21/06/2022 – Sull’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016: normativa ed evoluzione

Sommario: Premessa.  1. Analisi della disciplina normativa: l’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016.  2. L’evoluzione degli obblighi dichiarativi alla luce delle modifiche normative e della giurisprudenza amministrativa: l’onnicomprensività della dichiarazione.  3. L’ordinanza di rimessione n. 2332 del 9 aprile 2020: alla ricerca di una perimetrazione degli obblighi dichiarativi.  4. La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 28 agosto 2020: una risposta insoddisfacente ai quesiti sollevati dal Giudice remittente. 5. L’impatto della decisione dell’Adunanza Plenaria sul procedimento sanzionatorio dell’ANAC e l’origine di un nuovo contrasto giurisprudenziale. 

Premessa

Con l’ordinanza di rimessione n. 2332 del 9 aprile 2020, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato aveva richiesto all’Adunanza Plenaria di pronunciarsi in ordine alla “portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) e f-bis del comma 5 dell’art. 80 del d. lgs. n. 50/2016[1].

Un compito rientrante nel novero dei poteri che la legge riconosce al massimo consesso[2] e necessario da un punto di vista nomofilattico, a causa di un contrasto giurisprudenziale sorto in materia di oneri dichiarativi, costantemente alimentato dalla tensione generata, da un lato, dalla scelta legislativa di non tipizzare le possibili condotte professionali illecite (e di assegnare piuttosto alle Stazioni appaltanti il potere discrezionale di individuarle in concreto) e, dall’altro lato, dalla necessità – avvertita da dottrina, operatori economici e parte della giurisprudenza – di conferire “determinatezza e concretezza” all’elemento normativo della fattispecie dei gravi illeciti professionali.

C’era grande attesa per la decisione dell’Adunanza Plenaria, ma, a giudicare dai primi commenti della dottrina, l’esito non ha soddisfatto le aspettative. La pronuncia in esame chiarisce la portata applicativa delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 80, co. 5 lett. c-bis e f-bis D.lgs. 50/2016, confinando quest’ultima a mera opzione residuale ed escludendo con riferimento alla prima qualsiasi automatismo espulsivo, ma resta tuttavia indeterminato l’onere dichiarativo ed indefinito il potere valutativo della P.A. in ordine alle circostanze da dichiarare potenzialmente incidenti sui requisiti di integrità ed affidabilità dell’operatore economico[3]. Con il risultato che la pronuncia qui in commento finisce per lasciare aperti gli interrogativi di partenza.

Tuttavia, nelle trame della motivazione si coglie una definitiva chiarificazione sulla distinzione ontologica tra falsità ed omissione dichiarativa – e quindi sulle conseguenze dell’una e dell’altra – che consente quanto meno di definire il perimetro dell’intervento sanzionatorio dell’ANAC, sul cui versante sembra registrarsi l’impatto più significativo apportato dalla pronuncia in commento, con l’emersione di orientamenti tra loro difformi da cui è sfociato un nuovo contrasto giurisprudenziale.

 

  1. Analisi della disciplina normativa: l’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016

L’esame della decisione dell’Adunanza Plenaria non può che partire da una doverosa – seppur breve – preliminare analisi della disciplina normativa degli obblighi dichiarativi, le cui lacune spiegano, ancora oggi, i motivi di un’incessante preoccupazione ed incertezza degli operatori economici in sede di partecipazione ad una gara e, allo stesso tempo, le ragioni di una giurisprudenza spesso contrastante.

L’attuale art. 80 D.lgs. 50/2016 è, come noto, di derivazione comunitaria e costituisce il frutto del recepimento dell’art. 57 Dir. 2014/24/UE recante espressamente i “Motivi di esclusione”, suddivisi in esclusioni obbligatorie di cui ai par. 1 e 2 e facoltative o discrezionali di cui al successivo par. 4.

Tale ultima disposizione sancisce già a livello europeo, tra le altre, la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali (lett. c) o di false dichiarazioni od omissioni nel fornire informazioni circa l’assenza di motivi di esclusione (lett. h), ovvero che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale dell’amministrazione giudicatrice o abbia fornito per negligenza informazioni fuorvianti aventi influenza notevole sulle decisioni riguardanti l’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione (lett. i).

Nel recepire l’art. 57 Dir. 2014/24/UE, inizialmente il legislatore ha configurato le fattispecie sopra descritte come ipotesi esemplificative, elencate alla lett. c) dell’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016[4], di un’unica causa di esclusione consistente nei “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la […] integrità o affidabilità” dell’operatore economico. Con le modifiche apportate dal D.lgs. n. 56/2017 (c.d. “Decreto Correttivo”), è stata introdotta la lett. f-bis) al comma dell’art. 80 cit., con la previsione dell’esclusione dell’ “operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”, lasciando tuttavia il riferimento all’ipotesi delle “informazioni false e fuorvianti” quale caso esemplificativo dell’errore professionale di cui alla lett. c) e dando così origine a due fattispecie aventi il medesimo oggetto – la falsa dichiarazione – sanzionate in maniera differente e attributive di un diverso onere probatorio in capo alla stazione appaltante.

Sin da subito, il Consiglio di Stato[5], nel rendere il parere sull’aggiornamento delle linee guida ANAC n. 6 del 2016 alla luce delle modifiche normative apportate dal D.lgs. n. 56/2017, ravvisò una “differenza sostanziale” nelle due fattispecie di falso, in quanto “nell’ipotesi di cui al comma 5, lett. c), la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante, mentre nel caso del comma 5, lett. f-bis), l’esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell’operatore economico.

Da un punto di vista strutturale, il discrimen tra le due fattispecie venne invece individuato sull’oggetto della dichiarazione, che avrebbe assunto rilievo, ai sensi della lett. f-bis, nei soli casi di mancata rappresentazione di circostanze specifiche, facilmente e oggettivamente individuabili e direttamente qualificabili come cause di esclusione a norma dell’art. 80, ricadendosi altrimenti – alle condizioni previste dalla corrispondente disposizione normativa – nella previsione di cui alla fattispecie prevista al comma 5 lett. c)[6].

Il primo contrasto giurisprudenziale venne registrato in ordine alla configurabilità della causa di esclusione di cui alla lettera f-bis) in presenza di una mera omissione.

Invero, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con il conforto anche di una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado[7], riprendendo quanto osservato dalla Commissione Speciale in sede di parere, ritenne che “da un punto di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera[8] e, pertanto, anche l’omessa dichiarazione poteva ritenersi idonea a configurare la causa di esclusione dettata dalla lett. f-bis)[9]. Diversamente, la Quinta Sezione, sulla base della considerazione che quest’ultima disposizione doveva ritenersi di stretta interpretazione in quanto derogatoria al generale principio di massima partecipazione alle gare d’appalto, limitò la fattispecie espulsiva citata alle sole ipotesi di “dichiarazione espressa ‘non veritiera’, ossia falsa, ma non anche a quella – affatto diversa – della semplice omissione dichiarativa[10].

L’adesione all’uno o all’altro orientamento produceva chiaramente ricadute diverse. Nel primo caso l’attrazione dell’omessa dichiarazione nel paradigma della “dichiarazione non veritiera” rendeva legittima non solo l’esclusione dalla gara sulla base del mero accertamento dell’omissione, senza alcun onere di prova e motivazione circa l’incidenza di quanto sottaciuto sulla valutazione dell’affidabilità ed integrità dell’operatore economico[11], ma comportava anche la segnalazione all’ANAC ai sensi dell’art. 80, co. 12 D.lgs. 50/2016 con conseguente avvio del procedimento sanzionatorio da parte dell’Autorità[12]. Nel secondo caso, invece, l’omissione dichiarativa poteva costituire, tutt’al più, una fattispecie di grave illecito professionale che avrebbe potuto dar luogo all’esclusione dalla gara solo in presenza della dimostrazione, con mezzi adeguati, dell’idoneità dell’illecito a rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità del dichiarante, senza peraltro rischiare alcuna segnalazione all’ANAC da parte della stazione appaltante.

Il tema della omissione, a maggior ragione alla luce dello sconfinamento di tale fattispecie nel territorio della falsa dichiarazione in virtù di un’interpretazione eccessivamente estensiva della disposizione normativa da parte della giurisprudenza, si intreccia con quello della dilatazione degli oneri dichiarativi: in tanto si ha un’omessa dichiarazione in quanto sussiste un obbligo di dichiarare circostanze in sede di partecipazione al quale l’operatore economico non ha adempiuto. Ed allora, il quesito a cui occorre fornire risposta è: il partecipante ad una gara pubblica cosa deve dichiarare?

 

  1. L’evoluzione degli obblighi dichiarativi alla luce delle modifiche normative e della giurisprudenza amministrativa: l’onnicomprensività della dichiarazione.

Secondo l’impianto normativo del Codice dei Contratti pubblici l’omissione costituiva, come detto, una delle ipotesi esemplificative di “grave illecito professionale” delineata all’art. 80, co. 5, lett. c) D.lgs. 50/2016. Tale disposizione normativa è stata soggetta ad un ulteriore modifica ad opera del D.L. 14/12/2018 n. 18, convertito, con modificazioni dalla L. 11/02/2019 n. 12 resasi necessaria per adeguare il diritto interno alle obiezioni sollevate dalla giurisprudenza amministrativa[13].

Con la riforma, le precedenti ipotesi esemplificative del grave illecito professionale sono state disgiunte in tre lettere distinte ed hanno assunto la natura di autonome cause di esclusione, cosicché l’ipotesi dell’errore professionale tale da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico mantiene la sua collocazione alla lett. c), il tentativo di influenza indebita e l’aver fornito false e/o fuorvianti informazioni o l’aver omesso informazioni dovute per la procedura di selezione trovano posto alla lett. c-bis), mentre le carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che hanno causato la risoluzione del contratto viene inserita sub lett. c-ter).

La novità principale riguarda proprio la fattispecie tipica dell’esclusione per significative carenze nell’esecuzione di un precedente appalto che hanno determinato una risoluzione contrattuale, ai fini della quale non è più necessario che sia definitiva o non contestata in giudizio, non trovando il concetto di “definitività” della risoluzione una base giuridica nella direttiva europea[14], come verrà poi confermato proprio dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[15]. Si tratta di una modifica che espande il potere valutativo della stazione appaltante e consente a quest’ultima di valutare, per mezzo di un giudizio discrezionale ed autonomo, l’affidabilità degli offerenti in qualsiasi fase della procedura, a prescindere dall’eventuale pendenza di un giudizio al riguardo[16].

Questa modifica normativa, in uno con l’adozione della delibera n. 1008/2017 dell’ANAC di modifica delle linee guida n. 6/2016[17] (da cui è stato espunto il limite secondo cui, ai fini dell’obbligo dichiarativo, tra gli eventi pregressi assumevano rilievo i soli fatti che fossero stati iscritti nel casellario informatico gestito dall’Autorità), produce l’effetto pratico di rimuovere un “limite” che vincolava il giudizio della Stazione appaltante sull’affidabilità dell’operatore economico e di consentirle di valutare secondo il suo apprezzamento discrezionale anche il fatto posto alla base della risoluzione contrattuale, ancorché non definitivamente accertato, purché supportato da motivazione circa il tempo trascorso dalla violazione e la gravità della stessa. 

Vi è così, anche a livello legislativo, la definitiva affermazione di un onere dichiarativo esteso al massimo grado[18], fino a ricomprendere tutte le notizie astrattamente idonee a porre in dubbio l’integrità e affidabilità dell’operatore economico, secondo il principio giurisprudenziale, già sorto sotto la vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici ex D.lgs. 163/2006 (c.d. “Codice de Lise”), della “onnicomprensività della dichiarazione[19], secondo cui è attribuito alla stazione appaltante un ampio potere valutativo che le consente di attribuire rilevanza ad ogni condotta illecita dell’operatore, se incidente sulla sua integrità morale e professionale[20], e, allo stesso tempo, non è configurabile alcun filtro in capo all’impresa circa i fatti da dichiarare, essendo tenute le imprese a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle pregresse vicende professionali, potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale, in modo da consentire all’Amministrazione di svolgere, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza[21].

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha quindi fornito una risposta al quesito formulato al termine del primo paragrafo, stabilendo che l’operatore economico deve dichiarare tutti i fatti, anche se contestati, lievi o risalenti nel tempo, che possono assumere concreta idoneità, sotto la prospettiva dell’amministrazione aggiudicatrice, ad incidere sulla sua affidabilità e integrità. Ma poiché siffatta valutazione compete alla Stazione appaltante che gode di un’ampia discrezionalità, sindacabile in sede giurisdizionale nei soli limiti estrinseci della complessiva legittimità e ragionevolezza delle valutazioni effettuate, all’operatore economico è preclusa la possibilità di valutare cosa dichiarare in sede di partecipazione ad una gara tramite un filtro preventivo che la giurisprudenza ritiene contrastante con il principio di trasparenza e di clare loqui.

Ciò anche in ragione del fatto che, nonostante le modifiche normative via via susseguitesi[22], l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali ha sempre mantenuto un carattere meramente esemplificativo[23], potendo per tal via la stazione appaltante desumerne la sussistenza da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità,

Il giudizio valutativo della Stazione appaltante è, infatti, espressione di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore. Con la conseguenza che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (i.e. non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa[24].

È chiaro che un siffatto contesto di incertezza determinava da parte delle Stazioni appaltanti l’assunzione di prassi disomogenee rispetto all’effettivo contenuto dei requisiti di ordine generale che devono essere possedute dalle imprese, agevolando così l’origine di un fitto contenzioso promosso sia da parte di quegli operatori che si vedevano esclusi per aver omesso di dichiarare una circostanza ritenuta rilevante dall’Amministrazione, sia da parte di quei concorrenti che impugnavano il provvedimento di aggiudicazione, sindacando la mancata dichiarazione da parte dell’aggiudicatario (o la mancata valutazione della Stazione appaltante) di circostanze a loro avviso incidenti sul corretto svolgimento della procedura di selezione[25].

 

  1. L’ordinanza di rimessione n. 2332 del 9 aprile 2020: alla ricerca di una perimetrazione degli obblighi dichiarativi

In questo quadro normativo e giurisprudenziale, si inserisce l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2332 del 9 aprile 2020 di rimessione all’Adunanza Plenaria, emessa nell’ambito di una controversia avente ad oggetto gli effetti di una “dichiarazione non veritiera” resa da un consorzio ausiliario ai fini della prova dei requisiti di capacità economico-finanziaria[26] e la ritenuta configurabilità della fattispecie di cui all’art. 80, co. 5 lett. f-bis) D.lgs. 50/2016.

Il Giudice remittente parte dall’assunto che sul tema cruciale degli obblighi dichiarativi si scaricano due interessi pubblici contrapposti: da un lato quello ad evitare che la Pubblica amministrazione contratti con soggetti non affidabili sotto il profilo della “integrità morale, correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale, e della lealtà operativa”; dall’altro, quello di evitare di indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva[27].

L’equilibrio tra questi due interessi trova un presidio nel principio di tipicità dei motivi di esclusione, di cui all’art. 83, co. 8 Dlgs. 50/2016, da intendersi non limitato al profilo della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo (di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi[28].

Il rispetto da parte di stazioni appaltanti ed operatori economici e la tutela giurisdizionale di un siffatto principio incontra particolari difficoltà allorquando si versi in una ipotesi di mera omissione di “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura” di cui alla lett. c-bis) del Codice, per le quali non risulta sufficientemente determinato l’“elemento normativo della fattispecie” necessario per individuare con precisione le condizioni per considerare come giuridicamente dovuta l’informazione.

Al tal riguardo, il Consiglio di Stato rileva come le modifiche normative operate con il D.L. 135/2018 abbiano assegnato all’omessa dichiarazione la natura di autonomo motivo di esclusione con l’introduzione della lett. c-bis), a testimonianza dell’attitudine dell’omissione a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale. Ciò in quanto l’omissione, al pari della reticenza, dell’incompletezza, della decettività e della falsità della dichiarazione costituisce violazione dei doveri generali di correttezza professionale e di clare loqui di cui agli artt. 30 del Codice e 1337 c.c. che si eleva a grave illecito professionale in sé e per sé, come tale idoneo a determinare l’esclusione dalla gara. Nel frattempo, come rilevano i giudici remittenti e come descritto nei paragrafi che precedono, a seguito delle modifiche normative intervenute a partire dall’introduzione del Codice l’orientamento giurisprudenziale in materia di gravi illeciti professionali si è assestato sulla tesi secondo cui gli operatori economici sono tenuti a portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione[29].

Tale indirizzo è stato parzialmente rivisitato alla luce dell’esigenza di porre alcuni limiti (per lo più temporali) “dato che l’ampia interpretazione anzidetta potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa”[30] in quanto lo stesso art. 57 della Direttiva 2014/24/UE ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale. Cosicché la giurisprudenza amministrativa si è successivamente orientata nel senso dell’irrilevanza degli illeciti commessi dopo il triennio antecedente all’indizione della gara[31]

Inoltre, contestualmente si è affermato un ulteriore orientamento, teso a porre l’accento sulla distinzione tipologica e dei conseguenti effetti tra dichiarazione falsa ed omessa. Invero, dall’analisi del dato positivo, emerge che il Legislatore ha inteso distinguere espressamente tra l’omissione, intesa come non dicere quod debeatur, e la falsa dichiarazione, rappresentativa di una circostanza diversa dal vero.

Secondo il giudice remittente, la riconducibilità della violazione all’una o all’altra fattispecie produce conseguenze diverse in quanto le dichiarazioni omesse rilevano solo in quanto si manifestino nel corso della procedura ed assegnano facoltà alla stazione appaltante di valutare le stesse ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico, mentre le falsità determina l’automatica esclusione dalla gara, in quanto a monte è già stata operata dal Legislatore una valutazione del mendacio come segno inequivocabile dell’inaffidabilità e non integrità del dichiarante. Tuttavia, come esaminato nei precedenti paragrafi, la giurisprudenza ha non di rado attribuito all’omissione la natura di “dichiarazione non veritiera, con conseguente applicazione della misura espulsiva automatica della falsità cui alla lett. f-bis) del Codice[32].

Il quadro sin qui descritto, caratterizzato dall’avvertita esigenza – anche a livello giurisprudenziale – di un argine alla generalizzazione degli obblighi dichiarativi e di una puntualizzazione della portata applicativa delle cause di esclusione di cui alle lett. c), c-bis) e f-bis), ha spinto il Consiglio di Stato a deferire all’Adunanza Plenaria la questione relativa alla consistenza, alla perimetrazione e agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c e b-bis), d.lgs. n. 50 del 2016.

 

  1. La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 28 agosto 2020: una risposta insoddisfacente ai quesiti sollevati dal Giudice remittente.

Dopo aver riepilogato le questioni sottopostole dal giudice remittente, l’Adunanza Plenaria ha preliminarmente precisato che la dichiarazione oggetto di scrutinio non potesse considerarsi falsa.

L’amministrazione aggiudicatrice non aveva infatti contestato la corrispondenza al vero della cifra d’affari conseguita dalla consorziata, ma si era limitata a sostenere che quest’ultima non potesse cumularsi a quella delle altre sette partecipanti al Consorzio in virtù dell’intervenuta scadenza dell’attestazione SOA da parte della consorziata e della conseguente sospensione dal Consorzio. Posta in questi termini, la valutazione circa la presunta “non veridicità della dichiarazione” si basava su elementi di carattere giuridico, non riducibili all’antitesi vero/falso che caratterizza il giudizio posto alla base della ricorrenza di una immutatio veri.

A tal riguardo, il supremo organo nomofilattico amministrativo ha poi statuito che “la falsità di una dichiarazione è invece predicabile rispetto ad un «dato di realtà», ovvero ad una «situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero/falso» rispetto al quale valutare la dichiarazione resa dall’operatore economico” e che “le questioni poc’anzi richiamate relative al possesso dei requisiti del consorzio stabile indicato dalla Doronzo Infrastrutture come proprio ausiliario ai fini della qualificazione economico-finanziaria nella procedura di affidamento in contestazione nel presente giudizio non hanno il loro sostrato nella realtà materiale ma…vertono sull’interpretazione – opinabile al più – di norme giuridiche.

Tale statuizione chiarisce sin da subito la distinzione ontologica tra falsa dichiarazione ed omissione ed esclude, quindi, la punibilità di quest’ultima ai sensi della fattispecie disciplinata dall’art. 80, co. 5 lett. f-bis) D.lgs. 50/2016 che, riferendosi alla “dichiarazione non veritiera”, circoscrive il suo perimetro applicativo ai soli casi di mendacio.

Partendo da tale premessa, l’Adunanza plenaria specifica che, rispetto all’ipotesi prevista dalla falsità dichiarativa o documentale di cui alla lett. f-bis), la condotta sanzionata dalla lett. c) vigente ratione temporis (ora c-bis) a seguito della “scissione” delle ipotesi esemplificative operata dal D.L. n. 135/2018) per aver fornito “informazioni false e fuorvianti” presenta un elemento specializzante, dato dalla necessità che il mendacio sia diretto a “influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” della stazione appaltante.

Dinanzi ad un’evidente antinomia tra le due fattispecie, che ha animato il contenzioso amministrativo sin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 56/2017 a causa dell’identità dell’oggetto (la falsa dichiarazione) che le accomuna, l’Adunanza Plenaria ricorre al criterio di specialità di cui all’art. 15 delle preleggi, ed attribuisce prevalenza alla lett. c) proprio in virtù dell’elemento costitutivo specializzante.

Pertanto, dinanzi ad una falsa dichiarazione, l’esclusione dalla gara non potrà essere un atto vincolato diretto a sanzionare il falso in quanto tale, ma potrà essere disposta solo subordinatamente alla previa valutazione discrezionale da parte della Stazione appaltante dell’incidenza negativa del mendacio sulla valutazione di affidabilità ed integrità del dichiarante e sulla suscettibilità della falsa dichiarazione di influenzare le decisioni sulla selezione ed aggiudicazione.

Siffatta valutazione può essere sindacata dal Giudice amministrativo nei limiti stringenti della conformità del potere esercitato dalla P.A. ai principi di ragionevolezza, proporzionalità ed attendibilità della scelta effettuata. Ove invece l’amministrazione aggiudicatrice abbia disposto l’esclusione omettendo completamente la valutazione di cui sopra, la conseguenza non potrà che essere l’annullamento del provvedimento espulsivo, non potendo il Giudice Amministrativo sostituirsi alla stazione appaltante nell’apprezzamento discrezionale dell’incidenza della falsa dichiarazione sull’affidabilità dell’operatore economico, in virtù del divieto, dettato dall’art. 34, co. 2 c.p.a., di pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Ciò vale anche per le ipotesi delle omissioni dichiarative, essendo le stesse sanzionate, al pari della falsa dichiarazione, con la causa di esclusione di cui all’art. 80, lett. c-bis), tale per cui anche le omissioni comportano l’esclusione dell’operatore economico solo all’esito di un apprezzamento discrezionale della P.A. circa l’idoneità della circostanza taciuta a porre in dubbio l’affidabilità del dichiarante.

Sul punto, se da un lato l’Adunanza Plenaria riconosce che l’omissione, per essere definita tale, deve necessariamente postulare l’esistenza di un obbligo dichiarativo previsto a livello normativo o di lex specialis, allo stesso tempo prende atto che, secondo il diritto vivente, la previsione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) viene intesa come norma di chiusura in grado di far ricondurre sotto la fattispecie dei gravi illeciti professionali tutti i fatti non predeterminabili ex ante e quindi anche quelle omissioni di circostanze che né la legge, né la lex specialis imponevano di dichiarare.

Il massimo consesso nomofilattico chiarisce che può essere ammessa una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi solo dinanzi a casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso.

Tracciando una linea del discorso affrontato dalla decisione in commento, può sostenersi che i principi di diritto[33] dettati dall’Adunanza Plenaria forniscano le seguenti coordinate esegetiche in materia di obblighi dichiarativi:

  1. la falsa dichiarazione resa dall’operatore economico nell’ambito di una gara ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza da parte della Stazione appaltante è riconducibile alla causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) [ora c-bis)] e, pertanto, per poter disporre l’esclusione del dichiarante, è necessario che il provvedimento espulsivo contenga apposita valutazione sull’affidabilità ed integrità dell’operatore economico e motivi in ordine all’idoneità del mendacio ad influenzare le decisioni sull’esclusione, selezione o aggiudicazione, senza che l’Amministrazione aggiudicatrice possa avvalersi di alcun automatismo espulsivo;
  2. la causa di esclusione di cui alla lettera f-bis) ricorre nelle sole ipotesi in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione o comunque relativa al corretto svolgimento della gara.
  3. la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) [ora c-bis)] per le omissioni dichiarative presuppone l’esistenza di un obbligo, previsto a livello legislativo o dall’amministrazione aggiudicatrice all’interno delle norme regolatrici della gara, il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente;
  4. la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), secondo il diritto vivente intesa come norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, può trovare applicazione nelle ipotesi di omissioni dichiarative anche laddove non sia previsto un obbligo dichiarativo a livello normativo o di lex specialis, purché la circostanza taciuta sia evidentemente in grado di incidere sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico.

Applicando le suesposte coordinate al caso in scrutinio, l’Adunanza Plenaria, in accoglimento dell’appello, ha annullato il provvedimento di esclusione in quanto adottato ai sensi dell’art. 80, co. 5 lett. f-bis) D.lgs. 50/2016 senza che ricorresse alcun mendacio propriamente inteso e senza alcuna motivazione circa l’attitudine della dichiarazione sulla cifra d’affari del Consorzio ausiliario (fuorviante nella misura era stata taciuta la sospensione del rapporto consortile) a sviare la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice sull’ammissione alla gara del concorrente avvalente.

I meriti della decisione dell’Adunanza Plenaria consistono nell’aver finalmente chiarito gli ambiti di applicazione delle cause di esclusione di cui alle lett. c-bis) e f-bis) e di aver tracciato una linea di confine tra l’ipotesi della falsa dichiarazione e l’omissione, ponendo così fine ad un annoso contrasto giurisprudenziale sull’applicazione di un meccanismo espulsivo automatico all’ipotesi di mendacio e sulla riconducibilità (o meno) anche dell’omissione alla fattispecie di dichiarazione non veritiera sanzionata con la causa di esclusione di cui alla lett. f-bis).

Ci si attendeva di più, invece, proprio sul tema nevralgico sollevato dell’ordinanza di rimessione, ossia sulla perimetrazione degli obblighi dichiarativi, specie con riferimento alle omissioni. Da quanto descritto sopra si evince che, finalmente, è stato posto un limite, seppur non chiarissimo[34], al problema della dilatazione eccessiva dell’onere dichiarativo, che aveva portato la giurisprudenza a parlare di “onnicomprensività della dichiarazione” [35], attraverso la puntualizzazione che la ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può avvenire solo rispetto a casi palesemente incidenti sull’affidabilità dell’operatore economico.

Tuttavia, non può non sottolinearsi come siffatta specifica porterà inevitabilmente l’operatore economico a dover effettuare una valutazione “a monte” di quelle circostanze che, seppur non siano da dichiarare obbligatoriamente, possono porre “evidentemente in dubbio” la sua integrità ed affidabilità e, allo stesso tempo, consentirà alla Stazione appaltante di disporre l’esclusione dell’operatore economico per un’omissione che, a suo insindacabile avviso, inficia evidentemente sull’integrità del partecipante alla gara, ancorché non vi fosse in tal senso un obbligo dichiarativo nella lex specialis o a livello normativo.

Ciò significa che rimane attuale il principio per cui i fatti da dichiarare per non incorrere nell’omissione che conduce all’esclusione sono un numero aperto, non predeterminato dalla legge e inferibile a posteriori[36], seppur con dei limiti, tutt’altro che ipotizzabili dall’operatore economico in quanto frutto di apprezzamenti discrezionali della stazione appaltante.

Anche a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, gli obblighi dichiarativi rimangono indeterminati: la valutazione di ciò che andava dichiarato verrà fatta caso per caso secondo la logica della discrezionalità amministrativa[37].

L’impressione è che, essendo ormai definito l’ambito di applicazione delle cause di esclusione di cui alle lett. c-bis) e f-bis), gli appalti pubblici continueranno ad essere caratterizzati da esclusioni di operatori economici per non aver dichiarato talune circostanze ritenute dalla stazione appaltante “evidentemente incidenti” sul giudizio di affidabilità ed integrità del concorrente ed il contenzioso si sposterà dal terreno della ricerca della causa di esclusione da applicare correttamente a quello della ricostruzione “a posteriori” degli obblighi dichiarativi.

 

  1. L’impatto della decisione dell’Adunanza Plenaria sul procedimento sanzionatorio dell’ANAC e l’origine di un nuovo contrasto giurisprudenziale.

Ulteriore novità che può trarsi dalla decisione dell’Adunanza Plenaria si registra sul versante del procedimento sanzionatorio ANAC: tematica che merita attenzione posto che, come noto, il procedimento dinanzi all’Autorità si origina proprio in conseguenza di una segnalazione inviata obbligatoriamente dalla Stazione appaltante ai sensi dell’art. 80, co. 12 D.lgs. 50/2016, in presenza di una falsa dichiarazione.

Ebbene, le chiarificazioni fornite in ordine alla distinzione ontologica tra dichiarazione non veritiera (e quindi falsa) e mera omissione finiscono per circoscrivere l’obbligo di segnalazione ed il conseguente potere di intervento dell’ANAC, ai sensi dell’art. 80, comma 12 e 213 comma 12 D.lgs. 50/2016 ai soli in casi in cui la dichiarazione sia obiettivamente falsa, con riflessi inevitabili anche sul vasto contenzioso che vedeva coinvolte sanzioni ANAC irrogate per mere omissioni.

Si era infatti affermata in giurisprudenza un’interpretazione alquanto estensiva della fattispecie della “falsa dichiarazione” sanzionabile dall’ANAC, tesa ad includere anche l’omissione palese di un obbligo dichiarativo[38]. Tale conclusione, a cui il Consiglio di Stato era giunto sotto la vigenza del Codice De Lise, si basava sull’assunto per cui: “l’espressione “presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione” di cui all’art. 38, comma 1-ter del d.lgs. n. 163 del 2006 ricomprenda non solamente l’ipotesi del falso “commissivo” tradizionalmente inteso, ma pure quella del falso cd. “omissivo”, laddove la mancata dichiarazione, in virtù della consapevolezza dell’omissione da parte del soggetto tenuto a renderla, sia idonea ad indurre in errore la stazione appaltante circa il possesso, da parte del dichiarante medesimo, dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 comma 1 del medesimo decreto o, comunque, a precluderle una rappresentazione genuina e completa della realtà. Una tale omissione, infatti, comporta la non corrispondenza al vero della dichiarazione resa dalla concorrente e, pertanto, un’ipotesi di dichiarazione/documentazione non veritiera sulle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara” [39].

Siffatta tesi dilatava al massimo grado la nozione di falsa dichiarazione sino a ricomprendere anche le condotte di dichiarazione reticente, fuorviante od omessa e, in generale, tutte le dichiarazioni che precludessero una rappresentazione genuina della realtà. 

Tuttavia, a seguito della puntualizzazione operata dall’Adunanza Plenaria sulla struttura della falsa dichiarazione, la giurisprudenza amministrativa ha effettuato un (parziale) revirement.

Le prime pronunce giurisprudenziali del TAR Lazio in materia di sanzioni ANAC successive hanno infatti visto l’annullamento di sanzioni disposte dall’Autorità in conseguenza di mere omissioni dichiarative che, pur avendo influenzato le decisioni della Stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, non costituivano “falsa dichiarazione” secondo l’interpretazione fornita dal massimo consesso nomofilittatico[40].

Tale indirizzo ha trovato recentemente ulteriore conferma, così motivata: “la dichiarazione resa dalla ricorrente ai fini della partecipazione alla gara conteneva certamente una omissione, relativa alla presenza di una annotazione interdittiva nel Casellario per una precedente esclusione da una gara, che costituiva una informazione potenzialmente rilevante per la formazione in capo alla stazione appaltante di una decisione consapevole circa il possesso dei requisiti di partecipazione, avuto riguardo alla presenza di circostanze pregresse valutabili quale “grave illecito professionale”. Tuttavia, tale omissione non integra anche il presupposto del “mendacio” richiesto dalla norma, che consente all’Anac di irrogare sanzioni, presupposto che si configura, secondo l’Adunanza Plenaria n. 16/2020, solo nel caso di dichiarazioni “obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità”. Nella fattispecie, infatti, la ricorrente ha taciuto l’esistenza di circostanze pregresse che la stazione appaltante può reputare in grado di incidere negativamente sulla sua affidabilità ma non ha anche reso una dichiarazione falsa. Di conseguenza, aderendo all’interpretazione restrittiva della disposizione, non poteva essere applicata la fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 213 comma 13 del d.lgs. 50/2016”[41].

L’applicazione pratica di tali coordinate giurisprudenziali dovrebbe precludere alle stazioni appaltanti di segnalare all’ANAC quelle dichiarazioni omesse, fuorvianti o reticenti che, pur avendo determinato l’esclusione dell’operatore economico in virtù del positivo riscontro circa l’inaffidabilità di quest’ultimo, non rientrino nella fattispecie della c.d. immutatio veri, ossia non costituiscano dichiarazioni obiettivamente false, su cui non vi sia alcun margine di opinabilità. Allo stesso tempo, eventuali procedimenti sanzionatori avviati dall’ANAC sulla base segnalazioni vertenti su mere omissioni diverse dall’oggettiva dichiarazione mendace dovrebbero essere conclusi con l’archiviazione già in fase pre-istruttoria, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ovvero con il non luogo a procedere a conclusione del procedimento a mente dell’art. 18 del Regolamento citato.

Per esigenze di completezza, è bene precisare che quello che sembrava un terreno di scontro ormai superato, è stato rivitalizzato da una recente pronuncia del TAR Lazio che ha (ri)adottato un’interpretazione estensiva della falsa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 12 D.lgs. 50/2016.

Infatti, riagganciandosi all’orientamento precedente alla pronuncia dell’Adunanza Plenaria[42], i giudici del TAR Lazio sono giunti ad affermare che, laddove l’operatore economico ometta di dichiarare alcune circostanze nell’ambito di una dichiarazione formalmente resa, il contenuto di quest’ultima può essere percepito e valutato in maniera distorta dalla stazione appaltante proprio per effetto delle dichiarazioni omesse. Per tale motivo, ove ciò accada, “le omissioni conseguono l’effetto pratico di rendere ideologicamente false le dichiarazioni espresse, a dispetto della effettiva volontà, in tal senso, dell’operatore economico. Una simile condotta, valutata nel complesso, rientra sicuramente tra quelle contemplate dall’art. 80, comma 12 cit., proprio per la ragione che la dichiarazione omessa ridonda sulla verità della dichiarazione formalmente resa, inducendo la stazione appaltante a prefigurarsi circostanze non rispondenti al vero” [43].

Tale pronuncia è stata poi seguita da una successiva decisione dello stesso organo giudicante[44], tale per cui già registrarsi un conflitto giurisprudenziale in seno alla stessa sezione del TAR Lazio.

Ad avviso di chi scrive, la tesi volta ad un’interpretazione estensiva del concetto di “falsa dichiarazione” ex art. 80, co. 12 D.lgs. 50/2016 non persuade per una serie di ragioni.

Anzitutto, un simile orientamento si mostra insensibile alle chiarificazioni nomofilattiche rese dall’Adunanza Plenaria che, valorizzando la terminologia utilizzata dal Legislatore, ha precisato che la falsità di una dichiarazione è predicabile solo rispetto ad un dato di realtà o ad una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero / falso: situazione che, oggettivamente, non può ricorrere nell’ipotesi in cui si rimproveri all’operatore economico l’omissione di alcune circostanze potenzialmente incidenti sulla valutazione di affidabilità ed integrità della Stazione appaltante. In altri termini, ai fini della sussistenza della “falsa dichiarazione” conta il dato oggettivo di un’affermazione contraria al vero, e non l’attitudine dell’omissione a far prefigurare alla Stazione appaltante circostanze non rispondenti al vero, che si pone invece sul piano della valutazione soggettiva dell’amministrazione aggiudicatrice.

Peraltro, una tesi di tal fatta allarga ingiustificatamente il perimetro delle condotte sussumibili nell’alveo dell’art. 80, comma 12 D.lgs. 50/2016, determinando come effetto la possibilità che l’ANAC sanzioni anche condotte estrinsecatesi in mere omissioni dichiarative, nonostante la norma attributiva di tale potere si riferisca esclusivamente – e non a caso – all’ipotesi di “presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione”.

Il rischio di un simile approdo, di cui il TAR Lazio sembra essere consapevole[45], è che si finisca per “applicare la norma punitiva in malam partem, cioè a fattispecie che essa non prevede” in spregio al principio di legalità che regola la materia delle sanzioni amministrative.

 

 NOTE:

 

[1] Cons. St., Sez. V, sent. n. 2332 del 09/04/2020.

[2] L’impressione inizialmente avvertita dalla lettura dell’ordinanza di remissione era che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato esigesse dall’Adunanza Plenaria una pronuncia che, alla luce del frammentato quadro giurisprudenziale, si facesse carico del compito di disciplinare puntualmente il perimetro, la consistenza e gli effetti della violazione degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici e sopperire così alle lacune legislative sull’elemento normativo della fattispecie dell’omissione, sulla tipizzazione dei gravi illeciti professionali e quindi sulle circostanze da dichiarare in sede di partecipazione ad una gara. Si chiedeva, in altri termini, l’enunciazione di un principio di diritto ex art. 99 c.p.a. che potesse fornire agli interpreti un criterio interpretativo della complessa disciplina dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016.

[3] Nicodemo G., Niente esclusione automatica per precedenti illeciti professionali ma è indeterminato l’onere dichiarativo, in Urbanistica e appalti, 2021, 1, 85 laddove sostiene che la decisione dell’Adunanza Plenaria “non consente di di superare la portata operativa e pratica dell’art. 80, comma 5 lett. c) D.lgs. n. 50, cit. (così come si è consolidata), che in definitiva rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un ‘grave illecito professionale’, richiedendo allo scopo il maggior numero di informazioni possibili che l’impresa deve onerarsi di produrre senza sapere quali siano veramente rilevanti”.

[4] La previsione normativa nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, era la seguente: “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione;”

[5] Cons. St., Adunanza Commissione Speciale, parere definitivo 25/09/2017 n. 2042. Si noti che già in quel contesto, dinanzi a Linee Guide che configuravano “la mancata segnalazione di situazioni astrattamente idonee a configurare la causa di esclusione in argomento” quale fattispecie idonea a determinare l’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), del codice, il Consiglio di Stato ravvisò il rischio di “perplessità negli operatori su quali siano le situazioni da dichiarare per non incorrere nella sanzione espulsiva”.

[6] Cons. St., Sez. III, sent. 23/08/2018 n. 5040.

[7] Cfr. T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 15 novembre 2019, n. 2421 che affermò: “la natura “non veritiera” o “falsa” di una dichiarazione può realizzarsi anche attraverso la omissione o la incompletezza (reticenza) delle informazioni fornite, quando la informazione omessa o resa in modo parziale o incompleto attribuisce al tenore della dichiarazione un senso diverso, così che “l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di fatti rilevanti

[8] Cons. Stato Sez. III, Sent., 23/08/2018, n. 5040.

[9] Cons. Stato Sez. III, Sent., 20/12/2018, n. 7173 secondo cui “la citata disposizione della lettera f bis) non consente alcuna valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante e si riferisce sia alle informazioni false o fuorvianti che all’omissione di informazioni dovute

[10] Cons. St., Sez. V, sent. 09/01/2019 n. 196.

[11] T.A.R. Lecce, Sez. I, 25 gennaio 2019, n. 122

[12] Cons. Stato Sez. III, Sent. n. 7173/2018 cit.. Secondo Cons. Stato Sez. V, Sent., 13/09/2018, n. 5365, invece, “per quanto riguarda la medesima gara in cui la falsità o l’omissione si è verificata, è la lettera c) del comma 5 a disporre in modo espresso l’obbligo di esclusione del concorrente (nonché l’obbligo di segnalazione all’ANAC, ai fini delle conseguenti valutazioni e della possibile iscrizione nel casellario informatico). Depone univocamente in tal senso la richiamata lettera c), secondo cui è motivo di esclusione “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”)”.

[13] Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2018 n. 2639 che aveva rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “”Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”. La questione è stata poi decisa successivamente alla modifica dell’art. 80, co. 5 D.lgs. 50/2016.

[14] Consiglio di Stato, Commissione speciale, parere 13 novembre 2018, n. 2616. Anche G. C. Figuera, dichiarazione e rilevanza temporale degli illeciti professionali, in Urbanistica e Appalti, 2019, 4, 552.

[15] Si veda l’ordinanza del 20.11.2019 (causa C-552/2018) con cui la CGUE ha statuito: ““L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”. 

[16] Come segnalato in giurisprudenza, non rileva, a precludere all’amministrazione l’esclusione dell’operatore economico ritenuto inaffidabile, l’eventuale impugnazione del provvedimento di risoluzione, essendo sufficiente individuare una concreta condotta inadempiente di un precedente contratto di appalto, che abbia a suo tempo condotto la stazione appaltante all’adozione di un provvedimento di risoluzione o alla richiesta di condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni (Cons. Stato, V, 12 aprile 2021, n. 2922).

[17] Tale soluzione ha trovato l’avallo della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2616 del 13 novembre 2018 che ha condiviso l’anticipazione della soglia di rilevanza delle risoluzioni anticipate, avendo ritenuto sufficiente l’accertamento della risoluzione con un provvedimento esecutivo all’esito di un giudizio poiché, in questo modo, si “chiarisce che gli accertamenti del grave illecito professionale, per avere effetto escludente, devono essere contenuti in provvedimenti o atti della stazione appaltante non contestati o, nel caso di contestazione in giudizio (più frequentemente dinanzi al giudice civile), che non siano stati sospesi nella loro efficacia”.

[18] Rivellini G., Gli obblighi dichiarativi nel Codice dei contratti pubblici: tra omesse e false dichiarazioni, in Urbanistica e Appalti, 2020, 2, pag. 163.

[19] Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; Id., 11 giugno 2018, n. 3592; Id., 19 novembre 2018, n. 6530

[20] Capotorto D., Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni amministrative in tema di integrità morale degli operatori economici per illeciti in corso di accertamento: la tripartizione dei poteri in “corto circuito” tra discrezionalità amministrativa, discrezionalità e discrezionalità giudiziale, in Dir. Proc. Amm., fasc.3, pag. 568.

[21] Cons. Stato Sez. III, Sent., 22 maggio 2019, n. 3331.

[22] Si veda anche Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171 che, nell’affermare la portata meramente esemplificativa dell’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali, ha poi precisato: “Tale conclusione non muta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, disposta con l’art. 5 d.l. n. 135 del 2018, che ha “sdoppiato” nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale”.

[23] Conclusione a cui è pervenuto per la prima volta il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con la seguente motivazione: “l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione <>, sia dall’incipit del secondo inciso (<>) che precede l’elencazione; quest’ultima, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con <>” (cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 02/03/2018 n. 1299 che richiama il parere reso da Cons. St. n. 2286/2016).

[24] Cass. civ. Sez. Unite Sent., 17 febbraio 2012, n. 2312

[25] Eppure, il Consiglio di Stato in sede consultiva, nell’ambito del parere 2612/2018 sull’aggiornamento delle Linee Guida ANAC n. 6/2016, si era detto “consapevole della forte esigenza, sentita dagli operatori economici e dalle amministrazioni aggiudicatrici ed emerse chiaramente nell’istruttoria svolta dall’ANAC, di evitare le incertezze insiste nel (difficile) esercizio della discrezionalità” circa la valutazione dei gravi illeciti professionali, ma aveva ritenuto che il margine significativo di discrezionalità attribuito alla Stazione appaltante fosse conseguenza “chiara ed inequivoca – e logica e forse inevitabile – [del]la scelta del legislatore, prima di tutto e al massimo grado di quello eurounitario, di optare per una tecnica normativa imperniata sull’uso di termini generici introduttivi di concetti giuridici indeterminati, che rimandano naturalmente al completamento del precetto in sede applicativa mediante integrazione del fatto facendo ricorso a nozioni e valutazioni anche extragiuridiche […]. Ciò sul rilievo che la casistica degli illeciti è molto vasta, oltre che mutevole, e che l’apprezzamento del fatto in questa materia ha un peso preponderante, il che rende illusorio e controproducente prevedere ex ante ogni singola ipotesi; da qui la necessità di far uso, come del resto avviene nel diritto privato dei contratti e della responsabilità civile, di clausole generali, confidando che l’interprete ne faccia un buon governo”.

[26] Nella fattispecie in esame, la Stazione appaltante aveva ritenuto non veritiera la dichiarazione resa da un Consorzio nella parte in cui aveva indicato una consorziata ai fini del raggiungimento del requisito della cifra d’affari in lavori – nel triennio antecedente al bando – oggetto del contratto di avvalimento, in quanto l’attestazione SOA era scaduta con conseguente esclusione dal Consorzio. Tale decisione dell’amministrazione aggiudicatrice veniva confermata anche in sede giurisdizionale dal T.A.R. per la Puglia – Lecce (sez. I, sent. n. 846 del 2019), sul presupposto che la dichiarazione resa dal Consorzio ausiliario, in quanto risultata obiettivamente non veritiera, fosse da sanzionare con l’esclusione automatica dell’operatore economico dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), seppur presentata dallo stesso con riguardo alla posizione dell’ausiliaria di cui intendeva avvalersi. E ciò a prescindere anche dall’incidenza della dichiarazione sull’effettiva sussistenza del requisito di partecipazione in capo al soggetto, essendo la norma citata rivolta a colpire il dato oggettivo della dichiarazione non veritiera, indipendentemente dal suo concreto rilievo e dall’atteggiamento psicologico dell’operatore economico, ma solo in quanto “rilevante [in generale] nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente” (per un approfondimento si veda Picardi I., Alla Plenaria la perimetrazione degli obblighi informativi in sede di gara: fra interpretazione formalistica e sostanzialistica dell’art. 80, comma 5 del codice appalti, in www.appaltiecontratti.it.

[27] Considerazioni a cui era pervenuto dapprima il TAR Trentino-Alto Adige, Sez. Autonoma di Bolzano, sent. 20/07/2020 n. 184;

[28] Già sotto la vigenza del Codice De Lise era stata avvertita l’esigenza che fossero predeterminate e tipizzate fin dove possibile i motivi di esclusione dalle gare al fine di assicurare agli operatori certezza giuridica e tutela della libertà di impresa, “sì da impedire un ampliamento potenzialmente incontrollato del catalogo delle ipotesi di esclusione, ex se insuscettibile di letture in senso ampliativo”: in questi termini, Contessa C., La tipicità delle clausole escludenti negli appalti: la plenaria alla ricerca di equilibri”, in Giur. It., 2014, 5 pag. 1186.

[29] Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; id., V, 25 luglio 2018, n. 4532; id., V, 19 novembre 2018, n. 6530; id. III, 29 novembre 2018, n. 6787.

[30] Così Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; conforme Cons. Stato, Sez. V, sent. 22 luglio 2019.

[31] Cons. St., Sez. V, 5 marzo 2020 n. 1605

[32] Come affermato, ad es. da TAR Venezia, Sez. II, 4 febbraio 2020 n. 126 secondo cui “l’omessa dichiarazione di fatti rilevanti la cui conoscenza è necessaria alla stazione appaltante per svolgere le proprie valutazioni discrezionali in ordine all’affidabilità dell’operatore economico, costituisce motivo di esclusione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527; Consiglio di Stato, Sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732; Consiglio di Stato, Sez. V, 122 del 2016), come previsto dall’art. 80, comma 5, lett. f bis), che prevede l’esclusione dell’operatore economico “che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere

[33] La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c-bis) dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico; infine, la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lett. c-bis) della medesima disposizione”.

[34] Specialmente le circostanze evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico dovrebbero essere dichiarate in forza di un obbligo previsto a livello normativo o di lex specialis proprio perché il legislatore o la normativa di gara dovrebbero preoccuparsi di chiarire a monte di quali circostanze la stazione appaltante dovrebbe venire a conoscere per valutare pienamente l’affidabilità o integrità del partecipante alla gara.

[35] Rivellini G., Incrementalismo e razionalismo nelle decisioni dei giudici: l’Adunanza Plenaria n. 16/2020, in Giornale Dir. Amm., 2021, 1, 79, secondo cui “La specifica è importante, perché cerca di porre un freno all’indirizzo giurisprudenziale – pressoché unanime – secondo cui le dichiarazioni rese in corso di gara devono essere improntate al principio di onnicomprensività”.

[36] Ibidem.

[37] Nicodemo G., Niente esclusione automatica per precedenti illeciti professionali ma è indeterminato l’onere dichiarativo, cit.

[38] Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 dicembre 2018 n. 7271, secondo cui: “l’omissione di un obbligo dichiarativo così palese nella sostanza integri, con ogni evidenza, una dichiarazione mendace, tanto più ove si consideri – come rilevato dall’Anac – che la stessa inscindibilmente si accompagnava ad una dichiarazione consapevolmente incompleta circa il possesso dei requisiti di cui all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n.163 del 2006, resa dal procuratore speciale della società in sede di dichiarazione sostitutiva ai fini della partecipazione alla gara”.

[39] Ibidem.

[40] TAR Lazio, Sez. I, sent. 30 agosto 2021 n. 9421: “Nella fattispecie, la ricorrente ha senz’altro omesso di fornire alla stazione appaltante delle informazioni che avrebbero influenzato le decisioni della stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, ma non ha letteralmente rifiutato informazioni al riguardo richieste, né positivamente reso dichiarazioni false, con la conseguenza che, aderendo all’interpretazione restrittiva della disposizione, non avrebbe potuto essere applicata la fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 213 comma 13 del d.lgs. 50/2016”.

[41] TAR Lazio, Sez. I, sent. 18 ottobre 2021 n. 10659.

[42] TAR Lazio, Sez. I, sent. 26 novembre 2019 n. 13537.

[43] TAR Lazio, Sez. I, sent. 6 settembre 2021 n. 9520 che ha supportato tale conclusione con la seguente motivazione: “Da tali proposizioni sembrerebbe doversi concludere, prima facie, che solo le condotte estrinsecantesi nella produzione di documenti o nel rilascio di dichiarazioni che contengano una rappresentazione della realtà non corrispondente a quella reale, possano rilevare ai sensi degli artt. 80, comma 12 e 213, comma 13, del D. L.vo 50/2016: e se così fosse nel caso presente si dovrebbe escludere la sussistenza di una condotta rilevante ai fini indicati, posto che il DGUE prodotto da Ecobuilding non affermava esplicitamente che le due risoluzioni contrattuali dichiarate (pronunciate dal Comune di Ercolano e da S.A.P.Na.) fossero le uniche esistenti, ciò che effettivamente sarebbe stato contrario al vero. Il Collegio, tuttavia, rileva che nel caso – simile a quello portato alla attenzione del Collegio – in cui l’operatore economico ometta di dichiarare alcune circostanze nell’ambito di una dichiarazione formalmente resa, è possibile che accada che il contenuto di quest’ultima venga percepito e valutato, dalla stazione appaltante, in maniera distorta, proprio per effetto delle dichiarazioni omesse, sicché si può affermare che, ove tale evenienza si verifichi, le omissioni conseguono l’effetto pratico di rendere ideologicamente false le dichiarazioni espresse, a dispetto della effettiva volontà, in tal senso, dell’operatore economico. Una simile condotta, valutata nel complesso, rientra sicuramente tra quelle contemplate dall’art. 80, comma 12 cit., proprio per la ragione che la dichiarazione omessa ridonda sulla verità della dichiarazione formalmente resa, inducendo la stazione appaltante a prefigurarsi circostanze non rispondenti al vero”.

[44] T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 26/11/2019, n. 13537

[45] Ibidem. Il TAR Lazio specifica inoltre che: “Né l’applicazione estensiva, o analogica, delle norme sanzionatorie in parola può giustificarsi al fine di non “aprire un vulnus nel sistema fornendo agli operatori economici un facile escamotage per sfuggire alla sanzione interdittiva irrogata dall’ANAC”, e di evitare un abbassamento della soglia di tutela delle stazioni appaltanti, dal momento che la previsione di condotte sanzionabili spetta solo al legislatore e, peraltro, le condotte rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis). possono essere annotate quale notizia utile nel casellario tenuto dall’ANAC, che costituisce pur sempre un deterrente per gli operatori economici”.

 

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