13/10/2021 – Controllare da remoto il green pass di lavoratori in smart working?

 Poichè le bozze delle Linee Guida attuative del d.l. 127/2021 sull’obbligo di green pass hanno evidenziato – giustamente – l’inconciliabilità logica, prima ancora che giuridica, di disporre un dipendente “no-pass” in lavoro agile, per agevolarlo, è maturata una domanda: come si fa a controllare se un dipendente “no-pass”, disposto in lavoro agile disponga del certificato?

In effetti, i problemi sono di due nature. In primo luogo, il datore di lavoro non dovrebbe nemmeno sapere se il dipendente è o non è vaccinato e sulla base di quale evento disponga del green pass, visto che (interpretazioni eccessivamente rigorose e fuorvianti hanno fatto sì che) tali dati sono considerati riservati. Quindi, a meno che non sia il dipendente a manifestarsi come “no-pass” a chiedere lo smart working come dispensa da tamponi e vaccino, in effetti il datore quando e se dispone un dipendente in lavoro agile non dovrebbe avere alcun modo di sapere se detto dipendente disponga o no del certificato, prima di attivare il lavoro agile. Lo potrebbe sapere solo una volta che l’attività “smart” sia stata avviata.

Ma, a questo punto, si evidenzia la seconda natura del problema: posto che per un datore pubblico sia possibile motivare la disposizione di un dipendente in lavoro agile nel nuovo regime normativo che qualifica tale forma di lavoro come straordinaria, in quale modo il datore potrebbe controllare appunto la situazione del dipendente rispetto al certificato verde?

Fermiamoci un attimo. Molti si sono lasciati sedurre dall’esplicitazione del fine del green pass evidenziata dall’articolo 9-quinquies, comma 1, del d.l. 52/2021, convertito in legge 87/2021, come introdotto dal d.l. 127/202, che dispone: “ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, nell’ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l’attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19“. Qualcuno, fermandosi sull’enunciazione del fine, sostiene che, simmetricamente, il green pass non è necessario se l’attività lavorativa non si svolga in sede.

Si tratta di una chiave di lettura fuorviante. Leggendo la norma con attenzione, essa pone due distinti obblighi:

  1. il possesso del green pass
  2. l’esibizione a richiesta.

L’esibizione è ovviamente funzionale all’accesso. Ma, il possesso è un presupposto: il dipendente deve possedere il pass a prescindere dalla richiesta e come premessa logica. Per lavorare, si deve possedere il green pass.

Occorre, poi, ulteriore attenzione al testo della norma. Essa non riferisce l’obbligo del possesso del green pass alla sede nella quale ordinariamente il lavoratore presta la propria attività, perchè subordina al possesso del certificato l’accesso “ai luoghi di lavoro”, al plurale. Il green pass serve per accedere a qualsiasi luogo di lavoro, per altro in tutto il territorio nazionale. Non dunque nel solo luogo di lavoro della sede abituale, ma in qualsiasi altro luogo nel quale il dipendente pubblico svolga la prestazione: quindi, in sedi distaccate, o in luoghi dove svolga incontri o riunioni o si rechi in missione o comunque espleti attività lavorative.

Infatti, il dipendente dell’ente A:

  1. è tenuto a possedere ed esibire il green pass per accedere ai luoghi di lavoro dell’ente A, in quanto dipendente;
  2. è altrettanto tenuto a possedere ed esibire il green pass per accedere a qualsiasi altro “luogo di lavoro” ove si rechi in ragione della prestazione resa, dunque nell’ente B … X, Y, Z, oltre che in altro luogo anche privato, poichè i datori pubblici i privati, nei cui luoghi di lavoro il dipendente acceda come “visitatore” che espleti attività lavorativa, sono tenuti a controllare che adempia alle disposizioni normative.

Facciamo un esempio. Un agente di polizia locale o anche un’assistente sociale è normale che svolgano rilevante parte della propria attività lavorativa non nei locali del comune dal quale dipendono, ma accedendo in molti altri locali per ragioni di lavoro. Poniamo che essi, un certo giorno, non siano stati sottoposti a controllo, perchè non rientranti nel campione selezionato a tale fine. Sono, dunque, “liberati” dagli obblighi di legge? No. Se l’agente di polizia locale e l’assistente si debbono recare presso sedi di altri enti pubblici o anche di soggetti privati, dovranno comunque dimostrare di possedere il certificato valido.

Torniamo, adesso, alla questione del lavoro agile. Il problema connesso al “come lo si controlla” discende dalla percezione distorta che è maturata, in questi mesi, del lavoro agile. Ci si dimentica che si è istituto uno smart working emergenziale, in deroga ad una serie di specificità previste dalla normativa ordinaria e, soprattutto, che si è realizzato in realtà un ibrido tra lavoro agile e telelavoro: l’home working. Cioè, in termini più semplici, si è considerato che il lavoro agile coincidesse col lavoro “da casa”.

Ma, il lavoro agile non è questo. Non è il lavoro da casa. E’, invece, un modo di svolgere l’attività lavorativa nel quale la collocazione logistica e i segmenti temporali si dissolvono e perdono rilievo, ai fini dell’adempimento a carico del lavoratore. L’adempimento viene esclusivamente riferito allo svolgimento di compiti cui siano riconnessi risultati rendicontabili e misurabili, realizzabili svolgendo attività lavorativa anche in diversi luoghi e senza specifici confini temporali.

Torniamo agli esempi dell’agente di polizia locale e dell’assistente sociale. Date le caratteristiche del lavoro agile vero, evidenziate sopra, l’agente non potrebbe essere disposto in lavoro agile. Perchè? Perchè pur essendo la sua prestazione svolta in un luogo “liquido” (potenzialmente “ovunque” nel territorio comunale), essa è necessariamente compresa in un turno orario predefinito e rigido. L’assistente sociale, invece, potrebbe sicuramente essere disposto in lavoro agile, per la semplice ragione che attività di assistenza, mediante accesso a sedi e luoghi ove tenere i contatti con gli assistiti e chi ne ha specifiche cure sarebbe largamente opportuno avvenissero senza vincoli orari specifici; e i compiti dell’assistente potrebbero essere agevolmente determinati e misurati: numero di accessi, numero di utenti contattati, numero di colloqui svolti, numero di relazioni e proposte di intervento elaborate, avendo avuto cura, prima, di immaginare uno standard di durata e la pretensibilità, sempre standard, di tali compiti in un astratto giorno di lavoro.

Quell’assistente sociale, allora, collocato in lavoro agile, lavorando mediante il lavoro agile vero e proprio, non lavorerebbe “da casa”, ma in una pluralità di luoghi. Ecco, allora, che in ogni caso incorrerebbe nell’obbligo di possedere ed esibire il green pass. Senza contare che nel lavoro agile “vero”, quello disciplinato dall’articolo 18 della legge 81/2017 “La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa“: il lavoro emergenziale escluse l’attività in smart woking all’interno dei locali; il lavoro agile ordinario considera, invece, assolutamente normale che parte dell’attività sia comunque resa nei locali, anche solo per riunioni, accesso ad archivi, rendicontazioni dell’attività, inserimento di dati che magari per ragioni di privacy non sia opportuno trattare in sedi esterne a quelle dell’azienda.

In linea teorica, dunque, nel lavoro agile “vero” non si lavora da casa o vi si lavora solo parzialmente e comunque un accesso in sede è necessario.

Quindi, col lavoro agile “vero” il possesso del green pass risulta ineludibile. Solo l’home working scongiurerebbe tale obbligo. Ma, l’home working non si concilia più con l’organizzazione della PA dal 15 ottobre 2021.

Sicchè, il lavoratore agile che non sia controllato sul luogo di lavoro dell’ente presso il quale è dipendente, sarebbe comunque controllato negli altri luoghi dove presta lavoro.

Infine, per quanto riguarda il “modo” con cui si controlla, risulterà strategico che funzionino presto e bene gli applicativi sui portali NoiPa e Dgc. Se tali applicativi faranno il loro dovere, come sta già accadendo nelle scuole, per i datori pubblici non sarà necessario controllare il possesso con il macchinoso e complesso sistema che si imporrebbe utilizzando l’app VerificheC19: basterà quotidianamente controllare la situazione di ciascun  dipendente caricato sugli applicativi, che evidenzieranno se risulti in regola col pass in modo automatico, senza scansionare i QR code. Dunque, con questa modalità sarà possibile controllare anche il lavoratore in smart working. Per questo è bene che le PA senza esitazione utilizzino gli applicativi on line, una volta disponibili.

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