05/01/2021 – Il giudice amministrativo chiarisce che per il controllo pubblico previsto dal Tussp, occorre un patto scritto

Il Tar Emilia-Romagna (n. 858 del 28/12/2020) sostiene che per determinare se una società è a controllo pubblico (congiunto), ai sensi del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (Tuspp), occorre un accordo scritto fra le pubbliche amministrazioni socie.

Il giudice amministrativo felsineo si allinea quindi al precedente espresso da quello delle Marche (Tar Marche sent. 11/11/2019 n. 695).

Il dibattito sulla nozione di controllo pubblico disciplinato dal Tuspp si arricchisce di un altro contributo e consolida l’orientamento che, al momento, appare quello dominante, basato sul principio in base al quale sussiste controllo congiunto allorquando la società è sottoposta al controllo di diritto, ex art. 2359 codice civile da parte di più soci quando questi hanno sottoscritto un accordo che disciplina fra loro l’esercizio di influenza determinante sulla società medesima.

Tale interpretazione, tuttavia, non è l’unica e si riscontrano altre posizioni.

Meritano una riflessione la posizione della Corte dei Conti Sezione autonomie (deliberazione n. 11/2018). Tale interpretazione porta a considerare che sono “a controllo pubblico” le Società i cui soci Pubbliche Amministrazioni detengono una somma di partecipazioni che sia superiore alla maggioranza dei voti assembleari, basandosi sui seguenti principi interpretativi: – il primo, rappresentato da una nozione di “controllo” contenuta nel combinato disposto dell’art. 2, lett. m) e b), del TUSPP, differente rispetto a quella del Codice civile, contenuta nell’art. 2359: pertanto, la nozione di “Società a controllo pubblico” si pone su un piano differente rispetto a quella del Codice Civile, di cui ne è deroga, in quanto presenta una gamma di fattispecie maggiori; – il secondo, basato sul canone distintivo con la nozione del Codice civile, in quanto “il Testo unico delle società pubbliche richiama, all’art. 2, senza esaurirla, la definizione codicistica, come palesato sia dalla lett. b), che vi aggiunge una fattispecie autonoma, che dalla lett. m), che, per indentificare una “società a controllo pubblico”, consente che “una o più” Amministrazioni pubbliche, e non solo “una”, dispongano dei voti o dei poteri di controllo previsti dalla precedente lett. b). Quest’ultima, a sua volta, richiama integralmente tutte le ipotesi, alternative, elencate nell’art. 2359 del Codice civile (oltre a introdurne una, già esposta, nuova e autonoma). Pertanto, in virtù del combinato disposto delle lett. b) e m) dell’art. 2 del TUSPP, possono essere qualificate come “società a controllo pubblico” quelle in cui “una o più” Amministrazioni dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in Assembla ordinaria (oppure di voti o rapporti contrattuali sufficienti a configurare un’influenza dominante)”.

Anche il Mef si è espresso al riguardo con un proprio orientamento ai sensi dell’art. 15 del Tuspp (orientamento del 15 febbraio 2018) che afferma” …… in coerenza con la ratio della riforma volta all’utilizzo ottimale delle risorse pubbliche e al contenimento della spesa, al controllo esercitato dalla Pubblica Amministrazione sulla società appaiono riconducibili non soltanto le fattispecie recate dall’art. 2, comma 1, lett. b), del TUSP, ma anche le ipotesi in cui le fattispecie di cui all’articolo 2359 c.c. si riferiscono a più Pubbliche Amministrazioni, le quali esercitano tale controllo congiuntamente e mediante comportamenti concludenti, pure a prescindere dall’esistenza di un coordinamento formalizzato.)”.

Come pure si è espressa anche l’Anac, che ritiene che il controllo pubblico, per semplice somme della partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni socie, sia una presunzione relativa e quindi sottoposta alla verifica della prova contraria che la società interessata può sempre addurre (ANAC – Delibera numero 859 del 25 settembre 2019.

Il Tar Emilia-Romagna, nella sentenza in commento, ricostruisce il fenomeno del controllo pubblico facendo presente quello che ritiene essere il canone interpretativo fondamentale del TUSPP: “Con norma di sistema l’art. 1 comma 3 del Testo unico stabilisce che “Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle societa’ contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato.”

Le argomentazioni del Giudice proseguono riprendendo le disposizioni contenute nell’art. 2, comma 1 Tuspp, alla lett. m), che definisce società a controllo pubblico «le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)». La lett. b), a sua volta, per «controllo» intende, al primo periodo, «la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile» e soggiunge, al secondo periodo, che «il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo».

Eloquente il successivo ragionamento interpretativo: “in tale ambito la nozione di controllo deve giocoforza essere desunta dall’art. 2359 c.c. potendo essere o di tipo monocratico ovvero spettante ad un solo soggetto oppure in forma congiunta ai sensi della lett. m)., non essendovi disposizioni ad hoc di tipo derogatorio nel Testo unico.”

Passato in rassegna la disposizione dell’art. 2359 c.c. le argomentazioni addotte nella sentenza riferiscono che “ nelle società partecipate da più amministrazioni pubbliche il controllo pubblico non sussiste in forza della mera sommatoria dei voti spettanti alle amministrazioni socie; dette società sono a controllo pubblico solo allorquando le amministrazioni socie ne condividano il dominio, perché sono vincolate – in forza di previsioni di legge, statuto o patto parasociale – ad esprimersi all’unanimità, anche attraverso gli amministratori da loro nominati, per l’assunzione delle “decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale” (Consiglio di Stato sez. I, 4 giugno 2014, n. 1801;T.A.R. Marche 11 novembre 2019, n. 695).” Ne consegue che la riscontrata “mancanza di disposizioni statutarie o pattizie che impongano ai soci pubblici l’assunzione di decisioni unanimi per le scelte strategiche della società, [deve] gioco forza negare la sussistenza del controllo pubblico nel senso delineato dall’art. 2359 c.c..”

Non sfugge al riguardo alcuni necessari corollari evidenziati nella sentenza.

Il primo che attiene all’esigenza di accordi raggiungi in forma scritta da parte delle Pubbliche Amministrazioni socie; così motivando: “in ossequio ai principi di imparzialità e buon andamento che caratterizzano l’attività anche privatistica di ogni pubblica amministrazione (ex multis Cassazione civile sez. II, 23 aprile 2014, n. 9219; id. sez. I, 4 novembre 2013, n. 24679; Consiglio di Stato sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7147) tali accordi debbono necessariamente rivestire la forma scritta ed essere preventivamente deliberati dall’organo competente di ciascuna Amministrazione (Corte Conti sez. riunite in sede giurisdiz. in speciale composizione, 29 luglio 2019, n. 25/2019/EL, punti 2.4. e 2.5) non essendo sufficiente desumere il controllo pubblico dalla mera astratta possibilità per i soci pubblici di far valere la maggioranza azionaria in assemblea (T.A.R. Marche, sez. I, 11 novembre 2019, nn. 624 e 695; Consiglio di Stato sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578; T.A.R. Lazio Roma 19 aprile 2019, n. 5518).

Il secondo che attiene alla non rilevanza nel caso di specie – ove non solo sono assenti patti o accordi scritti ma non risultavano neppure elementi probatori che portano ad ipotizzare fatti concludenti di controllo congiunto – della tesi che fa riferimento al “più ampio concetto di “collegamento sostanziale” tra imprese che in riferimento alla disciplina in materia di appalti pubblici comporta l’esclusione dalla gara (art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50/2016) la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale richiede indizi connotati da gravità, precisione e concordanza (Consiglio di Stato, sez. V, 15 aprile 2020, n. 2426; id., 22 ottobre 2018, n. 6010; id., 16 febbraio 2017 n. 496; id., sez. III, 10 maggio 2017, n. 2173; id., 23 dicembre 2014, n. 6379; id., sez. V, 18 luglio 2012, n. 4189). Infatti, il Giudice non ha potuto che prendere atto che gli indizi richiesti dalla norma “nel caso di specie [sono]completamente carenti.

Sempre più evidente appare la presenza nell’ordinamento di poliedriche forme di controllo per la società a partecipazione pubblica.

 

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