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Consiglio di Stato, sez. III, 25.03.2021 n. 2530

In giurisprudenza viene solitamente evidenziata una differenza fra la consulenza tecnica d’ufficio e la verificazione, nel senso che “nelle gare pubbliche, la consulenza tecnica (art. 67, c.p.a.) si estrinseca in una valutazione – e quindi in un giudizio – alla stregua della discrezionalità tecnica. Il consulente non si limita cioè ad un’attività meramente ricognitiva e circoscritta ad un elemento o fatto specifico ma, utilizzando le proprie specifiche cognizioni tecniche, prende in carico situazioni ed oggetti complessi al fine di elaborare un proprio giudizio, e di conseguenza a rispondere al quesito ritenuto dal giudice utile ai fini del decidere con una soluzione tecnicamente idonea alla stregua di un “giudizio di valore”.

Al contrario, la verificazione, di cui all’art. 66, c.p.a., è diretta ad appurare la realtà oggettiva delle cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà delle cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali. La verificazione di estrinseca quindi in un “giudizio di risultato” che, come tale, non richiede un momento di contraddittorio. Come la giurisprudenza ha affermato, il contradittorio concerne esclusivamente gli sviluppi e le risultanze della verificazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571; Consiglio di Stato sez. V 4 febbraio 2015 n. 533; id. sez. V 7 giugno 2016 n. 2433; Id., sez. IV, 8 marzo 2012, n. 1343; Id., sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2543; Id.,12 febbraio 2014, n. 682; Id., 12 novembre 2014, n. 5552)” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4848/2017).

Nel solco di tale orientamento, peraltro, si fa rilevare come “la verificazione è uno strumento probatorio che mira all’effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. In buona sostanza, la verificazione comporta l’intervento, in funzione consultiva del giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l’apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 330/2020).

La verificazione, in altre parole, ha una finalità di accertamento, ma pur sempre di fatti complessi, e dunque sulla base di competenze che implicano l’espressione di un sapere specifico, “in funzione consultiva del giudice” (come si esprime la sentenza da ultimo citata).

L’accertamento in questione, pertanto, consegue non ad un’attività meccanica, del tutto priva di un apporto critico (nel senso etimologico del termine), ma ad un processo nel quale il verificatore non può non fare applicazione dei princìpi dello specifico settore scientifico considerato.

Pubblicato il 25/03/2021

N. 02530/2021REG.PROV.COLL.

N. 10031/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10031 del 2020, proposto da

Biomerieux Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Rosaria Russo Valentini, Roberto Bonatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Rosaria Russo Valentini in Roma, piazza Grazioli 5;

contro

Becton Dickinson Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Stefanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Asl2 Lanciano Chieti Vasto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Diego De Carolis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. 00318/2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Becton Dickinson Italia S.p.A. e di Asl2 Lanciano Chieti Vasto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 il Cons. Giovanni Tulumello e uditi per le parti gli avvocati Roberto Bonatti, Diego De Carolis e Andrea Stefanelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 318/2020, il T.A.R. Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha accolto il ricorso proposto da Becton Dickinson Italia S.p.A. contro la Deliberazione del Direttore generale n. 1006 del 20 agosto 2018 di approvazione della proposta di aggiudicazione ex art. 32 D. Lgs. 50/2016 nella procedura competitiva indetta dall’A.s.l.n.2 di Lanciano-Vasto-Chieti per l’affidamento della fornitura quinquennale in service di sistemi diagnostici microbiologici per il laboratorio di Microbiologia della Patologia clinica (lotto 2).

Con ricorso in appello notificato il 19 dicembre 2020, e depositato il successivo 23 dicembre, Biomerieux Italia S.p.A. ha impugnato l’indicata sentenza.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, Becton Dickinson Italia S.p.A. e la A.S.L. 2 Lanciano Chieti Vasto.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza dell’11 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso collegamento in videoconferenza secondo le modalità indicate dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

2. La sentenza gravata ha accolto il ricorso di Becton Dickinson Italia S.p.A., ai fini del riesame dell’aggiudicazione impugnata in primo grado.

Dopo l’iniziale aggiudicazione a Becton Dickinson, il seggio di gara, su istanza di Biomerieux, rideterminava i punteggi decurtando di 14 punti quello inizialmente assegnato a Becton, aggiudicando così la gara a Biomerieux.

Becton Dickinson deduceva in primo grado l’illegittimità del giudizio della Commissione per il sottocriterio A2, riguardante l’automazione nella fasi di inoculo e lettura dei pannelli (oggetto di punteggio non graduabile, da 0 a 6 punti, decisivo ai fini dell’aggiudicazione).

Come riporta la sentenza gravata la Becton Dickinson, che si era visto decurtare il punteggio originariamente assegnato “poiché a pagina 15 della relazione allegata dalla ricorrente alla sua offerta tecnica era stata rilevata la presenza di un passaggio manuale, poiché le sospensioni ID ed AST vengono versate nei corrispondenti settori ed inoculati “per gravità”, ha lamentato con il ricorso di primo grado che “erroneamente la Commissione avrebbe decurtato il punteggio in origine riportato senza considerare che anche l’offerta della controinteressata contempla alcuni passaggi manuali nella fase di inoculo”.

All’esito della verificazione disposta in giudizio il T.A.R. ha ritenuto fondato il ricorso, per le ragioni che saranno meglio indicate in sede di esame del terzo motivo di appello.

3. Con il primo motivo di appello si contesta il rilievo dato dal T.A.R. al Capitolato, quale fattore di integrazione del Disciplinare: ad avviso dell’appellante il Capitolato non farebbe parte della lex specialis di gara.

Sostiene l’appellante che “il T.A.R. ha rilevato – erroneamente – come la valutazione del requisito A.2. dovesse essere coordinata con le indicazioni del capitolato tecnico che richiedevano un minimo intervento dell’operatore, quando tuttavia (…..) il capitolato tecnico non è parte della lex specialis di questa gara ma soltanto di quella precedente e non è richiamato dall’art. 1 del disciplinare nell’attuale. (….), il T.A.R. non si è avveduto che nella gara de qua non vi è alcun capitolato e che il capitolato cui la sentenza fa riferimento è quello della gara del 2016, che non è (più) richiamato all’interno della lex specialis della gara impugnata”.

Il disciplinare di gara richiamerebbe dunque le condizioni contrattuali ed il bando della precedente gara, ma non anche il capitolato.

Aggiunge l’appellante che “L’espunzione dalla nuova gara delle parti del precedente capitolato, invece utilizzate dal Giudice di primo grado, si combina peraltro perfettamente con la mutata forma della gara: non più procedura aperta ex art. 60 d.lgs. n. 50/16 com’era quella del 2016 bensì una procedura competitiva con negoziazione di cui all’art. 62 del d.lgs. n. 50/16 com’è quella attuale”.

In secondo luogo, il mezzo in esame deduce che “Il riferimento compiuto dalla sentenza al capitolato della gara precedente è comunque criticabile anche nella pur non vera ipotesi in cui esso fosse applicabile anche alla gara del 2018. La sentenza ha infatti riportato un passaggio del capitolato di quella gara riferito però ai requisiti minimi della fornitura mentre la caratteristica tecnica in contestazione è un requisito preferenziale, attributivo di punteggio”.

4. La controinteressata ha eccepito, con riferimento a tale mezzo, la violazione da parte dell’appellante del divieto dei nova in appello.

L’eccezione è infondata.

L’odierna appellante nel giudizio di primo grado era parte resistente, laddove “il divieto di domande o eccezioni nuove in appello ex art. 104, comma 1, c.p.a. si applica solo all’originario ricorrente, poiché solo a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello; viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, non rilevabili d’ufficio, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione, il cui accoglimento determina l’interesse a formulare ogni censura volta ad ottenere la riforma della sentenza in sede d’appello” (Consiglio di Stato, IV, 8475/2020; nello stesso senso 3628/2020).

Nondimeno, proprio l’ammissibilità di tale thema decidendum si traduce nella conseguente piena legittimità dell’introduzione in giudizio del relativo thema probandum, nel senso della ammissibilità e rilevanza della documentazione inerente il profilo dedotto.

I documenti di cui l’appellante lamenta la tardività non sono stati infatti prodotti in primo grado perché estranei al thema decidendum di quel giudizio, non essendosi dibattuto della validità del capitolato.

Non si vede del resto (proprio facendo richiamo ai criteri di ammissibilità indicati dalla sentenza di questa Sezione n. 5582/2019, invocata dall’appellante) in che modo, una volta introdotto in giudizio – per iniziativa dello stesso appellante – il tema della inclusione o meno del capitolato nella legge di gara, le altre parti possano argomentare in merito se non mediante la produzione di documentazione inerente il rilievo che detto Capitolato ha avuto negli atti (della stazione appaltante, e delle parti) nel procedimento.

Peraltro è pacifico, dall’esame del fascicolo di primo grado, che le offerte tecniche ne facessero parte (quanto meno ai fini della verificazione): solo esemplificativamente va richiamata in tal senso l’ordinanza collegiale n. 181/2020, resa nel corso del giudizio di primo grado, la quale ha stabilito che “la risposta ai chiarimenti in oggetto dovrà essere fornita dal professionista incaricato utilizzando quali fonti di conoscenza “esclusivamente” i documenti allegati alle offerte tecniche delle due ditte in gara sulla cui base la Commissione di gara ha espresso e rivisitato in autotutela le proprie valutazioni, avendo cura di allegarli integralmente alla relazione di chiarimenti”.

5. Il primo motivo di appello è dunque ammissibile, ma è infondato nel merito.

La lettera d’invito ha fatto riferimento anche al Capitolato tecnico della precedente gara, e comunque in tal senso è stato reso il chiarimento in data 8 febbraio 2018.

Con tale atto l’Azienda espressamente rispondeva al quesito “se debbano ritenersi validi ai fini della procedura in oggetto i seguenti documenti pubblicati nell’ambito della procedura CIG 63594174EC: Capitolato tecnico, Scheda offerta, Offerta economica n. 1”.

La risposta al quesito era nel senso che “si conferma la validità dei documenti contenuti nei files rubricati rispettivamente “Capitolato Microbiologia 4 3 2016 e Offerta economica Microbiologia allegato 1 (…..)”.

Peraltro la stessa offerta di Biomerieux, a pag. 12, precisa che “In caso di aggiudicazione del lotto unico e indivisibile la ditta bioMèrieux Italia si impegna, come richiesto dal capitolato, a proprie spese: (…..)”.

Il che implica, anche sul piano della volontà negoziale, una inequivoca consapevolezza del fatto che la gara fosse regolata anche dalle prescrizioni del capitolato, rispetto al quale l’offerta è stata parametrata.

L’appellante replica in proposito che il richiamo alle condizioni contrattuali del vecchio bando non potesse implicare richiamo ai “criteri di valutazione delle offerte”, sicché “un chiarimento di tal guisa non solo non può in nessun caso integrare la lex specialis ma non può neppure essere vincolante per la commissione aggiudicatrice”.

L’argomento non è decisivo, in quanto prova troppo: fondadosi su di una artificiosa e forzata scissione fra contenuto degli obblighi capitolari e criteri valutativi dell’offerta, che invece risultano avvinti da un inscindibile nesso funzionale.

Peraltro, come rilevato dalla controinteressata, il richiamo al Capitolato avrebbe un significato (soltanto) additivo sotto il profilo in esame, dal momento che è lo stesso Disciplinare a porre come requisito la “minima manualità” della procedura.

6. Con il secondo motivo di appello si deduce l’omessa pronuncia sull’eccezione di nullità della verificazione. La commistione dei profili di accertamento e di valutazione rimessi al verificatore avrebbe determinato “lo sconfinamento nelle prerogative riservate al merito tecnico della commissione di gara”.

L’appellante, nell’ultima memoria, invoca in proposito la sentenza di questa Sezione n. 4363/2019, la quale ha affermato che “Circa, poi, la differenza tra verificazione e consulenza tecnica d’ufficio, sempre la giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che essa consista – oltre che nella natura del soggetto che la effettua (organismo pubblico estraneo alle parti e dotato di specifiche competenze tecniche nel primo caso; esperti che prestano il proprio apporto tecnico a titolo privato, nel secondo) – nel fatto che la prima non è diretta ad esprimere valutazioni e a fornire un giudizio tecnico, ma si limita alla natura di mero accertamento tecnico (sez. VI, 05/01/2015, n.11 e precedenti ivi citati); mentre la seconda ha “una valenza non meramente ricognitiva e circoscritta ad un fatto specifico” (ancora Sez. VI: 12 febbraio 2014, n. 682), cioè è un mezzo di valutazione dei fatti”.

Il mezzo è infondato.

Questo Collegio è ben consapevole della differenza che in giurisprudenza viene solitamente evidenziata fra la consulenza tecnica d’ufficio e la verificazione, ne senso che “nelle gare pubbliche, la consulenza tecnica (art. 67, c.p.a.) si estrinseca in una valutazione – e quindi in un giudizio — alla stregua della discrezionalità tecnica. Il consulente non si limita cioè ad un’attività meramente ricognitiva e circoscritta ad un elemento o fatto specifico ma, utilizzando le proprie specifiche cognizioni tecniche, prende in carico situazioni ed oggetti complessi al fine di elaborare un proprio giudizio, e di conseguenza a rispondere al quesito ritenuto dal giudice utile ai fini del decidere con una soluzione tecnicamente idonea alla stregua di un “giudizio di valore”. Al contrario, la verificazione, di cui all’art. 66, c.p.a., è diretta ad appurare la realtà oggettiva delle cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà delle cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali. La verificazione di estrinseca quindi in un “giudizio di risultato” che, come tale, non richiede un momento di contraddittorio. Come la giurisprudenza ha affermato, il contradittorio concerne esclusivamente gli sviluppi e le risultanze della verificazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571; Consiglio di Stato sez. V 4 febbraio 2015 n. 533; id. sez. V 7 giugno 2016 n. 2433; Id., sez. IV, 8 marzo 2012, n. 1343; Id., sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2543; Id.,12 febbraio 2014, n. 682; Id., 12 novembre 2014, n. 5552)” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4848/2017).

Nel solco di tale orientamento, peraltro, si fa rilevare come “la verificazione è uno strumento probatorio che mira all’effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. In buona sostanza, la verificazione comporta l’intervento, in funzione consultiva del giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l’apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 330/2020).

La verificazione, in altre parole, ha una finalità di accertamento, ma pur sempre di fatti complessi, e dunque sulla base di competenze che implicano l’espressione di un sapere specifico, “in funzione consultiva del giudice” (come si esprime la sentenza da ultimo citata).

L’accertamento in questione, pertanto, consegue non ad un’attività meccanica, del tutto priva di un apporto critico (nel senso etimologico del termine), ma ad un processo nel quale il verificatore non può non fare applicazione dei princìpi dello specifico settore scientifico considerato.

Nel caso di specie, come meglio si dirà a proposito dell’esame del terzo motivo, il verificatore non ha debordato da tali limiti: ferma restando, comunque, la possibilità di condividerne o meno le conclusioni.

Quanto al fatto che il verificatore abbia, nella sua relazione, fatto riferimento ad elementi del Capitolato tecnico non costituisce un vizio dell’attività, dal momento che l’attività accertativa oggetto del quesito non era stata individuata in assoluto, ma evidentemente con riferimento alla rispondenza dei prodotti offerti in gara alla funzione che la lex specialis richiedeva ad essi.

Il fatto che il verificatore doveva accertare, in altre parole, non riguardava la presenza in astratto di determinate caratteristiche del prodotto, ma la presenza delle caratteristiche richieste dalla legge di gara in funzione delle esigenze della stazione appaltante, e degli interessi pubblici sottesi alla commessa di cui la stessa è portatrice: il che non solo non travalica la funzione dell’istituto in materia di contratti pubblici, ma ne scolpisce la peculiarità e la specificità funzionale che lo rendono rilevante o necessario nella soluzione dei relativi quesiti.

La censura, peraltro, oltre che infondate nel merito per le ragioni fin qui esposte, è altresì irrilevante in concreto, posto che la sentenza gravata ha chiaramente precisato che “ciò che rileva, ai fini della presente decisione, è la parte accertativa derivante dalle cognizioni tecniche proprie di un esperto del settore, non avendo rilievo le valutazioni soggettive compiute dal perito che fuoriescono dall’ambito dell’indagine richiesta e sono comunque ininfluenti ai fini della presente decisione”.

7. Con il terzo motivo di appello si contesta la conclusione del verificatore, condivisa dal T.A.R., per cui la fase di inoculo comprenderebbe anche la fase di preparazione della sospensione.

In sintesi il verificatore, ricostruita la fase di inoculo, ha accertato le fasi manuali presenti nei sistemi offerti in gara dalle partecipanti, e sulla base di tale accertamento ha concluso che nessuna delle strumentazioni offerte dalle due ditte in gara potesse definirsi totalmente “automatica” (con riferimento alle due specifiche fasi indicate dal Capitolato), ma che entrambe potevano nel complesso definirsi “ad alta automazione”.

Il TAR, sulla base di tale accertamento, ha dunque ha ritenuto che “l’allestimento dell’inoculo nel sistema PhoenixTM 100 integrato da PhoenixAP proposto dalla ricorrente è automatico e nel sistema proposto dall’aggiudicataria richiede un minimo intervento dell’operatore che “deve aggiustare manualmente la concentrazione della sospensione batterica con l’aiuto di una pipetta e adeguato tampone, eseguendo misurazioni nefelometriche successive fino a portare la sospensione alla voluta unità McFarland. Le manovre possono protrarsi anche per qualche minuto (dipende dall’esperienza dell’operatore)”. Diversamente nella fase della Lettura dei pannelli per identificazione (ID) ed antibiogramma (AST), come definita dal disciplinare, il sistema BD prevede una fase manuale in cui l’operatore aggiunge un indicatore di ossidoriduzione alle provette AST e le posiziona manualmente nello strumento, assieme a quelle ID, di modo che il riempimento dei pannelli avvenga per gravità. La lettura è poi eseguita automaticamente. Di converso il sistema BMX attua automaticamente sia la fase di riempimento dei pannelli che quella di lettura”.

Il primo giudice ha quindi affermato che “la Commissione nel valutare come migliorativa l’offerta dell’aggiudicataria ha considerato la sola fase della lettura dei pannelli che per l’aggiudicataria è risultata completamente automatica, ma, nel rivalutare il punteggio, ha omesso di considerare le caratteristiche di automatismo nella fase di inoculo, ivi inclusa la preparazione della sospensione, che rientrava nel subcriterio di valutazione della voce A.2 in contestazione”; ed ha conseguentemente ritenuto fondato il ricorso, “non risultando giustificata la rideterminazione in autotutela del punteggio alla controinteressata in quanto avvenuta sulla base di una parziale ed incompleta valutazione del sistema di analisi offerto in gara. All’accoglimento del ricorso consegue pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato, con il corrispondente obbligo da parte della Commissione, in esecuzione della presente pronuncia, di procedere al riesame del punteggio attribuito alle ditte in gara relativamente alla voce A2”.

8. Il T.A.R. ha dunque basato la propria decisione sulla conclusione del verificatore che ha incluso la fase di preparazione della sospensione nella fase di “inoculo” della stessa.

Il punteggio di cui si controverte (subcriterio di valutazione della voce A.2.) concerne l’automazione dei processi di “inoculo”.

Nel giudizio di primo grado il verificatore ha chiarito che in microbiologica tale attività non si limita al mero versamento della sospensione, ma si estende alla preparazione della stessa: “per “inoculo” si intende in Microbiologia l’allestimento di una determinata quantità di un preparato da usare per inoculazione (tossina, batterio, virus, lievito, fungo, protozoo, immunsiero antigene…) per cui essa include un complesso di operazioni che inizia quando si ha a disposizione un isolato, e pertanto ricomprende l’operazione della preparazione della sospensione dei microrganismi da introdurre nel terreno di coltura per saggi di identificazione e di sensibilità agli antimicrobici”.

Le conclusioni cui è giunto il verificatore, argomentate in modo congruo, risultano plausibili rispetto alla disciplina scientifica di riferimento, ma risultano altresì supportate da una interpretazione funzionale della legge di gara.

Il punteggio relativo all’automazione di tale processo ha infatti la funzione di ridurre al massimo l’apporto manuale: una lettura che limiti tale previsione ad una sola delle fasi dell’inoculo (nella specie, la fase della lettura dei pannelli) non è autorizzata non solo dal significato della nozione di riferimento nell’ambito del relativo settore scientifico, ma neppure dalla legge di gara, che ha inteso premiare quei processi che risultassero interamente automatizzati propria nell’ottica della massima riduzione del contributo manuale.

Nel caso di specie, pertanto, anche la fase di preparazione della sospensione doveva intendersi inclusa nell’attività di inoculo, oggetto del punteggio migliorativo.

Ne consegue che la sentenza gravata appare immune dal vizio dedotto con il terzo motivo di appello, che risulta pertanto infondato.

Del tutto irrilevante è poi, nel mezzo in esame, la critica all’espressione “alta automazione” contenuta nel quesito formulato al verificatore, nel senso che la stessa, estranea alla disciplina di gara, avrebbe orientato in modo errato l’attività istruttoria.

La verificazione ha ben chiarito che entrambe le offerte considerate presentavano elementi di “alta automazione”, ma nessuna delle due possedeva le caratteristiche richieste per l’attribuzione dello specifico punteggio rivendicato, vale a dire l’assenza di apporti manuali nei relativi processi.

Peraltro con la già ricordata ordinanza collegiale n. 181 del 15 giugno 2020 nel giudizio di primo grado si è chiesto al verificatore di chiarire: “per ciascuna delle offerte in gara, se e quali siano i “passaggi manuali” con intervento dell’operatore richiesti per l’utilizzo della strumentazione tecnica ad alta automazione offerta dalle due ditte in gara, per quanto concerne la fase dell’inoculo, come definita in perizia, e della lettura dei pannelli, come definiti dal disciplinare rispetto al Sistema automatico analitico per identificazione ed antibiogramma”.

Sicchè in ogni caso il riferimento alle caratteristiche di “alta automazione” non ha in alcun modo inficiato l’esito della verificazione, sia alla luce della successiva richiesta di chiarimenti; sia, soprattutto, in considerazione delle argomentate conclusioni esposte sul punto dal verificatore.

9. L’infondatezza dei motivi di appello ne comporta il rigetto, con conseguente conferma della sentenza gravata: che ha annullato l’aggiudicazione impugnata, disponendo il riesame delle offerte alla luce dell’accoglimento del ricorso di primo grado.

In questi termini è dunque l’effetto confermativo della presente sentenza, che conferma la precedente decisione per le motivazioni qui indicate.

Sussistono le condizioni di legge, avuto riguardo alla complessità delle questioni dedotte, per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.

La presente sentenza è redatta ai sensi dell’art. 120, commi 9 (come modificato dall’art. 4, comma 4, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 11 settembre 2020, n. 120) e 10, del codice del processo amministrativo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Giovanni Tulumello   Marco Lipari
     

IL SEGRETARIO

 

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