28/05/2021 – Il lavoratore che protesta durante l’orario di lavoro non è un “furbetto del cartellino”

Corte di Cassazione, sentenza n. 14199 del 24 maggio 2021

Un Comune aveva licenziato un dipendente per avere «in modo reiterato attestato falsamente la propria presenza in servizio nei giorni e negli orari in cui si tratteneva all’esterno del luogo di lavoro pur risultando regolarmente in servizio». Ha aggiunto che in quelle occasioni il dipendente era stato visto all’esterno del cimitero comunale, al quale era assegnato, con indosso dei cartelli di cartone, che recavano impresse scritte di protesta per le condizioni di lavoro, a detta del dipendente ingiuste e lesive della salute.

In diritto il dipendente ha osservato che l’illecito disciplinare contestato richiede una condotta fraudolenta oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro circa la presenza in servizio e, pertanto, nella fattispecie lo stesso non risultava integrato, perché al contrario il dipendente aveva reso volutamente visibile la propria condotta di protesta, cercando di attirare l’attenzione dei passanti e della stessa amministrazione, la quale ne era la destinataria. Ha aggiunto che anche in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito tipizzato, in ragione del divieto di automatismi espulsivi, il giudice è tenuto ad effettuare il giudizio di proporzionalità ed a tener conto della portata oggettiva e soggettiva dei fatti contestati. Nel caso di specie la condotta non poteva giustificare la sanzione del licenziamento perché: il lavoratore non aveva inteso ingannare l’ente sulla sua presenza in servizio; le proteste avevano avuto una durata limitata ogni volta a pochi minuti.

La Suprema Corte, rigettando le argomentazioni del Comune, ha stabilito che ai principi di diritto condivisi dal Collegio si è correttamente attenuta la Corte territoriale che ha fondato la decisione su una duplice ratio decidendi, perché ha innanzitutto escluso che la condotta fosse sussumibile nell’illecito tipizzato dal legislatore (norme sui c.d. “furbetti del cartellino”), in quanto non idonea ad indurre in errore il datore di lavoro, destinatario principale della protesta platealmente inscenata. Ha, poi, ritenuto i profili oggettivi (non si era verificato un reale allontanamento e le manifestazioni di protesta avevano avuto durata ogni volta di pochi minuti) e soggettivi della condotta, tali da non giustificare la sanzione espulsiva irrogata.

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