18/01/2021 – San Germano Vercellese e la tristissima storia delle discriminazioni sui buoni spesa per l’emergenza Covid: la sintesi delle gravissime disfunzioni dello spoil system e dell’abolizione dei controlli

La vicenda del comune di San Germano Vercellese è tristemente rappresentativa delle ragioni della gravissima situazione dell’amministrazione in Italia e negli enti locali in particolare.

In questa sede non si intendono svolgere considerazioni sulle eventuali responsabilità penali: spetta alla magistratura verificare la questione e fino a sentenza definitiva di condanna, è sacra la presunzione di non colpevolezza delle persone coinvolte.

Il tema che interessa, piuttosto, è di carattere amministrativo. Perché anche laddove si dovesse accertare l’assenza di ogni responsabilità penale, quanto emerge dall’inchiesta aperta è la fotografia di un malessere estremamente più diffuso di quanto non si pensi. Infatti, solo in occasione di inchieste di questo genere emerge il fiume carsico della diffusissima illegittimità amministrativa, dell’irrazionalità operativa, della violazione di ogni logica organizzativa del mondo degli enti locali, lasciato a se stesso dalle controproducenti riforme degli anni ’90, in particolare quelle promosse dall’allora Ministro Bassanini.

Un brevissimo riassunto dei fatti. L’inchiesta prende lo spunto dalla non corretta gestione dei cosiddetti “buoni spesa”.

L’Ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 658/2020, “In relazione alla situazione economica determinatasi per effetto delle conseguenze dell’emergenza COVID-19” ha destinato 400 milioni ai comuni, allo scopo di sostenere le persone andate in difficoltà economica a causa del lock down, per consentire di aiutarli nell’acquisizione di generi alimentari e di prima necessità, escludendo l’applicazione del codice dei contratti.

L’Ordinanza oltre ad essere molto chiara nell’individuazione del fine, lo è stata anche nell’evidenziazione delle competenze organizzative, in quanto ha chiarito quali soggetti, nell’ambito dei comuni, fossero materialmente chiamati ad individuare il sistema di erogazione dei buoni, i partners e, soprattutto, i destinatari. L’Ordinanza stabilisce che “l’ufficio dei servizi sociali di ciascun comune individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico”.

Come si nota, il provvedimento senza alcun’ombra di dubbio configura l’attività come competenza della struttura amministrativa e, specificamente, come ovvio, dei servizi sociali comunali.

Ciò nel corretto rispetto del cosiddetto principio di separazione delle competenze di programmazione e controllo politico-amministrativo, che spettano agli organi di governo (sindaco, giunta, consiglio), rispetto a quelle operative e gestionali, spettanti ai dirigenti o responsabili di servizio, come stabilito dal testo unico sull’ordinamento degli enti locali, d.lgs 267/2000, nel complesso articolato degli articoli 42, 48, 50, 107 e 109.

Come si percepisce leggendo l’Ordinanza, essa ha voluto rispondere alla situazione di grave necessità in cui sono piombate moltissime persone, allo scopo anche di scongiurare il rischio che, specie in certe zone del Paese, la criminalità organizzata intervenisse, a prezzo di impatti sociali gravissimi.

L’Ordinanza non ha distinto i beneficiari per residenza, domicilio, età, cittadinanza italiana o straniera e nemmeno per reddito. Il presupposto per l’erogazione dei buoni spesa era esclusivamente l’accertata situazione attuale e contingente della famiglia di non poter materialmente acquistare generi alimentari o di prima necessità (ad esempio, pannolini per neonati). Per questo il provvedimento non ha nemmeno richiamato l’Isee o la dichiarazione dei reddito: la situazione di attuale emergenza poteva riguardare, infatti, anche chi l’anno precedente avesse avuto redditi sufficienti, ma a marzo o aprile 2020 potesse dimostrare (causa crediti non riscossi, chiusura attività o altro) di non disporre di alcuna liquidità.

Dunque, le linee direttive dell’Ordinanza erano evidenti:

a)      attribuzione esclusiva della gestione agli uffici sociali;

b)      qualificazione molto “aperta” dei destinatari.

Nonostante questo, i comuni si sono scatenati nell’organizzare in modo del tutto dissonante l’attività. Poter gestire risorse quasi cash da assegnare, anche indirettamente, alle persone fa troppo gola ai troppi che intendono la politica come ricerca del consenso connesso ad un do ut des, oppure come elemento discriminante tra un “proprio” elettorato e “gli altri”.

Quindi, in tantissimi enti gli organi di governo hanno fatto di tutto per contravvenire alla prima linea di indirizzo, intendendo appropriarsi della gestione, al posto degli uffici sociali.

Ma, anche la seconda linea direttiva, la qualificazione dei beneficiari è stata presa di mira: con una serie di inopportuni provvedimenti, regolamenti o ordinanze, si è cercato di circoscrivere la platea, chiedendo proprio quel che l’Ordinanza, sia pur tacitamente, non consentiva: la residenza, il domicilio, l’Isee, la nazionalità, l’attività lavorativa.

Si sono viste ingerenze chiarissime ulteriore all’indispensabile nella vita privata delle persone e si sono create da subito situazioni potenzialmente discriminatorie, con criteri di assegnazione appunto connessi a residenza, Isee o nazionalità.

Sicchè quanto avvenuto a San Germano Vercellese non può e non deve stupire: semplicemente i fatti, in questo caso, sono risultati particolarmente eclatanti e sono giunti alla conoscenza degli inquirenti, ma magari in modo più caricato rappresentano ciò che è avvenuto in modo molto ampio e che avviene praticamente ogni giorno, specie quando si tratta di assegnare contributi.

Dunque, il sindaco ed un assessore pare abbiano estromesso totalmente l’ufficio dei servizi sociali, per gestire direttamente le assegnazioni. E quanto riporta la stampa lascia capire che la gestione dei buoni (per altro, si tratta di cifre singolarmente e complessivamente piuttosto basse) non fosse stata guidata dall’intento di aiutare davvero i bisognosi, né fosse stata orientata dalla logica inclusiva che non ammetteva la nazionalità come elemento discriminante.

I fatti di San Germano Vercellese sono riscontrabili ogni giorno nei comuni, oltre che per la gestione dei contributi, nell’edilizia per i permessi di costruire, nell’urbanistica per le lottizzazioni, nel commercio per la concessione delle licenze, nei tributi per le questioni connesse ad esenzioni o rateizzazioni, nel patrimonio per la riscossione dei canoni o la gestione delle manutenzioni di strade e luci, nei cimiteri per le concessioni cimiteriali. Non v’è giorno che qualcuno non si appoggi alla compagine politica per chiedere la deroga al regolamento edilizio, il contributo pur non spettante, la dilazione del tributo non prevista, l’esenzione dal canone impossibile, la facilitazione per il titolo edilizio, il percorso facilitato per la licenza commerciale, la garanzia del mancato controllo e/o del “silenzio assenso”, l’affidamento diretto dell’appalto, senza gara.

Non c’è giorno che queste richieste non si trasformino in pressioni ed ingerenze formidabili sugli uffici, con la creazione costante di tensioni. Tanto che sostanzialmente la già richiamata separazione tra programmazione e gestione si risolve, generalmente, in una defatigante opera di mediazione tra vertici dell’apparato amministrativo e “direttive” politiche, tesa a smussare i gli angoli, a far capire i problemi di legittimità connessi a certe scelte, ad evidenziare la necessità di conciliare l’interesse del singolo come quello alla mera conservazione del consenso, con l’interesse pubblico.

Non sempre questa mediazione è possibile ed efficace. Anche perché non sempre l’apparato amministrativo dispone della connessa preparazione, che ne consentirebbe l’autonomia e la responsabilità.

Ma, i problemi derivano soprattutto da due fattori deflagranti, che da anni condizionano l’attività dei comuni e la loro efficienza.

Il primo è l’applicazione del male che affligge la pubblica amministrazione italiana in generale, ma che negli enti locali è ancor più virulento: lo spoil system.

Il segretario comunale, che nell’ambito degli enti locali è da un lato il garante della correttezza giuridico amministrativo dell’azione e il responsabile anticorruzione e, dall’altro, il responsabile dell’armonizzazione della programmazione politica con l’azione gestionale, è dalle riforme Bassanini fortissimamente condizionato da uno spoil system praticamente senza limiti. In ogni momento, sostanzialmente, il sindaco e la giunta possono rimuoverlo. Dovrebbero farlo solo sulla base della dimostrazione di violazione dei doveri d’ufficio. Nella realtà, basta pochissimo, basta solo evocare una “mancanza di fiducia”. Esattamente come accaduto proprio a San Germano Vercellese.

E’ facilissimo, quindi, rimuovere un segretario non considerato “in linea”, per reperirne uno, invece, o allineato o disposto solo a fare da silente notaio. Come, negli enti con oltre 100.000 abitanti, è semplicissimo reclutare, pure senza concorso, un direttore generale che di fatto altro non è se non un assessore aggiunto, enfaticamente denominato “city manager”.

In un simile quadro, è perfettamente comprensibile quanto deleteria sia l’idea, inserita nello scellerato articolo 101 del Ccnl 17.12.2020, che il segretario comunali “avochi” le funzioni dei dirigenti in caso di “inadempimento”. A qualsiasi sindaco sarebbe sufficiente adottare una direttiva, anche platealmente illegittima, come quella di negare, ad esempio, buoni spesa a stranieri, per qualificare l’erogazione di tale beneficio a stranieri come inadempimento e pretendere, poi, dal segretario, l’avocazione per ottenere/imporre atti rispettosi della direttiva, ma comunque contrari a legge, sotto il ricatto della revoca dell’incarico al segretario per mancata avocazione: revoca ammessa dal connesso scelleratissimo articolo 103 del medesimo Ccnl 17.12.2020.

Lo spoil system di queste figure di vertice ne sbiadisce ruolo e funzioni. Non hanno modo di impedire, per esempio, la violazione dell’Ordinanza, come avvenuto a San Germano Vercellese, e la connessa esautorazione dei servizi sociali.

Ma, lo spoil system si estende anche ai responsabili dei servizi. Il deleterio articolo 110 del d.lgs 267/2000 consente anche di reclutare vertici amministrativi “allineati”, così da avere maggiori garanzie che l’azione gestionale, più che corretta ed autonoma sul piano tecnico, risulti, invece, in tutto subordinata alle “direttive” politiche, pure quando siano del tutto contrastanti con fini e norme.

E’ evidente che il sindaco non ha gestito del tutto da solo i buoni pasto: qualcuno ha istruito le pratiche, redatto gli atti, assunta la spesa, liquidato le fatture. Quel qualcuno appartiene alla linea gestionale dell’apparato, che evidentemente ha chiuso gli occhi di fronte alla plateale illegittimità (si ribadisce: amministrativa) della gestione. Il tutto per una serie di cause: l’allineamento dovuto a convinzione ed appartenenza, o indotto dal timore di ritorsioni, o da scarsa preparazione tecnica, o dalla volontà di quieto vivere.

Il secondo elemento che flagella le amministrazioni locali è l’abolizione di controlli preventivi esterni di legittimità, ma anche di merito. Se vi fossero organismi di controllo che intercettino i provvedimenti prima che essi producano le loro illegittimità, essa non sarebbe ovviamente eliminata, ma sarebbero un fattore di riduzione del rischio che persino pochi euro da destinare a persone bisognose a causa di una pandemia possano divenire occasione per speculazioni, discriminazioni ed illegittimità.

Sbaglia due, sbaglia tre, ma anche sbaglia quattro volte chi ritiene che i controlli siano una perdita di tempo ed una complicazione amministrativa.

E’ esattamente l’opposto. I controlli, se funzionano, scongiurano eventi come quello di San Germano Vercellese e i tanti, troppi, consimili.

E’ efficiente, efficace, manageriale, tempestivo, semplificato, quel che avvenuto? I domiciliari per un sindaco, un ente adesso in gravissime difficoltà sono una contropartita ammissibile alla presunta semplificazione connessa alla sciagurata eliminazione dei controlli?

E’ del tutto evidente che se i controlli funzionassero, i segretari comunali, i dirigenti, i funzionari potrebbero contare su un appoggio formidabile per contenere le intemperanze degli organi di governo. Simmetricamente, gli organi di governo, che in grandissima maggioranza sono composti da persone che cercano il bene comune, potrebbero avere quotidianamente la verifica sulla capacità competenza e fedeltà, non politica, ma alle regole etiche e pubbliche, dell’apparato amministrativo.

L’era di internet renderebbe facilissimi e rapidissimi i controlli: la scusa del “rallentamento” proprio non regge più.

E sarebbe, quindi, possibile svolgere controlli allontanando quanto più possibile il controllore dal controllato: gli atti degli enti locali del Piemonte dovrebbero essere verificati da organismi della Puglia e così via, in modo da garantire estraneità totale a dinamiche da collegio elettorale.

La soluzione a problemi come quello che si è posto a San Germano Vercellese è semplicissima: eliminare lo spoil system e regolamentare in modo efficiente i controlli.

Occorrerebbero, però, un Parlamento, un Governo, un apparato ministeriale molto diversi da quelli che nel 1997 hanno consentito l’approdo delle disgraziatissime riforme che ancora oggi restano lì, per altro anche indirettamente avallate da una delle meno convincenti e più sciagurate sentenze della Corte costituzionale, la 23/2019 che ha mancato l’occasione di constatare l’evidente incostituzionalità dello spoil system che affligge i segretari comunali.

Ancora oggi, quelle idee, quelle tesi, quel modo di concepire la pubblica amministrazione che diedero vita alle devastanti riforme degli anni ’90 allignano e sono portate e confermate dagli apparati e da una classe politica incapace di avvedersi degli errori commessi e carente della volontà di ammettere che solo tornando indietro su quelle scelte deleterie si può compiere davvero un primo passo verso un diverso e più efficiente metodo di gestione della cosa pubblica.

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