26/03/2021 – Il sistema delle acquisizioni tramite mercati elettronici pubblici conviene?

 Il mercato creato dai soggetti aggregatori è parallelo a quello reale. Spesso è anche caro e inefficiente.

Meglio Amazon?

Da quando l’allora commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, formulò lo slogan secondo il quale occorreva ridurre le stazioni appaltanti da 30.000 a 30, il Legislatore non ha fatto altro che inseguire questa chimera.

Sono così venute fuori farraginose, confuse e proprio per questo sempre modificate e rinviate norme sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e, soprattutto, regole imperative volte ad obbligare le PA ad utilizzare Consip e centrali di committenza o soggetti aggregatori accreditati.

I media e la vulgata insistono col dire che l’aggregazione degli appalti favorisce l’efficienza, il mercato, la riduzione dei costi e la lotta alla corruzione.

Le centrali di committenza creano un oligopolio dei committenti e la tendenza al gigantismo degli appalti, con la conseguenza di ridurre drasticamente la concorrenza e la possibilità di partecipazione agli appalti di piccole e medie imprese. Sulla lotta alla corruzione, poi, meglio stendere un velo: la vicenda del Facility Management della Consip dovrebbe essere da monito per chiunque pensi che la strada obbligata dei mercati elettronici porti ai benefici sognati dagli slogan.

Il mercato creato dai soggetti aggregatori è “parallelo” a quello reale. Spesso è anche caro e inefficiente. I comuni conoscono bene l’esempio dei carburanti. Non solo le convenzioni Consip propongono costi maggiori di quelli che si potrebbero spuntare con singole specifiche procedure al livello locale, ma, soprattutto, la rete dei distributori aderenti, come è stato comprovato a più riprese, è totalmente inefficiente. I comuni per rifornire i propri automezzi sono spesso costretti a percorrere chilometri per raggiungere il distributore, perdendo tempo e, soprattutto, aggiungendo al costo fuori mercato della Consip.

L’intero sistema delle acquisizioni tramite mercati elettronici pubblici nasconde ulteriori costi amministrativi: quelli connessi alle complesse procedure a carico delle aziende per inserirsi nei mercati e pubblicare i listini e, ovviamente, quelli connessi all’attivazione delle procedure selettive che comunque incombono sulle amministrazioni. Procedure alle quali si aggiungono quelle, davvero inefficienti, di natura contabile.

Per altro, sebbene recenti pareri del Mit affermino che sia facoltativa la verifica dei requisiti sulle aziende presenti nei mercati elettronici, visto che sono soggette a controlli a campione da parte di Consip o dei soggetti aggregatori, proprio la circostanza che quei controlli sono campionari e spesso risalenti nel tempo e, soprattutto, l’obbligo di rispettare le previsioni dell’articolo 80 del codice, impone comunque alle amministrazioni di effettuare le verifiche sui requisiti. Dunque, i soggetti aggregatori nemmeno consentono di saltare alcuni defatiganti passaggi procedurali.

I mercati elettronici pubblici non sono una vera semplificazione degli acquisti. Lo comprende e verifica chiunque utilizzi, ovviamente in privato, ad esempio Amazon. In quest’ultimo caso, qualsiasi privato cittadino entra, individua il prodotto, confronta i prezzi, ordina, va al carrello, paga con carta di credito e in pochissimi giorni ottiene il recapito del bene acquisito.

Nel sistema pubblico, questo è, ancora oggi, impensabile. Il codice dei contratti impone alle aziende che si inseriscono nei mercati la qualificazione soggettiva per dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale previsti dall’articolo 80 ed una ulteriore serie di regole operative. Il sistema contabile, inoltre, impone di rispettare sempre e comunque le fasi di spesa. Che, applicando, anche le regole sulla programmazione, prevedono:

  • la programmazione di ogni acquisto superiore ai 40.000 euro;
  • l’approvazione del bilancio di previsione;
  • l’approvazione del piano esecutivo di gestione e l’assegnazione degli aggregati di spesa ai responsabili;
  • la progettazione anche minuta del bene o servizio da acquisire;
  • la verifica se si debba necessariamente avvalersi del soggetto aggregatore;
  • la determinazione a contrattare per impegnare la spesa, specificando necessariamente l’imputazione all’anno opportuno;
  • l’attivazione della procedura selettiva;
  • la gestione;
  • l’affidamento/aggiudicazione;
  • le verifiche necessarie;
  • la stipulazione del contratto;
  • l’ordine;
  • l’attesa dell’avvio della prestazione, in tempi che, occorre ammetterlo, non somigliano mai lontanamente a quelli garantite dai giganti delle vendite on line;
  • la liquidazione ed il successivo pagamento (entro 30 giorni dalla fattura o dalla consegna, ma solo quando l’azienda ha la fortuna di contrattare con PA efficienti, in grado di pagare nei termini disposti dalla Ue);
  • con le ulteriori complicazioni dello split payment.
  •  
  • Sarebbe sicuramente molto più efficiente se i mercati elettronici oltre ad essere la sede (che dovrebbe divenire solo facoltativa) della selezione delle aziende, fossero, prevalentemente, fonte di confronto dei prezzi: qualsiasi prezzo del mercato aperto, al di fuori del sistema Consip, andrebbe considerato di per sé congruo se inferiore a quello medio o standard evidenziato dall’aggregatore pubblico. Sicché, qualsiasi acquisto da qualsiasi fornitore sulle piattaforme private risulterebbe semplicissimo da motivare, superando i problemi burocratici imposti dall’articolo 36, comma 2, del codice dei contratti.

Se si fosse, inoltre, capaci di superare una volta e per sempre le follie iperburocratiche delle procedure di spesa, si potrebbe anche velocizzare di moltissimo sia l’acquisizione dei beni, sia anche i pagamenti, ponendo rimedio nello stesso tempo al gravissimo problema dei ritardi cronici nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni.

Effettuata la programmazione, prevista la spesa in bilancio, affidati i capitoli alla gestione mediante il Peg, perché infierire ancora con strumenti ottocenteschi di ufficializzazione della spesa, controllo e pagamento? Perché non considerare impegnata la spesa con l’approvazione del Peg? Perché, sulla base di questo, non fare dei dirigenti o funzionari di vertice dei gestori veri, assegnando loro carte di credito, finalizzare all’acquisto anche tramite piattaforme private? Tutta la spesa effettuata sarebbe controllata più e meglio che con gli strumenti della contabilità “armonizzata”: non vi sarebbero problemi di imputazione della spesa e di tempi di pagamento. E’, per altro, evidente che in assenza di disponibilità di cassa l’operazione non potrebbe essere svolta. Il rendiconto sarebbe automaticamente prodotto dal gestore della carta, la fattura è già on line; per gli uffici finanziari effettuare le operazioni tecniche connesse risulterebbe semplicissimo. In questo modo, si riuscirebbe, davvero con un solo piccione, a far entrare le PA nel mondo della vera digitalizzazione, del mercato, dell’efficienza. La Consip e gli altri aggregatori non creerebbero più dei mercati chiusi; gli operatori economici sarebbero portati anche entro quei mercati pubblici a far confluire i prezzi verso le medie del mercato aperto. I tempi operativi si ridurrebbero drasticamente. Ma c’è lo split payment…

Desta quindi enorme interesse l’iniziativa dell’Asmel, che ha raggiunto un accordo proprio con Amazon, per estendere il proprio mercato elettronico anche alle opportunità di acquisto del principale canale di e-commerce del mondo.

Attraverso il proprio sistema di mercato elettronico, Asmel consentirà agli utenti di acquistare su Amazon, entrando nella piattaforma con le credenziali fornite dall’Asmel stessa e ricevendo la merce in 24 ore, senza dover anticipare il pagamento (come farebbe un privato cittadino). Ad anticipare ci penserà l’Asmel, che ha ottenuto da Amazon una linea di credito, quindi, si interpone alle amministrazioni, effettuando per Amazon il saldo degli ordini solo dopo che ciascun ente abbia verificato l’idoneità del prodotto ricevuto.

È, dunque, Asmel a pagare ad Amazon, da cui riceve la fattura per la merce accettata, ribaltandola al comune aderente con le regole dello “split payment”. Il comune regola con Asmel i rapporti economici.

Per le amministrazioni appaltanti che utilizzeranno il mercato elettronico Asmel si apre, quindi, un mercato concorrenziale molto più ampio, nel quale non di rado i prodotti sono reperibili a prezzi più vantaggiosi rispetto a quello dei giganti pubblici, potendo anche contare su tempi di consegna rapidissimi.

Il sistema escogitato sarebbe formidabile per le acquisizioni tramite economato, e anche per gli affidamenti diretti, risultando molto più semplice ed immediato degli strumenti come Ordine diretto d’acquisto o Procedura negoziata.

E potrebbe essere anche il viatico per quella gestione finanziaria e manageriale sognata poco sopra. Se il tutto si accompagnasse all’eliminazione dei bizantinismi contabili, che mettono da sempre piombo alle ali degli appalti pubblici, quanto, se non più, delle farraginosità del codice dei contratti. 

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