14/06/2022 – IMU – Enti non commerciali – Esenzione se la retta è simbolica

Ordinanza del 13/05/2022 n. 15364 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 6

Massima:

In materia di IMU, le condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione sono le seguenti: 1) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (medesimo requisito soggettivo); 2) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); 3) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali. Le modalità non commerciali sono definite come modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà. In particolare, per lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se: a) l’attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio; c) l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso. Pertanto, anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, offrendo beni o servizi sul mercato e dunque la finalità sociale dell’attività svolta non è di per sé sufficiente ad escluderne la classificazione in termini di attività economica, in quanto per escludere la natura economica dell’attività è necessario che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Testo:

Fatto e diritto

Considerato che:

L’Istituto Povere figlie Sacre Stimmate proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze avverso gli avviso di accertamento con il quale veniva richiesto alla contribuente dal Comune di Calenzano il pagamento della somma di Euro 15.367,00, per le imposte relative alle imposte Ici-Imu per gli anni di imposta 2010/2014, per il possesso del complesso immobiliare destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali e didattiche.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

Il Comune proponeva appello che veniva rigettato dalla CTR della Toscana con la sentenza meglio indicata in epigrafe rilevando che la contribuente possedeva i requisiti soggettivi che giustificano l’esenzione ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett i), nonchè quelli oggettivi percependo una retta di misura tale da non poter essere considerata una remunerazione del servizio fornito.

Avverso la sentenza della CTR il Comune ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo. L’Ente religioso si è costituito depositando controricorso.

Il Comune denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett i, nonchè del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR escluso la natura commerciale senza fare riferimento ai criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità.

Giova ricordare che secondo il costante orientamento di questa Corte (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5, 27 giugno 2019, n. 17256; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578), il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, nel testo vigente dall’I. gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’I.C.I. per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c) e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Tale disposizione è stata, in seguito, integrata e modificata dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lett. a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. Un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i;

Sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, ed è un principio del tutto condiviso da questo collegio, che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass., Sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione da I.M.U. sono le seguenti: 1) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (medesimo requisito soggettivo); 2) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate (quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto); 3) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali (novità) (Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2020, n. 28578 – a quest’ultima pronunzia, comunque, si rinvia per la precisa e dettagliata enunciazione dei principi sul quadro normativo).

Il regolamento redatto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze è il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, ed ivi sono state stabilite le modalità e le procedure relative alla dichiarazione IMU, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonchè i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività previste dal novellato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), (decreto ICI) come svolte “con modalità non commerciali”.

Le modalità non commerciali sono definite dall’art. 1, lett. p), come “modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà”.

Il successivo art. 3, elenca i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali, che sono: “a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonchè fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente; b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge”.

Il successivo art. 4, prevede ulteriori requisiti (speciali). In particolare, si afferma che lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se: a) l’attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio; c) l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso.

Ebbene, anche con riguardo alla debenza IMU, la CTR della Toscana ha motivato sulla sussistenza dei requisiti idonei a giustificare l’esenzione la misura esigua della retta significativamente più esigua rispetto a quella prevista da parte del Miur.

Criterio questo che, non può ritenersi idoneo ad escludere la natura economica delle attività svolta nell’immobile destinato all’esercizio dell’attività didattica, essendo altresì necessario verificare la gratuità di tali attività ovvero che gli eventuali importi versati dagli siano, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione.

Tale ulteriore e puntuale accertamento di fatto, da condurre in modo rigoroso ed anno per anno non è stato svolto nella sentenza impugnata, un’alterazione del regime di libera concorrenza, soprattutto, in considerazione del fatto che detto accertamento va effettuato in concreto anno per anno.

La CTR avrebbe dovuto verificare che la retta pagata dagli alunni della struttura non costituisse un contributo inidoneo a coprire, per una parte significativa, i costi effettivi di gestione (Cass., sez. 5, 2173/2012, n. 4502), non potendo assumere rilievo la mera circostanza che la retta coprisse solo una parte dei costi (Cass. n. 14226/2015).

Sulla base delle considerazioni svolte, i criteri che la CTR ha ritenuto soddisfatti nel caso in esame, per quanto sopra evidenziato, non possono ritenersi idonei ad escludere la natura economica delle attività svolta nell’immobile destinato all’esercizio dell’attività didattica, essendo altresì necessario verificare la gratuità di tali attività ovvero che gli eventuali importi versati siano, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione. Tale ulteriore e puntuale accertamento di fatto, da condurre in modo rigoroso, non è stato svolto nella sentenza impugnata, la quale si è limitata a richiamare quale elemento di prova della concreta non distribuzione degli utili e del rapporto retta-costi, il solo regolamento approvato dall’ente.

Sul diverso versante della compatibilità della norma in esame con il diritto dell’Unione Europea, da tempo si è affermato un orientamento di legittimità secondo cui l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa dell’Unione Europea solo qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati: cioè, quando l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass., Sez. 5, 12 febbraio 2019, n. 4066; Cass., Sez. 5, 12 aprile 2019, n. 10288; Cass., Sez. 6, 10 settembre 2020, n. 18831).

Sul punto, questa Corte ha verificato se il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, in tema di esenzione I.C.I., nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare con il Trattato, art. 107, paragrafo 1, secondo il quale: “sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

E’ stato, poi, precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato. La finalità sociale dell’attività svolta non è, dunque, di per sè sufficiente ad escluderne la classificazione in termini di attività economica. Per escludere la natura economica dell’attività è necessario che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico.

Nè può tenersi conto della circolare emessa dalla Direzione Federalismo Fiscale presso il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze 26 gennaio 2009, n. 2/F, nella parte esplicativa dei criteri utili per stabilire quando le attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, debbano essere considerate di natura “non esclusivamente commerciale”. La Commissione dell’Unione Europea ha ritenuto, infatti, che l’applicazione dei criteri di cui alla citata circolare non vale ad escludere la natura economica delle attività interessate ed ha concluso nel senso che l’esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, costituisce aiuto di Stato. In quella ipotesi, tuttavia, non è stato ritenuto possibile ordinare il recupero delle somme.

Tale ultimo aspetto è stato di recente affrontato e risolto dalla sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018, cause riunite C622/16 P – C-623/16 P, C624/16. E’ stato chiarito, infatti, che l’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità e che diversamente si farebbero perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura. In questo senso è stato precisato che le decisioni della Commissione dell’Unione Europea volte ad autorizzare o vietare un regime nazionale hanno portata generale.

Se ne è concluso, quindi, dando seguito al più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 5″, 12 febbraio 2019, n. 4066; Cass., Sez. 5″, 12 aprile 2019, n. 10288; Cass., Sez. 6″, 10 settembre 2020, n. 18831), che l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa dell’Unione Europea solo qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati: cioè, quando l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico.

L’esenzione dal tributo comunale (IMU), prevista dall’ordinamento italiano, è attualmente fruibile da parte di soggetti che soddisfino contemporaneamente due requisiti: l’uno soggettivo e l’altro oggettivo. Ai fini dell’esenzione, gli immobili gravati dal tributo, devono essere utilizzati direttamente da soggetti (pubblici o privati) che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, e ivi svolgano, effettivamente con modalità non commerciali, attività “assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè (quelle) di cui alla L. 20 mangio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)”. Con tale articolo, dunque, il legislatore ha riformulato l’esenzione (ora riferita all’imposta IMU di nuova introduzione), ponendo ai fini del suo godimento l’ulteriore requisito secondo cui l’attività agevolata deve svolgersi con modalità “non commerciali”. Pertanto, ai requisiti oggettivo e soggettivo già vigenti si affianca ora il riferimento alle concrete modalità di svolgimento dell’attività che deve svolgersi nell’immobile perchè l’esenzione possa applicarsi. Il decreto attuativo approvato dal Governo ha a sua volta chiarito che tali modalità sono quelle “prive di scopo di lucro che, conformemente al- diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà”.

Il ricorso va accolto con riferimento alla terza censura, respinta la prima e l’ultima e assorbita la seconda; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il terzo motivo di ricorso; respinto il primo ed assorbito il secondo; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2022

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