26/04/2021 – Gravi illeciti professionali – Contestazione in giudizio o transazione – Irrilevanza – Potere/dovere di valutazione della stazione appaltante – Sussiste (Art. 80 D.Lgs. n. 50/2016)

TAR Catania, 19.04.2021 n. 1227

Con riferimento alla specifico tema della valutazione dei gravi illeciti professionali qualora contestati giudizialmente o in via extragiudiziale per stabilire l’affidabilità dell’operatore economico è intervenuta […] la Corte Giustizia (pronuncia 19/06/2019, causa C-41/18), la quale, per quanto di interesse in questa sede, ha statuito espressamente che il contenzioso giudiziale sulla risoluzione anticipata di un precedente contratto, assunta da un’Amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, non può escludere il potere della Pubblica Amministrazione (che indice una nuova gara d’appalto) di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce.

In particolare – ritiene la Corte – che tale potere (che l’art. 57, paragrafo 4, della Direttiva 2014/24/UE conferisce all’Amministrazione aggiudicatrice) non può essere “paralizzato” dalla semplice proposizione di un’azione giudiziale o extragiudiziale volta alla contestazione della risoluzione anticipata del contratto.

Ne deriva – secondo il ragionamento della Corte di Giustizia – che la Stazione appaltante ha il potere-dovere di effettuare comunque le valutazioni sull’affidabilità dell’operatore economico, ai fini della sua ammissione o esclusione dalla gara, anche in caso di pendenza del giudizio in ordine alla risoluzione anticipata di un precedente contratto.

Più specificatamente, la Corte ha ritenuto che la mera contestazione da parte dell’impresa della risoluzione di un precedente contratto pubblico dinanzi a un giudice civile non priva la Stazione Appaltante del potere – dovere di valutare l’affidabilità del concorrente.

Pertanto, la Corte ha dichiarato la non compatibilità con il diritto dell’Unione (ed in particolare con l’art. 57, par. 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE) dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 nella parte in cui preclude alla Stazione Appaltante di valutare le risoluzioni contrattuali sub judice pronunciate nei confronti di un operatore economico (statuendo il seguente principio di diritto: “L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”).

Con specifico riferimento invece alle transazioni stipulate dall’aggiudicataria e addotte dalla stessa quali atti o fatti che impediscono una valutazione degli stessi come gravi illeciti professionali, il Collegio richiama quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la transazione stipulata a seguito della risoluzione contrattuale disposta dalla stazione appaltante per grave inadempimento impedisce l’accertamento giudiziale circa la legittimità o meno della risoluzione stessa, ma determina definitivamente il consolidamento del fatto storico costituito dalla risoluzione per inadempimento disposta dalla stazione appaltante, che richiede, ai sensi dell’art. 1455 c.c., l’importanza e quindi la gravità dell’inadempimento. Tale circostanza (risoluzione contrattuale composta mediante transazione), integra comunque il presupposto di cui all’art. 80, comma 5 lett. C ter, del d.lgs. n. 50/2016 (Cons. Stato, sez. IV, 1/7/2020, n. 4227).

[rif. art. 80 d.lgs. n. 50/2016]

Pubblicato il 19/04/2021

N. 01227/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01928/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1928 del 2020, proposto da Althea Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mascia Fumini e Lidia Scantamburlo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti

la H&S Qualità Nel Software S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Invernizzi, Nicola Seminara, Alex Testa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento:

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– della nota del 18 novembre 2020, prot. U – 0036300, con cui l’ASP Ragusa ha comunicato ad Althea l’adozione della deliberazione n. 2758 del 12 novembre 2020 di aggiudicazione della procedura aperta per la stipula del contatto relativo al «Servizio di Telemedicina nei pazienti cronici. Progetto obiettivo di PSN 2014 Linea 5.14 e PSN 2016 linea 5.12 Sperimentazione di un programma di telemedicina e teleassistenza nella gestione dei pazienti cronici complessi per la durata di anni 3» (CIG 8004646AD6) in favore di H&S Qualità nel Software S.p.A.;

– della deliberazione n. 2758 del 12 novembre 2020 con cui l’ASP Ragusa, nella persona del Direttore Generale, ha disposto l’aggiudicazione della procedura aperta per la stipula del contatto relativo al «Servizio di Telemedicina nei pazienti cronici. Progetto obiettivo di PSN 2014 Linea 5.14 e PSN 2016 linea 5.12 Sperimentazione di un programma di telemedicina e teleassistenza nella gestione dei pazienti cronici complessi per la durata di anni 3» (CIG 8004646AD6) in favore di H&S Qualità nel Software S.p.A.;

– del verbale n. 6 della seduta pubblica del 17 luglio 2020 con cui la Commissione di gara ha disposto richiedere alla società H&S Qualità del Software S.p.A. chiarimenti in merito alla quantificazione dei “Costi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” e dei “Costi triennali di manodopera” e della conseguente nota, trasmessa tramite piattaforma telematica con cui tali chiarimenti sono stati di richiesta chiarimenti alla società H&S;

– del verbale n. 7 della seduta del 28 settembre 2020 con cui la Commissione di gara ha qualificato come servizio di natura intellettuale il «Servizio di Telemedicina nei pazienti cronici. Progetto obiettivo di PSN 2014 Linea 5.14 e PSN 2016 linea 5.12 Sperimentazione di un programma di telemedicina e teleassistenza nella gestione dei pazienti cronici complessi per la durata di anni 3» e per tale ragione ha formulato la proposta di aggiudicazione in favore di H&S Qualità del Software S.p.A.;

– di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso, anche se non conosciuto;

per la declaratoria di inefficacia:

del contratto ove medio tempore stipulato dalla ASP Ragusa con H&S Qualità del Software S.p.A., e di ogni conseguente contratto attuativo, a tal fine dichiarandosi la Ricorrente fin d’ora disponibile anche al subentro nel contratto e ai sensi e per gli effetti di legge;

per la condanna

al risarcimento del danno in forma specifica ex art. 124 c.p.a. con subentro della Ricorrente nell’esecuzione del contratto o, in subordine, al risarcimento del danno per equivalente, con espressa riserva di formulare in corso di giudizio apposita istanza di risarcimento dei danni subiti e subendi.

per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da H&S QUALITÀ NEL SOFTWARE S.P.A.:

della deliberazione 12.11.2020 n. 2758 di “APPROVAZIONE VERBALI DI GARA E AGGIUDICAZIONE della procedura di gara aperta per l’affidamento del “Servizio di Telemedicina nei pazienti cronici. Progetto obiettivo di PSN 2014 Linea 5.14 e PSN 2016 Linea 5.12-Sperimentazione di un programma di telemedicina e teleassistenza nella gestione dei pazienti cronici complessi per la durata di anni tre” e dei verbali approvati nella parte in cui non hanno escluso Althea per le ragioni di cui infra, oltre a tutti i provvedimenti a essi presupposti, consequenziali o comunque connessi, inclusi bando e disciplinare di gara gravati in quanto si reputino legittimare i restanti provvedimenti impugnati;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto le memorie delle parti processuali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 (svoltasi in modalità telematica in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137 del 2020 convertito in Legge n. 176/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”) il dott. Emanuele Caminiti;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO

1. Antefatto.

Con Bando di gara pubblicato in data 13 agosto 2020 sulla GUUE, l’ASP di Ragusa indiceva una procedura aperta per la selezione e l’affidamento del “Servizio di Telemedicina nei pazienti cronici. Progetto obiettivo di PSN 2014 Linea 5.14 e PSN 2016 linea 5.12 Sperimentazione di un programma di telemedicina e teleassistenza nella gestione dei pazienti cronici complessi per la durata di anni 3″ (CIG 8004646AD6), con un importo triennale stimato a base d’asta pari ad € 587.000,00 (IVA esclusa), da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, determinata dalla somma dei punteggi attributi all’offerta economica (30/100 punti) e tecnica (70/100).

L’art. 2 del Disciplinare:

(i) individuava le prestazioni oggetto di affidamento nei “servizi di tele monitoraggio, di telemedicina e tele-assistenziali per pazienti domiciliari, sistemi di networking multilivello (sia in ambito domiciliare che presso la struttura centrale di governo) per la condivisione dei dati tra diversi operatori sanitari, assistenziali, sociali e delle cure informali”;

(ii) stabiliva che “l’intera architettura” dei servizi doveva essere intesa “a supporto dei percorsi assistenziali di breve termine o di medio-lungo periodo a favore di pazienti arruolarti dal reparto di cardiologia dell’Ospedale di Ragusa”;

(iii) prevedeva l’obbligo per l’aggiudicatario di mettere a disposizione e gestire i “supporti organizzativi e tecnologici di telemonitoraggio, telemedicina, condivisione dati e networking tra diversi operatori sanitari, sociali e delle cure informali, a supporto di percorsi assistenziali nel breve termine (post dimissione da H) o nel lungo termine a favore di 160 casi in cura al reparto ospedaliero“.

La lex di gara includeva nell’oggetto dell’appalto le seguenti prestazioni:

– servizio di confezionamento, sanificazione, consegna, installazione, collaudo e ritiro dei dispositivi oggetto della fornitura; in particolare, veniva prevista la consegna di detti dispositivi (in linea di massima) presso il reparto della ASP, ma con consegna e installazione del 25% della fornitura presso il domicilio del paziente; a tal riguardo, nel Disciplinare era prevista l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo nel caso di offerta da parte dell’operatore del servizio di consegna e installazione al domicilio del paziente;

– messa a disposizione di una piattaforma centrale per il monitoraggio in continuo e in tempo reale dei dati inviati dai sistemi domiciliari tramite centro operativo (si precisa sin d’ora che non veniva richiesta alcuna attività di elaborazione ed interpretazione dei dati trasmessi dai dispositivi);

– attività di formazione del personale sanitario all’utilizzo dei dispositivi e all’utilizzo della piattaforma;

– servizio di help-desk h24 per la risoluzione di eventuali problemi relativi ai dispositivi forniti con personale dell’operatore appositamente dedicato per 8 (otto) ore al giorno per sei giorni settimanali.

Presentavano offerta per la Procedura, oltre all’odierna ricorrente Althea Italia S.p.A. (di seguito Althea), le società H&S Qualità Nel Software S.p.A. (di seguito H&S), Kell s.r.l. (collocatasi terza in graduatoria), GPI S.p.A. (quarta) e il R.T.I. Rivoira Pharma S.r.l. – Home Medicine Italia S.r.l. (quinta).

Tutti gli offerenti venivano ammessi alla fase di valutazione delle offerte tecniche.

Nella seduta pubblica del 17 luglio 2020 di cui al verbale di gara n. 6, la Commissione procedeva all’apertura e alla valutazione delle offerte economiche dei concorrenti.

La Commissione, tuttavia, constatato che nell’offerta di H&S i “Costi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” nonché i “Costi triennali di manodopera” erano indicati quali pari a 0 (zero), richiedeva all’odierna controinteressata di fornire chiarimenti in merito alla stima di tali importi, assegnando un termine di 15 giorni per l’invio della relativa risposta.

H&S, entro il termine assegnato di 15 giorni, riscontrava le richieste della ASP con nota del 29 luglio 2020, rappresentando che “per quanto riguarda i Costi triennali di manodopera abbiamo inteso che siano a zero in quanto H&S ha offerto tecnologia e servizi inclusivi di mano d’opera, quindi compresa nei servizi stessi e con personale tecnico e di supporto. Tale componente è quantificabile ad un valore pari a 70.000,00 Euro per il triennio. Per quanto riguarda la voce Costi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro tutto il personale impiegato nella realizzazione dei servizi è personale dipendente della società H&S S.p.A. e tutte le tutele in materia di sicurezza sul lavoro sono garantite. Tale componente è quantificabile ad un valore pari a 5.000,00 Euro per il triennio” (di seguito, la “PRIMA LETTERA” – doc. 8 di parte ricorrente).

I costi della manodopera e di sicurezza, che nell’offerta economica erano stati indicati da H&S come pari a 0 (zero), in sede di chiarimenti, venivano dall’odierna controinteressata (ricorrente incidentale) (ri)quantificati, rispettivamente, in Euro 70.0000,00 e Euro 5.000,00.

Nel seguito, senza che venissero formulate ulteriori richieste di chiarimento, in data 22 settembre 2020 (dunque ben oltre il termine di 15 giorni assegnato) H&S trasmetteva una seconda lettera di chiarimento evidenziando che: “Il servizio appaltando consta della predisposizione di un software e della relativa piattaforma per la gestione dei supporti organizzativi e tecnologici di telemonitoraggio, telemedicina, condivisione dati e networking tra i diversi operatori sanitari. Ne è quindi asse portante l’attività tecnico-cognitiva di eminente connotazione immateriale sottesa alle operazioni appena sintetizzate. Esso rientra pertanto a pieno titolo nella nozione normativa di “servizio di natura intellettuale” ex art. 95 c. 10 dlgs 50/2016. […] È allora risolutivo constatare che, a prescindere dalle indicazioni fornite per amor di completezza in risposta alle precedenti richieste di chiarimenti che abbiamo ricevuto, giusta l’esenzione ex art. 95 c. 10 cit. H&S non fosse tenuta a indicare i propri oneri di sicurezza e costi della manodopera” (di seguito la “SECONDA LETTERA” – doc. 9 di parte ricorrente).

H&S con la Seconda Lettera operava un radicale cambio di “strategia” affermando la natura intellettuale del servizio e, quindi, l’insussistenza dell’obbligo di indicare i costi della manodopera e della sicurezza in ragione dell’operatività dell’eccezione di cui al comma 10 dell’art. 95 del D. Lgs. n. 50/2016 s.m.i. (addirittura H&S precisava come la quantificazione contenuta nella Prima Lettera fosse stata fornita unicamente per “amor di completezza”).

In data 28 settembre 2020, con verbale n. 7, la Commissione – sulla scorta della disamina dei “chiarimenti della società H&S pervenuti in data 29/07/2020 (entro il termine assegnato)” nonché “sul presupposto che il servizio oggetto di gara rientra a pieno titolo nella normativa ex art. 95 c. 10 del D.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. come <>” – riteneva che “non fosse obbligatorio e/o necessario indicare nell’offerta economica i costi della manodopera e i costi della sicurezza” (risultando la natura intellettuale del servizio “idonea a sottrarre l’obbligo dei concorrenti all’applicazione del regime degli oneri di sicurezza sui luoghi di lavoro”) e qualificava come legittima l’offerta economica di H&S, proponendo l’aggiudicazione in favore della medesima H&S la cui offerta risultava prima in graduatoria con 88,099/100 punti.

Althea si collocava seconda in graduatoria con un punteggio pari a 83,122/100.

Con deliberazione n. 2758 del 12 novembre 2020 la ASP Ragusa disponeva l’aggiudicazione della procedura in favore della ditta H&S, dandone comunicazione in data 18 novembre 2020 con nota prot. U – 0036300.

2. Fatti rilevanti di causa.

Ritenendo illegittimo il provvedimento di aggiudicazione, l’odierna ricorrente principale proponeva ricorso assegnandolo ai seguenti motivi di diritto.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione e degli altri atti di gara impugnati perché: a) l’aggiudicataria H&S avrebbe quantificato i costi della manodopera e i costi interni della sicurezza come pari a “0”, e che tale circostanza è da considerarsi quale mancata indicazione degli stessi; b) la Stazione appaltante avrebbe erroneamente ammesso l’aggiudicataria ai benefici del soccorso istruttorio in violazione dell’art. 83, co. 9, D. Lgs. n. 50/2016 e in particolare, avrebbe consentito all’aggiudicataria di modificare la propria offerta economica in corso di gara; c) la Stazione appaltante avrebbe erroneamente qualificato le prestazioni oggetto di affidamento in termini di servizio di natura intellettuale.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’azione amministrativa posta in essere dalla Commissione in quanto quest’ultima avrebbe consentito alla H&S di riquantificare, in sede di chiarimenti, i suddetti costi, consentendo una illegittima integrazione postuma dei termini essenziali dell’offerta economica.

Con il terzo motivo di ricorso, viene dedotta l’illegittimità dell’operato della commissione in quanto quest’ultima avrebbe ritenuto esente l’aggiudicataria dall’obbligo dichiarativo di cui all’articolo 95, comma 10, del Codice in ragione della qualificazione del relativo servizio in termini di “servizio di natura intellettuale”.

Con quarto motivo di ricorso, viene dedotto il vizio di difetto di motivazione della proposta di aggiudicazione di cui al verbale n. 7 della Commissione.

Si costituiva in giudizio l’aggiudicataria H&S con atto di costituzione del 8 gennaio 2021 e con memoria del 12 gennaio 2021, contestava tutto quanto chiesto dedotto ed eccepito dalla ricorrente principale Althea.

Con ricorso incidentale del 12 gennaio 2021, la H&S proponeva ricorso incidentale.

Con il primo motivo formulato con il ricorso incidentale, H&S censura l’ammissione di Althea alla procedura di gara per la mancata valutazione dei gravi illeciti professionali posti in essere dalla ricorrente principale e per l’omessa dichiarazione degli stessi in violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter) e f-bis) del Codice.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, H&S contesta l’operato della ASP Ragusa, asserendo che la stessa sarebbe incorsa in un difetto di istruttoria e di motivazione per aver ammesso Althea nonostante i gravi inadempimenti dichiarati.

In vista dell’udienza, le parti depositavano corpose memorie con cui insistevano nelle proprie difese, eccezioni e richieste.

All’udienza del 11 marzo 2021, sentite le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

3. Il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale.

Althea e H&S hanno proposto due distinti ricorsi (rispettivamente ricorso principale, la prima e ricorso incidentale, la seconda) che il Collegio ritiene di dover esaminare entrambi, in ragione della complessa ed articolata evoluzione che ha contraddistinto il rapporto processuale tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale di tipo escludente nell’ambito del contenzioso dei contratti pubblici.

Come noto, la questione è stata ripetutamente esaminata e non sempre univocamente risolta dalla giurisprudenza amministrativa; questa Sezione con la pronuncia n. 4/2021 (che di seguito si riporta e dai cui arresti non vi sono motivi per discostarsi) ne ha ricostruito i tratti più salienti che vengono ripresi in questa sede in quanto oggetto di contestazione specifica.

Prima dell’Adunanza Plenaria 11/2008 tre erano gli orientamenti seguiti dalla giurisprudenza: a) quello tradizionale, secondo cui il ricorso incidentale escludente doveva essere esaminato con priorità rispetto al ricorso principale, poiché il suo accoglimento avrebbe implicato l’improcedibilità di quest’ultimo per sopravvenuto difetto di legittimazione del ricorrente principale (tipico il caso del ricorso incidentale che contestasse l’interesse ad agire del ricorrente principale); b) quello più innovativo secondo cui entrambi i ricorsi dovevano sempre e comunque essere reciprocamente esaminati, poiché un loro eventuale accoglimento congiunto avrebbe potuto implicare la rinnovazione della gara e, dunque, il soddisfacimento di un interesse strumentale del ricorrente principale alla salvaguardia delle proprie chances di aggiudicazione di quell’appalto nell’ambito, però, della nuova e futura procedura che l’Amministrazione avrebbe, verosimilmente, indetto in ottemperanza all’effetto conformativo derivante dal giudicato amministrativo di annullamento dell’aggiudicazione, del provvedimento di ammissione dell’aggiudicatario e del ricorrente principale e degli altri atti della gara illegittimamente espletata; c) infine, quello minoritario, secondo cui doveva procedersi all’esame, anzitutto, del ricorso principale, poiché soltanto in caso di sua fondatezza, sarebbe stato configurabile un interesse attuale e concreto dell’aggiudicataria all’esame del proposto ricorso incidentale.

La questione era particolarmente dibattuta perché l’ordine di trattazione dei ricorsi prescelto implicava differenti ricadute processuali (almeno in astratto) sull’esito del giudizio, considerato, infatti, che:

1) l’accoglimento del ricorso principale, determinando l’esclusione dell’aggiudicatario dalla procedura, avrebbe implicato l’improcedibilità del ricorso incidentale di tipo escludente per sopravvenuto difetto di legittimazione a ricorrere del controinteressato che lo ha proposto;

2) il mancato accoglimento con qualsiasi formula (irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o rigetto) del ricorso principale avrebbe determinato l’inammissibilità del ricorso incidentale per carenza ab origine di interesse, rimanendo l’aggiudicazione efficace;

3) l’accoglimento del ricorso incidentale avrebbe implicato l’improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuto difetto di legittimazione a ricorrere;

4) il rigetto del ricorso incidentale non avrebbe precluso l’esame del ricorso principale.

Componendo il riferito contrasto interpretativo, l’Adunanza Plenaria n. 11/2008 ha affermato che la scelta del ricorso da esaminare in via prioritaria avrebbe dovuto risolversi alla luce del principio di tipicità, economia processuale e parità delle parti nel processo.

In applicazione di tali principi, il giudice sarebbe stato libero di scegliere quale ricorso esaminare per primo a seconda di quale fosse quello idoneo a condurre ad una definitiva e celere la risoluzione della controversia.

Avrebbe, così, prioritariamente esaminato quello incidentale, ove l’accoglimento avesse reso improcedibile il ricorso principale; avrebbe vagliato prima quella principale se la sua fondatezza avesse reso inammissibile per carenza di interesse quello incidentale.

Il principio della parità delle parti nel processo tuttavia, impone di apportare una deroga a questa regola generale: nell’ipotesi in cui a ricorrere fossero state due imprese, l’una ricorrente in via principale, l’altra in via incidentale, uniche partecipanti ad una gara d’appalto, entrambe tese far accettare l’illegittima ammissione alla gara della controparte, il giudice avrebbe potuto scegliere quale ricorso esaminare per prima, ma, esaminato il primo, avrebbe dovuto vagliare anche il secondo.

In tal caso, infatti, la posizione processuale delle ricorrenti sarebbe stata perfettamente simmetrica poiché entrambe sarebbero state titolari dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara, sicché l’esame di un solo ricorso si sarebbe sostanziato nella violazione del principio di parità delle parti nel processo, principio espressamente affermato nell’articolo 111, secondo comma, della Costituzione.

Di diverso avviso è stata l’Adunanza Plenaria con la pronuncia n.4/2011, avendo, infatti, il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa ritenuto il ricorso incidentale di tipo escludente, proprio in quanto preordinato a contestare l’ammissione alla gara del ricorrente principale, istituto processuale introduttivo di una questione preliminare da esaminare con priorità, a prescindere dal numero dei partecipanti e dai requisiti (siano essi soggettivi od oggettivi) di partecipazione alla gara ritenuti violati, potendosi soprassedere dal suo necessario preventivo esame soltanto qualora il ricorso principale si fosse rivelato irricevibile, inammissibile, improcedibile o manifestamente infondato, a siffatto esito pervenendosi in ragione delle seguenti argomentazioni:

– l’ordine delle questioni non può essere rimesso alla discrezionalità del Giudice perché potrebbe comprometterne la terzietà;

– l’esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda;

– la legittimazione e l’interesse a ricorrere, in quanto condizioni dell’azione, costituiscono questioni pregiudiziali;

– l’art. 76, co. 4, c.p.a. rinviando espressamente all’art. 276 c.p.c., che disciplina l’ordine delle questioni da trattare, ascrive priorità all’esame dei presupposti dell’azione, quali, appunto, la legittimazione e l’interesse a ricorrere;

– il difetto di legittimazione a ricorrere costituisce sempre una questione da trattare con priorità perché pregiudiziale rispetto a tutte le altre;

– il difetto di legittimazione è, di norma, rilevabile anche d’ufficio e, quindi, il suo esame non presuppone un’apposita iniziativa di parte;

– il difetto di legittimazione del ricorrente va, dunque, esaminato con priorità a prescindere dalle modalità processuali adoperate dalle parti per eccepirlo;

– il difetto di legittimazione del ricorrente può essere eccepito anche con una mera difesa, o con un’apposita eccezione, anche riconvenzionale, o con un ricorso incidentale (sub specie di domanda riconvenzionale di annullamento di un atto);

– il ricorso incidentale amplia l’oggetto del giudizio e se, di tipo escludente, deve essere esaminato sempre con priorità poiché implicante, ove fondato, l’improcedibilità del ricorso principale per difetto sopravvenuto di legittimazione a ricorrere;

– l’interesse minore alla ripetizione della gara incluso nell’interesse maggiore all’aggiudicazione della gara è meritevole di tutela se configurabile in capo ad un partecipante alla procedura e non ad un escluso con provvedimento definitivo (sebbene a seguito dell’accoglimento di un ricorso incidentale di tipo escludente);

– è vero che la giurisprudenza ha ammesso l’impugnazione da parte di soggetti non partecipanti alla gara, ma si tratta di casi talmente peculiari da non poter costituire una regola, né intaccare la legittimazione dell’interessato all’impugnazione degli atti di una procedura di affidamento di un appalto;

– non rileva che la carenza di legittimazione a ricorrere sia originaria (perché il ricorrente non ha mai partecipato alla procedura) o sopravvenuta (perché il ricorrente è stato ammesso in virtù di un atto illegittimo e poi annullato), mancando in entrambi i casi un presupposto dell’azione che costituisce questione pregiudiziale di rito da esaminare con priorità;

– né rileva il numero dei partecipanti alla gara, poiché quand’anche soltanto due, l’interesse alla rinnovazione della procedura, legittimante l’impugnazione proposta dal ricorrente principale, presupporrebbe, comunque, una legittima partecipazione alla gara, degradando, altrimenti, a mero interesse di fatto, come tale privo di rilevanza giuridica;

– soltanto qualora irricevibile, inammissibile, improcedibile o manifestamente infondato il ricorso principale potrebbe, in via del tutto eccezionale, essere esaminato prima del ricorso incidentale.

Siffatta pronuncia, che riprende il prevalente indirizzo tradizionalmente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, è stata criticata dalla Corte di Cassazione, perché ritenuta in contrasto i fondamentali principi di effettività della tutela e dell’esercizio del diritto di difesa.

In sostanza (e in senso diametralmente opposto, rispetto alla pronuncia n. 11 del 2008), l’Adunanza Plenaria, con la pronuncia n. 4 del 2011, aveva ritenuto invece che il ricorso incidentale c.d. escludente deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale alleghi l’interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura. Infatti, qualora il ricorso incidentale abbia la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude, al giudice, l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente.

Detta priorità logica, ad avviso del Collegio, sussisteva indipendentemente dal numero dei partecipanti alla procedura selettiva, dal tipo di censura prospettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall’amministrazione resistente.

Sul punto, intervenne, una prima volta, il giudice europeo, con la famosa sentenza Fastweb (sez. X, 4 luglio 2013 C- 100/2012). Con detta pronuncia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea statuì che il diritto dell’Unione Europea osta all’applicazione della legge nazionale interpretata in modo tale da consentire al ricorso incidentale di escludere l’esame del ricorso principale in tutti i casi in cui entrambi i ricorsi, avendo il medesimo oggetto, sono tra loro speculari, e sarebbe, dunque, iniquo ammettere l’esame dell’uno e non anche dell’altro, diversamente opinando perpetrandosi una grave ed ingiustificata disparità di trattamento (in particolare, si legge: «il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare»).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dunque, ribadisce, da un lato, la rilevanza dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara nelle impugnazioni di atti di procedure contraddistinte dalla partecipazione di due imprese concorrenti (come già era stato precedentemente affermato dall’Adunanza Plenaria 10 novembre 2008, n. 11) e, dall’altro, limita l’esame di entrambi i ricorsi ai casi in cui si verte nella medesima fase del procedimento e i vizi lamentati dalle parti sono gli stessi.

Senonché, con la successiva Adunanza Plenaria n. 9/2014, il Consiglio di Stato, richiamando il principio di autonomia processuale degli Stati membri da sempre riconosciuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con il limite del rispetto dei principi di non discriminazione ed effettività della tutela, si è nuovamente pronunciato, difendendo l’orientamento precedentemente enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011, in ragione delle seguenti argomentazioni:

– la Corte di Giustizia in precedenti pronunce aveva affermato il principio secondo cui l’impresa non partecipante ad una gara non può impugnare l’aggiudicazione disposta in favore di imprese terze;

– la posizione dell’impresa non partecipante sarebbe equiparabile a quella dell’impresa non ammessa o esclusa dalla procedura, anche all’esito di un ricorso incidentale;

– la pronuncia della Corte di Giustizia, sul caso Fastweb, doveva ritenersi eccezionale perché contraddistinta dalla peculiarità della fattispecie concreta esaminata, e, dunque, non poteva valere anche laddove alla gara avessero partecipato più di due imprese;

– il principio della parità delle parti nel processo (art. 111, co. 2, Cost. e art. 2 c.p.a.) tollera delle “disimmetrie” purché giustificabili in una prospettiva di ragionevolezza (Corte Cost. n. 109/2009);

– non è in contrasto con il principio di parità delle parti la regola processuale che impone il preventivo esame delle condizioni dell’azione, subordinandone al positivo superamento il sindacato della domanda nel merito;

– costituisce abuso del processo, in quanto qualificabile proprio come tale, l’iniziativa di colui il quale, pur sapendo di avere commesso un errore durante la partecipazione alla gara, impugna l’aggiudicazione disposta dalla P.A. in favore di un altro offerente, dovendo, dunque, ritenersi la negligenza del ricorrente motivo idoneo a giustificare una disimmetria processuale tra le parti del giudizio;

– come già affermato dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011, il ricorso proposto avverso un’aggiudicazione da parte di colui il quale abbia partecipato alla gara in virtù di un atto illegittimo, doveva ritenersi carente sul piano della legittimazione a ricorrere, poiché preordinato alla tutela di un interesse (quello alla ripetizione della procedura) non legittimo ma di mero fatto;

– dalla sentenza della Corte di Giustizia sul caso Fastweb si desumerebbe la necessità di valutare il momento procedimentale in cui i vizi rispettivamente dedotti con il ricorso principale e con quello incidentale si sono verificati, dipendendo la priorità dell’esame dell’uno o dell’altro ricorso proprio dalla fase del procedimento, antecedente o susseguente, in cui si sarebbero configurate le dedotte illegittimità, potendosi all’uopo distinguere tre fasi: 1) quella deputata al controllo della tempestività della domanda di partecipazione e dell’integrità del plico; 2) quella dedicata all’esame dei dichiarati requisiti di partecipazione soggettivi, sia generali che speciali; 3) quella inerente alla verifica delle offerte ed alla rilevazione di eventuali carenze di elementi essenziali delle stesse previste a pena di esclusione;

– deve, di conseguenza, ammettersi l’esame congiunto dei ricorsi soltanto allorché i vizi, rispettivamente, dedotti ineriscano alla medesima fase procedimentale;

– il ricorso principale con il quale si deduca un vizio verificatosi in una fase successiva rispetto a quella del vizio dedotto dall’aggiudicataria con il ricorso incidentale, pertanto, sarebbe doppiamente improcedibile, per sopravvenuta carenza tanto di legittimazione a ricorrere quanto di interesse a ricorrere.

In conclusione, secondo l’Adunanza Plenaria: a) il giudice ha il dovere di decidere la controversia, ai sensi del combinato disposto degli art. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., secondo l’ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito e, fra le prime, la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione; b) il ricorso incidentale deve, dunque, essere esaminato con priorità, tranne qualora: b1) il ricorso principale sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o manifestamente infondato; b2) il ricorso incidentale non abbia carattere escludente perché censura valutazioni e condotte della Pubblica Amministrazione, senza mai contestare (ed anzi presupponendo) la regolare partecipazione del ricorrente alla gara; b3) ricorso incidentale e ricorso principale deducano vizi inerenti alla stessa fase procedimentale.

Sennonché, l’assetto dei rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale così come definito dal Consiglio di Stato viene nuovamente superato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha ampliato il principio di diritto prima affermato nella sentenza Fastweb e sostanzialmente stravolto quanto affermato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2014.

In tale pronuncia, si è infatti ritenuto che, in presenza di una censura incidentale “escludente”, non venga mai meno la legittimazione del ricorrente principale che abbia proposto anch’egli censure “escludenti”. La Corte di giustizia ha chiarito e sviluppato la regula iuris statuita con la decisione Fastweb, riaffermando il principio secondo cui «In applicazione della direttiva 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (c.d. Direttiva Ricorsi), il ricorso principale proposto da un offerente in una procedura per l’affidamento di un appalto pubblico diretto a ottenere l’esclusione di un altro offerente non può essere dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente, anche in ipotesi in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara controversa, sebbene ammesse inizialmente in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dall’amministrazione aggiudicatrice. Infatti, il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, così come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb (C-100/12)» (Corte giustizia UE grande sezione, 05/04/2016, n. C-689/13, Puligienica c/Airgest S.p.A.).

La parte decisamente innovativa della pronuncia consiste nella precisazione secondo cui, ai fini dell’applicazione di questo principio, risulta irrilevante:

A) l’eventuale divergenza di oggetto o di contenuto dei motivi dedotti rispettivamente con il ricorso principale e con quello incidentale;

B) il numero dei partecipanti che abbiano presentato ricorso (principale o incidentale) e la circostanza che i concorrenti rimasti in gara siano stati tutti evocati in giudizio.

Ad avviso del giudice europeo, infatti, i ricorrenti vanterebbero, in ogni caso, una astratta chance di ripetizione della gara, in quanto l’Amministrazione potrebbe decidere comunque di non procedere allo scorrimento della graduatoria; ovvero si potrebbe appurare l’illegittimità dell’offerta del terzo; o quest’ultimo potrebbe non essere più interessato all’aggiudicazione.

In tal modo, si è esteso di molto il principio espresso dalla sentenza Fastweb, al fine di tutelare al massimo l’interesse strumentale dell’operatore economico e di proteggere, in prospettiva più generale, la legalità delle procedure di affidamento degli appalti pubblici.

Nonostante l’autorevolezza della richiamata pronuncia, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea non risolveva tutte le problematiche inerenti alle ricadute processuali caratterizzanti il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale nel giudizio amministrativo.

La tradizionale concezione, infatti, dell’interesse a ricorrere, in termini di attualità e concretezza da parametrare all’immediatezza del conseguimento del bene della vita anelato all’esito dell’accoglimento del ricorso, non sembra facilmente compatibile con la strumentalità dell’interesse alla ripetizione della gara allorché le imprese concorrenti siano più di due, essendo, infatti, in tali ipotesi la rinnovazione della procedura di affidamento dell’appalto pubblico una prospettiva non certa, ma probabile, se non meramente possibile ed ipotetica.

Sul punto, le successive pronunce del Consiglio di Stato hanno riconosciuto la sussistenza di un meritevole interesse strumentale, con conseguente obbligo di esame congiunto di entrambi i ricorsi proposti, allorché il ricorrente principale abbia dedotto motivi di impugnazione che, se accolti, avrebbero determinato con certezza la rinnovazione della gara, ed ossia qualora si contesti: 1) la regolarità della posizione dell’aggiudicatario e di tutte le imprese partecipanti alla procedura, siano esse rispetto ad esso precedenti o susseguenti in graduatoria; 2) la legittimità della lex specialis e, dunque, la validità dell’intera procedura.

Fuori da questi casi, (ed ossia quando alla procedura partecipino più di due imprese, i ricorsi reciprocamente escludenti non riguardino la posizione di talune concorrenti al punto che l’accoglimento di entrambi i ricorsi non pregiudicherebbe la possibilità per queste ultime di conseguire l’aggiudicazione mediante scorrimento della graduatoria, ovvero, allorché con il ricorso principale non si deducano vizi avverso la lex specialis tali da implicare, in caso di accoglimento, l’annullamento dell’intera gara con obbligo di ripetizione), il problema si pone in tutta la sua evidenza.

Due gli orientamenti delineatisi.

Il primo, formalmente più aderente alla sentenza della Corte giustizia UE grande sezione, 05/04/2016, n.C-689, secondo il quale i ricorsi andrebbero, comunque, esaminati entrambi, poiché l’interesse immediato e diretto di tipo strumentale alla rinnovazione della gara dovrebbe ritenersi sussistente anche qualora la ripetizione della procedura costituisca un’eventualità meramente ipotetica, ossia soltanto possibile (Consiglio di Stato, Sez.V, 20 luglio 2017, n. 3593; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 29 dicembre 2017, n. 31226 secondo cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea avrebbe «reso ancora più esplicito l’enunciato della sentenza Fastweb relativo alla possibilità che l’amministrazione aggiudicatrice sia indotta a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare, spiegando: “Da un lato, infatti, l’esclusione di un offerente può far sì che un altro offerente ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura. D’altro, nell’ipotesi di esclusione di tutti gli offerenti e dell’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e, quindi, ottenere indirettamente l’appalto” (punto 52). Con il che è definitivamente chiarito che basta la mera eventualità del rinnovo della gara a radicare l’interesse del ricorrente a contestare l’aggiudicazione»).

Il secondo orientamento, invece, presupponendo che le domande dei ricorrenti debbano essere sempre contraddistinte da un interesse attuale e concreto, ammette l’esame congiunto dei ricorsi principale ed incidentale escludente soltanto qualora l’annullamento in autotutela della gara e la rinnovazione della stessa sia una conseguenza certa o altamente probabile dell’effetto conformativo scaturente dalla sentenza di accoglimento del ricorso principale (Consiglio di Stato, Sez.III, 26 agosto 2016, n. 3708).

Entrambi i richiamati indirizzi presentano profili di criticità.

Ed invero, il primo orientamento non considera:

1) che l’annullamento in autotutela della gara sarebbe un’eventualità ipotetica in quanto dipendente da scelte della Pubblica Amministrazione ampiamente discrezionali, e, proprio perché tali, pregiudizievoli per la concezione dell’interesse strumentale alla rinnovazione della gara quale interesse certo, concreto ed attuale come dovrebbe essere quello presupposto per l’ammissibilità del ricorso ai sensi degli artt. 39, co. 2, c.p.a. e 100 c.p.c. (Consiglio di Stato, Sez.V, 23 febbraio 2015 n. 855; Cassazione Civile, Sezioni Unite 2 novembre 2017, n. 23031);

2) che in caso di accoglimento del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale, il ricorrente principale, in quanto escluso dalla gara con sentenza passata in giudicato, non potrebbe impugnare l’aggiudicazione disposta in favore di altra impresa mediante scorrimento della graduatoria (secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia 21 dicembre 2016);

3) che l’autotutela è un potere meramente facoltativo ed esperibile entro 18 mesi dall’adozione dell’atto di primo grado (ai sensi dell’art.21 nonies L. n.241/1990) anche laddove il provvedimento amministrativo da sottoporre a riesame sia in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, dovendosi escludere (tranne nei casi eccezionali individuati dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 13 gennaio 2004, n.453/2000, Kuhne and Heitz, punto 27 e Corte di Giustizia dell’Unione Europea 12 febbraio 2008, Kempter, par. 38) che a fronte di un atto amministrativo “anticomunitario” (o come taluni preferiscono qualificarlo, “antieuropeo”) la Pubblica Amministrazione abbia un obbligo di annullamento d’ufficio o un mero obbligo di riesame e che il Giudice sia sempre tenuto a disporne la disapplicazione in caso di omessa impugnazione (Consiglio di Stato, Sez.IV, 21 febbraio 2005, n.579; Consiglio di Stato, Sez.III, 8 settembre 2014, n.4538).

Il secondo orientamento, invece:

1) sembra in contrasto con la sentenza della Corte giustizia UE grande sezione, 05/04/2016, n.C-689, nella parte in cui quest’ultima afferma l’obbligo di esame congiunto di tutti i ricorsi (principale ed incidentale) a prescindere dalla tipologia di vizi di legittimità dedotti e dal numero delle imprese partecipanti;

2) non sembra considerare che, quand’anche si accertasse in giudizio la sussistenza di un vizio di legittimità inficiante le offerte sia della ricorrente incidentale (aggiudicataria) sia di tutte le imprese partecipanti alla gara, l’annullamento d’ufficio della procedura in autotutela sarebbe, comunque, un’eventualità ipotetica e non una conseguenza obbligatoria, dipendendo, infatti, da poteri discrezionali della Pubblica Amministrazione. Né il Giudice potrebbe d’ufficio affermare un obbligo conformativo in spregio alla regola della domanda di cui agli artt. 34, co. 2, c.p.a. e 112 c.p.c., pronunciandosi su offerte di imprese non evocate in giudizio.

Consapevole, dunque, della complessità della questione e dei non univoci orientamenti inaugurati e seguiti dalle proprie sezioni, il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, ha nuovamente chiesto un pronunciamento della Corte di Giustizia, sottoponendole il seguente quesito: «se l’articolo 1, paragrafi 1, comma 3, e 3, Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla Direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 c.c.), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 c.c.)» (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 11 maggio 2018, n. 6).

L’Adunanza Plenaria, nella formulazione del quesito, sembra prendere posizione, sostenendo, da un lato, che sarebbe più armonico e coerente con il sistema processuale nazionale e con il principio di autonomia processuale incentrato sull’iniziativa delle parti (ed in parte qua comune a quello di numerosi Stati-Membri dell’Unione Europea) che l’interesse del ricorrente principale attinto da un ricorso incidentale escludente, in quanto limitato alla reiterazione della procedura di gara (con esclusione di profili concernenti la “regolarità delle procedure di gara”), sia valutato nella sua concretezza, e non con riferimento a ragioni astratte, dal Giudice adito e, dall’altro, che sarebbe opportuno una rimessione agli ordinamenti processuali degli Stati Membri, in ossequio all’autonomia processuale loro riconosciuta, il compito di individuare le modalità di dimostrazione della concretezza del detto interesse, garantendo il diritto di difesa delle offerenti rimaste in gara e non evocate nel processo ed in armonia con i principi in materia di interesse concreto e attuale della parte al ricorso e in punto di onere della prova.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, tuttavia, non ha condiviso le indicazioni del Consiglio di Stato, affermando, con la pronuncia della sentenza n. 333/2019, il principio di diritto secondo cui «L’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi» (Corte giustizia UE sez. X, 05/09/2019, n.333).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ritiene che il rispetto del diritto europeo costituisce un valore assoluto ed inderogabile, al punto da superare eventuali regole processuali che ne possano ostacolare la sua corretta ed obiettiva applicazione, soprattutto in un settore economicamente così rilevante e delicato come quello dell’affidamento dei contratti pubblici. Che, dunque, alla gara abbiano partecipato più di due imprese e che, quindi, talune di esse non siano state evocate nel giudizio intentato dall’impresa ricorrente non costituisce, né potrebbe costituire, un limite alla piena ed assoluta osservanza del diritto europeo che, come noto, nei settori di sua competenza non tollera preclusioni e prevale sulle normative nazionali con esso in contrasto. L’interesse alla corretta applicazione del diritto dell’Unione Europea viene concepito in un’ottica quasi superindividuale e tendenzialmente oggettiva, in quanto preordinato a garantire, nella fattispecie, non soltanto il soddisfacimento delle pretese vantate dal singolo operatore di mercato partecipante ad una procedura di affidamento di un contratto di appalto pubblico, ma anche e soprattutto il rispetto di regole fondamentali per l’unitarietà e coesione del mercato e del sistema economico europeo. La concezione macro-economica del mercato, quale settore elettivo dei rapporti economici e fattore fondamentale dell’attività dell’intera Unione Europea, è sempre stata sostenuta dalla Corte di Giustizia, al punto da costituire un vero e proprio criterio interpretativo di molte sue pronunce e di molte norme disciplinanti settori di interesse europeo.

Se, dunque, questa è l’ottica di riferimento per la concezione della disciplina europea, è possibile comprendere perché la Corte di Giustizia abbia affermato che il Giudice Amministrativo sia tenuto ad esaminare il ricorso principale quand’anche dal suo accoglimento l’impresa ricorrente non consegua l’anelata aggiudicazione a causa della proposizione di un fondato ricorso incidentale di tipo escludente da parte dell’aggiudicataria controinteressata. La prospettiva meramente ipotetica, se non financo remota, di una ripetizione della procedura, infatti, costituisce interesse di per sé sufficiente a giustificare l’esame del ricorso principale.

Secondo quanto chiarito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea «26 Tale principio risulta applicabile anche quando, come nella controversia di cui al procedimento principale, altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per esclusione. 27 Infatti, l’offerente che, come nel presente caso, si sia classificato in terza posizione e che abbia proposto il ricorso principale deve vedersi riconoscere un legittimo interesse all’esclusione dell’offerta dell’aggiudicatario e dell’offerente collocato in seconda posizione, in quanto non si può escludere che, anche se la sua offerta fosse giudicata irregolare, l’amministrazione aggiudicatrice sia indotta a constatare l’impossibilità di scegliere un’altra offerta regolare e proceda di conseguenza all’organizzazione di una nuova procedura di gara. 28 In particolare, qualora il ricorso dell’offerente non prescelto fosse giudicato fondato, l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe prendere la decisione di annullare la procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento a motivo del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa».

Può, dunque, concludersi che l’interesse pubblico al pieno ed effettivo rispetto del diritto europeo ed alla repressione delle sue eventuali violazioni incide anche sull’interpretazione delle norme processuali nazionali, condizionandone il significato da ascriverle e la loro applicazione, come nel caso delle disposizioni disciplinanti le condizioni dell’azione, al punto da ampliare l’ambito di operatività della tutela giurisdizionale dilatando il significato della nozione di interesse a ricorrere sino a ritenerla configurabile anche laddove l’accoglimento del ricorso implichi per il ricorrente un vantaggio soltanto eventuale o financo meramente ipotetico ed astratto.

La Corte di Giustizia ha, infatti, enunciato un’interpretazione eurounitaria dell’interesse ad agire di cui all’art.100 c.p.c. autonoma ed indipendente da quella tradizionalmente accolta nel nostro ordinamento processuale e che appare preordinata ad assicurare un sindacato quanto più esteso possibile sulla regolarità delle procedure di affidamento indette, quasi a voler concepire la giurisdizione sulle controversie concernenti le materie di interesse europeo in senso oggettivo, ed ossia in modo preminentemente strumentale all’accertamento della legalità violata al punto da relegare in secondo piano l’interesse a ricorrere dei soggetti coinvolti e, dunque, l’utilità pratica che le parti in causa potrebbero conseguire.

È stato osservato, infatti, che se il Giudice Amministrativo è tenuto ad esaminare il ricorso principale anche quando non siano state formulate censure in grado di decretare l’annullamento dell’intera procedura (avendo il ricorrente interesse soltanto ed esclusivamente all’aggiudicazione dell’appalto) e l’aggiudicataria controinteressata abbia proposto un fondato ricorso incidentale di tipo escludente, è evidente che l’accoglimento delle censure di legittimità formulate dal ricorrente principale (ipotizzandosi quest’ultimo quale secondo classificato) non implicherà alcuna utilità pratica certa e concreta, ben potendo l’Ente aggiudicatore procedere alla scorrimento della graduatoria in favore della terza classificata o di altra impresa partecipante non esclusa; è, poi, possibile che anziché procedere allo scorrimento della graduatoria l’Ente aggiudicatore preferisca disporre l’annullamento in autotutela dell’intera procedura di affidamento.

Va, dunque, ritenuto legittimo l’esame congiunto dei ricorsi principale ed incidentale anche laddove dall’accoglimento delle proposte censure il ricorrente principale non consegua un’utilità pratica attuale e concreta, dovendosi ritenere sufficiente, nell’ambito delle questioni concernenti l’affidamento di appalti pubblici, il mero interesse strumentale alla ripetizione della procedura anche qualora siffatta evenienza sia tutt’altro che certa o altamente probabile.

Con riguardo al caso in esame, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno, dunque, entrambi esaminati, a prescindere dal loro esito.

Va preliminarmente esaminato il ricorso principale.

4. Ricorso principale.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione e degli altri atti di gara impugnati perché: a) l’aggiudicataria H & S avrebbe quantificato i costi della manodopera e i costi interni della sicurezza come pari a “0”, e che tale circostanza sarebbe da considerarsi quale mancata indicazione degli stessi; b) la Stazione appaltante avrebbe erroneamente ammesso l’aggiudicataria ai benefici del soccorso istruttorio in violazione dell’art. 83, co. 9, D. Lgs. n. 50/2016 e in particolare, avrebbe consentito all’aggiudicataria di modificare la propria offerta economica in corso di gara; c) la Stazione appaltante avrebbe erroneamente qualificato le prestazioni oggetto di affidamento in termini di servizio di natura intellettuale.

Come è noto l’art. 95, comma 10, del Codice degli Appalti (D.lgs. 50/2016) prevede che “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a)”.

Conformemente a tale disposizione normativa, la lex specialis richiedeva ai partecipanti l’indicazione de “e) i Costi per le misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, compresi nel prezzo, ai sensi dell’art. 95 comma 10 del D.Lgs. n. 50/2016″ e dei “f) i Costi triennali di manodopera”.

La questione della mancata indicazione degli oneri della sicurezza e dei costi della manodopera è stata affrontata e risolta dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (dapprima con la decisione n. 3 del 24 gennaio 2019 n. 3 e successivamente con la decisione n. 7 del 2 aprile 2020), la quale ha definitivamente statuito che l’indicazione in sede di offerta degli oneri di sicurezza aziendale e dei costi della manodopera ex art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 costituisce elemento essenziale dell’offerta, la cui omissione non è sanabile tramite soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, del Codice.

Più specificatamente, secondo il decisum del Supremo Consesso, la mancata indicazione dei costi per la manodopera e la sicurezza dei lavoratori non è suscettibile di sanatoria attraverso l’istituto del c.d. “soccorso istruttorio” in quanto tale mancata indicazione è espressamente compresa fra i casi in cui il soccorso non è ammesso (vedi Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 3 del 24 gennaio 2019); pertanto è illegittimo il comportamento della stazione appaltante che non attivi il dovuto meccanismo espulsivo nel caso in cui l’impresa, risultata poi aggiudicataria, abbia del tutto omesso nella sua offerta economica l’indicazione dei costi della manodopera, come previsto dall’art. 95 del D.Lgs n. 50 del 2016 e dalla lex specialis (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 7 del 2 aprile 2020).

In applicazione dei suddetti principi, il Collegio ritiene che la Commissione avrebbe dovuto escludere H&S senza concedere il c.d. soccorso istruttorio.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’azione amministrativa posta in essere dalla Commissione in quanto quest’ultima avrebbe consentito alla H & S di (ri)quantificare, in sede di chiarimenti, i suddetti costi, consentendo di fatto un’illegittima integrazione successiva dei termini essenziali dell’offerta economica.

In particolare, dagli atti di causa, è possibile rilevare che nell’offerta economica iniziale H&S quantificava in “0” i propri costi della manodopera e della sicurezza; tuttavia, successivamente alla richiesta di chiarimento (da parte della Stazione appaltante), quegli stessi costi venivano ricalcolati, rispettivamente, in 70.000,00 Euro e 5.000,00 Euro, andando così a modificare l’offerta originaria.

Il Collegio rileva che si tratta di un’integrazione postuma dell’offerta che si pone – come è noto – integra una violazione del principio generale in materia di appalti di immodificabilità dell’offerta economica (posto a fondamento della par condicio tra i concorrenti) tale da giustificare l’immediata e diretta esclusione dell’aggiudicataria H&S.

La censura è fondata e va accolta.

Con il terzo motivo di ricorso, viene dedotta l’illegittimità dell’operato della commissione in quanto quest’ultima avrebbe ritenuto esente l’aggiudicataria dall’obbligo dichiarativo di cui all’articolo 95, comma 10, del Codice in ragione della qualificazione del relativo servizio in termini di “servizio di natura intellettuale”.

Com’è noto, ai sensi del suindicato art. 95 comma 10, i concorrenti sarebbero esenti dall’obbligo di indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nel caso «delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale».

Il Collegio osserva che il Codice non contiene una specifica definizione di servizi di natura intellettuale. Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa (si badi, anche quella citata dalla ASP nel proprio provvedimento) ha chiarito che “in coerenza alla ratio dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici ciò che differenzia la natura intellettuale di un’attività è l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario” e che non può essere qualificato come appalto di servizi di natura intellettuale quello che “ricomprende anche e soprattutto attività prettamente manuali” o che “non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate”(cfr. Consiglio di Stato, III, 19 marzo 2020, n. 1974).

In particolare, per servizi di natura intellettuale si intendono quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, che siano prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; va invece esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati (Consiglio di Stato, sez. V, 28 luglio 2020, n. 4806).

Orbene, facendo applicazione dei summenzionati principi al caso di specie, il Decidente non può non rilevare che nel caso di spcie si tratta di un’attività standardizzata che non richiede l’impiego di alcuna cognizione specialistica per la risoluzione di problematiche particolari o comunque l’elaborazione di soluzioni progettuali personalizzate, ma postula la semplice riproposizione di soluzioni già in produzione.

Invero, il servizio oggetto della Procedura si sostanzia, in primo luogo, nel confezionamento, sanificazione, consegna, collaudo e ritiro dei kit al paziente: trattasi di attività che non possono qualificarsi come aventi natura “intellettuale”.

In secondo luogo, si osserva che il servizio si sostanzia anche nella costituzione di una centrale operativa da utilizzarsi come centro di gestione del monitoraggio in continuo e in tempo reale dei dati inviati dai sistemi domiciliari; non viene richiesto invece l’elaborazione e la lettura dei dati clinici, attività questa, svolta direttamente dal personale sanitario e dai vari attori coinvolti. Al riguardo è stato precisato dall’ASP di Ragusa che “il personale che gestirà la Piattaforma sarà di totale competenza dell’Azienda Sanitaria”. In conclusione, si può dedurre che l’attività si sostanzia nel fornire una piattaforma informatica che immagazzina dati senza che vi sia alcuna attività di refertazione o di “lavorazione” dei dati stessi.

Conseguentemente, anche l’attività di reportistica di cui agli artt. 4.5.5. e 10 del Documento Tecnico di gara consiste in un’attività di mera estrazione di dati dalla piattaforma.

Inoltre, il servizio oggetto di affidamento include un servizio di Help Desk h24 (con personale dell’operatore appositamente dedicato) per la risoluzione dei problemi relativi ai devices forniti. Si tratta di un servizio messo a disposizione dei sanitari/pazienti/care givers per richiedere supporto all’utilizzo delle tecnologie fornite (hardware e software), per richiedere informazioni, per la segnalazione di eventuali anomalie o guasti. Tale servizio viene istituito allo scopo di garantire una disponibilità continuativa ad accogliere le richieste e a fornire risposte adeguate e tempestive. Il personale che eroga il servizio di Help Desk è personale dell’operatore che prende in carico le chiamate, identifica la problematica tramite check list, se possibile la risolve o in alternativa indirizza la richiesta verso una struttura tecnica di secondo livello.

Infine, il servizio oggetto della Procedura di cui si discute comprende l’organizzazione di attività di formazione del personale sanitario coinvolto relativamente all’utilizzo dei dispositivi forniti e della piattaforma medesima (cfr. art. 9 del Documento Tecnico di gara – doc. 3).

Ancora una volta si tratta di quindi di attività semplici e completamente standardizzate.

Anche tale circostanza testimonia come l’oggetto dell’appalto comprenda, in via prevalente, attività standardizzate, ripetitive e che non richiedono l’elaborazione di soluzioni ad hoc, diverse caso per caso, per ciascun utente del servizio e che certamente non possono essere qualificate come di natura intellettuale.

A riprova della standardizzazione del servizio e dell’assenza, nell’ambito del servizio di cui si discorre, della prevalenza della componente personale per la ideazione di soluzioni personalizzate, si osserva che la medesima H&S nella propria offerta ha dichiarato di essere in grado di poter essere operativa nell’erogazione del servizio entro 15 giorni dalla firma del contratto (pag. 50 dell’offerta di H&S – doc. 14). E ciò in ragione del fatto che la stessa H&S ha proposto una soluzione operativa già in uso presso altri clienti: si tratta di un’inequivocabile elemento che testimonia ancora una volta la standardizzazione delle soluzioni e quindi la natura non intellettuale dei servizi.

La circostanza che la soluzione proposta possa essere indifferentemente riutilizzata per più clienti certamente denota una elevata standardizzazione dell’attività prestata e, nel contempo, l’assenza di una componente prettamente “intellettuale” e “personalizzata”.

Ne consegue l’inapplicabilità, al caso di specie, dell’esenzione prevista dall’art. 95, comma 10, del Codice e, correlativamente, la sussistenza dell’obbligo di indicare i costi della manodopera e della sicurezza.

In conclusione, si può affermare che nei servizi per cui è oggi causa difetta il carattere distintivo delle attività prettamente intellettuali che è appunto “l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario”. Anche tale rilievo è quindi idoneo di per sé a smentire la tesi di H&S, fatta poi propria dalla Stazione Appaltante.

Con quarto motivo di ricorso, viene dedotto il vizio di difetto di motivazione della proposta di aggiudicazione (di cui al verbale n. 7 della Commissione).

La Commissione dichiara di aver assunto le proprie determinazioni sulla base dell’esame dei “chiarimenti della società H&S pervenuti in data 29/07/2020” (laddove H&S riquantifica i costi della manodopera e della sicurezza da 0 a, rispettivamente, 70.000 e 5.000 euro) e non sulla scorta della successiva (tardiva e non richiesta) “Seconda Lettera di chiarimenti” del 22 settembre 2020 (laddove H&S invoca l’esenzione di cui all’art. 95 del Codice).

Tuttavia non vi è alcuna correlazione tra i chiarimenti forniti dalla H&S con la Prima Lettera e la successiva decisione della ASP di “qualificare” il servizio come di natura intellettuale, di modo da esentare i concorrenti dall’obbligo di indicare i costi della manodopera e della sicurezza.

La Commissione, ha deliberatamente ignorato i contenuti della Prima Lettera (integrante una inammissibile rettifica dei termini della offerta economica) e ha fondato la motivazione sulla successiva Seconda Lettera, pervenuta ben oltre il termine assegnato dalla medesima Stazione Appaltante, in tal modo violando ogni basilare principio di par condicio, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa.

Dalla piana lettura della motivazione della proposta di aggiudicazione emerge infatti con chiara evidenza che la Commissione, lungi dal non considerare il chiarimento “non richiesto” ad H&S, fonda la propria decisione proprio sulla scorta delle motivazioni contenute in quest’ultima tardiva nota (tant’è che la ASP richiama i medesimi precedenti giurisprudenziali citati da H&S nella Seconda Lettera).

H&S nella Prima Lettera di chiarimento non ha invero fatto alcun riferimento alla natura del servizio, limitandosi (illegittimamente) a indicare, per la prima volta, tali costi rispetto a quanto dichiarato nell’offerta originaria. Di talchè non può scorgersi nessun collegamento tra l’esame della Prima Lettera di chiarimento di H&S (e di cui la Commissione avrebbe dovuto necessariamente tener conto) e la decisione di qualificare il servizio come di natura intellettuale.

Ebbene, venendo al caso di specie, l’incoerenza e la contraddittorietà tra la premessa del provvedimento (vale a dire l’esame dei chiarimenti della società H&S pervenuti in data 29 luglio 2020, laddove i costi vengono semplicemente quantificati rispetto all’offerta economica) e le sue conclusioni (esenzione dall’obbligo di indicare i costi della sicurezza e della manodopera), nonché l’aggiramento delle regole procedimentali, che si concretizza nell’accogliere un chiarimento pervenuto ben oltre il termine assegnato, non può che considerarsi sintomo di un grave sviamento della funzione e di eccesso di potere che giustifica il travolgimento dei provvedimenti impugnati.

Si ricorda che la richiesta di chiarimenti è avvenuta con prefissione di un congruo termine perentorio per l’adempimento (15 giorni dal ricevimento della richiesta, cfr. doc. 6), com’è necessario per assicurare il pronto svolgimento delle operazioni di gara. La Seconda Lettera è pervenuta oltre tale termine, dunque la Commissione non avrebbe dovuto tenerne conto ai fini della propria decisione (cfr. in tal senso TAR Sardegna, Sez. II, 24 febbraio 2020, n. 112 nonché TAR Toscana-Firenze, 30 aprile 2009, n. 753).

A ciò deve aggiungersi che la motivazione appare altresì carente, posto che non vengono esposte le ragioni per cui l’attività debba qualificarsi come intellettuale, vieppiù che un forte obbligo di motivazione era imposto dal fatto che nella lex di gara non si rinviene alcun elemento che deponga nei termini proposti dalla Commissione. Sotto altro profilo, le pronunce giurisprudenziali citate nel provvedimento sono del tutto inconferenti dato che si limitano a ribadire l’esenzione dall’obbligo di indicare i costi della sicurezza e della manodopera nel caso in cui, il servizio, diversamente da quello oggetto della procedura di cui trattasi, abbia carattere intellettuale.

Non si rinviene, quindi, nei provvedimenti impugnati alcun iter logico-argomentativo seguito dalla Commissione e dal quale possano dedursi gli elementi in base ai quali il servizio è stato qualificato come “intellettuale” e, in particolare, sulla scorta di quali previsioni della lex di gara disciplinanti l’oggetto e le concrete modalità di esecuzione. Sostanzialmente la Commissione ha sposato una tautologica affermazione proposta da H&S, senza operare una concreta indagine o valutazione delle specifiche caratteristiche della commessa, in tal modo incorrendo in un palese difetto di motivazione (ancor più grave se si pensa che tutti gli altri concorrenti hanno quantificato i propri costi).

5. Ricorso incidentale.

Con il primo motivo formulato con il ricorso incidentale, la (controinteressata aggiudicataria) H&S censura l’ammissione di Althea alla Procedura di gara per la mancata valutazione dei gravi illeciti professionali posti in essere dalla ricorrente principale e per l’omessa dichiarazione degli stessi in violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter) e f-bis) del Codice.

Di seguito le singole penali che non sono state oggetto di dichiarazione.

Penali applicate da Estar.

In primis, H&S evidenzia la mancata dichiarazione delle penali comminata da ESTAR in relazione al contratto per il “servizio di attività manutentive su apparecchiature elettromedicali di proprietà delle Aziende Sanitarie dell’Area Vasta Nord Ovest Toscana”, per conto di AOU Pisana.

Al riguardo, la Althea rileva che sia guardando al valore globale dei contratti che valutando la singola quota contrattuale relativa all’AOU Pisana le penali complessivamente comminate sono ben inferiori all’1% dell’importo contrattuale e non rientravano quindi tra i fatti suscettibili di dichiarazione.

Penali della ASST di Lodi Est.

H&S deduce nel ricorso che Althea avrebbe dovuto dichiarare le penali comminate dall’ASST di Lodi, disposte con determinazione prot. n. 3891 dell’11 febbraio 2019.

Al riguardo, la Althea rileva che l’inconducenza (per mancanza di significatività di queste penali), in quanto non definitivamente accertate, né ancora pagate, è comprovata dal fatto che l’ATI Althea/TS ha proseguito nell’esecuzione del servizio, senza che le inadempienze siano state considerate gravi.

Penali ASST nord Milano.

Ed ancora vengono menzionate le penali della ASST nord di Milano nei confronti di Althea risolte in via transattiva e senza interruzione del servizio.

La Althea in merito richiama quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui tale episodio non può essere considerato ai fini di un giudizio di affidabilità dell’operatore; si riportano di seguito i passaggi maggiormente significativi: “Le contestazioni mosse sul punto dall’odierna appellante tendono ad enfatizzare la gravità di tali vicende, comunque chiusesi con risoluzioni consensuali o revoche degli iniziali provvedimenti adottati dalle varie stazioni appaltanti […] trascurano il dato – …che nessuno degli illeciti professionali contestati era poi sfociato in qualche atto di risoluzione per inadempimento o in qualche provvedimento sanzionatorio definitivo, trattandosi di risoluzioni tutte annullate, revocate o comunque poi definite con un esito consensuale tra le parti, segno, questo, che le stesse pubbliche amministrazioni non fossero certe dell’esito delle contestazioni mosse e abbiano optato per la soluzione transattiva, con revoca dei precedenti atti adottati e senza alcun riconoscimento, da parte di Althea Italia s.p.a., del proprio inadempimento. “nessuno degli illeciti professionali contestati era poi sfociato in qualche atto di risoluzione per inadempimento o in qualche provvedimento sanzionatorio definitivo, trattandosi di risoluzioni tutte annullate, revocate o comunque poi definite con un esito consensuale tra le parti, segno, questo, che le stesse pubbliche amministrazioni non fossero certe dell’esito delle contestazioni mosse e abbiano optato per la soluzione transattiva, con revoca dei precedenti atti adottati e senza alcun riconoscimento, da parte di Althea Italia s.p.a., del proprio inadempimento” (Consiglio di Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1609).

Penale irrogata dalla ASL Salerno.

La Ricorrente incidentale fa inoltre riferimento ad una penale comminata dalla ASL Salerno nel contratto avente ad oggetto i servizi integrati di gestione e manutenzione delle tecnologie della ASL ed imputabile ad EMB (poi fusa con Althea), che eseguiva il servizio in RTI con HC.

Al riguardo Althea rileva che la suddetta penale è irrilevante (ai fini del giudizio di affidabilità) in quanto da essa non si può desumere alcuna significativa inadempienza contrattuale, essendo intervenuto il completo ristoro del disservizio causato, con conseguente prosecuzione del rapporto contrattuale, stante la chiusura di qualsivoglia contestazione sorta con la ASL.

In particolare, la Althea rappresenta che gli inadempimenti contrattuali (ossia il protrarsi del fermo macchina sia della TAC Toshiba in dotazione presso il P.O. di Oliveto Citra, che della TAC Siemens in dotazione presso il P.O. di Agropoli erano dovuti ai i ritardi della casa madre), erano stati risolti con un ristoro per il disservizio cagionato (consistente nella fornitura di 2 ecotomografi, nonché un adeguamento della diagnostica radiologica presso la UO Radiologia del PO di Oliveto).

Althea precisava dunque che l’esecuzione contrattuale, stante l’intervenuta risoluzione della controversia, proseguiva senza interruzione, per cui nessuna grave o significativa inadempienza era ravvisabile in tale episodio della vita professionale di Althea.

In conclusione – secondo la difesa di Althea – la penale in questione, dunque, non rientra tra quelle suscettibili di integrare gli oneri informativi, non essendo qualificabile come significativa carenza nell’esecuzione del contratto, né avendo dato luogo ad un’interruzione del rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, H&S contesta l’operato della ASP Ragusa, asserendo che la stessa sarebbe incorsa in un difetto di istruttoria e di motivazione per aver ammesso Althea nonostante i gravi inadempimenti dichiarati.

I due motivi del ricorso incidentale (considerata la connessione logico-giuridica) involgendo la medesima questione di diritto vengono affrontati congiuntamente dal Collegio.

Proprio con riferimento all’attività di controllo che la Stazione Appaltante avrebbe dovuto svolgere in sede di ammissione alla procedura di gara sotto il profilo della verifica dell’affidabilità dei concorrenti e sul correlativo obbligo di motivazione della decisione di ammissione o non ammissione, il Collegio osserva che, ai fini dell’art.80, comma 5, lett. c), è necessaria una attività di giudizio della commissione che deve consistere (alla luce della documentazione in atti e di quella che eventualmente è necessario acquisire ai fini di una piena contezza dei fatti e della loro rilevanza), nel valutare se sussista o meno il grave illecito professionale, tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico; tale valutazione discrezionale si deve concludere con un giudizio di sussistenza o insussistenza del grave illecito professionale supportato da motivazione (TAR Sicilia – Catania 2335/2018).

In particolare, secondo questa giurisprudenza formatasi in materia “(…) fermo restando che i fatti dichiarati di cui si discute (relativi a precedenti risoluzioni contrattuali e penali, alcune delle quali non contestate) non possono comportare un’esclusione con carattere automatico (importando, invece, ai fini di un’eventuale esclusione, specie in caso di contestazioni, un obbligo di motivazione rafforzata per l’amministrazione) e tenuto conto che l’amministrazione non può certo essere tenuta a motivare analiticamente le ragioni per cui non ritenga i singoli fatti dichiarati rilevanti e gravi (o meno) ai sensi dell’art.80, co. 5, lett. c), l’assoluta mancanza di qualsiasi riferimento nel verbale di ammissione alla compiuta valutazione degli stessi e ad una sia pure sintetica motivazione circa la loro non rilevanza o comunque del percorso logico che ha consentito alla commissione di concludere per l’ammissione sia pure a fronte di “10 tra esclusioni e/o risoluzioni contrattuali e/o penali per inadempimento”, nel caso, non consentono all’operatore economico che abbia interesse ad impugnare la ammissione e a questo Tribunale di accertare se la doverosa valutazione vi sia stata e se la stessa sia affetta da macroscopica illogicità, impedendone uno scrutinio in sede di giudizio. Consegue la fondatezza del motivo. (…)”.

Con riferimento alla specifico tema della valutazione dei gravi illeciti professionali qualora contestati giudizialmente o in via extragiudiziale per stabilire l’affidabilità dell’operatore economico è intervenuta – come peraltro rilevato dalla difesa della ricorrente alla Commissione di Gara UREGA – la Corte Giustizia (pronuncia 19/06/2019, causa C-41/18), la quale, per quanto di interesse in questa sede, ha statuito espressamente che il contenzioso giudiziale sulla risoluzione anticipata di un precedente contratto, assunta da un’Amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, non può escludere il potere della Pubblica Amministrazione (che indice una nuova gara d’appalto) di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce.

In particolare – ritiene la Corte – che tale potere (che l’art. 57, paragrafo 4, della Direttiva 2014/24/UE conferisce all’Amministrazione aggiudicatrice) non può essere “paralizzato” dalla semplice proposizione di un’azione giudiziale o extragiudiziale volta alla contestazione della risoluzione anticipata del contratto.

Ne deriva – secondo il ragionamento della Corte di Giustizia – che la Stazione appaltante ha il potere-dovere di effettuare comunque le valutazioni sull’affidabilità dell’operatore economico, ai fini della sua ammissione o esclusione dalla gara, anche in caso di pendenza del giudizio in ordine alla risoluzione anticipata di un precedente contratto.

Più specificatamente, la Corte ha ritenuto che la mera contestazione da parte dell’impresa della risoluzione di un precedente contratto pubblico dinanzi a un giudice civile non priva la Stazione Appaltante del potere – dovere di valutare l’affidabilità del concorrente.

Pertanto, la Corte, ha dichiarato la non compatibilità con il diritto dell’Unione (ed in particolare con l’art. 57, par. 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE) dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 nella parte in cui preclude alla Stazione Appaltante di valutare le risoluzioni contrattuali sub judice pronunciate nei confronti di un operatore economico (statuendo il seguente principio di diritto: “L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”).

Con specifico riferimento invece alle transazioni stipulate dall’aggiudicataria e addotte dalla stessa quali atti o fatti che impediscono una valutazione degli stessi come gravi illeciti professionali, il Collegio richiama quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la transazione stipulata a seguito della risoluzione contrattuale disposta dalla stazione appaltante per grave inadempimento impedisce l’accertamento giudiziale circa la legittimità o meno della risoluzione stessa, ma determina definitivamente il consolidamento del fatto storico costituito dalla risoluzione per inadempimento disposta dalla stazione appaltante, che richiede, ai sensi dell’art. 1455 c.c., l’importanza e quindi la gravità dell’inadempimento. Tale circostanza (risoluzione contrattuale composta mediante transazione), integra comunque il presupposto di cui all’art. 80, comma 5 lett. C ter, del d.lgs. n. 50/2016 (Cons. Stato, sez. IV, 1/7/2020, n. 4227).

Il motivo di ricorso è fondato non risulta invero un’adeguata attività istruttoria a fronte delle numerose penali e risoluzioni contrattuali connotanti la vita professionale di Althea.

Trattandosi di pregresse condotte contrattuali che possono dare adito a dubbi sulla sua “affidabilità professionale”, il giudizio di non gravità o irrilevanza non emerge in maniera implicita o per fatti concludenti e richiede quindi un’approfondita istruttoria ed una puntuale e argomentata motivazione, nel caso di specie del tutto omessa.

In conclusione, entrambi i ricorsi vanno accolti.

6. Spese di giudizio.

Considerata la soccombenza reciproca delle parti in causa, le spese del giudizio possono compensarsi tra le parti. Spese irripetibili nei confronti dell’Amministrazione non costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 (svoltasi ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, convertito in Legge n. 176/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”) con l’intervento dei magistrati:

Federica Cabrini, Presidente

Francesco Bruno, Consigliere

Emanuele Caminiti, Referendario, Estensore

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Emanuele Caminiti   Federica Cabrini

IL SEGRETARIO

 

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