19/07/2022 – Il Consiglio di Stato si esprime su tre importanti questioni processuali: procedimento cautelare nel rito appalti, ne bis in idem, interesse a ricorrere dell’impresa esclusa.

Nel rito speciale accelerato in materia di appalti, la disciplina posta dall’art. 120, comma 6, cod. proc. amm. (come novellata dall’art. 4, comma 4, lett. a), decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120) rende tendenzialmente obbligato, salvo eventi eccezionali tipizzati dalla stessa disposizione (e la cui valutazione è rimessa al collegio giudicante), l’iter processuale che esaurisce il giudizio nell’unica udienza camerale fissata per l’esame della domanda cautelare, escludendosi di conseguenza la sussistenza di un diritto potestativo di natura processuale della parte ricorrente, volto alla calendarizzazione della decisione mediante richiesta di rinvio al merito.

Il principio del ne bis in idem comporta una preclusione da giudicato esterno, funzionale ad evitare la formazione di giudicati in potenziale conflitto fra di loro: tale preclusione opera ancorché la prima sentenza che sia stata pronunciata sulla medesima questione non sia ancora passata in autorità di cosa giudicata.

Allorché venga impugnato un provvedimento di esclusione di un’impresa dalla partecipazione ad una gara pubblica, e tale impugnativa venga respinta sia in primo grado, sia in grado di appello, la proposizione del ricorso per revocazione e del ricorso per cassazione avverso tale sentenza, non sospesa nella sua efficacia esecutiva, non fa sorgere in capo alla impresa esclusa dalla gara l’interesse ad impugnare l’aggiudicazione successivamente intervenuta in favore di altra impresa.

Con la decisione in rassegna, il Consiglio di Stato affronta tre importanti questioni processuali.

La prima questione riguarda l’esegesi dell’art. 120, comma 6, prima parte, cod. proc. amm., (come novellato dall’art. 4, comma 4, lett. a), decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120), nella parte in cui si prevede che “Il giudizio, qualora le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all’esame di un’unica questione, nonché in ogni altro caso compatibilmente con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa, è di norma definito, anche in deroga al comma 1, primo periodo dell’articolo 74, in esito all’udienza cautelare ai sensi dell’articolo 60, ove ne ricorrano i presupposti, e, in mancanza, viene comunque definito con sentenza in forma semplificata ad una udienza fissata d’ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente”.

Il Consiglio di Stato interpreta detta disposizione nel senso che, nelle controversie aventi ad oggetto procedure di evidenza pubblica, il giudizio è di norma definito alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ove proposta.

In ogni caso, la norma rimette al giudice la valutazione della sussistenza, o meno, di elementi impeditivi, tipizzati dalla stessa disposizione: nel qual caso la decisione sul merito, comunque da rendere in forma semplificata, viene rinviata ad una udienza prossima.

Tale disciplina rende tendenzialmente obbligato, salvo eventi eccezionali indicati dalla stessa disposizione, l’iter processuale che esaurisce il giudizio, nell’unica udienza camerale fissata per l’esame della domanda cautelare.

In ogni caso, la disposizione è sufficientemente chiara nel senso di escludere la sussistenza di un diritto potestativo di natura processuale della parte ricorrente, volto alla calendarizzazione della decisione: dopo la proposizione della domanda cautelare, di cui la parte processuale accetta le inevitabili conseguenze che ne derivano sul piano processuale, la norma impone la decisione immediata, salvo le eccezioni tipizzate previste, la cui valutazione è comunque rimessa al giudice).

Il Consiglio di Stato osserva anche che la ridetta disciplina è ragionevole e si fonda sulla necessità di una sollecita decisione di merito, onde consentire il sindacato giurisdizionale senza rallentare eccessivamente le procedure di evidenza pubblica. Poiché tale regime implica, inevitabilmente, la compressione di spazi processuali in danno di altre materie, parimenti afferenti alla complessiva domanda di giustizia, la disposizione in esame coerentemente ricollega alla proposizione della domanda cautelare, un effetto processuale non più negoziabile, salvo il ricorrere dei fatti impeditivi tipizzati.

La seconda questione processuale concerne l’applicazione del principio del ne bis in idem: nel ribadire il consolidato indirizzo esegetico della giurisprudenza amministrativa e di legittimità, secondo cui l’applicazione del principio è funzionale ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in quanto “corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni

giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (essendo tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive) (cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006)” (Corte di Cassazione, sez. VI civile, ordinanza n. 16589/2021; nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5422/2018), il Consiglio di Stato precisa che la ridetta preclusione opera anche quando la prima sentenza che sia stata pronunciata sulla questione, non sia ancora passata in autorità di cosa giudicata.

La terza questione processuale riguarda l’accertamento della sussistenza, o meno, dell’interesse di un’impresa esclusa dalla partecipazione alla gara, a ricorrere avverso la nuova aggiudicazione successivamente intervenuta in favore di altra impresa. Secondo il Consiglio di Stato, allorché venga impugnato il provvedimento di esclusione e tale impugnativa venga respinta sia in primo grado, sia in grado di appello, la proposizione del ricorso per revocazione e del ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che ha definitivamente accertato l’esclusione dell’impresa, qualora non sospesa nella sua efficacia esecutiva, non fa sorgere in capo alla impresa esclusa dalla gara l’interesse ad impugnare l’aggiudicazione successivamente intervenuta in favore di altra impresa.

Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 14 luglio 2022, n. 5966

 

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