26/04/2021 – Eventuali vizi relativi al conferimento di incarico dirigenziale “a competenza generale” non sono idonei ad invalidare la determinazione di revoca

Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20/ 04/ 2021, n. 824

Il Tar Calabria, nel respingere ricorso avverso revoca dell’aggiudicazione di concessione di impianto sportivo, si esprime sulla carenza di potere del soggetto incaricato ai sensi dell’ articolo 110 del Tuel[1].

Viene infatti contestata la legittimità del provvedimento di autotutela per carenza di potere del dirigente a motivo della nullità dell’atto di nomina per violazione dell’art.110, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000.

Il ricorrente contesta la legittimità della nomina per due ordini di censure: a) lo Statuto del Comune non prevedrebbe la possibilità del conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi del citato articolo stante la mancata istituzione, in tale Comune della dirigenza; b) inoltre non si sarebbe tenuto correttamente conto, nello stabilire il tetto massimo di personale esterno ai sensi dell’art. 110, comma 1, T.U.E.L., della percentuale del 30% fissata dalla legge.

Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20/ 04/ 2021, n. 824 dichiara le censure inammissibili:

10.2- Le censure sono inammissibili.

10.3- Come osservato da recente giurisprudenza, anche di questo Tribunale, “I vizi dell’atto di nomina del funzionario incidono — in termini di invalidità derivata — sul provvedimento lesivo solo ove vi sia uno specifico nesso procedimentale tale da rendere l’atto di nomina un presupposto del successivo provvedimento. Siffatto nesso può ravvisarsi unicamente nel caso di nomina di organi «a competenza speciale», ossia circoscritta alla procedura che conduce all’emanazione del provvedimento lesivo. Viceversa, con riferimento agli organi «a competenza generale», il nesso di consequenzialità è insussistente, sicché i vizi dell’investitura non si riflettono sull’autonomo provvedimento adottato dall’organo. In altri termini, gli atti di nomina e conferma del dirigente non possono reputarsi alla stregua di atti presupposti al provvedimento lesivo, che quindi non può essere invalidato da eventuali vizi degli atti d’investitura dell’organo, non essendovi — tra i due atti — una relazione di pregiudizialità” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 14.10.2020, n. 1619).

10.4- Nella fattispecie, trattandosi di incarico dirigenziale “a competenza generale”, l’eventuale sussistenza di vizi relativi al suo conferimento non sono idonei ad invalidare l’impugnata determinazione dirigenziale di revoca.

10.5- Incidentalmente si osserva che le censure risultano comunque infondate anche nel merito.

10.5.1- L’art. 110, comma 1, del T.U.E.L. dispone che “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad. accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.

10.5.2- Rileva la giurisprudenza della Corte di Cassazione che “L’art. 110 d.lgs. n. 267 del 2000, in materia di “incarichi a contratto” a tempo determinato conferiti dagli enti locali, disciplina, al comma 1, la possibilità che il contratto sia stipulato per la copertura di posti previsti in pianta organica, mentre, al comma 2, la previsione riguarda la stipulazione di contratti “al di fuori della dotazione organica”, con la conseguenza che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione di cui al comma 1 deve essere prevista dallo statuto dell’ente, non essendo all’uopo sufficiente una previsione regolamentare” (Cassazione civile sez. lav., 21/01/2015, n.1028).

Anche la giurisprudenza contabile osserva che “È legittima la stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato di diritto pubblico se è osservato l’obbligo di previsione esplicita di tale tipologia contrattuale anche nello statuto comunale oltre che nell’atto regolamentare, in applicazione dell’art. 110 d.lg. 18 agosto 2000 n. 267” (Corte Conti, Sez. giurisd. Lombardia, 02/03/2005, n.167).

10.5.3- Da quanto finora esposto consegue che, al fine di poter legittimamente conferire un incarico ai sensi dell’art. 110, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000 è necessario e sufficiente che lo Statuto comunale preveda la possibilità, per l’amministrazione, di poter coprire i posti di funzione contemplati dalla norma, ampliando la platea dei soggetti cui possono essere attribuite tali funzioni non solo al personale interno (cui detti incarichi vengono naturaliter conferiti) ma anche a soggetti non dipendenti di ruolo dell’Ente.


[1] Articolo 110 Decreto legislativo 18/08/2000, n. 267.

1.    Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico.

2.    Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell’area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all’interno dell’ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell’ente arrotondando il prodotto all’unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.

3.    I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l’eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell’ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.

4.    Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.

5.    Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.

6.    Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.

 

Pubblicato il 20/04/2021

N. 00824/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01160/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1160 del 2020, proposto da

Asd Olympic Rossanese 1909, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Candiano, Luca Candiano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Corigliano Rossano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Monforte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

della Determinazione del Dirigente – Settore 9 – Patrimonio ed Appalti n. 8 del Registro di Settore e n. 851 del Registro Generale del 21.08.2020, notificata il 25.08.2020, di revoca di precedenti atti; della deliberazione di Giunta n. 189 del 29/08/2019, di revoca della Deliberazione C.P. n. 59 del 18/07/2018; della determina Dirigente Risorse Umane n.210 del 19/12/2019 e dell’avviso pubblico del 20/12/2019 ex art. 110/I com. T.U.E.L.; del decreto sindacale n. 7 del 28/04/2020 di nomina del predetto Dirigente; della deliberazione del C.P.n.4 del 17/01/2019 di approvazione Reg. Uffici e servizi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Corigliano Rossano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 aprile 2021, tenuta per come disposto dall’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 convertito in l. n. 176 del 2020, il dott. Domenico Gaglioti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1- La ricorrente (associazione senza scopo di lucro avente fini di promozione, formazione e preparazione alla disciplina calcistica dilettantistica, e con possibilità anche di gestire impianti ed attrezzature strumentali alla pratica dello sport ed affiliata alla F.I.G.C.) aveva ottenuto, con determina di aggiudicazione n. 22 Registro di Settore (R.S.) – n. 42 Registro Generale (R.G.) del 5.2.2019 (previo avviso pubblico approvato su atto di indirizzo del Commissario Prefettizio per l’affidamento della gestione degli impianti sportivi impartito con delibera n. 59 del 18.7.2018) la gestione dell’impianto per il gioco del calcio “Stefano Rizzo” del Comune di Corigliano-Rossano, considerato alla stregua di impianto privo di rilevanza economica e con gestione da esplicare senza caratteristiche imprenditoriali.

2- Antecedentemente alla stipula del contratto di concessione, con deliberazione n. 189 del 29.8.2019 la Giunta Comunale di Corigliano-Rossano, subentrata al Commissario Prefettizio, impartiva nuovi indirizzi per la gestione degli impianti sportivi comunali, con consequenziale revoca della citata deliberazione commissariale n. 59/2018, e demandava al R.U.P. di annullare in autotutela il provvedimento di aggiudicazione dell’impianto alla ricorrente.

3- Con determinazione dirigenziale n. 16 del Registro di Settore (n. 824 del Registro Generale) del 12.09.2019, veniva disposta la revoca dell’aggiudicazione.

4- Avverso tale provvedimento l’odierna ricorrente proponeva ricorso a questo Tribunale, il quale, con sentenza n. 505 del 28.3.2020, lo accoglieva per vizi attinenti l’assenza di previo contraddittorio procedimentale e per incompetenza.

5- Con successiva determinazione del dirigente del Settore 9 “Patrimonio ed Appalti” n. 8 R.S. – n. 851 R.G. del 21.8.2020, notificata il 25.8.2020, veniva reiterato, previa partecipazione procedimentale, la revoca dell’aggiudicazione definitiva.

6- Avverso tale provvedimento – nonché gli atti propedeutici, tra cui gli epigrafati atti a mezzo dei quali si è provveduto alla nomina del dirigente sottoscrittore dell’impugnato provvedimento – viene proposto ricorso, notificato all’amministrazione comunale il 29.9.2019 e depositato il 14.10.2020, affidato ai seguenti motivi di diritto:

1) Carenza di potere del Dirigente per nullità dell’atto di nomina. Violazione di legge. Violazione dell’art.110/1° com. TUEL – Riserva statutaria. Mancata previsione nello Statuto comunale. Violazione dell’art. 21 septies L.241/1990 Eccesso di potere.

2) Violazione di legge. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 21quinquies L. n. 241/1990. Eccesso di potere. Carente, illogica e contraddittoria motivazione. Difetto di istruttoria.

3) Erronea applicazione dell’art. 34 – 20 com. d.l. n. 179/2012. Eccesso di potere. Travisamento dei fatti. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa. Violazione delle norme sulla contabilità pubblica e degli enti locali

4) Erronea applicazione dell’art. 42 II com., lett e), d.lgs. n. 267/2000. Incompetenza. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa. Violazione delle norme sulla contabilità pubblica e degli enti locali

5) Eccesso di potere. Irrazionalità. Contraddittorietà. Illogicità. Arbitrarietà. Travisamento dei fatti.

6) Violazione di legge. Errata applicazione dell’art. 21-quinquies l. n. 241/1990.

7- Con atto depositato il 20.11.2020 si è costituita l’amministrazione convenuta eccependo inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

8- Nell’udienza pubblica del 14.4.2021 il ricorso è stato spedito in decisione.

DIRITTO

9- Il ricorso è infondato.

10- Con il primo motivo viene contestata la legittimità dell’impugnato provvedimento di autotutela per carenza di potere del dirigente a motivo della nullità dell’atto di nomina per violazione dell’art.110, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000.

10.1- In particolare, il ricorrente contesta la legittimità della nomina per due ordini di censure: a) lo Statuto del Comune di Corigliano Calabro, allo stato applicabile in via transitoria al Comune di Corigliano-Rossano ai sensi della l.r. n. 56 del 2014 e dell’art. 3 della l. r. n. 2 del 2018, non prevedrebbe la possibilità del conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi del citato articolo stante la mancata istituzione, in tale Comune della dirigenza; b) inoltre non si sarebbe tenuto correttamente conto, nello stabilire il tetto massimo di personale esterno ai sensi dell’art. 110, comma 1, T.U.E.L., della percentuale del 30% fissata dalla legge.

10.2- Le censure sono inammissibili.

10.3- Come osservato da recente giurisprudenza, anche di questo Tribunale, “I vizi dell’atto di nomina del funzionario incidono — in termini di invalidità derivata — sul provvedimento lesivo solo ove vi sia uno specifico nesso procedimentale tale da rendere l’atto di nomina un presupposto del successivo provvedimento. Siffatto nesso può ravvisarsi unicamente nel caso di nomina di organi «a competenza speciale», ossia circoscritta alla procedura che conduce all’emanazione del provvedimento lesivo. Viceversa, con riferimento agli organi «a competenza generale», il nesso di consequenzialità è insussistente, sicché i vizi dell’investitura non si riflettono sull’autonomo provvedimento adottato dall’organo. In altri termini, gli atti di nomina e conferma del dirigente non possono reputarsi alla stregua di atti presupposti al provvedimento lesivo, che quindi non può essere invalidato da eventuali vizi degli atti d’investitura dell’organo, non essendovi — tra i due atti — una relazione di pregiudizialità” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 14.10.2020, n. 1619).

10.4- Nella fattispecie, trattandosi di incarico dirigenziale “a competenza generale”, l’eventuale sussistenza di vizi relativi al suo conferimento non sono idonei ad invalidare l’impugnata determinazione dirigenziale di revoca.

10.5- Incidentalmente si osserva che le censure risultano comunque infondate anche nel merito.

10.5.1- L’art. 110, comma 1, del T.U.E.L. dispone che “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad. accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.

10.5.2- Rileva la giurisprudenza della Corte di Cassazione che “L’art. 110 d.lgs. n. 267 del 2000, in materia di “incarichi a contratto” a tempo determinato conferiti dagli enti locali, disciplina, al comma 1, la possibilità che il contratto sia stipulato per la copertura di posti previsti in pianta organica, mentre, al comma 2, la previsione riguarda la stipulazione di contratti “al di fuori della dotazione organica”, con la conseguenza che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione di cui al comma 1 deve essere prevista dallo statuto dell’ente, non essendo all’uopo sufficiente una previsione regolamentare” (Cassazione civile sez. lav., 21/01/2015, n.1028).

Anche la giurisprudenza contabile osserva che “È legittima la stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato di diritto pubblico se è osservato l’obbligo di previsione esplicita di tale tipologia contrattuale anche nello statuto comunale oltre che nell’atto regolamentare, in applicazione dell’art. 110 d.lg. 18 agosto 2000 n. 267” (Corte Conti, Sez. giurisd. Lombardia, 02/03/2005, n.167).

10.5.3- Da quanto finora esposto consegue che, al fine di poter legittimamente conferire un incarico ai sensi dell’art. 110, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000 è necessario e sufficiente che lo Statuto comunale preveda la possibilità, per l’amministrazione, di poter coprire i posti di funzione contemplati dalla norma, ampliando la platea dei soggetti cui possono essere attribuite tali funzioni non solo al personale interno (cui detti incarichi vengono naturaliter conferiti) ma anche a soggetti non dipendenti di ruolo dell’Ente.

10.5.4- Tanto chiarito, dalla documentazione versata in atti risulta che lo Statuto del Comune di Corigliano Calabro:

-all’art. 54 (rubricato “Ordinamento degli Uffici e dei Servizi”) prevede che “il Comune disciplina, con apposito regolamento, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione, e secondo principi di professionalità e responsabilità”;

-all’art. 57 (rubricato “incarichi esterni”) prevede che “la copertura dei posti di responsabile di settore può avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire”;

-all’art. 59 (rubricato “responsabili degli uffici e dei servizi”) prevede che “1. Essendo il Comune privo di personale di qualifica dirigenziale in servizio le funzioni di cui all’art. 107, commi 2 e 3, del TUEL, fatta salva l’applicazione dell’art. 97.4, lettera d) dello stesso TUEL, sono attribuite, con provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili dei settori ricoprenti la categoria D. 2. Spettano ai responsabili dei settori tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dal presente Statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo del Comune o non rientranti tra le funzioni del segretario di cui all’articolo 97 del TUEL”.

10.5.5- Dal coacervo delle disposizioni sopra riportate si ricava agevolmente che lo Statuto del Comune di Corigliano Calabro aveva attribuito all’amministrazione il potere di conferire incarichi aventi ad oggetto l’esercizio delle funzioni rientranti nella sfera burocratico-gestionale, ricorrendo anche all’esterno.

10.5.6- D’altronde, le argomentazioni del ricorrente, il quale, nella sostanza, assume che, non prevedendo l’ordinamento organizzativo interno posti di funzione di qualifica dirigenziale, non sarebbe interpretabile l’art. 57 dello Statuto nel senso di abilitare l’amministrazione a conferire incarichi ex art. 110 T.U.E.L., per un verso non appare centrata – atteso che, come osservato, ciò che detto articolo richiede allo Statuto, per consentire di attivare detta modalità di provvista del personale, è la previsione della possibilità di conferire incarichi di natura lato sensu dirigenziale (nel senso, cioè, di attributivi dei poteri gestionali riservati alla sfera burocratica) a soggetti non avvinti da rapporto di ruolo con l’ente e, per altro verso, le medesime argomentazioni finirebbero per provare troppo, atteso che, portando dette tesi alle estreme conseguenze, si metterebbe in discussione la configurabilità ab imis di incarichi dirigenziali a qualunque titolo, ossia tanto a personale di ruolo quanto a soggetti esterni.

10.5.7- Quando al secondo ordine di censure, si rileva che l’art. 110, comma 1, T.U.E.L. stabilisce il tetto massimo dei posti conferibili all’esterno da computarsi in misura “non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima”.

10.5.8- Dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione resistente risulta che la dotazione organica preveda n. 12 posti di funzione dirigenziale, dei quali – al momento del conferimento dell’incarico al dott. Fragale (titolare dell’incarico di responsabile dell’ufficio competente all’adozione dell’impugnato provvedimento dirigenziale) – ne risultavano coperti solo due, ragion per cui il conferimento dell’incarico al dott. Fragale non è da dirsi illegittimo con riferimento al tetto massimo imposto dalla legge.

10.5.9- Sempre in argomento, non è conferente il rilievo di parte ricorrente per cui il parametro di riferimento dovrebbe essere rapportato al numero dei posti “interni” attualmente ricoperti, non risultando dalla legge una previsione in tal senso, o al fabbisogno di personale, atteso che la valorizzazione del fabbisogno di personale, in un’ottica dinamica, rispetto alla dotazione organica si inquadra in una complessiva riforma dell’art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001 che, per quanto di rilievo in questa sede, non fa venir meno l’applicabilità del riferimento alla dotazione organica ai fini dell’individuazione del tetto massimo degli incarichi ex art. 110, comma 1, T.U.E.L., quanto meno con riferimento alle qualifiche dirigenziali.

11- Con i motivi n. 2 e n. 3 viene contestato il provvedimento dirigenziale di revoca per una serie di censure così compendiabili: -) il provvedimento sarebbe viziato da disparità di trattamento rispetto ad altre vicende, nelle quali non sarebbero stati adottati analoghi provvedimenti in autotutela; -) il provvedimento sarebbe carente di motivazione e questa, laddove esistente, risulterebbe frammentaria e contraddittoria; -) risulterebbe assente una sopravvenienza o un mutamento non prevedibile della situazione di fatto ovvero una nuova valutazione dell’interesse pubblico; -) il presupposto della revoca costituito dalla configurazione dell’impianto quale struttura avente rilevanza economica si sostanzierebbe in un’indimostrata petizione di principio, priva di riscontro fattuale; -) risulterebbe non pertinente il rilievo sulla mancanza della relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2019, in quanto la predisposizione di tale relazione si basa sull’accertata rilevanza economica di un servizio di rilevanza comunitaria.

11.1- Le censure, da esaminare congiuntamente in quanto interconnesse, sono complessivamente infondate.

11.2- È preliminarmente opportuno ricostruire sinteticamente il profilo fattuale della controversia, come desumibile dalla documentazione versata in atti.

11.2.1- Con l’impugnata determinazione dirigenziale n. 8 R.S. – n. 851 R.G. del 21.08.2020:

– viene anzitutto ripercorsa la vicenda, principiando dalla delibera commissariale di indirizzo n. 59 del 18.7.2018 (con la quale, rilevata la scadenza delle concessioni di affidamento delle gestioni degli impianti sportivi comunali e la mancata attivazione delle procedure per i nuovi affidamenti, sono state fornite indicazioni sulle modalità di espletamento delle procedure, gli oneri da porre a carico dell’affidatario e la riserva di uso del Comune) e proseguendo con la procedura di affidamento del servizio di gestione dell’impianto sportivo, privo di rilevanza economica, denominato Stadio “Stefano Rizzo” dell’Area Rossano, ritenuto privo di caratteristiche imprenditoriali, indetta con avviso pubblico approvato con determinazione dirigenziale n. 840 del 10.10.2018, aggiudicata all’odierna ricorrente con determinazione dirigenziale n. 42 del 5.2.2019 e in riferimento alla quale non era stato ancora stipulato il relativo contratto;

– viene quindi osservato che: -) le citate determinazioni dirigenziali n.840/2018 e n.42/2019 erano state adottate in esecuzione delle direttive fornite con la deliberazione commissariale n.59/2018; -) preliminarmente all’attivazione di tale procedura non era stata però pubblicata la relazione prevista dall’art.34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, come disposto dall’art.3-bis comma 1 bis del d.l. 13.8.2011 n.138 s.m.i.; -) la procedura era stara avviata ed espletata sul presupposto che l’impianto fosse privo di rilevanza economica, nonostante l’entità dell’impianto stesso, con campo da gioco con erba sintetica, dimensionato in conformità alle norme della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), con annesse due tribune, locale spogliatoio, completamente recintato e con capienza di 8.000 posti oltre che oggetto negli ultimi due anni di consistenti investimenti pubblici;

– viene altresì rilevato: -) che sussista un interesse pubblico a che la gestione di tale Stadio resti riservata al Comune onde garantire la più ampia fruizione dello stesso a favore della cittadinanza e dei diversi soggetti societari ed associativi interessati all’utilizzo; -) che l’area adiacente allo Stadio necessiti di urgenti opere di urbanizzazione primaria che impongono la piena disponibilità della struttura da parte dell’ente locale onde realizzare gli interventi e prevenire possibili danni al territorio derivanti da eventi meteorici estremi; -) che i criteri riportati nella deliberazione commissariale n. 59/2018 non sono ritenuti più adeguati, anche per l’assenza di una preventiva valutazione della migliore modalità di gestione degli impianti sportivi comunali a rilevanza economica da comprendersi nella relazione da redigersi ex art. 34 del D.L. n.179/2012, nonché per una diversa e più attuale valutazione degli interessi pubblici in gioco; -) che la Giunta Comunale, con deliberazione n.189 del 29.8.2018, aveva revocato la citata deliberazione commissariale n.59/2018 approvando nuovi indirizzi per la gestione degli impianti sportivi comunali;

– viene inoltre ritenuto sussistere un sopravvenuto motivo di interesse pubblico, evidenziato nella deliberazione della Giunta n. 189 del 2019, tale da giustificare la revoca ex art. 21-quinquies della legge n. 241/90 delle determinazioni dirigenziali n.840/2018, n. 1166 del 2018 (con cui veniva nominata la Commissione di gara per della procedura de qua) e n.42/2019.

11.2.2- La citata deliberazione n. 189 del 20.8.2018, parimenti impugnata insieme al provvedimento dirigenziale attuativo, ha un contenuto composito:

– in primo luogo, l’amministrazione, intendendo rivedere la disciplina delle forme di utilizzo degli impianti sportivi di proprietà comunale in conformità alla normativa vigente con la predisposizione di un regolamento comunale da adottare sentite le istituzioni educative, le società e le associazioni sportive operanti sul territorio e richiamato il possibile inquadramento degli impianti sportivi comunali tra gli impianti aventi natura economica o privi di rilevanza economica (a seconda della sussistenza, o meno, di una redditività anche potenziale, precisando che, nel primo caso, la gestione sarebbe stata diretta o affidata in concessione in conformità del d.lgs. n. 50 del 2016 e, nel secondo caso, sarebbe avvenuta in conformità all’art. 90 della l. n. 289 del 2002 e della l.r. n. 28 del 2010), ha revocato la deliberazione commissariale n. 59/2018 (ritenendo i criteri ivi indicati inadeguati in assenza di una preventiva valutazione della migliore modalità di gestione degli impianti sportivi comunali a rilevanza economica, valutazione da inserire nella relazione da redigersi ai sensi dell’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012) e ha demandato all’Assessore allo “Sport ed Impianti sportivi” l’urgente predisposizione di uno schema di regolamento per la gestione e la concessione in uso a terzi degli impianti sportivi a rilevanza economica e non economica;

– contestualmente, rilevata la pendenza di una procedura di affidamento all’esterno della gestione dello Stadio Comunale “Stefano Rizzo”, oggetto di controversia, ancora non perfezionata con la stipula del contratto e ritenendo erronea la qualificazione dell’impianto sportivo come privo di rilevanza economica della gestione (per la sua struttura, le dimensioni, la capienza e gli investimenti pubblici di cui sarebbe stato oggetto negli ultimi anni) e rilevata la mancanza della relazione di cui all’art. 34, comma 20, del d.l. n. 179 del 2012, ha disposto, quale indirizzo agli organi burocratici, l’attivazione di procedimento in autotutela della procedura di esternalizzazione della gestione dello stesso.

11.3- Quanto, infine, alla procedura di affidamento oggetto di revoca, è significativo precisare che il punto 11 del relativo avviso pubblico (8° pagina) aveva esplicitamente previsto che: “L’atto di convenzione relativo ai servizi in oggetto si perfezionerà solo al momento della stipulazione dello stesso e non prima. Non vale a perfezionare la convenzione la mera comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione della concessione, che l’Amministrazione provvederà ad inviare all’aggiudicatario e ai contro interessati, alla fine della procedura di gara. Detta comunicazione non ha valore di accettazione dell’offerta, ma costituisce semplicemente un presupposto per poter procedere alla stipulazione della convenzione, che resta peraltro subordinata al rispetto, da parte dell’aggiudicatario, degli obblighi di legge, delle condizioni fissate nell’avviso di gara e nella modulistica allegata”, mentre il successivo punto specifica che “La stipulazione della convenzione avverrà in forma pubblico-amministrativa (…)” e il punto 13 specifica che “L’Amministrazione si riserva la facoltà di revocare in ogni momento l’intera procedura per sopravvenute ragioni di pubblico interesse o per la modifica delle circostanze di fatto o dei presupposti giuridici su cui la procedura si basa (…)”.

11.4- Così ricostruita la vicenda, ritiene il Collegio che il provvedimento dirigenziale impugnato sia immune dalle censure formulate dal ricorrente.

11.5- Occorre anzitutto osservare che l’art. 21-quinquies, comma 1, della l. 7.8.1990, n. 241 del 1990, al quale ha fatto ricorso l’organo burocratico per adottare il provvedimento impugnato, dispone che: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”.

11.6- Sull’istituto utilizzato dall’amministrazione nel caso controverso la giurisprudenza ha osservato che: “La revoca si configura come lo strumento dell’autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc (e, quindi, non retroattiva) di un atto ad efficacia durevole, in esito a una nuova (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico alla conservazione della sua efficacia. I presupposti del valido esercizio dello ius poenitendi sono definiti dall’art. 21 quinquies, l. n. 241/1990, come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. b ter, d.l. n. 133/2014, con formule lessicali (volutamente) generiche e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e in una rinnovata (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario. Appare evidente che il potere di revoca è connotato da un’ampia e forse eccessiva discrezionalità, dal momento che, a differenza del potere di annullamento d’ufficio che postula l’illegittimità dell’atto rimosso d’ufficio, quello di revoca esige solo una valutazione di opportunità, seppure ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21 quinquies, sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’Amministrazione procedente” (ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 09/07/2020, n.2948).

Peraltro, “stante l’ampiezza della discrezionalità che caratterizza il potere di revoca, il sindacato di legittimità sull’esercizio del potere stesso non implica il potere del G.A. di sostituirsi all’Amministrazione, le cui valutazioni sfuggono quindi al sindacato giurisdizionale, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, Sez. I, 28.7.2020, n.126).

Ancora, “La stazione appaltante, anche se sia intervenuta l’aggiudicazione, conserva pur sempre il potere di non procedere alla stipulazione del contratto in ragione di valide e motivate ragioni di interesse pubblico” (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, 8.3.2017, n.1100).

11.7- Tanto chiarito, da una disamina complessiva dell’impianto motivazionale a base dell’impugnato provvedimento dirigenziale può evincersi, pur in presenza di imprecisioni argomentative, un percorso di fondo che trova in suo abbrivo nell’indirizzo con il quale la Giunta Comunale, muovendo dall’intendimento di rivedere ab imis le modalità di gestione degli impianti sportivi comunali definendone una regolamentazione appropriata – in base al ventaglio di strumenti messi a disposizione dall’ordinamento nazionale e comunitario alla luce delle caratteristiche e delle potenzialità (anche economico-reddituali) delle strutture interessate – ha ritenuto, per un verso, di revocare i precedenti atti di indirizzo politico-amministrativo e, per altro verso, di demandare all’assessore con delega al ramo la predisposizione di un nuovo schema regolamentare previa partecipazione degli stakeholders, da sottoporre all’approvazione dell’organo competente e, contestualmente, ha dato all’organo burocratico l’indirizzo a ritirare la procedura di affidamento di uno degli impianti interessati da tale revisione complessiva, non ancora perfezionatasi con la stipula della convenzione con l’aggiudicataria, indirizzo cui il dirigente ha dato attuazione con la determinazione impugnata.

11.8- Così ricostruita la vicenda, non risulta di pregio la censura attinente il dedotto vizio di legittimità per asserita assenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale, sopravvenuto allo svolgimento della gara, tale da giustificare l’adozione del provvedimento impugnato.

11.9- Non appare infatti censurabile, per quanto sindacabile in sede giurisdizionale, la determinazione dell’amministrazione comunale – posta in essere mediante il provvedimento dirigenziale assunto dall’organo burocratico, a sua volta basato su un atto di indirizzo della Giunta comunale – per la quale, rilevata l’esistenza di una procedura di affidamento per un verso potenzialmente non compatibile con le nuove scelte di policy e, per altro verso, ancora non produttiva di obblighi per il Comune in assenza di vincoli convenzionali, abbia ritenuto, in base ad una valutazione di opportunità, l’interesse a ritirare in autotutela la procedura medesima e così evitare possibili distonie rispetto ad una nuova regolamentazione complessiva, in ipotesi improntata ad una valorizzazione economica del campo sportivo, preminente su interessi, anche privati, diversi, e idoneo ad adottare le determinazioni impugnate.

A fronte di ciò, la contestazione, formulata dal ricorrente, in ordine al fatto che con l’affidamento alla ricorrente del campo sportivo sarebbe ugualmente garantita “la più ampia fruizione del stesso a favore della cittadinanza e dei diversi soggetti societari ed associativi interessati all’utilizzo”, ragion per cui nella fattispecie la modalità di gestione risulterebbe del tutto indifferente rispetto alla funzione sociale dell’impianto, che rimarrebbe ugualmente garantita tanto nella gestione in forma diretta quanto nella gestione affidata alla stessa con i penetranti poteri di indirizzo e controllo dell’Amministrazione e di riserva d’uso gratuito (previste dagli indirizzi previgenti), finisce per impingere in valutazioni di opportunità, come tali insindacabili.

Per completezza, in assenza della stipulazione di un regolamento contrattuale, chiaramente previsto dall’avviso di gara, risulta non sussistente un affidamento meritevole di tutela della ricorrente, anche in ordine all’avvenuta iscrizione ai campionati di calcio di vari livelli e categorie dilettantistiche.

11.10- Quanto finora rilevato appare invero sufficiente per ritenere il provvedimento impugnato complessivamente immune dalle censure dedotte dal ricorrente.

11.11- Deve peraltro soggiungersi che il fatto che la precedente gestione commissariale abbia ritenuto l’impianto oggetto di controversia non annoverabile tra quelli aventi rilevanza economica in quanto ritenuto improduttivo di reddito non rende, di per sé irragionevoli le determinazioni adottate successivamente, atteso che, in via di principio, non è impedito che un’amministrazione possa ritenere, in base ad una rinnovata valutazione di opportunità, di adottare nuove scelte di policy, che tengano conto delle caratteristiche strutturali e funzionali, sia attuali ma anche potenziali, del bene cui collegare l’espletamento del servizio pubblico, e degli investimenti connessi. Tutto ciò tenuto anche conto del fatto che “ai fini della qualificazione di un servizio pubblico locale sotto il profilo della rilevanza economica, non importa la valutazione fornita dalla p.a., ma occorre verificare in concreto se l’attività da espletare presenti o meno il connotato della “redditività”, anche solo in via potenziale” (Consiglio di Stato, Sez. V, 28.7.2009, n. 5097).

11.12- Le conclusioni ora rassegnate non risultano scalfibili dalle criticità segnalate da parte ricorrente, le quali, quantunque sussistenti, non assumono pregnanza tale da inficiare il provvedimento impugnato.

11.13- In particolare, non assume portata esiziale il fatto che l’amministrazione abbia motivato la revoca anche sull’assenza della relazione di cui all’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012.

Difatti, se è corretto la censura del ricorrente circa la non pertinenza, a giustificazione della revoca, del rilievo in ordine alla mancanza della relazione ex art. 34, 20 comma, d.l. n. 179 del 2012 (atteso che, pertenendo detta relazione ai soli servizi dotati di rilevanza economica non risulta ingiustificata la sua assenza nella pregressa procedura di gara, essendo illo tempore considerato l’impianto privo di rilevanza economica), è anche vero che la rilevata carenza non costituisce il motivo unico né determinante per l’assunzione del provvedimento di revoca.

11.13- Quanto, infine, alla dedotta censura di disparità di trattamento il Collegio, richiamando la giurisprudenza consolidata per la quale “l’eccesso di potere per disparità di trattamento si può configurare solo sul presupposto, di cui l’interessato deve dare prova rigorosa, dell’identità assoluta della situazione considerata” (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. III, 2.11.2019, n. 7478), osserva che, nella fattispecie, le deduzioni del ricorrente risultano generiche e non permettono di inquadrare i parametri cui la censura si riferisce né l’identità delle situazioni relativamente alle quali essa è dedotta.

12- Con il motivo n. 4 viene contestata l’erronea applicazione dell’art. 42 II com., lett. e) del d.lgs. n. 267/2000, l’incompetenza, la violazione dei principi costituzionali di buon andamento, imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa nonché la violazione delle norme sulla contabilità pubblica e degli enti locali.

12.1- Il motivo è infondato.

12.2- Si premette che, da una ricostruzione complessiva delle argomentazioni diffusamente esposte nel motivo, si ricava che:

– con una prima censura appare contestato il fatto che la Giunta comunale di Corigliano-Rossano, con deliberazione n. 265 del 6.11.2019, avente ad oggetto “Approvazione delle tariffe per l’utilizzo dei campi da calcio” (la quale, a sua volta, richiama il Regolamento del Comune di Corigliano Calabro n. 15 del 28.4.2015, recante “Regolamento per l’affidamento in gestione e la concessione in uso degli impianti sportivi comunali”) avrebbe fissato le tariffe per l’utilizzo dei campi di calcio prevedendo una loro differenziazione per categorie di campionato, assimilabili ad attività agonistica di tipo dilettantistico, circostanza da cui il ricorrente riterrebbe corroborata la natura dello stadio quale impianto privo di rilevanza economica e, dunque, la contraddittorietà con i presupposti a fondamento dell’intervenuta revoca disposta con l’atto di indirizzo di cui alla delibera n. 189 del 2019;

– con una seconda censura appare contestata la contraddittorietà tra le previsioni dell’art. 8 del medesimo Regolamento comunale n. 15 del 2015 – che prevede, tra le forme di gestione degli impianti sportivi, l’affidamento a soggetti esterni come modalità ordinaria e la gestione diretta come modalità residuale da attuare previa necessaria verifica della sussistenza delle risorse finanziarie – e le più recenti previsioni della Giunta Comunale aventi corpo nella deliberazione di indirizzo n. 189 del 2018;

– con una terza censura appaiono contestate le determinazioni dell’Amministrazione comunale nella parte in cui sarebbe stato individuato, quale ulteriore vizio della primigenia procedura di affidamento della gestione del Campo sportivo, il fatto di aver il Commissario Prefettizio adottato la delibera n. 59 del 18.7.2018 con i poteri della Giunta comunale anziché con quelli del Consiglio;

– con una quarta censura appare contestato il fatto che sia la deliberazione di Giunta Comunale n.159 del 2019 (verosimilmente da intendersi nella delibera n. 189/2019) che la determinazione del 12.9.2019 violino il principio di buon andamento e correttezza dell’azione della Pubblica Amministrazione e le norme sulla contabilità dell’Ente, in quanto non darebbero conto degli effetti finanziari che producono, tanto sotto il profilo delle maggiori spese che delle minori entrate, con il rischio di provocare una situazione deficitaria occulta di bilancio.

12.3- Le censure sono complessivamente infondate.

12.4- La prima censura, siccome ricostruita, è infondata, in quanto impropriamente viene utilizzato, quale parametro per desumere la contraddittorietà e l’illegittimità delle determinazioni assunte dalla Giunta nella delibera n. 189 del 29.8.2019 un provvedimento ad essa successivo, ossia la successiva deliberazione n. 265 del 6.11.2019.

12.5- La seconda censura è infondata in quanto, oltre a lambire il merito insindacabile delle scelte lato sensu politico-amministrative, non sembra considerare il fatto che la delibera di Giunta n. 189 del 2019 intenda avviare una nuova regolamentazione complessiva delle modalità di gestione degli impianti sportivi, destinata a porsi quale superamento della disciplina esistente compendiata nel regolamento n. 15 del 2015.

12.6- La terza censura è infondata in quanto, dal tenore della deliberazione di Giunta n. 189 del 2019 risulta che il riferimento all’aver adottato il Commissario Prefettizio la deliberazione n. 59 del 2018 facendo ricorso ai poteri della Giunta e non a quelli del Consiglio appare costituire dato neutro rispetto all’intervenuta revoca e non motivo a suo fondamento (e, a tutto concedere, anche a voler ricomprendere tale aspetto nel coacervo delle motivazioni della revoca, esso non assume portata dirimente nell’economia complessiva della revoca).

12.7- La quarta censura risulta inammissibile.

Occorre sul punto osservare che “L’onere della specificità dei motivi deve considerarsi assolto ove sia possibile desumere dal ricorso la natura e la portata delle doglianze avanzate, ancorché non siano indicati gli articoli di legge o di regolamento di cui si asserisce la violazione e soltanto quando le censure non indichino altresì i principi violati e le ragioni per le quali l’amministrazione avrebbe dovuto adottare un atto diverso, va affermata l’assoluta genericità del motivo così formulato con conseguente declaratoria di inammissibilità” (ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 24.4.2007, n. 3679).

Tanto chiarito, il profilo di censura attinente la determinazione dirigenziale del 12.9.2019 risulta inammissibile (qualora ci si riferisca all’atto di avvio del procedimento per il conferimento di incarico dirigenziale all’esterno) per le ragioni diffusamente esposte in riferimento al primo motivo di ricorso.

Quanto alla deliberazione n. 189 del 2019 la censura risulta parimenti generica, atteso che il mero riferimento a possibili effetti negativi di natura economico-finanziaria non appare idoneo, per come formulato, a comportare l’annullamento del provvedimento impugnato.

13- Con il motivo n. 5 viene contestata la legittimità del provvedimento di revoca nella parte in cui esso viene motivato sulla “necessità di esecuzione nell’area adiacente lo Stadio di urgenti opere di urbanizzazione primaria” che imporrebbe “la piena disponibilità della struttura da parte dell’ente locale”.

Assume il ricorrente, per un verso, la genericità di tale motivazione e, per altro verso, la sua contraddittorietà rispetto alle quasi coeve autorizzazioni rilasciate dal Comune ad altre associazioni dilettantistiche, che invece pubblicl’impegno del Comune a non effettuare, nel corso della stagione sportiva, lavori di miglioria tali da impedire l’utilizzo dell’impianto stesso.

13.1- Il motivo è complessivamente infondato.

13.2- In primo luogo, la contestazione in ordine alla necessità, dedotta dall’amministrazione comunale, della piena disponibilità della struttura anche per opere di urbanizzazione primaria presenta aspetti di inammissibilità in quanto finisce per impingere nella sfera di merito delle valutazioni amministrative.

13.3- In secondo luogo, la censura di contraddittorietà rispetto ad altre coeve determinazioni amministrative risulta infondata, non ravvisandosi un indice pregnante di contraddittorietà nelle autorizzazioni rilasciate dal Comune ad altre associazioni dilettantistiche stante che, da quanto versato in atti, gli impegni assunti dal Comune risultano confinati alla stagione calcistica 2020-2021, circostanza che rende detta situazione non confrontabile con la ben diversa portata del vincolo, di durata quinquennale salvo rinnovo, che sarebbe derivato dall’eventuale perfezionamento del rapporto concessorio con l’odierno ricorrente.

14- Con il motivo n. 6 viene contestata la legittimità del provvedimento impugnato per mancata previsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241 1990.

14.1- Il motivo è infondato.

14.2- La mancata previsione di un indennizzo non inficia, in sé la validità della revoca, come osservato dalla giurisprudenza consolidata per la quale “La corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21-quinquies, l. 7 agosto 1990, n. 241 è sottoposta alla condizione dell’esistenza di pregiudizi per il privato destinatario, disponendo la norma che se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, la pubblica amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo; dall’autonomia sul piano sostanziale di questa disposizione amministrativa di esborso finanziario rispetto al presupposto ritiro di un precedente provvedimento per sopravvenute ragioni di interesse pubblico si evince che la mancata previsione di tale forma di ristoro non comporta l’invalidità della determinazione assunta in autotutela, in applicazione del principio di carattere generale utile per inutile non vitiatur (art. 1419 cod. civ.)” (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, 8.3.2017, n. 1100).

14.3- In conclusione, il ricorso va rigettato in quanto infondato.

15- Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente alle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.300,00, oltre rimborso forfettario spese legali, IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:

 

Giancarlo Pennetti, Presidente

Francesca Goggiamani, Referendario

Domenico Gaglioti, Referendario, Estensore

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Domenico Gaglioti   Giancarlo Pennetti
     

IL SEGRETARIO

 

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