31/05/2021 – Ordinanza contingibile e urgente per rimuovere rifiuti abbandonati

Ordinanza contingibile ed urgenti – Rifiuti – Rimozione – Gravità accentuata – Illegittimità 

              E’ illegittima l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 54, comma 4, del T.U.E.L. adottato sul riscontro di una situazione di pericolo integrata dall’esistenza di una grande quantità di rifiuti plastici ad elevato rischio di combustibilità, abbandonati all’interno di un capannone, nel caso in cui la riscontrata urgenza e indifferibilità dell’intervento sia stata accentuata al fine di giustificare il ricorso al rimedio atipico ed eccezionale, quale modalità più lineare ed economica per tentare una risoluzione della problematica (1). 

Il potere riconosciuto dall’art. 54, comma 4 del T.U.E.L. deve trovare fondamento in una situazione eccezionale di pericolo effettivo, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, ciò costituendo il naturale corollario della “configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale” (Cons. St., sez. IV, 11 gennaio 2021, n.344; id., sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; id. 21 febbraio 2017, n. 774; id. 2 ottobre 2020, n. 5780).

Nel caso di specie la situazione poteva essere fronteggiata con mezzi tipizzati, cioè quelli di cui al T.U. in materia ambientale (d.lgs. n. 152 del 2006). A tali strumenti, naturalmente preposti a risolvere questo tipo di problematica, faceva riferimento anche la nota della Regione del 15.06.2020 (all. 14 al ricorso), che invitava il Comune a procedere “ai sensi degli artt. 191 e 192 del D.Lgs 152/06”. Come affermato da Tar Campania, Napoli, sez. V, 03 febbraio 2020, n. 494, pertanto, “la sussistenza della previsione normativa di cui all’art. 192, d.lgs. n. 152/2006, che detta specifiche norme in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, esclude la possibilità, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, di ricorrere al potere extra ordinem proprio dei provvedimenti contingibili e urgenti”. Infatti, “il potere sotteso all’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente ha necessariamente contenuto atipico e residuale e può essere esercitato solo quando specifiche norme di settore non conferiscono il potere di emanare atti tipici per risolvere la situazione di emergenza

Nello specifico, la scelta del Comune di adottare un’ordinanza contingibile e urgente, come emerge dagli atti dell’istruttoria, appare dettata dal riscontro delle difficoltà – se non della radicale impossibilità – di accertare i più rigorosi presupposti sostanziali per le misure ambientali, fissati dagli artt. 188 e 192, d.lgs. n. 152 del 2006, con il conseguente rischio di dover sopportare direttamente, almeno in prima battuta, le ingenti spese di rimozione.

È infatti lo stesso Comune a riconoscere (si veda la nota del 07.09.2020 rivolta alla prefettura e prodotta sub all. 21) le criticità riscontrate nell’applicazione dei rimedi tipizzati. In particolare, “non sussistono i presupposti per l’emanazione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 192, comma 3, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., posto che l’attuale proprietario è palesemente incolpevole ed atteso che il responsabile dell’abbandono è stato chiaramente individuato nell’ordinanza sindacale dd. 26/11/1998 – prot. 52345/98, con la quale è stato altresì escluso ogni profilo di colpa anche nei confronti del precedente proprietario”; al contempo “non sono state individuate disposizioni che prevedano possibilità per il Comune di assumere provvedimenti ordinatori e sostitutivi nel caso in cui il detentore dei rifiuti non provveda secondo quanto previsto dal citato art. 188 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.”

  L’elemento della detenzione del rifiuto ai sensi della normativa ambientale, di incerta consistenza e difficile riscontro, appare però del tutto irrilevante ai fini dell’emissione di un’ordinanza ex art. 54 comma 4, T.U.E.L. – la quale può essere rivolta ad un soggetto sul mero presupposto della “materiale disponibilità” di un bene (Cons. St. sez. II, 22 gennaio 2020, n. 536) – e sarebbe utile piuttosto ad individuare il soggetto tenuto alle operazioni di trattamento, ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. 152 del 2006. Proprio l’ambiguità e la contraddittorietà intrinseca della motivazione dimostra l’evidente contaminazione tra strumenti differenti, realizzata dall’amministrazione comunale e giudicata legittima dalla Prefettura in sede di ricorso gerarchico, indice della volontà di fare ricorso al potere di ordinanza per “semplificare” la propria azione e sfuggire alle più ristrette maglie applicative del potere tipizzato, attraverso un’ordinanza “ibrida” non del tutto riconducibile né all’una e né all’altra funzione.

Anche all’interno del sistema disegnato dal T.U. in materia ambientale, gli strumenti dettati in materia di gestione e trattamento dei rifiuti rispondono a presupposti e finalità differenti, che non possono essere impropriamente sovrapposti. Così Tar Milano, sez. III, 9 maggio 2020, n. 777 ha rilevato l’illegittimità di un’ordinanza di rimozione ex art. 192, d.lgs. n. 152 del 2006 emessa nei confronti del detentore dei rifiuti, tenuto ai diversi obblighi sanciti dall’art. 188 del medesimo decreto (“è pertanto in rapporto a tale attività di gestione e all’instaurarsi, con la presa in consegna, dell’obbligo per il ricorrente, in qualità di detentore di rifiuti, di provvedere direttamente al loro trattamento, oppure di consegnarli ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti (ex art. 188 del d.lgs. n. 152 del 2006), che il Comune convenuto avrebbe dovuto (e dovrà, in relazione all’effetto conformativo della presente pronuncia),nell’ambito delle sue competenze e delle sue autonome valutazioni, rimodulare il suo intervento”). A fronte di un sistema così specificamente disciplinato, che prevede misure differenziate e parametrate a seconda del ruolo rivestito dal soggetto e del suo grado di responsabilità, è ancor più evidente l’inappropriatezza del ricorso ad uno strumento atipico e residuale, come l’ordinanza contingibile e urgente. Questa avrebbe l’effetto di assimilare fattispecie differenti e soggette a diversa disciplina, di fatto equiparando, sotto lo “schermo” di una situazione di pericolo, la posizione del ricorrente – che potrebbe al più essere qualificato “detentore” dei rifiuti – a quella dell’autore materiale delle condotte di abbandono illecito, pur sul pacifico e riconosciuto presupposto della sua estraneità materiale ai fatti.

Sotto altro profilo, se pure è vero che il carattere risalente della fonte di pericolo non è di per sé ostativo all’emanazione di un’ordinanza ex art. 54, comma 4 T.U.E.L., non può non attribuirsi rilievo, quali indici rivelatori dell’eccesso di potere, alle circostanze valorizzate dalla società ricorrente, in quanto rappresentative della colpevole inerzia delle amministrazioni, protrattasi per oltre vent’anni.

12.1. La situazione che il Comune ha deciso di fronteggiare in via d’urgenza nel dicembre 2020 era infatti già nota almeno a partire dal luglio 1998, come risulta dalla nota dell’Azienda Sanitaria Isontina del 10.07.1998 (all. 13 al ricorso). Ancora, nella motivazione dell’ordinanza ex art. 14 del d.lgs. 22 del 1997 (all. 15), emessa nei confronti della società responsabile dell’abbandono dei rifiuti in data 26.11.1998, il Comune valorizza un pericolo descritto in termini del tutto corrispondenti a quello che ventidue anni dopo ha fondato l’emanazione dell’ordinanza impugnata, correlato al rischio di incendio per la facile combustibilità dei materiali e alla vicinanza di un distributore di carburante, della ferrovia e dell’ospedale.

Anche tali elementi, pur non comportando l’illegittimità dell’ordinanza per diretto contrasto con la norma attributiva del potere (con conseguente infondatezza del secondo motivo di ricorso, fondato sulla violazione dell’art. 54, comma 4 del T.U.E.L.), portano a ritenere che la riscontrata urgenza e indifferibilità dell’intervento sia stata quantomeno accentuata, per non dire strumentalizzata, al fine di giustificare il ricorso al rimedio atipico ed eccezionale, quale modalità più lineare ed economica per tentare una risoluzione della problematica. 

Tar Friuli Venezia Giulia 18 maggio 2021, n. 154 – Pres. Settesoldi, Est. Ricci

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