP», il che comporterebbe la necessità di disporre la sostituzione del funzionario responsabile; tuttavia deve ritenersi consentito lo svolgimento di singoli atti istruttori, come avvenuto nel caso di specie, in cui il dirigente ha direttamente proceduto alla verifica dei requisiti dell’aggiudicatario.

La sentenza appare di grande interesse perché, al di la della soluzione del caso specifico che riguarda l’esercizio di poteri istruttori da parte del dirigente in presenza di un soggetto diverso nominato responsabile unico del procedimento, sembra prendere posizione sulla questione generale del riparto di competenze tra dirigente e Rup, offrendo una lettura dell’art. 31, comma 3, del codice del 2016 coerente con la previsione generale dell’art. 6, comma 1, lett. e) della legge sul procedimento amministrativo, la quale riconosce al responsabile del procedimento il potere di adottare il provvedimento finale solo ove “ne abbia la competenza”, cioè sia posto al vertice dell’unità organizzativa competente in base all’assetto del singolo ente. Tale ragionamento sembra legittimare il Rup ad adottare provvedimenti ad efficacia esterna solo nell’ipotesi in cui lo stesso rivesta la funzione di vertice della struttura che procede: cioè, laddove sia dirigente oppure, nei comuni privi di dirigenza, sia stato nominato dal sindaco responsabile del servizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 109, comma 2, del Tuel. In realtà, anche alla luce della posizione interpretativa assunta in materia da Anac[1], una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado sostiene che l’unico soggetto deputato ad adottare il provvedimento di esclusione dalla gara, tipo provvedimento a rilevanza esterna in quanto lesivo di posizioni giuridiche soggettive, è il Rup, indipendentemente dalla sua qualifica dirigenziale o dalla collocazione al vertice della struttura che procede: “è illegittimo, per difetto di competenza, il provvedimento di esclusione da una gara di appalto indetta dal Comune adottato dal Dirigente del settore comunale di interesse, anziché dal RUP che, in virtù di quanto disposto dall’ art. 31, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, è il dominus della procedura di gara, in quanto titolare di tutti i compiti prescritti, salve specifiche competenze affidate ad altri soggetti[2]”.Si tratta di un orientamento che non trova, allo stato, una espressa conferma nella giurisprudenza del giudice d’appello i cui precedenti[3] sono richiamati in modo improprio, in quanto ad una attenta lettura essi si limitano ad affermare, del tutto condivisibilmente, l’incompetenza della commissione di gara a disporre l’esclusione del concorrente e non già a riconoscere apertis verbis che, tra gli organi della stazione appaltante, tale competenza spetti al Rup anche laddove non sia titolare di poteri dirigenziali. Di contro, allorquando il Consiglio di Stato è stato chiamato ad affrontare la questione dei poteri del Rup alla luce del nuovo codice dei contratti ha affermato che “assegnare poteri finali al Rup …non è coerente con il ruolo che il Rup assume nel sistema amministrativo alla luce della legge n. 241 del 1990”, precisando che “tale conclusione non può essere smentita dalla disposizione di cui all’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016”[4].

 

[1] Si veda ad esempio l’art. 20, secondo periodo lett. b) del bando tipo n. 1/2021 adeguato con delibera n. 154/2022, in cui è specificato che, all’esito delle verifiche sui requisiti di ordine generale, il RUP adotta  il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni dalla procedura di gara.

[2] Così, TAR Venezia, 27.6.2018, n. 695, confermata da TAR Trieste, 29.10.2019, n. 450 e, da ultimo, da TAR Lecce, 21.9.20121, n.1373.

[3] Cfr. Con. Stato, 12.2.2020, n.1104, e 13.9.2018, n.5471.

[4] Cfr. Con. Stato, Commissione Speciale, parere n. 22/2017. La Commissione speciale di Palazzo Spada era stata chiamata ad esprimere il parere sullo schema di decreto del MIT sulla definizione dei contenuti della progettazione in materia di lavori pubblici nei tre livelli di progettazione; esaminando le previsioni che affidano al Rup il potere di disporre la variazione del contenuto progettuale, il Consiglio di Stato osserva che tale previsione è in contrasto con l’art. 24, comma 4 del codice che attribuisce alla Stazione appaltante il potere di indicare caratteristiche e requisiti degli elaborati progettuali: quindi, prevedere poteri in tale materia in capo al Rup si pone in contrasto con al legge e non è giustificabile dalla previsione dell’art. 31, comma 3, che non consente di attrarre in capo al Rup poteri che alla luce della legge 241/90 spettato a chi ha il potere di impegnare l’amministrazione verso l’esterno.

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